salvatore mongiardo foto 2015Mi verrebbe di cominciare questa lettera con: Cara mamma, caro Ernesto, cara Rosa, e vedremo perché. Scrivo comunque queste pagine con la massima sincerità, ripensando al mio vissuto, alla storia del mondo e all’avventura della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone. Durante le quaresime degli anni intorno al 1950, nella chiesa del mio paese, Sant’Andrea Jonio, c’era l’adorazione del Santissimo Sacramento. Mia madre mi conduceva bambino e si inginocchiava sul freddo pavimento, come tutte le altre donne, e vi rimaneva a lungo tra canti, preghiere e candele accese davanti all’ostensorio posto sull’altare. Dopo forse un’ora, l’ostensorio veniva nascosto con una tendina per permettere ai fedeli di sedersi, cosa impensabile davanti al Sacramento esposto.

Quando tornavamo a casa, mia madre aveva una luce particolare negli occhi, era più pacata e serena. A volte, poi, mentre cucinava davanti al focolare acceso, cantava in latino il pater nostrer della messa, come se fosse un prete. E diceva: Beati i maschi che possono diventare sacerdoti e celebrare la messa! Era il suo grande sogno, irrealizzabile dentro la Chiesa che escludeva, come esclude ancora oggi, le donne dal sacerdozio. Passai così la mia infanzia nell’ambiente familiare dominato dal sacro. Poi, la mia gioventù nei seminari fu come una lunga traversata nel mare del sacro, che mi appariva bello e invitante come lo Jonio che vedevo nel Golfo di Squillace.

Tutti i miei libri ricordano quella formazione ricevuta nei seminari, che ritengo sbagliata e inadatta a chiunque, che però mi aiutò a raggiungere altezze mistiche, a sentire la presenza divina nel cosmo e a favorire l’unione a Dio nella preghiera. In seguito, la vita mi portò ad abbandonare quella esperienza e a lavorare nel mondo moderno degli affari, quanto di più estraneo al sacro si possa immaginare. Oggi credo di poter affermare che poche persone hanno fatto come me una esperienza lunga e profonda sia del sacro che del suo contrario, il profano. 2 Per meglio capirci, riporto quanto scrive l’Enciclopedia Treccani sul sacro: Sacro è ciò che è connesso con la divinità, con la religione e con i suoi misteri, e perciò impone un particolare atteggiamento di riverenza e di venerazione. Il sacro appare sempre come una qualità che può essere propria di varie cose: di luoghi (templi e santuari), di periodi di tempo (feste), di azioni (rito), di testi (formule rituali, scritture), di persone (sacerdoti, monaci), di oggetti (statue, strumenti rituali).

La qualità di sacro richiede un comportamento particolare: sono obbligatori certi atti (silenzio, prosternazione) e proibiti altri (toccare). Questi obblighi e divieti derivano dalla convinzione che la sacralità comporti una particolare potenza nelle cose o persone che ne sono investite. La radice indoeuropea di sacro è sak e indica un essere diverso rispetto all’ordinario o profano. Il sacro è stato vissuto nel passato con diverse sfumature nelle varie epoche e nazioni. Oggi si può dire che il mondo intero corre verso la laicizzazione e abbandona il sacro, come si può osservare entrando in una basilica di Roma, dove i turisti entrano numerosi, ma quasi non si vede più nessuno in ginocchio o raccolto in preghiera. Comunque il sacro è stato un fenomeno che ha coinvolto tutti i popoli e le culture da un capo all’altro del mondo con le religioni, le quali del sacro sono state sia le custodi che le propagatrici. Mia madre, per esempio, era nata e cresciuta in una Calabria permeata da un senso del sacro molto forte, che derivava in parte dalla Magna Grecia e in parte dal cristianesimo greco ortodosso piuttosto che latino, cioè attento più alla preghiera del cuore e meno alla definizione teologica.

Lei mi ha nutrito fin dalla nascita con latte e sacro. L’amico Ernesto Cappellari il protocleto, il primo chiamato perché primo iscritto alla Nuova Scuola Pitagorica, ritiene invece che il sacro sia una astrazione, una separazione forzata, un artificio della mente umana che impedisce di vivere appieno la 3 realtà, come insegna il suo autore preferito, l’indiano Osho o Rajneesh. Girando per l’India, io ho visto il sacro dappertutto nelle migliaia e migliaia di templi pieni di fedeli e di statue delle molte divinità del Panteon indiano. Forse la contrarietà di Osho al sacro deriva dal dilagare del sacro stesso, che in India appare incontenibile. Comunque, la mia risposta a Ernesto è quella che uso spesso: Se una cosa esiste non poteva non esistere. Siamo noi che non abbiamo ancora capito le ragioni profonde della sua esistenza. Il fatto poi che il sacro sia un’astrazione, una separazione, è possibile. Ma le astrazioni, cioè le elaborazioni mentali, sono indispensabili per capire la realtà profonda delle cose. Le formule di Einstein sono una astrazione, una elaborazione della mente umana, non esistono in natura.

Eppure, senza quelle formule noi non saremmo arrivati a capire la realtà vera di tempo e spazio che non è quella apparente che noi constatiamo. Il terzo personaggio della lettera è Rosa Brancatella, la sola donna che è stata tra i cinque firmatari del documento di nascita della NSP. Più di una volta Rosa mi ha fatto notare la fame di sacro che lei nota fra le donne; secondo lei, tutto il mondo femminile è pronto a partire alla conquista e alla diffusione del sacro. Perciò lei ritiene formidabile il rito del Bue di Pane e afferma: Il sacro a cui oggi sono arrivata l’ho trovato dentro di me quando sono in contatto profondo con la natura, l’aria, l’acqua, il vento e le piante che mi rimandano il senso profondo e sacro della vita ed io sono la sacerdotessa di questo intimo rito, mediatrice io stessa tra la terra, dove i miei piedi sono saldamente piantati, e il cielo, dove la mia anima si posa e respiro: sento che col mio corpo sono il tramite di due mondi, la terra e il trascendente.

E penso che ogni donna in fondo sente e aspira a questo… Io mi trovo ora a dover raccogliere le varie fila per dare un senso al problema del sacro, problema che a me appare con chia- 4 rezza cristallina derivante da anni di ricerche, di studi e scrittura dei miei libri. E dico questo: Il sacro che storicamente si è affermato, quello che noi conosciamo, è come una fortezza imprendibile dove risiede la violenza e da dove essa esercita il suo nefasto dominio sul mondo. Difatti, le grandi religioni parlano di pace e usano la stessa parola come saluto: pax, shalom, salam, ma in realtà propagano e favoriscono guerre infinite perché il loro sacro è violento. Questo è successo perché tutte le religioni sono state fondate da maschi, da guerrieri, che al desiderio naturale di pace hanno risposto con la cultura della forza, della conquista e della sottomissione. L’uomo cioè, ha rotto il rapporto di naturale armonia tra maschio e femmina imponendo la sua visione dominatrice del mondo.

Tutto questo percorso storico è analizzato e spiegato nel mio ultimo libro Mi dimetto da maschio, titolo inglese I dismiss myself as a male. In sintesi, la violenza è diventata sacra con l’offerta a Dio di vittime sacrificali, cosa evidente nelle tre religioni monoteiste mediorientali: ebraismo, cristianesimo e islam, che in un modo o nell’altro esigono il sangue di una vittima innocente per la salvezza. Difatti, il cristianesimo trova la sua espressione fondamentale nel Divin Sacrificio della messa, nella quale si offre a Dio padre il sangue del suo figlio unigenito, quanto di più disumano si possa immaginare. Questo è successo perché la vicenda di Gesù è stata interpretata da San Paolo in chiave biblica sacrificale, cioè esattamente al contrario di quanto Gesù intendeva. Difatti, San Paolo ha inserito nel cristianesimo il concetto di peccato originale e la necessità di una vittima sacrificale, Gesù, che doveva cancellare col suo sangue innocente i peccati del mondo. Questa deviazione ha avuto conseguenze terribili, come spiego in dettaglio nell’altro mio libro Cristo ritorna da Crotone. Gesù non ha mai parlato di peccato originale e ha cercato unicamente un rapporto d’amore con Dio.

Facciamo ora un salto in Oriente e guardiamo al Budda, l’illuminato, che appare come il modello più dolce di calma e be- 5 nevolenza. A me sembra che Budda, anche se vegetariano e assolutamente non sanguinario, esercita un’altra forma di violenza maschile che deriva dalla necessità, da lui predicata, di distaccarsi dal desiderio per entrare nel nirvana. Per me, invece, il desiderio è la legge universale posta alla base dell’Essere stesso. Per vincere il desiderio, Budda abbandonò la giovane moglie Jashodara e il figlioletto Rahula e poi li monacò in monasteri diversi: egli impose loro la sua volontà, invece di aiutarli verso la libertà. Dall’India andiamo a Crotone, dove un contemporaneo di Budda, Pitagora, si comportava in modo completamente diverso. Egli aveva viaggiato e praticato molti culti nei posti dove aveva vissuto: Grecia, Libano, Siria, Israele, Egitto, Babilonia. Era anche un gran frequentatore di sacerdoti, che all’epoca erano gli unici a possedere la conoscenza. Pitagora era rispettoso di ogni culto, ma al tempo stesso era anche critico degli elementi che non avessero una base logica, e si comportò di conseguenza.

Da vecchio, forse aveva cinquanta anni, sposò a Crotone la bella e giovane Teano, con la quale ebbe dei figli e così esaudì, contrariamente a Budda, il desiderio di amare e vivere con una bella donna. Dopo aver esaurito quel suo desiderio, Pitagora diventò il liberatore delle donne alle quali attribuiva maggiore dignità degli uomini. Liberò anche gli animali destinati al sacrificio, offrendo agli Dei il Bue di Pane, e affidò alle sue donne, alla moglie Teano e alle loro figlie Damo e Muià, il compito di condurre le altre donne ad offrire focacce fatte con le loro mani, che deponevano su altari mondi da ogni goccia di sangue. Il sacro pitagorico fu una grande rivoluzione perché contestava il sacrificio di sangue, culto ufficialmente riconosciuto dalla polis, e contrappose al sacerdozio maschile il sacro amministrato dalle donne di casa. Questa vicenda andrebbe studiata a fondo e potrebbe essere la vera spiegazione, ancora non emersa, della rivolta di Cilone di Crotone contro Pitagora e la sua scuola. E’ impossibile che i sacerdoti dell’epoca ignorassero la minaccia pitagorica, che metteva in discussione la loro supremazia e tutta la fiorente economia che ruotava intorno al grande Tempio di Hera Lacinia.

Una simile indagine potrebbe spiegare meglio anche la 6 condanna a morte di un altro vegetariano pitagorico, Socrate, accusato di allontanare i giovani dal culto degli Dei di Atene: era un’accusa che aveva un fondamento reale nella dottrina pitagorica che esigeva l’abolizione del sacrificio animale agli Dei. La stessa accusa, secoli dopo, fu rivolta al pitagorico Gesù, che contestò i sacerdoti e il Tempio di Gerusalemme e liberò le vittime destinate al sacrificio. Fu l’unico nella storia millenaria del Tempio a compiere quel gesto audace che gli costò la vita. La comprensione di questi avvenimenti tra loro collegati è una scoperta recente che fa emergere una visione nuova della storia e al tempo stesso indica la strada verso la fine della violenza, strada che dovrà necessariamente passare attraverso la donna. Se guardiamo su una carta geografica il Mediterraneo, vediamo che attorno alle sue sponde c’è tutto un pullulare di genti e conflitti generati dalle tre religioni mediorientali. E appaiono anche, in fondo alla ricca Unione Europea, la Grecia e la Magna Grecia, cioè il Sud Italia, problematiche e ultime per ricchezza e sviluppo.

Questa loro decadenza, però, potrebbe anche significare che sono gli unici posti dove ancora si pensa in base a valori tanto antichi quanto eterni, valori che il mondo non accetta più perché è diventato anti-pitagorico, cioè laicizzato e competitivo, finanziario, consumista e alla fine violento. A prima vista Grecia e Magna Grecia sembrano condannate dalla storia; però, scavando attentamente nell’anima di questi due popoli, vediamo apparire un logos, un disegno, che affida loro la funzione di nuova inseminazione del mondo: Grecia e Magna Grecia non devono fare, ma devono far fare agli altri guidandoli con un pensiero eterno che conduce alla fine della violenza. Questo significa portare avanti il discorso che Pitagora e Cristo hanno impostato, che però non è stato ancora attuato per circostanze storiche, e che noi dobbiamo ora realizzare per la nostra stessa sopravvivenza. L’amico Michelangelo Nisticò mi scrive al riguardo: Se è vero che il Sacro Ѐ, allora è giusto pensare che il discorso rimane aperto e parlarne serve per alimentare la fiammella che alberga in noi e che necessita di essere ravvivata. Oggi non è più 7 necessario recarsi a vivere sul Monte Athos o affannarsi a fustigare le carni e i suoi desideri o abbracciare altre religioni che ci sembrano più congeniali al nostro modo di sentire. Oggi, più che mai, l’uomo ha bisogno non solo di essere multietnico, ma anche multireligioso. La professione di fede, nell’uomo moderno, non può contrapporsi con i valori di civiltà che storicamente si sono affermati e che hanno garantito una stabilità basata sulla Ragione.

Il nostro compito non sarà più quello di farci tutti pitagorici e condividere i cibi che mangiamo, come in una sorta di rito protettore. Ma, forti del pensiero pitagorico, dovremo smascherare ogni genere di violenza e farci interpreti di una nuova civiltà nascente. In conclusione, io sento di poter dire che gli uomini, ma soprattutto le donne, dovrebbero operare il grande cambiamento dando un contenuto nuovo al sacro, che non può più rimanere quello tradizionale maschile, né potrebbe essere sostituito da un sacro solamente femminile. Ci vorrebbe una nuova stagione di Sacro Armonico che escluda angoscia e sofferenza di qualunque genere e favorisca il fiorire sereno della vita in ogni direzione. Il vero sacro è la vita in ogni sua manifestazione. Nient’altro che questo indica l’annuncio di un Dio che si incarna, che lascia cioè la solitudine del suo cielo attirato dal richiamo irresistibile di una donna, e solo così diventa umana carne con tutte le sue emozioni. Dopo millenni di dominazione maschile, dovrebbero essere soprattutto le donne a riflettere e proporre nel Tiaso nuove forme e contenuti sacri come riti, gesti, funzioni, canti, danze.

Ѐ finalmente giunta l’ora che la donna prenda per mano e conduca a casa l’uomo, perso nella selva oscura della storia. Per realizzare questo favoloso cambiamento, la donna ascolti solo e unicamente il suo cuore, quel cuore che fu anche di Pitagora, di Cristo ed è anche il mio, vostro affezionatissimo Filosofo delle Donne.

Salvatore Mongiardo 14 Febbraio 2017, San Valentino

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