Dopo decenni di assenza ritorna in scena a Milazzo l’arte drammatica grazie al «Teatro Stabile» cittadino. Con la regia di Giuseppe Pollicina, l’assistenza di Tania Alioto e la direzione artistica di Tiziana La Macchia si è recitata l’opera in due atti dal titolo «Il satiro danzante» di Giancarlo Buccheri. L’intreccio articolato rappresenta una miscellanea di azioni umane ed interventi divini accaduti nella polis di Tebe, luogo maledetto per eccellenza dove il re Cadmo prima ed il nipote Penteo sono sopraffatti dagli eventi ordinati dai Numi olimpici. Di particolare   interesse è la figura del servo Carpulio contrassegnato da astuzia e da saggezza: egli, infatti, animato dal dubbio sull’esistenza degli dei, prorompe alla fine del primo atto in un’invettiva secondo la quale l’umanità fa di tutto per apparire ed i relativi atteggiamenti quotidiani sono miranti a cogliere l’attimo senza la garanzia che esisterà qualcosa nell’al di là.

Conviene dunque stordirsi, illudersi per allontanare tutti i pensieri dalla mente. Lo stesso Carpulio deciderà, morto Cadmo, di servire Dioniso, dio dell’ebbrezza nato dall’unione di Semele e Zeus, aiutandolo nella conquista della polis beota. Penteo viene sopraffatto dalle sue donne, le quali, abbeveratesi presso una fonte contaminata del liquido versato dal dio misterico, si trasformano in Baccanti ed uccidono il sovrano: infatti, la sua madre Agave è la prima a vibrare il colpo mortale. Si prepara così la festa d’ingresso a Tebe per Dioniso, che concede al popolo la libertà di onorare Semele come madre di un dio. Un’importanza rilevante è stata nondimeno rivestita dal coro, il quale sia inizialmente, sia durante lo svolgersi della trama ha espresso, nell’anticipare la trama, molteplici giudizi etici. Tanto vibrante è stato il contenuto che tutti gli attori si sono calati pienamente nelle parti: per Giuseppe Cultrera la tragedia è attuale, perché oggigiorno l’umanità compie i medesimi atti dei suoi antenati cercando di carpire la benevolenza del potente di turno.

Tiziana La Macchia è sulla stessa lunghezza d’onda, poiché si sta vivendo un periodo di superficialità e la lettura rivisitata dei classici può costituire un apprezzabile momento di riflessione: ella stessa ha palesato con l’aver fatto mandare in onda preliminarmente un video, in cui si intreccia il rinvenimento della statua del satiro con le vittime della mafia, il forte contrasto fra la voglia di rinascere e la situazione socioeconomica deprimente in cui versa la Sicilia. Il regista Giuseppe Pollicina ha voluto evidenziare l’importanza della qualità nel fare teatro. L’opera da lui diretta è stata un cocktail di drammaticità, comicità, riflessione, commozione ed allo stesso tempo rappresenta un’esortazione verso il pubblico, non prima di essere coinvolto in un processo di crescita intellettuale idoneo a fare proprio un sufficiente spirito critico, ad acquisire contezza sui vizi e difetti umani adoperandosi per un rinnovamento ed una moralizzazione dei costumi, argomento che, attraversando i millenni, è cambiato nella forma, ma non nella sostanza.

 Foti Rodrigo

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