MESSINA – Ogni randagio, cane o gatto presente sul territorio, ha una storia; storia che ha avuto inizio con il gesto più ignobile e indegno: l’abbandono. In strada vengono abbandonati cuccioli appena nati, gatte e cagne gravide, animali anziani e malati: 10.000 solo quest’anno secondo i primi dati. Città e provincia di Messina non sono esenti dal fenomeno, qui casi di maltrattamento ed abbandono svelano la propria crudeltà ed efferatezza, smascherando il volto di una città colpevole ed indifferente.

Una piaga vergognosa, in costante crescita, colpevolmente ignorata dalle istituzioni; basta fermarsi ad osservare la condizione nella quale impietosamente viene costretta a vivere la popolazione felina.

Una premessa è d’obbligo: questo racconto non intende in alcun modo prestarsi od alimentare la sterile e pretestuosa contrapposizione cani-gatti; questo racconto intende semplicemente richiamare l’attenzione su una realtà che amaramente fotografa il grado di inciviltà di una città, dei suoi amministratori ed abitanti.

In ogni strada, vicolo o quartiere vivono in condizioni di profondo degrado e disagio decine di gatti: il frutto di politiche indifferenti e lesive dell’esistente normativa in materia di diritti degli animali.

E’ sufficiente guardarsi intorno per comprendere come il randagismo felino rappresenti una realtà certamente più dirompente rispetto a quella cinofila; il felino randagio però non genera allarme sociale, pertanto abbandono o maltrattamento passano sotto il silenzio delle istituzioni e della cronaca locale.

Un fenomeno silente che non ha voce, se non quella di semplici volontarie, conosciute come “gattare” che, esclusivamente con propri mezzi e tra milioni di difficoltà, sebbene la legge consenta loro di sfamare ed abbeverare i randagi, si prendono cura dei felini abbandonati.

“Molti ritengono – raccontano alcune di loro- che l’animale abbandonato possa adattarsi a vivere sul territorio solo per il fatto che in questo si trovino altri randagi; nella maggior parte dei casi invece il nuovo arrivato non viene accettato, cacciato ed aggredito perché estraneo”.

“L’attività di ogni gattara dovrebbe trovare il sostegno e la cooperazione delle istituzioni – proseguono – invece di fronte al verificarsi dell’ennesimo caso di abbandono o maltrattamento sono queste alcune delle risposte che riceviamo da parte di chi dovrebbe conoscere ed applicare la legge: Non ci occupiamo di gatti perché la loro presenza viene percepita dalla cittadinanza come un problema: i gatti non interessano a nessuno”.

Non determinando allarme sociale tra la popolazione si è preferito pertanto ignorare il fenomeno del randagismo felino, lasciandolo in governato, destinato a moltiplicarsi ed a generare lo scempio che ogni giorno si compie sulle nostre strade.

“Le condizioni nelle quali sono lasciati vivere i felini sono il compendio di un’ indecenza senza eguali – spiegano le volontarie – degrado ed immondizia, prodotta dagli umani – sottolineano – generano ed alimentano tra i felini focolai di malattie per loro mortali: una vera mattanza”.

“Si tratta di patologie facilmente curabili che si trasformano in epidemie in assenza di adeguate condizioni igienico-sanitarie”.

“Compito – denunciano – che spetta alle istituzioni locali, in capo alle quali risiede l’obbligo di garantire decorose condizioni di vita”.

“Il disinteresse delle istituzioni unito a malvagità, ignoranza, superstizione ed arretratezza culturale assumono in questa città dimensioni impressionanti”.

“Gatti e cani vengono avvelenati, picchiati, mutilati, feriti ed uccisi – denunciano le volontarie che operano sul territorio – chi non interviene punendo questi episodi o volge lo sguardo dall’altra parte è complice di questo massacro”.

La normativa attuale punisce e sanziona il reato di abbandono e maltrattamento (art.544 bis e ter codice penale) con la reclusione da 3 a 18 mesi nel primo caso e da 3 mesi ad un anno, con un’ammenda compresa tra i 3.000 ed i 15.000 euro, nel secondo.

La legge inoltre stabilisce come tutti i randagi, anche i piccoli felini, siano proprietà del sindaco e pone in capo all’ente comunale il compito di provvedere ad attuare adeguate condizioni igienico-sanitarie all’interno di colonie protette, tutelate con legge regionale n°15 del 3/7/2005.

L’art.18 così dispone: “E’ fatto divieto di maltrattare e di allontanare dal loro habitat naturale i gatti che vivono in libertà. Per habitat naturale si intende qualsiasi territorio o porzione di esso, edificato e non, dove stabilmente sia insediato un gatto o una colonia felina in libertà, indipendentemente dal fatto che sia accudita da cittadini”.

Dunque, nonostante esista una precisa normativa che punisce e sanziona abbandono e maltrattamento e difende le colonie feline la legge rimane disattesa.

Agli enti comunali inoltre spetta il compito di attuare e garantire una seria e concreta campagna di sterilizzazioni, censendo numero delle colonie e procedendo alla sterilizzazione degli esemplari femmina, al fine di giungere a determinare il controllo delle nascite.

Operazione attuata da tempo in diverse parti d’Italia e regola in Europa, dove il fenomeno del randagismo è stato governato sia attraverso adeguate politiche di sterilizzazione sia attraverso la realizzazione di luoghi idonei, rispettosi delle esigenze di cani e gatti, all’interno dei quali ospitare i randagi.

Messina invece, ancora una volta mostra sulla pelle dei più deboli ed indifesi tutta la propria inciviltà, ignoranza ed inumanità.

“Il grado di civiltà di una nazione si misura dal modo in cui questa tratta i propri animali”. (Ghandi)

 Emma De Maria

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