Caro Tito, ritengo che la nostra generazione sia stata la più fortunata di tutte le altre, soprattutto perché noi abbiamo visto e vissuto l’antico più tradizionale e poi l’evolversi travolgente dei tempi nuovi. Generazione di confine possiamo considerarci. Ed anche per questo quasi che abbiamo il compito di travasare ai giovani di adesso almeno alcune curiosità e taluni contenuti socio-culturali appartenuti al patrimonio delle generazioni precedenti. Siamo un anello di congiunzione “speciale” tra l’antico vero ed il vero nuovo. Qualcuno potrebbe obiettare che tutte le generazioni sono un “anello” tra l’antico ed il nuovo. Rispondo col dire che mai c’è stato nella storia dell’Umanità un salto culturale così determinante, uno stravolgimento storico così grande, un cambiamento radicale ed epocale così irreversibile e tecnologico-filosofico, come quello attuale, tale da aver cambiato per sempre la visione del mondo e dell’universo. A cominciare dalle nostre stesse abitudini e dalle nostre nuove concezioni del mondo e della vita. Ciò che ti sto per descrivere appartiene sì al più lontano passato (mitico o tradizionale) ma il valore della morte e dell’aldilà resta immutato. Il tutto è legato da una suggestione davvero enorme!

1 – LE ANIMELLE DELLA NOSTRA INFANZIA

Sono uno dei primissimi badolatesi ad essere nato in Marina, a pochi metri dal mare, in un casello ferroviario nel bel mezzo della campagna e, quindi, la mia infanzia è trascorsa a stretto contatto con la natura più luminosa e genuina e, in particolare, in quotidiana simbiosi con il mare Jonio, il mare dei miti, che consideravo e ancora considero come un mio nonno e mio più caro amico e compagno di giochi. Sono stato educato a proverbi e ascoltavo i racconti (cunticehy) attorno al braciere d’inverno e sull’uscio di casa o all’ombra dei grandi alberi del giardino domestico nella bella stagione. Tra questi racconti c’era quello delle “Animelle” ovvero delle anime dei defunti che giravano per il borgo antico in cerca di preghiere poiché stavano in Purgatorio e ovviamente bramavano andare prima possibile in Paradiso. Essendo nato in Marina, non riuscivo ancora ad immaginare il borgo dove invece erano nati i miei genitori e tutti gli altri miei fratelli.

 

Mia nonna paterna Domenica, sua sorella Concetta ed altri anziani asserivano di vedere girare queste Animelle, specialmente quelle appartenute alla propria famiglia o parentela e alla cerchia dei “sangianni” (padrini e madrine di battesimo e di cresima). Ero bambino, troppo piccolo per capire e sinceramente non riuscivo a realizzare questa situazione … anzi, tali racconti mi facevano un po’ paura e un po’ impressione. Tuttavia, seguivo in religioso silenzio le conversazioni tra gli adulti di famiglia. In particolare, capivo che le Animelle non giravano per le nostre Marine ma soltanto per le vie del borgo antico. E chi veniva dal “paese” per eccellenza comunicava di aver visto questa o quella “Animella” e alcune che andavano in gruppo e in corteo. Tutti mi raccomandavano di pregare per loro, affinché potessero espiare i propri peccati e guadagnarsi il Paradiso.

2 – IL PURGATORIO DANTESCO E QUELLO BADOLATESE

Quello delle Animelle non era un discorso che mi interessava, sia perché un po’ mi turbava ma soprattutto perché si parlava di luoghi che non conoscevo. Così, sentendolo lontano dalla mia realtà, non ho cercato di saperne e capirne di più. Mi è risalito nella memoria quando a scuola veniva spiegata la Divina Commedia di Dante Alighieri e, in particolare, il Purgatorio. Allora ho raccontato alla mia classe e al professore ciò che si diceva delle Animelle di Badolato Superiore (adesso detto “borgo”) il paese dei miei avi.

E come paese dei miei avi ho poi cercato di saperne di più e di amarlo come si amano le proprie radici per lunghe generazioni. Però, non essendoci nato e vissuto dentro, tanta sua cultura e tante sue tradizioni mi sono sfuggite. Ritengo che questo sia un pesante limite della mia vita e della mia spiritualità. Nonostante il paese dei miei avi sia in me assai presente, devo ammettere che, rispetto ad esso, mi sono sempre sentito uomo del futuro e dell’universo-mondo. Infatti ero più propenso a guardare oltre, a studiare le letterature e le tradizioni degli altri popoli della Terra, pur non trascurando tutto ciò che riguardava “il paese dei miei avi”. Un sostanziale recupero ho effettuato poi, quando tra il giugno 1973 e il marzo 1977 mi sono dedicato, anima e corpo, allo studio di questa realtà socio-culturale per la mia tesi di laurea proprio su Badolato.

3 – I PENITENTI DI GIANNI VERDIGLIONE

Recentemente, l’amico ed artista badolatese Gianni Verdiglione (a lato delle sue “Pietre parlanti” con le quali sta impreziosendo tutto il borgo) ha cominciato a inviarmi foto di questa tradizione dei “Penitenti” che io ricordavo essere chiamate “Animelle”. Pure Gianni mi assicura che la gente di Badolato borgo continua a vedere i Penitenti aggirarsi silenziosamente per vie, viuzze, piazzette e chiese alla ricerca di preghiere e di penitenze che facciano guadagnare il Paradiso. Lui stesso vede il padre e la madre, l’arciprete Peronace, gli amici Totò u Pirri e Peppi Naimo, Franco Nisticò (l’ex Sindaco morto vicino Villa San Giovanni il 19 dicembre 2009 durante una manifestazione “NO PONTE”), Cenzu u Mottu, Micu u Longu, Rafeli Garretta, Cicciu Carnuccio, Provvidenza e Carmela Guarna, Toninu u Sceriffu, mastr’Antonio Mantella, don Mimì Schiavone, Cenzu e L’Angeli (strano, avrebbe dovuto essere già in Paradiso!), il professore Lacagna. Vede anche i miei bisnonni don Peppino Bressi e Margherita Parretta, seduti proprio nella loro “Pietra dell’innamorato” in Via Siena – angolo Via Piliero alla Jusuterra 

C’è chi vede l’ex sindaco comunista Antonio Larocca (che, sorpresa, avrebbe dovuto essere già all’inferno per essere stato pure ateo), chi Totò Giola, Micu Samà tornato dalla Germania, Antonio Battaglia assieme alla suocera Vittoruzza Garompala seguìti dal collocatore Vincenzo Gallelli. E l’elenco non finisce qui perché nel corteo delle anime penitenti c’è pure Rafeli ‘e Lapùni, Enrico Fierro (riconosciuto anche da moglie e figlia), donna Enrichetta, Bruno Zaffino, Rosa ‘e Salèra, persino un migrante indiano, Gigi u Campanaru, Padre Teofilo del convento francescano, fra’ Lariu con il cherichetto Cenzu ‘e Libertu. C’è chi vede pure Padre Silvano Lanaro, ex parroco trentino di Badolato Marina per oltre 26 anni (dal 1956 al 1982) e anche il professore Buonocore, il professore Nicola Caporale con la moglie Franca Cùppari … e così via. Ovviamente, quando alcuni penitenti non vengono più visti in giro a cercare preghiere, vuol dire che finalmente sono entrati in Paradiso. Di conseguenza, i morti recenti che non avevano fama di persone da primo Paradiso e non sono tra i penitenti, vuol dire che sono andati direttamente all’Inferno. Ed ecco così completata la Divina Commedia badolatese.

4 – TRA I “VISIONARI” PURE IL TOSCANO ENZO BROGI

Caro Tito, nonostante sia sempre stato un meticoloso ricercatore delle tradizioni locali, pure di scritti e testimonianze orali su tutto e su tutti, non mi era mai capitato, prima di Gianni Verdiglione, di reperire alcun documento sulle Animelle o Penitenti o Anime vaganti o Anime salve che dir si voglia. Probabilmente c’era un certo pudore nel parlarne o forse il timore di non essere creduti e addirittura presi per pazzi. Il che mi ha convinto che non a tutti è dato il potere o il privilegio di vedere le anime vaganti dei Penitenti di chiesa in chiesa … Però, la prova che il fenomeno è vero ed esiste ce la fornisce un personaggio, al di sopra di ogni sospetto, che non è di Badolato anche se frequenta il borgo episodicamente da tanti anni, avendo acquistato non soltanto una casa per sé ma avendo portato a fare i neo-badolatesi parecchi toscani tra cui il famoso cantautore Piero Pelù. Costui è Enzo Brogi, classe 1952, giornalista, consigliere regionale comunista della Toscana per due legislature (2005 e 2010). Gianni Verdiglione mi assicura che pure Brogi vede i Penitenti, tra cui la sua stessa defunta moglie Silvana Vaiani, oltretutto riconosciuta anche dalla sorella Paola. C’è forse in Brogi un’eredità etrusca del culto dei morti? Oppure ha la sindrome di Dante Alighieri?… Che dire?….

 

Lo dice, però, lo stesso Enzo Brogi, il quale giovedì 17 agosto 2023 ha pubblicato la seguente testimonianza <<  https://www.lanuovacalabria.it/badolato-ezio-brogi-racconta-le-anime-salve-di-gianni-verdigline >> che, pure perché breve, conviene riportata per intero qui di sèguito con la foto della chiesa delle Provvidenza e delle orme dei Penitenti. Titolo: Badolato, Enzo Brogi racconta le “anime salve” di Gianni Verdiglione. Testo integrale: << “Ma siete un paese di matti visionari?”

Si ricorda dicessero gli altri a quelli di Badolato. Eppure il pudore cercava di tenere nascosto il racconto delle immagini delle anime salve che salivano dalla piccola chiesetta della Provvidenza, nella parte più bassa del paese alla più alta ed imponente chiesa di San Domenico. Soprattutto nelle notti d’estate, molti quelli che nel paese bisbigliavano di vedere la mesta processione. Come una ascesa alla salvezza eterna, come fossero salite dal Purgatorio, le anime dei loro cari. Proprio come al Sabato Santo fanno i penitenti anonimi perché protetti da un cappuccio e di bianco vestiti.  Oggi il maestro Gianni Verdiglione, l’artista delle pietre parlanti, le piccole sculture, come fossero tessere di un grande mosaico che raccontano fatti e personaggi di Badolato.

 

Verdiglione nelle giornate del Ferragosto, ha voluto illustrare quelle visioni dipingendo le sue anime salve, proprio nel percorso che raccontavano “i visionari”. Una mesta, struggente processione che vede accanto l’emigrante, con il sindacalista, il sindaco dei poveri ed il giornalista degli invisibili, con Zia Carmela, poi Ciccillo e poi la mamma di Fefè, con la sorella di Totò u filosofo…  Una lunga fila di anime laiche che come fossero a riproporre le storie e le emozioni di una comunità che sembra scomparsa. E mentre Gianni dipinge e ricorda si sentono lontane le note di De Andre: “… Che sono visioni di anime contadine /  in volo per il mondo / mille anni al mondo mille ancora / che bell’inganno sei anima mia / e che grande questo tempo che solitudine / che bella compagnia” – stop >>.

5 – IPOTESI SUI PENITENTI

Se non fossimo in un territorio caratterizzato prima dalla mitologia della Magna Grecia (dal 773 al 275 a.C. circa), di Roma (275 a.C. – 476 d.C.), dei Bizantini (5° – 11° secolo) e del Medioevo (11° – 1492) potremmo ipotizzare che quella dei Penitenti sia stata una creazione tutta badolatese per cercare di elaborare collettivamente il lutto per la perdita dei propri cari. Non dobbiamo dimenticare che, nel borgo antico di Badolato fino agli anni cinquanta del secolo 20° appena passato, esisteva il cosiddetto “carro di Tespi” ovvero i teatrini popolari mobili che si spostavano da piazza a piazza da rione a rione per le loro rappresentazioni. Così come i Penitenti … i quali, dalla chiesa periferica delle Provvidenza (loro sede), si spostano per visitare tutte le chiese del borgo fino a giungere alla grande chiesa di San Domenico in cima al paese.

 

Secondo me è importante pure il numero delle chiese (ben nove nel borgo e tre in zona extra-urbana, senza contare le numerose cappelle rurali e le icone). Per gli abitanti che aveva Badolato (circa tre mila) quando tali nove chiese urbane funzionavano a pieno regìme nel 18° secolo, possiamo ben dire che c’era un’alta densità di offerta … una chiesa per 333 abitanti circa, in media. C’erano quindi modi e tempi di elaborare una spiritualità che probabilmente, attraverso le manifestazioni e i rituali, poteva entrare in competizione tra le varie realtà ecclesiastiche locali. Non dimentichiamo che, tra tanto altro, ci sono ancora ben tre congreghe, molto agguerrite e in forte competizione tra loro. Inoltre, bisogna considerare che Badolato è stato sempre luogo molto tollerante e multiculturale, con la presenza non soltanto di cristiani d’occidentei, ma anche cristiani d’oriente, ebrei, islamici … una pluralità di credenze e di tradizioni poi tradotte, in tempi a noi più recenti, nei riti cattolici, cristiani-pentecostali, cristiani-testimoni di Geova con propri centri di culto (per non parlare di atteggiamenti individuali).

6 – IL MITO DELL’ANDROGINO E LE TANTE RITUALITA’

Probabilmente, bisognerebbe inserire i Penitenti di Verdiglione nel contesto delle tante ritualità, come processioni, vie crucis, “pigghyata” (passione di Cristo recitata) e via dicendo. In particolare, nella Via Crucis del Sabato Santo i penitenti (intesi come flagellanti) sono presenti in gran numero, vestiti di tuniche bianche, incappucciati per essere anonimi, scalzi e autoflagellanti. Tra tutte queste varie figure, ci sono pure gli alabardieri-bambini che vestono in calzamaglia, sottane, pizzi e merletti, con elmi infiorati … cosicché sembrano “femminucce” con corazza e alabarda. Una via di mezzo tra un soldato e un cicisbeo settecentesco. Rivedi e rileggi << https://www.costajonicaweb.it/badolato-cz-universita-delle-generazioni-ce-pure-landrogino-nella-via-crucis-piu-lunga-del-mondo/ >>.

 

Riguardo i bambini-alabardieri abbiamo ipotizzato già da tempo (fin dalla primavera 1988 su “il piccolissimo” di Catanzaro) che tale figura (femminea e virile allo stesso tempo) possa simboleggiare l’anima (maschile e femminile insieme).

E, in fondo, i Penitenti di Verdiglione con le loro preghiere non fanno altro che detergere l’anima dai peccati che impediscono loro le porte del Paradiso.

Ad uno studio più attento, ritengo che tutto possa tornare e ad avere un senso nelle espressioni collettive di Badolato, la cui spiritualità è indubbiamente grande e polivalente, ad ampio spettro.

Il bisogno di “peregrinare” per intercedere o espiare è una componente usuale ed essenziale per i cattolici e in Badolato si esprime ai massimi livelli nell’arco dell’anno, pure con numerose processioni che attraversano tutto il borgo e a volte si spingono più lontano tra le immediate ruralità del Convento francescano o del Santuario della Madonna della Sanità.

 

D’altra parte, che sia di derivazione mitologica (italica, greca, romana, bizantina, ecc.) o cristiana, la peregrinazione trova un’altra immagine pure in Natuzza Evolo di Paravati (1924-2009), in provincia di Vibo Valentia, ai piedi della Diocesi di Mileto. Il viaggio delle anime (così presente nella mitologia antica) è una visione pure cattolica.

Infatti Natuzza, mistica e visionaria, colei che vedeva e parlava con coloro che sono morti ha usato (si dice) la seguente espressione: << Dalla tomba, le anime dei defunti “peregrinavano” fino alle porte dell’aldilà, situate in una laguna, in una grotta o in una fenditura del terreno >>.

A parte Natuzza, nei nostri paesi ci sono delle donne-oracolo che sanno leggere le foto o gli indumenti delle persone per dire se sono vive o morte … io stesso ho accompagnato miei parenti a tali consulti che si svolgevano tra preghiere e magìe a Serra San Bruno (a metà strada tra Badolato e Paravati). Quindi, c’è una situazione parallela, quasi occulta o comunque riservata, con l’ufficialità della Chiesa. Sarebbe un tema da indagare e da approfondire meglio.

7 – LE PIETRE PARLANTI DI VERDIGLIONE

Gianni Verdiglione, così come molto tempo ha fatto il simpaticissimo padre Totò, arreda i cimiteri di Badolato e dintorni con le lapidi artistiche personalizzate defunto per defunto. Quindi possiamo arguire che l’attinenza al mondo dei morti è ormai congenita nella sua vita di lavoratore, di artigiano e di artista. Sia per le lapidi cimiteriali e sia per le “pietre parlanti” che ingemmano il borgo di Badolato, ho più volte fatto riferimento ad una “Spoon River” sullo Jonio. Ho ricordato altresì come l’albergatore badolatese Leopoldo Rèpice mi abbia voluto portare al cimitero di Badolato proprio per raccontarmi “vita, morte e miracoli” di ciascun defunto. Forse Badolato, come comunità, ha bisogno di esprimersi più degli altri paesi attorno. E lo fa pure nel suo rapporto con chi è passato a miglior vita.

 

Quella processione notturna dei Penitenti badolatesi che, di chiesa in chiesa, vanno a pregare per intercedere il Paradiso … forse non è altro se non la graduale ascesa alla purificazione completa e perfetta che ogni essere umano dovrebbe già fare in vita. In un modo o nell’altro, la spiritualità badolatese, nel contesto della sempre grande e plurimillenaria spiritualità calabrese e proto-italica, ha un bisogno impellente di esprimersi … e lo fa in tutti i modi possibili. Così, mi sembra di capìre che Gianni Verdiglione, come uomo e come artista, dimostri di saper interpretare al meglio tale bisogno ancestrale. Lo fa con le sue poesie (fin dall’adolescenza), con i suoi quadri di marmo, con le lapidi cimiteriali, con le “pietre parlanti” al borgo, con le installazioni urbane sulle orme dei Penitenti che dalla chiesa della Provvidenza vagano per le vie del borgo e, chiesa dopo chiesa, preghiera dopo preghiera, giungono alla chiesa più in alto, quella di San Domenico, come a rappresentare l’ascesa al Paradiso. Così tutto parla, tutto si esprime. Tutto diventa messaggio per i vivi distratti o pigri, destinati poi a vagare da defunti se non raddrizzano le proprie esistenze nella purificazione terrena dell’amore e della carità.

8 – SALUTISSIMI

Caro Tito, lasciami ringraziare ancora una volta Gianni Verdiglione per quello che è come persona mitissima e amabile, sincero amico, ottimo compaesano e artista generoso che ci rappresenta tutti nei valori e nei sentimenti di una Cultura che ha radici nella notte dei tempi, proto-storica e raffinata del tempo. Spero che Egli possa essere aiutato ad esprimere ancora meglio e di più l’anima del nostro popolo proto-italico. Spero altresì che Egli venga valorizzato socialmente al di là della sua innata umiltà. A me spiace soltanto che l’esilio mi stia privando di uno dei miei migliori amici e di un artista che ho cercato di seguire fin dalla sua adolescenza. Insieme avremmo potuto fare molto di più per Badolato e la Cultura. Ma, per questo mio esilio e per tanti altri peccati mortali, più di uno a Badolato dovrà vagare, dopo morto, come i Penitenti descritti da Verdiglione nelle sue installazioni artistiche e valoriali. E qualcun altro andrà sicuramente dritto all’inferno.

 

Una riflessione, prima del saluto. Mi sembra di capire che Verdiglione, con tutta la sua Vita e la sua Arte (dalla Strada della Poesia alle sue sculture, dalle sue installazioni al suo umanesimo, dalla sua “defuntologia” all’esaltazione del borgo come memoria storica e individuale, ecc.) intenda ammonirci ad evitare di adottare mode esterofile di qualsiasi genere, poiché abbiamo tanto di nostro da conoscere e da valorizzare … sia per meglio capire noi stessi ed apprezzare l’eredità dei nostri più antichi Padri … sia per mostrare il meglio del nostro mondo ai turisti e agli amici affezionati, i quali hanno diritto di vedere l’originalità della nostra civiltà più autentica e non un popolo che scimmiotta mode aliene al nostro Essere più profondo (proto-storico e proto-italico).

Questa è la pedagogia sociale di Gianni Verdiglione e di tutti coloro i quali dimostrano da sempre di amare il nostro popolo e il nostro borgo. 

Detto questo, posso congedarmi, ringraziandoti (ancora e sempre per l’accoglienza) e salutando con tanta cordialità te e i nostri lettori, specialmente coloro i quali ci seguono con più affetto ed attenzione, spesso riscontrandoci. Alla prossima lettera “506”.

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, giovedì 30 novembre 2023 ore 11.11 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web. Le foto dei Penitenti mi sono state date da Gianni Verdiglione.