copertina libro poesie Nicolina Carnuccio 2014Caro Tito, voglio dedicare questa lettera n. 100 alla grande poetessa Nicolina Carnuccio, vera anima jonica ed universale.

 E prendo spunto dal suo più recente libro di poesie intitolato “Parole e pparoli” edito quasi sei mesi fa (nell’agosto 2014) da “liberodiscrivere.it” con la copertina che, qui riprodotta, evidenzia il borgo di Badolato (versante sud-est) visto dall’alto. In totale sono 86 i componimenti, di cui 59 in dialetto badolatese e 27 in lingua italiana, in modo più o meno alternato (nell’Indice delle pagine e delle poesie manca la numero 12). Purtroppo, le poesie dialettali non sono “tradotte” in italiano per essere capìte pure da chi non comprende la lingua di Badolato (e questa di non rendere godibili i versi dialettali è una pecca contro cui mi sto battendo da molto tempo presso autori ed editori, ma finora quasi inutilmente). Da badolatese, mi devo quindi ritenere un privilegiato nel poter entrare persino dentro le pieghe e le sottigliezze dei versi e delle “parole” di Nicolina!

badolato mare-borgoParole, appunto. “Scrivo parole per non pensare a quant’è poco il tempo, parole semplici, altro non sa dettare la mia mente” … nella quarta pagina di copertina c’è soltanto questa piccola ma importantissima frase e tale “solitudine grafica” la rende “gigantesca”… proprio come la mancanza di tempo nella nostra vita. Ed è pure la chiave del discorso per capire questo nuovo libro e questa parte di esistenza di Nicolina, nata a Badolato di Calabria alla fine del 1940, insegnante elementare (in pensione ormai da parecchi anni). Nelle cento pagine del libro non c’è alcuna introduzione o prefazione o postfazione come è in uso attualmente. Nicolina è diretta, sincera, essenziale come è sua distinta personalità … entra immediatamente in argomento. Soltanto una dedica in dialetto (ovviamente) che qui vale la pena riportare (in italiano): “Alla mia amica Caterina la Pica che non è più tra noi, a Tura, a Gojitta, a mastro Pasquale, a Notili, alla comare Addava che mi accoglievano quand’ero bambina”. Parole semplici, persone semplici dei nostri paesi, della nostra infanzia! … Riconoscenza, espressa anche a distanza di tantissimi anni (il vero bene ricevuto non si scorda mai, così come il male ricevuto … siamo pur sempre il Sud delle grandi e contrastanti passioni e delle emozioni forti)!… E’ proprio qui la carta di indentità non soltanto di questa terza pubblicazione a stampa di Nicolina Carnuccio, ma di tutta la sua produzione poetica, narrativa ed espressiva e… della sua intera vita (quotidiana e vocazionale). Qui non voglio ripetermi sulle caratteristiche della sua scrittura e della sua personalità, poiché le ho già evidenziate nella “Lettera a Tito n. 74 del 30 gennaio 2014” cui rimando il gentile lettore che voglia leggerla o rileggerla cliccando sul link https://www.costajonicaweb.it/lettera-a-tito-n-74-badolato-nella-magica-infanzia-di-nicolina-carnuccio/

alba badolato

In questa lettera n. 100 voglio sottolineare pensieri personali sui modi e sui temi dello scrivere della nostra grande poetessa. E dico subito perché la ritengo “grande”. Nicolina Carnuccio è “grande” soprattutto perché è assai efficace quanto semplice e diretta. E’ “grande” perché tratta temi e argomenti particolarmente cari ai sentimenti che ognuno di noi ha nel più profondo. E questa caratteristica la rende pure universale. “Se vuoi essere universale parla del tuo paese” ha suggerito qualcuno. Ed è una frase ricorrente questa, attribuita in internet a vari Autori: a Leone Tolstoj (Russia 1828-1910) oppure a Honoré de Balzac (Tours 1799 – Parigi 1850) o a Bartolomeo Capasso (Napoli 1815-1900) o ad altri. Ma, probabilmente, è un antico proverbio come quello gemello “Se ami un paese ami tutto il mondo”. Fatto sta che parlare del proprio paese o della propria anima, della propria vita e dei propri sogni, delle sofferenze e delle gioie… è parlare dell’esistenza di tutti e di ognuno (è questa la fortuna dei libri e dei film più famosi basati sulle autobiografie dell’anima).

azzurro di cielo e di mare jonio

E Nicolina Carnuccio conquista proprio perché affida alle parole della sua anima i colori e i suoni della propria vita, del proprio paese, della propria gente. Piccoli e grandi temi che riescono a far vibrare le corde più intime del nostro cuore più profondo e vero, come pochissimi sanno fare. E Nicolina lo fa con brevi tratti, immediati e toccanti. I suoi versi sono come frecce che scoccano spesso dolorose, più spesso centrando il nostro essere, sempre frecce amiche e balsamiche. Le sue poesie sono intonate come una struggente canzone che in poche battute musicali e in poche parole (a volte soltanto con un ritornello) ci fa commuovere e ci avvince con sentimenti personali ed universali … sentimenti che, nel momento stesso in cui li viviamo, ci rendono vicini e partecipi a tutti coloro che nel mondo hanno le medesime emozioni. E tale condivisione è davvero “grande” … grande come il mondo, come l’Universo. Ecco pure perché ritengo “grande” Nicolina … “grande” e “universale” come i sentimenti che riesce ad esprimere, facendoli sentire nostri personali. Potremmo affermare che la sua è una “filosofia poetica gemellare” … nel senso che noi tutti esseri umani siamo “gemelli” e, quindi, non dissimili come qualcuno si sforza di atteggiarsi, vanamente e vanitosamente distinguendosi artificiosamente. Comunismo poetico, autentico ed esistenziale!… Quello stesso comunismo che, 3500 anni fa, rese immortali e necessari i sissizi di Re Italo, calabrese come il Pitagora di Crotone, e da questi poi soprattutto il Cristianesimo degli inizi. Quel comunismo-comunità intima della ruga, del caseggiato, del paese quando i nostri borghi erano più semplici e omogenei, non ancora intaccati dal falso modernismo, dall’insano consumismo e dalla esasperata competizione e vanità.

fantasmi di badolato

Non conosco personalmente Nicolina, poiché ha lasciato con la famiglia genitoriale Badolato per Crotone quando ero ancora bambino, però mi sembra di conoscerla da sempre per via della tipica “parlata” veramente paesana, per via di immagini, suggestioni, sentimenti, atmosfere, valori che la nostra generazione ha condiviso. Anche se lei ha quasi dieci anni più di me, sono anche miei i suoi luoghi d’infanzia e di adolescenza (la marina di Badolato, quando ancora non era Badolato Marina) … quando poche famiglie numerose vivevano lungo la strada statale nazionale jonica 106 (Reggio Calabria – Taranto). Il padre era cantoniere stradale e la sua famiglia abitava in una casa cantoniera dell’ANAS, mentre la mia famiglia stava nel casello delle Ferrovia dello Stato al km 324, poco distante da casa sua. I miei fratelli e le mie sorelle andavano a scuola a piedi, insieme a Nicolina e ai suoi fratelli e sorelle e ai figli delle altre famiglie (come quella di Mimmo Badolato), percorrendo 12 km al giorno andata e ritorno per la Torre di Sant’Antonio (sulla spiaggia di Santa Caterina Jonio) o per il nostro borgo antico. Infatti, oltre alla mia e alla sua, poche altre famiglie abitavano in modo permanente (fin dagli anni trenta) la semi-desertica marina di Badolato: tra queste, la famiglia di Bruno Mannello (ferroviere) e quella di mio zio Vincenzo Lanciano (cantoniere dell’Anas). A loro ho dedicato il capitolo “Le quattro famiglie ovvero i pionieri di Badolato Marina” dalla pagina 326 alla pagina 378 del quarto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (edito nel 2007 in sette volumi).

Di queste quattro famiglie, le nostre due (quella di Nicolina e la mia) hanno prodotto “scrittori” e “testimoni” della nuova realtà sociale pioneristica … Li hanno prodotti perché abbiamo avuto la possibilità di vivere vicinissimi al mare e alla sua luce e dentro famiglie numerose ma unite … famiglie pioniere che nella nuova realtà sociale hanno dovuto fare enormi sacrifici, in una zona disabitata, disagiata, senza servizi e senza possibilità di socializzare … con questo mitico e mitizzato borgo (Badolato Superiore), posto a 5 km sulla collina dove c’era tutta l’altra gente, compresi i nostri parenti ed amici. Questa situazione singolare probabilmente ha ispirato e indotto a scrivere in modo autobiografico Nicolina, i suoi fratelli Antonio e Giuseppe, me e i miei fratelli Vincenzo e Antonio. Forse ognuno di noi ha ritenuto che le nostre storie personali e familiari andassero raccontate, assieme ai sentimenti provati a contatto con il mare Jonio. Antonio Carnuccio (già docente nelle scuole di Crotone) ha pubblicato nel 2002 il libro “Cari compagni miei”, mentre Giuseppe Carnuccio (architetto ed urbanista) scrive spesso articoli e saggi su Badolato e su altri temi sociologici-antropologici e urbanistici, molto ben pubblicati da quotidiani e altri periodici.

badolato spiaggia-marina

Mio fratello Vincenzo ha finora dato alle stampe due raccolte di poesie, mentre una terza è in preparazione. I suoi versi e i temi sono molto simili nel suo stile a quelli di Nicolina (vedi “Lettera a Tito n. 85 dell’11 ottobre 2014”); mentre l’altro mio fratello, Antonio, ha affrontato temi sociali e politici legati alle condizioni del nostro popolo immiserito dai potenti locali, nazionali e globali, pubblicando poi anche la stupenda e coraggiosa storia d’amore della nostra bisnonna paterna ed alcune poesie. Penso non sia un caso che ci siano ben sei “scrittori” (tre per famiglia) palesemente influenzati da quel periodo vissuto nella riverberante luce jonica nella marina di Badolato quando ancora non era Badolato Marina (quasi un deserto dei Tartari). Sarebbe da approfondire un simile fenomeno e sul perché proprio così tanti (ben sei) abbiamo sentito (e ancora sentiamo) l’esigenza di scrivere e descrivere momenti autobiografici e sociali, gran parte dei quali evocativi di quella particolare situazione abitativa e di vita isolata e troppo difficile, ma paradossalmente felice. Probabilmente sentiamo il bisogno di testimoniare, di tramandare, di non far morire (con l’aiuto delle “parole” appunto) il difficile ma meraviglioso mondo della nostra infanzia e dei valori che ci hanno ispirati per il resto della nostra vita e continuano a rappresentare un bene prezioso che ci sostiene enormemente. Sentiamo il bisogno di “documentare” il periodo di transizione della cosiddetta “gemmazione” nelle marine da parte dei paesi collinari … quelle Marine che adesso si espandono sontuosamente e purtroppo disordinatamente sulla costa Jonica, mentre gli ultramillenari borghi antichi rischiano di essere loro (paradossalmente) “desertici” come “desertica” era ancora in quegli anni 1935-1952 la nostra riviera lungo la ferrovia e la strada nazionale jonica 106.

Detto questo, puoi ben comprendere, caro Tito, il come e il perché io debba per forza di cose sentire (sicuramente più di altri lettori) ciò che ha scritto e continua a scrivere Nicolina Carnuccio. Per me i suoi versi hanno il valore di quel tempo storico (personale, familiare, sociale), nonché il sapore e il profumo del pane appena tolto dalle nostre mamme dai capienti forni a legna. Ricordo la gioia collettiva che ci davano le “pitte” (ovvero le pizze) preparate ad ogni sfornata da mia madre per noi suoi figli ma anche per i tanti figli dei contadini di Kardàra che gravitavano sul nostro casello (unica casa di quella parte di “deserto”). Ecco, le poesie di Nicolina (come l’odoroso pane delle nostre madri) mi restituiscono quella stessa gioia e mi avvalorano immagini di un ambiente familiare e paesano ricco di semplicità e di innocenza, di affetto e di serenità, specialmente di luce … luce, luce, luce quale soltanto il riverbero del mitissimo mare Jonio sa e può ancora mirabilmente offrire.

alba su capo colonna crotone

Adesso che io e Nicolina siamo lontani da quei luoghi di luce (pure perché la nostra vita scorre da decenni in paesi montani, climaticamente molto meno luminosi e assai freddi), sento i suoi versi, le sue poesie … le sue “parole” … come splendenti e caldi raggi di sole. Non è un sole soltanto fisico, ma soprattutto spirituale che mi aiuta a sopportare situazioni climatiche e ambientali assai lontane dal calore jonico. Pure per questo vorrei ringraziare la grande poetessa Nicolina Carnuccio anche da qui, con questa lettera n. 100. Grazie, Nicolina! Grazie, pure perché mi restituisci con le tue poesie il nostro “paradiso perduto”!… Eravamo poveri, ma veramente e inconsapevolmente “felici”. I tuoi versi possono apparire, forse, un po’ malinconici, a volte persino tristi, ma hanno quella sana tristezza del “paradiso perduto”… metafora di quel “paradiso perduto” di cui ha antichissima memoria la stessa Umanità. Ecco pure perché sei grande e sei universale. Sei andata al cuore della tristezza che caratterizza l’essere umano … quel “paradiso perduto” cui ancora tendiamo con mille fantasie e nostalgie, mitologiche e anche religiose. L’importante, comunque, è sapere e sentire che quel paradiso ci sia stato veramente … che l’abbiamo conosciuto e che possiamo vivere di rendita e misurare con esso i tempi attuali, cercando di migliorarli il più possibile. Grazie! Grazie anche di questo, grande Poetessa…. Grande poetessa del nostro “Paradiso perduto”! Cordiali saluti, Domenico Lanciano (sabato 17 gennaio 2015 ore 09,11).

Domenico Lanciano Giornalista
Domenico Lanciano Giornalista

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