repice-davanti-alle-cascateCaro Tito, devo riconoscenza e gratitudine a Rosetta Chiarella, una sensibile e generosa collega di università (amica fin dalla scuola media statale di Catanzaro Lido, dal 1961), per le tante gentilezze da lei avute in decenni e decenni di sincera e fraterna amicizia ma soprattutto per avermi introdotto nel 1971 alla lettura del libro “ Antologia di Spoon River” contenente ben 248 poesie del celebre poeta USA Edgar Lee Masters (1868 – 1950). Rosy (come le piaceva essere chiamata a quei tempi) era particolarmente innamorata di questi versi che mi leggeva assai accoratamente e con tanta suggestione quando, liberi dagli impegni universitari, mi deliziava con i variegati personaggi di questo immaginario paese della campagna americana più interna, ovunque ci trovassimo, poiché portava sempre con sé, nella borsetta, l’edizione tascabile molto di moda negli anni settanta, specialmente tra noi giovani.

Erano tempi, quelli della mia adolescenza e giovinezza, in cui la poesia internazionale (anche musicata come canzone d’autore) occupava un posto d’eccezione nel cuore e nella mente di quelle nostre generazioni, che ambivano ad un “mondo migliore”. Con Rosetta e il cugino Rosario Mirigliano (entrambi abitanti nella Marina di Borgia, in due distinte contrade “Santo Spirito” e “Roccelletta”) e il comune amico Antonio Spagnuolo di Catanzaro avevamo formato un gruppo di lettura dei poeti più in voga negli anni sessanta. In particolare, sulla terrazza della casa di Mirigliano (che come già sai chiamavamo Sarino) al bivio della Roccelletta, nell’estate 1967 trascorrevamo interi pomeriggi a leggere le opere di poeti di ogni epoca e nazionalità (come Neruda, Montale, Quasimodo, Luzi, Lorca, Jimenez, Lope de Vega, Dylan, Beaudelaire , Tagore, Senghor, Ovidio, Orazio, Catullo, Saffo ed altri poeti greci antichi, ecc.). Ma leggevamo poeti anche sul lungomare di Catanzaro Lido e a tali incontri partecipava spesso pure Rosella D’Agostino in vacanza su quel litorale. Ritengo quelle ore tra le più belle ed importanti della mia vita!

copertina-libro-antologia-di-spoon-river-e-l-mastersMa cosa ha a che fare la “Spoon River” americana con Badolato?… Te lo dico immediatamente, descrivendoti brevemente prima il contenuto di tale grande capolavoro conosciuto in tutto il mondo. Edgar Lee Masters nelle tante poesie (a forma di epitaffio) di cui si compone “L’Antologia di Spoon River” racconta la vita delle persone sepolte nel cimitero di questo immaginario paese rurale del centro-ovest statunitense. L’Autore ha pubblicato a puntate tali poesie sul giornale “Reedy’s Mirror” di Saint Louis (USA) tra il 1914 e il 1915. In Italia il libro è andato in stampa nel 1943 per merito dell’editore Einaudi di Torino con la traduzione italiana di Franca Pivano. Nel 1971 il celebre cantautore genovese Fabrizio De André, ispirandosi proprio a tale opera di Masters, ha pubblicato in un disco una raccolta di canzoni intitolata “Non al denaro, non all’amore né al cielo” che ha avuto una enorme popolarità, specialmente tra noi giovani.

LA SPOON RIVER BADOLATESE di Leopoldo REPICE (1975)

Fin dal suo rientro a Badolato nel novembre 1971, dopo alcuni decenni di vita e di lavoro in Argentina (come imprenditore di successo), ho avuto l’onore di diventare amico di Leopoldo Repice (Badolato 12 luglio 1932 – 20 novembre 2010), coetaneo e compagno di scuola di mio fratello Vincenzo (27 ottobre 1932). Nella “Lettera su Badolato n. 7” (che hai pubblicato il 14 febbraio 2016) così ho descritto l’episodio di quando ho conosciuto per la prima volta Leopoldo: “… (al Lido Il Delfino nell’estate del 1972) realizzai pure un Premio di Poesia, ma anche un Premio di Ballo singolo e di coppia, di varie Miss (Bellezza, Eleganza, ecc.). Ricordo come se fosse adesso che vinse il primo premio di ballo in coppia quel Leopoldo Répice (classe 1932) appena tornato con la famiglia dall’Argentina con l’intenzione di realizzare il Bell’Orizzonte, primo albergo di Badolato e dell’interzona (tra Soverato e Roccella, km 44).

Infatti, Leopoldo amava davvero moltissimo Badolato, suo paese natìo, non soltanto per essere tornato dopo lunga emigrazione ma anche per averlo dotato del primo albergo-ristorante che, posto lungo la statale jonica 106 in Badolato Marina, ha voluto chiamare “Bell’Orizzonte” in ricordo della lussureggiante e magnifica città brasiliana di “Belo Horizonte”. Cinque piani (compreso quello terreno), l’hotel di Leopoldo (classificato come un tre stelle) aveva 44 camere con cento posti-letto e il bar-ristorante. Niente male!

Dai piani alti e dalla terrazza si potevano ammirare le montagne delle Serre Joniche e il nostro mare con il maestoso Golfo di Squillace. Ed è proprio con una fotografia scattata su questa terrazza (con sfondo il mare e in braccio un cesto con tre teneri gattini dentro) ho voluto ricordare Leopoldo (assai sorridente e con i pochi capelli al vento) tra i miei migliori “Amici-Baluardo” alla pagina 110 del sesto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007) nel capitolo de “I MIEI VIP”. Altro ricordo di Leopoldo è presente nel primo volume della stessa collana alle pagine 295-297 a proposito del mio bisnonno paterno don Peppino Bressi, armatore e commerciante, e di suo nonno Giuseppe Gallelli (detto Peppi ‘e Nardu) imbarcato in quei velieri badolatesi che solcavano i vicini mari del Mediterraneo nella seconda metà dell’Ottocento.

Leopoldo era un ammaliante affabulatore, un pozzo senza fondo di racconti ed aneddoti su persone e fatti di Badolato ma anche dell’America Latina che ha girato in lungo e in largo (qui ci dovrebbe essere una foto che lo ritrae davanti alla grande cascata “Las Cataratas del Iguazù” al confine tra Argentina e Brasile). Ineguagliabile ed emozionante il suo racconto sulla Patagonia, sul maestoso ghiacciaio Perito Moreno e sulla Terra del Fuoco ed anche quando commentava le fotografie di questo come di tantissimi altri viaggi in tutto il mondo. Leopoldo era un autentico personaggio davvero poliedrico e mi dava prova di riuscire a fare bene tante cose. Insomma era bravo in qualsiasi impresa si mettesse. Un piccolo Creso che trasformava in oro tutto ciò che toccava. Sarebbe stato sicuramente un magnate multimiliardario a New York, un autentico Re Mida. Una energia contagiosa, sicuramente sprecata per Badolato (che però avrebbe potuto valorizzarlo molto meglio a beneficio di tutta la zona). Ma Leopoldo aveva fatto la scelta della sua vita, tornando dall’Argentina, attratto irresistibilmente dalla famiglia e dal paese natìo. Mi soleva ripetere: “Ho fatto una scelta di valori, non di successo. Di soldi e di successo ne ho avuti abbastanza per campare tranquillo e godermi gli affetti dei miei cari”. Tuttavia … (dirò più avanti).

foto-cimitero-badolato-foto-5Adesso, dal 2009, il suo Hotel Bell’Orizzonte si chiama Hotel Pansini poiché é passato alla famiglia badolatese Pansini molto esperta in accoglienza e ricettività turistica (Mario Pansini, moglie Silvana Gallelli e figli). I Pansini hanno da molto più tempo pure un grande Camping alla foce del torrente Barone (lato Kardàra) e nel 1970 avevano impiantato il bel Lido “Due Ruote”, poco distante da “Il Delfino” (il primo stabilimento balneare dell’interzona badolatese nel 1969).

Dotato di una intelligenza davvero fuori dal normale, Leopoldo Repice (figlio di famiglia artigiana e artigiano ebanista lui stesso) aveva una significativa cultura, per aver letto ma anche viaggiato molto (come accennato sopra). Comunista di ferro come tutti i suoi familiari, è stato assessore in una legislatura comunale (1975-1980), ma era assai critico non tanto del partito quanto della mentalità che aveva ritrovato assai poco aperta e progredita in Badolato. Non poteva, perciò, non apprezzare tutti i miei tentativi di rendere Badolato una comunità avanzata nella cultura, nel progresso e in ogni altra cosa utile ad un paese che è stato sempre “leader” interzonale, ma che io volevo degno di adeguata attenzione anche internazionale. Nella “Lettura parallela” ti propongo di centellinare la commemorazione funebre che il 26 novembre 2017 su www.gilbotulino.it ne ha fatto Pietro Cossari, giovane giornalista badolatese (super-comunista da generazioni, il cui padre è stato pure sindaco e vide-sindaco PCI).

francobollo-usa-per-edgar-lee-mastersLeopoldo non conosceva la “Spoon River” di E. L. Masters, ma conosceva il mio immenso amore per il nostro paese e per la sua gente. Così, sicuro che mi potesse interessare (forse pure per la tesi di laurea) mi propose di recarci al nostro cimitero perché voleva raccontarmi, tomba per tomba, la vita di ogni defunto (proprio come ha fatto Masters nel suo Poema). Verso la fine di ottobre 1975 (nell’imminenza del 2 novembre giorno dei defunti), mi dedicò una intera mattinata a girare i tre piani cimiteriali, soffermandoci e raccontando tomba per tomba. Mi meravigliava il fatto che Leopoldo, pure essendo stato in Argentina alcuni decenni, conoscesse “vita, morte e miracoli” di indistintamente tutti i badolatesi già deceduti o ancora vivi. La risposta fu: “A Leopoldo non sfugge niente. Tu mi vedi quieto quieto, quasi appartato, ma io so tutto di tutti. E, poi, l’importante è conoscere bene la “razza” (cioè, il tipo di famiglia e di parentela cui si appartiene), poiché solitamente il sangue non mente. E, poi, per capire le persone mi basta guardarle in faccia, negli occhi ed io le ho inquadrate e squadrate tutte non solo a Badolato ma qualcuno anche fuori”.

Quindi ha aggiunto: “Mimì (così mi chiamava), per il bene che ti voglio e per la stima che ho di te, che sei ingenuo e onesto come tutti quelli della tua parentela che pensate solo a lavorare e non siete “razza ‘e chyazza” (razza, persone che frequentano la piazza e i luoghi pubblici), ti raccomando di stare attento specialmente a ……..” . L’elenco fu alquanto lungo e me ne stupirono le motivazioni. Poi ha proseguito: “Ti stai dedicando molto al nostro paese, ma sappi che il nostro paese non merita tutto questo tuo amore. Se puoi, appena giungi a laurearti, vai il più lontano che puoi da Badolato. Ti confido che mi sono pentito di essere tornato, per la gente non per la mia famiglia e parentela. Se resto, resto per loro, ma spero che i miei figli possano sistemarsi lontano da qui e possano girare il mondo ed è proprio a questo scopo che li sto educando. Ricordati, Mimì, l’amore non basta per restare nel proprio paese … dovresti avere altre doti che tu non potrai mai e poi mai avere perché la tua natura mite e il tuo carattere troppo sensibile, pur volendo, non riusciranno mai a darti. Non hai il pelo nello stomaco. Qui c’è una guerra sottile e tu non sei equipaggiato per affrontarla. La faccenda della Terza Lista ti sia di insegnamento. Non ti dico quanta guerra hanno fatto a me prima durante e dopo la costruzione dell’albergo!… Invece avrebbero dovuto ringraziarmi per aver dotato il nostro paese (primo nell’interzona dopo Soverato) di una bella e grande struttura dove i forestieri possano riposarsi o soggiornare adeguatamente in ogni stagione dell’anno … Credimi, me ne hanno fatto di tutti i colori!”.

hotel-bellorizzonte-leopoldo-repice-badolatoPoi, sempre davanti alle tombe, mi ha detto: “Tu giustamente parli sempre di turismo … proponi e vuoi fare qualcosa per veder progredire sempre più questa nostra zona. Ma chi ti ascolta?… Hai visto com’è finita poi la tua “Riviera degli Angeli?”… Gli amministratori e i politici nostrani non sanno nemmeno dove sta di casa il turismo!… Tu ripeti sempre che bisognerebbe imparare dalla Riviera Romagnola ed hai ragione! … Pensa a Rimini. Io ci sono stato. E’ una selva di alberghi, ristoranti, ritrovi, lidi tutti attaccati uno all’altro. Mamma mia che cos’è la Riviera Romagnola!… Una selva, una giungla amazzonica come alcune spiagge argentine o brasiliane! Rimini è come un negozio pieno di scarpe. Alberghi come scarpe. Così la gente può scegliere a seconda della propria tasca e del proprio gusto. Tu puoi mai immaginare un negozio con un solo tipo di scarpa?!… Così è Badolato con il mio albergo … un negozio con un solo paio di scarpe. Non hai scelta. Invece Rimini è proprio come un affollato negozio di scarpe, affollato proprio come questo cimitero!… Una scarpa dopo l’altra, una tomba dopo l’altra, un albergo dopo l’altro. E nessuno porta invidia oppure ostacola l’altro, ma anzi tutti collaborano per tenere i prezzi bassi ed accessibili a tutti. E tutti si aiutano tra di loro. La collaborazione è il loro asso nella manica. Invece, qui a Badolato non hanno capito che se vogliono far funzionare bene il turismo devono mettere accanto all’albergo di Leopoldo altri cento alberghi invece di avversare quello unico mio!”

Ovviamente, non soltanto queste sue rivelazioni, ma l’intera mattinata è stata per me uno stupore continuo. In particolare, Leopoldo Repice si aggiungeva a sempre più persone di esperienza che mi incitavano ad andare via da Badolato, a farmi strada altrove, da Roma in su (proprio come sosteneva mio padre che voleva trasferire tutta la famiglia a Bologna addirittura nei primi anni cinquanta, ostacolato però). Insomma, chi aveva avuto la possibilità di andare all’estero o semplicemente di viaggiare per l’Italia, una volta tornato al paese, questo non poteva che andargli molto stretto. Infatti, ho visto alcuni emigrati che, come Leopoldo, sono tornati a Badolato per amore, con entusiasmo e con il proposito di contribuire a rendere il nostro paese un po’ più in linea con il resto del mondo più progredito, mettendo a disposizione della comunità esperienza e denaro conquistati altrove con grandi sacrifici e sudore.

Però, taluni di questi sono ritornati a vivere nel luogo di emigrazione che avevano lasciato proprio per troppo amore del proprio paese natìo. Qualcuno di loro mi ha confidato che, tornando a Badolato, ha dovuto sacrificare molto moglie e specialmente figli e per tale motivo si porta dietro un “rimorso” incancellabile, anche se poi la famiglia è tornata dove stava prima e stava meglio, ritrovando l’equilibrio e l’armonia precedenti. Altri, tornati dal luogo di emigrazione e rimasti a Badolato (dove avevano investito tutti i loro faticati risparmi in casa o palazzo, terreni, ecc.), pur pentiti di questo “ritorno” non trovavano più l’energia per ridiventare “emigranti”. Li sentivo bestemmiare ed imprecare di continuo per l’errore fatto di questo inaspettato cattivo ritorno.

hotel-pansini-ex-bellorizzonte-badolato-marinaQuindi, caro Tito, non mi meraviglia tanto il trattamento che Badolato (in particolare i più responsabili della vita pubblica) ha riservato a me, mandandomi in esilio (quando avevo già 38 anni) … quanto l’auto-esilio di coloro i quali erano tornati dai luoghi di emigrazioni sperando di contribuire ad una Badolato migliore ed invece hanno trovato ostacoli così numerosi e mentalità così ristrette (e a volte persino aggressive e denigratorie) che si sono fatti il segno della croce e, una volta andati via, non sono tornati più. Proprio così come sto facendo io adesso, dopo aver lungamente elaborato il “lutto” di essere rimasto “orfano” del mio paese natìo. Il “potere” ama giocare con la vita delle persone. Ne prova un piacere incredibile! Ma …

“Da tanto amore a tanto sdegno” si suole dire. Ebbene, ho trovato una situazione simile tra gli emigrati italiani (specie di quelli del Sud) in Canada. Di tutti gli emigrati (migliaia) che ho incontrato in 22 giorni di Ontario e di Quebec, soltanto una signora cinquantenne mi ha detto che avrebbe preferito tornare in Italia. Gli altri non se lo sognavano neppure. Alcuni tornavano volentieri per vacanza o per rivedere i parenti, però tanti altri, proprio sdegnati, non ci sono tornati più. E non ci voglio nemmeno pensare più, all’Italia!

Se ciò poteva essere capito o giustificato per tali emigrati di prima generazione (anni 45-70) che avevano lasciato l’Italia imprecando contro i governi (pure perché si sentivano cacciati via o addirittura “venduti”), mi risultava incomprensibile che i loro figli (la cosiddetta seconda generazione) non sentissero alcuna esigenza di venire a vedere il paese dove i loro genitori erano nati. Soltanto una risibile percentuale ha avuto la curiosità di conoscere il luogo di origine della loro famiglia. Ma non sempre è stato un viaggio positivo (pure perché i loro genitori avevano raccontato di come e quanto in Italia siano stati male). Invece, il problema andare o non andare in Italia non esiste per le terze generazioni, le quali (ho notato) magari viaggiano nel resto d’Italia e d’Europa ma non si degnano di dedicare nemmeno un giorno al paese di origine dei nonni.

Perciò, caro Tito, in modo molto razionale e tranquillo, vedo il mio esilio nel contesto di tanti altri esilii che, simili o diversi dal mio, alla fine hanno ottenuto il medesimo risultato di impoverire il paese di origine e di generare disamore e, per alcuni, persino rancori mai rimessi fino alla propria morte. “L’Italia maledetta” che non ha saputo trattenere i suoi figli è ormai un luogo comune quanto doloroso. Una particolare maledizione è stata data da quelle persone le quali, pur avendo combattuto per l’Italia (patendo ferite nel corpo e nell’anima in combattimento o nei campi di concentramento) e avendo dedicato alla patria il meglio della loro gioventù, si sono sentiti dimenticati o ingiustamente trattati e persino “derubati” all’estero specialmente dalla labirintica burocrazia italiana. De ho parecchi esempi.

leopoldo-davanti-al-borgo-di-badolatoGrazie alla “Spoon River” badolatese di Leopoldo Repice ho conosciuto tantissime situazioni e molti personaggi degni di maggiore attenzione. Per quasi 40 anni ho avuto con Leopoldo un dialogo continuo e sempre molto proficuo ed anche divertente. Per la parte profetica, devo ammettere che quasi tutto ciò che mi andava dicendo ha corrisposto poi alla realtà più nuda e più cruda. E’ stato davvero facile profeta specialmente per alcune persone a me assai vicine, le quali – mi avvertiva Leopoldo – mi avrebbero tradito. Così poi è avvenuto. Quando me lo diceva Leopoldo non riuscivo a credergli poiché per tali persone avrei messo la mano sul fuoco … invece è accaduto per filo e per segno tutto ciò che questo mio amico mi profetizzava. Era davvero un gran conoscitore dell’animo umano, soprattutto della “Spoon River” badolatese dei vivi, oltre che dei morti.

Purtroppo, caro Tito, quando Leopoldo mi parlava, io ero così innamorato del mio paese e della mia gente che non ritenevo capaci i miei concittadini, specialmente alcuni miei parenti ma pure vecchi ed intimi amici (per i quali nutrivo un’autentica e fedele devozione), di maltrattarmi o di tradirmi. Invece è accaduto. Assai dolorosamente. Onore, quindi, a Leopoldo Repice!

Ho motivo di credere che Leopoldo si confidasse in tal modo soltanto con me, sicuro di essere non soltanto compreso e capito ma arcisicuro che io avessi poi fatto tesoro delle sue confidenze. Mi sapeva onesto e devoto amico (quasi un fratello minore), per cui spesso era lui a cercarmi quando stavo a Badolato Marina oppure, se lontano, mi telefonava spesso per ragguagliarmi di personaggi e situazioni … pure per avere la soddisfazione di dirmi, esultante: “Hai visto, è accaduto così come ti dicevo io!”. Era (quasi) infallibile!

lepoldo-repice-con-occhiali-scuriNon ho più conosciuto finora una intelligenza tanto acuta e veritiera! Voglio qui ringraziare Leopoldo Repice perché mi ha onorato della sua fraterna amicizia oltre che di sue confidenze davvero troppo intime (che a volte non ti dice nemmeno un vero fratello di sangue). A parte ciò, mi ha parlato tanto dei suoi numerosissimi viaggi, della sua filosofia di vita su cui non ha mai voluto scrivere qualcosa come spesso lo sollecitavo. Leopoldo aveva un vero e speciale “talento”. Avesse potuto studiare, sicuramente avrebbe raggiunto grandi traguardi internazionali. Ma anche come imprenditore avrebbe potuto fare molto di più se non avesse deciso (per amore del nostro paese e dei suoi familiari) di lasciare l’Argentina dove già aveva avuto molta fortuna e tanto meritato successo con il suo ingegno creativo e commerciale. Pure a Badolato avrebbe potuto dare molto di più se fosse stato capito ed apprezzato come meritava.

Peccato che un ictus cerebrale gli ha prima tolto quasi completamente la parola e poi la vita!… Ho perso un grande fraterno amico e questa lettera serve pure per ricordarlo e rendergli il giusto onore, la più devota riconoscenza e gratitudine! I figli, come desiderava lui, sono tutti e tre ben sistemati lontano dal nostro paese. Pure la moglie Nelida (nativa argentina) è andata via da Badolato subito dopo aver perso Leopoldo ed abita vicinissima a due figli, nel milanese, mentre l’altro abita e lavora a Bilbao, in Spagna.

Comunque sia andata la sua vicenda di vita, il suo Hotel Bell’Orizzonte (pur ribattezzato Hotel Pansini) è ancora là sulla Via Nazionale n. 137 in Badolato Marina (http://www.pansinihotel.it/) per ricordare (come un autentico monumento) che la sua realizzazione è stata un grande atto di amore verso Badolato, paese che dopo questo di Leopoldo per decenni non ha avuto altri alberghi ma unicamente camere private in affitto estivo e solo più recentemente belle residenze turistiche e tanti “bed & breakfast” aperti tutto l’anno. Comunque, Leopoldo è stato un vero “apripista” nel settore della ricettività ed accoglienza non soltanto turistica nella nostra zona. E bisogna darne merito e riconoscenza.

logo-hotel-pansini-badolato-marinaSono stato perciò ultracontento quando (nel biennio della vicenda del “paese in vendita” 1986-88) compratori di case (individuali o in gruppo) hanno alloggiato nel suo albergo e così pure tante “troupe” televisive italiane ed estere e altri giornalisti che erano venuti per raccontare quanto stava avvenendo in questo piccolo ma grazioso paese del profondo sud italiano. Senza questo albergo, Badolato avrebbe fatto una più magra figura! Leopoldo, che credeva nella mia iniziativa di salvare il nostro borgo antico, mi ringraziò per questo. E, a modo suo, ha commentato il “paese in vendita” con la seguente poesia in dialetto badolatese (con traduzione italiana) fatta stampare da lui stesso in formato volantino e come tale distribuito a paesani e turisti. Eccone il testo della sua stessa traduzione italiana, mentre allego il “file” della poesia in dialetto:

BADOLATO 1986

Un professore che la pensa giusta a Badolato ha fatto scoppiare una tempesta: con quattro righi che sul giornale ha scritto nel mezzo ne ha coinvolto quanti più ha potuti.

Tutto il Fosso è andato a gustarsi quando la Televisione è venuta ad intervistare. Alle domande dei giornalisti qualcuno ha risposto con il viso storto.

E un architetto antipagnottista (cioè anti-capitalista), senza bisogno di prestarsele, (rotta di collo che faccia tosta!) anche lui gliene ha cantate quanto più ne ha sapute.

Di vendere un paese non si è mai detto e chi è che ha stimato quanto costa?! E, poi, queste case vecchie chi le compra? Ma quanto è fesso il capitalista che il paesello mio vuole comprare!…

Questo è un appello ai Badolatesi dallo stesso Badolato dissestato mentre sta gridando con le mani appese: “Venite da tutto il mondo a salvarmi!”

Voglio ringraziare pure qui i gentilissimi figli di Leopoldo, i quali mi hanno fornito il volantino con l’appena trascritta poesia e le foto qui riportate (del papà e dell’hotel). Le altre foto sono prese dal web.

LETTURA PARALLELA

Se si perde la memoria storica

Ricordo di Leopoldo Repice da parte del giornalista Pietro Cossari

www.gilbotulino.it (Badolato) – Venerdì 26 Novembre 2010 @ 15:06 Condividi su facebook

Commemorazione dopo sepoltura di mastro Leopoldo Repice, comunista e consigliere comunale, per aiutare i badolatesi a non dimenticare. Assenti non giustificati al funerale la bandiera rossa e il gonfalone del Comune.

L’uomo, secondo il parere di molti autorevoli scienziati, tende a dimenticare per sua natura, il passato. In virtù di tale attitudine che lo rende ignorante degli avvenimenti precedenti, ripete inevitabilmente gli stessi errori. Di conseguenza, trovandosi così continuamente davanti ai medesimi problemi irrisolti, deve sempre ricominciare daccapo.

La capacità di conservare e rievocare mentalmente le esperienze passate, riconoscendole e collocandole nello spazio e nel tempo è definita memoria. Essa può essere personale, collettiva o storica. La prima appartiene ad ogni singolo individuo. La seconda è l’insieme dei valori comuni di un determinato gruppo etnico, sociale e culturale che contribuisce a specificarne l’identità. La memoria storica è invece quel complesso di valori e di insegnamenti del passato che un individuo, una comunità o un popolo, conserva e tramanda alle successive generazioni. In parole povere, la memoria storica è il ricordo di un passato fatto di miti, affetti, emozioni, passioni politiche e sociali trasmesso ai contemporanei mediante testimonianze di familiari e amici o dagli storici che con le loro opere, comunicano i risultati delle ricerche specialistiche effettuate.

cimitero-badolato-foto-2Qualora le testimonianze mancassero, non sarebbe possibile ricostruire il passato e quindi, irrimediabilmente l’oblio avvolgerebbe la vita presente rendendola orfana degli avvenimenti trascorsi e ai quali, in misura maggiore o minore, hanno partecipato uomini e donne d’ogni età e ceto. Pertanto, non è superfluo asserire senza tanta retorica, che privo di un’adeguata conoscenza del proprio passato, un popolo non ha futuro, anche se nella nostra attuale epoca globalizzata si propende sempre più a dimenticarlo e ad uniformare le coscienze. Coloro che si oppongono a tale operazione, sono sovente tacciati dai “benpensanti” di essere solamente dei nostalgici tromboni e di ostacolare il progresso. Si tratta di un comportamento assurdo perché non si può dimenticare la propria storia. Non è giustificabile. Se esistiamo lo dobbiamo a chi ci ha preceduto e quindi, è giusto onorare chi non c’è più ricordandolo con un atto simbolico, con un fiore, una menzione o un aneddoto poiché è attraverso il ricordo che si continua a vivere. I nostri padri questo l’avevano capito ed avevano sempre reso omaggio alle persone estinte in vari modi: pronunciando un’orazione funebre rievocativa, affidando l’espressione del cordoglio a manifesti pubblici o partecipando alle esequie con una bandiera listata a lutto. Maniere forse pompose di manifestare la vicinanza ai familiari del defunto, ma al contempo, rispettose di un passato da cui trarre insegnamento e necessarie per strapparlo alla dimenticanza.

cimitero-di-badolato-tombe-foto-1Per la scomparsa di Leopoldo Repice nessun manifesto di partito o dell’amministrazione comunale è stato affisso a Badolato e ai suoi funerali svoltisi domenica scorsa, non è stato pronunciato alcun discorso (la mancanza di Franco Nisticò si avverte sempre più) e nemmeno si è notata una bandiera rossa o un vessillo istituzionale a mezz’asta. Come mai? Gli attuali amministratori municipali non sapevano che Leopoldo Repice era stato consigliere comunale? E tra i militanti comunisti di vecchia data, nessuno ha pensato di portare con sé uno straccio rosso per dare l’estremo saluto al compagno Leopoldo Repice?

Ad onor del vero, non è la prima volta che succedono episodi del genere infatti, a tanti altri compagni per negligenza, ignoranza e superficialità dei dirigenti di turno, sono stati negati gli onori politici ed istituzionali che loro spettavano, ad ulteriore dimostrazione ancora una volta, della necessità di coltivare adeguatamente la pianta della memoria storica per poi raccogliere da essa gli agognati frutti altrimenti, si assisterà impotenti al suo inaridimento con conseguenze drammatiche per l’avvenire.

Credo perciò, anche per rimediare alla manchevolezza di domenica scorsa, sia opportuno ricordare soprattutto alle nuove generazioni, la figura del compagno Leopoldo Repice nato a Badolato il 12 luglio 1932 e scomparso sabato 20 novembre 2010. Un uomo semplice, onesto, laborioso e attaccatissimo alla famiglia, Leopoldo. Dal papà Giovanni che fu dirigente comunista, amministratore comunale e socio fondatore insieme ai fratelli Domenico e Antonio Corea, della famosa cooperativa di lavoro e consumo “Stella Rossa”, apprese le prime nozioni marxiste che sviluppò frequentando giovanissimo la sezione e partecipando con entusiasmo alle manifestazioni e alle varie iniziative popolari badolatesi (campagne elettorali, feste del Primo Maggio, scioperi a rovescio, ecc.). Contemporaneamente, imparò il mestiere di falegname e poi si recò a Napoli per perfezionarlo nel rinomato laboratorio di mobili e arti decorative “Francesco Battista”, in via Nuova Capodimonte specializzandosi in ebanisteria.

cimitero-badolato-foto-4In seguito, emigrò in Sud America alla volta del Cile ove sostò solo poche ore perché chiamato da alcuni familiari, si diresse in Argentina. Lì conobbe e sposò la moglie Nicoletta Marsico dalle quale ebbe i tre figli Maria Fabiana, Leonardo e Leandro. Dotato di particolare verve creativa, Leopoldo mise su prima una fabbrica di radioline a mobile a forma di pianoforte e poi, una fabbrica di sedie e di vari suppellettili d’arredamento prosperando negli affari. Rientrato in Italia poco prima del colpo di stato militare, mastro Leopoldo aprì con successo a Badolato Marina, l’albergo “Bell’orizzonte” e tornò ad impegnarsi nella politica attiva candidandosi alla carica di consigliere comunale alle amministrative del 1975 caratterizzate dalla discesa in campo di forze giovanili e dalla terza lista “Le tre torri” guidata dal sociologo Domenico Lanciano e sostenuta da mastro Totò Verdiglione (il figlio Gianni tenne in Piazza Municipio, un memorabile comizio interamente in dialetto badolatese) contro le due tradizionali del Partito Comunista Italiano capitanata da Antonio Larocca e della Democrazia Cristiana di Vincenzo Gallelli “u Cullocatòri”. Il responso che uscì dalle urne del 15 giugno 1975 fu straordinario per i comunisti: la lista P.C.I. ottenne 1047 voti, la D.C. 706 e la terza lista di Lanciano – Verdiglione 170.

La gioia esplose incontenibile fra i militanti e simpatizzanti comunisti al punto che il compagno Pasquale Bressi “ ’e Stillu” sulla strada tra l’allora sezione del P.C.I. sita in Corso Umberto e l’attuale edificio postale, appese una enorme chiave lunga più di un metro con sotto la scritta: “Collocatore, eccoti la chiave del Comune!” I festeggiamenti si conclusero con una sfilata per le vie cittadine e un comizio di ringraziamento agli elettori che con quello strepitoso risultato avevano riconfermato la fiducia al P.C.I. che dal 1946 governava Badolato. Dopo l’esperienza amministrativa Leopoldo si dedicò completamente all’attività d’albergatore senza però mai lasciare quella di militante comunista che svolse con passione sino a quando, colpito dalla malattia fu costretto a seguire in modo passivo lo svolgersi degli eventi che commentava adirandosi per la scarsa coesione e credibilità della Sinistra.

cimitero-badolato-foto-3Le morti improvvise di mastro Ciccio Caporale ”’e Scivola” e di Franco Nisticò gli cagionarono immenso dolore e lo resero molto pessimista sulla possibilità di un’effettiva ripresa economica e politica di Badolato. Diverse volte fu preda della depressione ma riuscì a risollevarsi e quando lo andavo a trovare battendosi una mano sul petto e bestemmiando ripeteva continuamente: <<Noi vecchi compagni abbiamo fatto tanto. Voi con la vostra pigrizia avete distrutto tutto!>> Ecco chi era mastro Leopoldo Repice, un comunista commemorato dopo sepoltura per aiutare gli altri a non dimenticare.

(Questo articolo è stato letto 5.072 volte fino alle ore 12,46 di martedì 29 agosto 2017)

Caro Tito,

un’altra frase mi piace mettere qui, a provvisoria conclusione su questo fantastico personaggio che è stato Leopoldo Repice (il quale meriterebbe un bel libro per raccontarlo interamente). “L’arciprete Peronace con il campanile ha messo la cravatta al paese”. Mi spiego. La chiesa matrice del borgo antico non aveva campanile. Allora il dinamicissimo arciprete badolatese Antonio Peronace pensò bene di elevare in cemento armato uno scarno campanile ma ben slanciato e raffinato che rendeva il borgo come un piccolo pennacchio su un elmo prussiano. Infatti prima Badolato borgo non aveva una punta che lo caratterizzasse. Sembrava un paese piatto anche se bello. Invece, aveva ragione Leopoldo, quel campanile impreziosiva l’immagine complessiva del borgo, caratterizzandolo maggiormente. Non c’è paese senza un campanile, perciò Peronace ha reso giustizia anche alla prospettiva del borgo che adesso … è completo ed elegante … ha la cravatta, come diceva Leopoldo molto coloritamente. Ma quante denunce e quanti maltrattamenti ha ricevuto l’arciprete per questa sua opera dai suoi stessi parrocchiani! … Ma perché incattivirsi tanto e poi in modo così indegno e violento?…

E visto che tutti noi, prima o poi, andremo a finire sulla collinetta di “Spoon River” (i badolatesi vanno a riposare sulla collina di Mingiano) … mi chiedo come mai molte persone insistono ad essere così cattive e “malviventi” (nel senso di vivere male con se stessi e gli altri) rincorrendo intolleranze, malvagità, orgoglio, vendette e tutte quelle negatività che non fanno altro che nuocere al benessere e alla tranquillità della propria e dell’altrui vita! Mistero della fede o dell’essere umano?! Bisogna leggere “Spoon River” per ricavarne la giusta morale della favola esistenziale!

Purtroppo, caro Tito, non tutti hanno la possibilità di prepararsi la “casa” (tomba) dove andare a riposare!… Il pensiero non può non andare ai tanti e tanti che da anni e anni stanno morendo nei deserti africani ed asiatici e nel mare Mediterraneo nel tentativo di raggiungere il mito dell’Eldorado europeo e rimangono senza sepoltura oppure in fondo al mare. Chi racconterà la “Spoon River del Mediterraneo”?… o di altri luoghi dove nel nostro triste pianeta avvengono queste epocali e disperate migrazioni? Tale è la “Spoon River” dei senza nome dei quali è difficile ricostruire il volto e le vicende esistenziali. Sappiamo che tutti avevano l’anelito di una vita migliore o considerata tale. Nel cimitero di Lampedusa, ad esempio, non ci sono nomi, ma prevalentemente solo numeri sulle tombe dei naufraghi. A queste persone il mondo dei ricchi, dei potenti e dei prepotenti ha derubato persino il nome e la memoria di essere vissuti. C’è di peggio?…

Sperando che il mondo e le persone siano veramente migliori (pure in vista della collinetta della personale “Spoon River”), ti ringrazio e ti saluto. Alla prossima “Lettera su Badolato n. 34”. Ciao,

Domenico Lanciano Azzurro Infinito, giovedì 07 settembre 2017 ore 18,25

Allegato: testo-dialetto-poesia-leopondo-repice-1987

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