autonomiaLa conquista dell’autonomia è obiettivo fondamentale nel percorso educativo. Ogni animale passa gradualmente dalla dipendenza quasi totale rispetto alla madre e alle figure parentali in genere, alla piena e totale indipendenza sia fisica che affettiva e psicologica.

Ciò avviene anche con delle fasi e momenti traumatici. La gatta madre che per le prime settimane ha tenuto il gattino vicino a lei, verso i tre – cinque mesi, quando quest’ultimo è in grado di cacciare da solo ed è maturo per una vita indipendente, cerca in tutti i modi di allontanarlo da sé, spingendolo verso la piena autonomia. Lo stesso fanno gli orsi e molti altri animali: quando i piccoli raggiungono una certa età si attivano nel rompere il legame che li lega ai figli in maniera abbastanza netta, per spingerli ad una vita pienamente e totalmente indipendente.

Vi è un’età per ogni acquisizione nel campo dell’autonomia

L’autonomia personale e sociale inizialmente è rappresentata dalla capacità di alimentarsi, vestirsi e svestirsi da soli, compiere senza aiuto le operazioni di pulizia personale. Successivamente, verso i sei anni, i bambini possono, se guidati, dare un piccolo aiuto domestico, ordinare la loro stanza, i loro libri e giocattoli. Verso i sette anni sono capaci di spostarsi da una parte all’altra della scuola e fare telefonate urbane senza bisogno d’aiuto, e così via.

L’autonomia non è: “ Fai quello che vuoi, arrangiati, non m’importa cosa fai. Paga di tasca tua le conseguenze.” Ciò è soltanto un modo per non impegnare se stessi, il proprio tempo, le proprie energie nell’attività educativa coprendosi con il vessillo della libertà, modernità, e generosità.

Per Don Mazzi “La libertà fasulla costruita artificialmente attorno all’amore, ha partorito solitudini sconfinate.”

Autonomia significa insegnare a gestire un piccolo spazio sicuro in cui muoversi. Spazio fisico e psicologico. C’è lo spazio dei “sì” in cui muoversi liberamente e con gioia e all’esterno di questo c’è lo spazio dei “no” fatto di limiti e regole dati dai genitori, dagli adulti, dalle convenzioni e regole sociali, legali e morali.

I genitori e gli educatori che non riescono a dire dei “no”, sono spesso genitori che non sopportano di non essere in quel momento amati. Anzi non sopportano che in quel momento il bambino o il giovane pensi male di loro e li giudichi severi, o peggio, autoritari. In realtà essi tendono a proteggere se stessi dai sentimenti dolorosi più che i figli. Purtroppo per non aver detto dei piccoli “no” quando era il momento opportuno, in un futuro si è spesso costretti a dire dei “no” molto più gravi e terribili. Come sono costretti a fare i genitori dei figli tossicodipendenti o asociali: “Vattene fuori di casa, o ti mando in galera” “Non mi alzare più le mani o chiamo la polizia.” “Hai rovinato la nostra casa adesso basta.”

Le regole e le norme hanno la caratteristica di essere dapprima avvertite come esterne alla persona cui sono dirette, quindi l’istintiva tendenza al rifiuto e alla ribellione, ma successivamente vengono introiettate da un Io sano e forte e fatte proprie.

L’autonomia è stimolata soprattutto dal raggiungimento di alcuni obiettivi fondamentali. Il bambino cresce non solo perché qualcuno gli dà degli alimenti, ma anche perché si prefigge delle mete. “Prima non camminavo ero costretto a stare nel mio lettino, nel box in un piccolo spazio, adesso voglio scoprire la casa. Voglio andare dalla mamma e dal papà quando ne sento il bisogno. Voglio riuscire ad impossessarmi degli oggetti che stanno attorno al mio mondo. Per questo scopo, quindi, concentro tutti gli sforzi e le energie. Attivo la mia mente, ed i muscoli, per raggiungere questi splendidi obiettivi.” “ Prima non parlavo e quindi non potevo comunicare bene i miei pensieri e avere una risposta ai tanti perché, devo riuscire adesso a trasformare in suoni i pensieri e le domande che mi s’affollano nella mente.”

L’obiettivo, oltre che dall’interno, nasce anche quando qualcuno che amiamo, e che ci fa piacere accontentare, si aspetta da noi un certo comportamento.

“Mamma e papà erano molto contenti quando io ho imparato a scambiare con loro un sorriso o quando ho scoperto, nel poggiare le mie labbra sulle loro guance, i baci, adesso si aspettano da me qualcosa di più, si aspettano che io pronunci qualche suono o parola, come fanno loro. Mi accorgo della loro felicità quando inavvertitamente pronuncio qualche sillaba. Devo riuscire a fare meglio, per accontentarli.”

Impariamo, cresciamo e quindi raggiungiamo più alti livelli d’autonomia, quando sentiamo che qualcuno che amiamo si aspetta da noi qualcosa. “ Prima ti portavo in braccio, adesso, vieni tu da me, cammina da solo.” “Prima ti davo da mangiare, adesso mangia da solo se vuoi.” “Prima ti vestivo come un bambolotto, adesso vestiti da solo, dimostra d’essere grande.” “Prima ti compravo i giocattolini, le figurine, le caramelle, adesso ti do i soldi, impara a chiederli tu al negoziante, supera la tua timidezza, supera le difficoltà verso gli estranei.”

Gli strumenti di crescita si attivano ogni volta che noi mettiamo delle condizioni a mete che i figli desiderano raggiungere; come dire: “Se vuoi questo, in cambio ti chiedo e mi aspetto dei comportamenti più maturi”

“Ti piace stare con i compagnetti della scuola materna e divertirti con loro? Allora non puoi più continuare a ciucciare il biberon, non puoi continuare a portare il pannolino, devi riuscire a mangiare cibi solidi e ad andare da solo in bagno.”

Lo stesso dovremmo fare in molte altre occasioni della vita del minore. In ogni religione, i principali passaggi da una fase all’altra della vita venivano, e in parte lo sono ancora, scanditi da qualche rito o festa, accompagnati da una richiesta di maggiore maturità ed impegno sociale o personale.

Ad esempio per i cattolici, la Prima Comunione o la Cresima hanno un significato religioso che si accomuna e dà corpo a taluni impegni ben precisi e ad accresciute responsabilità. E’ come se i genitori e la comunità dicessero al bambino:

“Vuoi fare la Prima Comunione, perché questo sacramento ti fa sentire importante, al centro dell’attenzione di parenti ed amici e ti permette di avere una bellissima festa e tanti regali? Benissimo, ma in cambio hai il dovere di percorrere un cammino di formazione, di bontà, di generosità, di rifiuto verso i capricci e i comportamenti negativi.” Se queste occasioni si perdono o si trasformano in una delle tante feste che costellano la vita dei nostri figli, feste fatte di torte, regali e tanto consumismo, si perde il senso e lo scopo sacramentale e educativo.

Nel periodo adolescenziale entrano in gioco i rapporti affettivi e amorosi, ma anche un bisogno di maggiore responsabilità e maturità. Anche in questi casi in cambio dell’accettazione di comportamenti sicuramente piacevoli e gratificanti si dovrebbe chiedere il superamento di certi stadi infantili e la maturazione di certe qualità. “ Ami quella ragazza? Potete sicuramente portare nel vostro cuore quest’amore, ma se volete che io come genitore, e noi come comunità, accettiamo questa vostra relazione dovete dimostrare d’essere maturi, responsabili, disposti a donarvi l’uno all’altro con generosità e sacrificio.”

“Vuoi scambiare con il tuo amore delle piccole affettuosità? Dimostra d’avere intenzioni serie, d’essere maturo per questo rapporto, dimostralo con le tue attenzioni, con le tue capacità, con il rispetto e l’impegno verso questo sentimento, verso l’altra persona, la sua famiglia, la società.”

“Cercate delle piccole intimità? Dimostrate che avete fatto un cammino insieme, che siete responsabili e attenti all’impegno sociale, e ad un eventuale impegno coniugale”

“Volete avere piena libertà e rapporti sessuali completi? Dimostrate, con il matrimonio, che siete maturi per questi rapporti che coinvolgono voi personalmente, ma possono coinvolgere un’altra vita, le vostre famiglie e la società. L’eventuale figlio troverà ad accoglierlo non degli adolescenti irresponsabili, ma degli adulti maturi e consapevoli; non la pattumiera di un ospedale o la casa dei nonni ma la vostra casa.” E. Harding, infatti, ricorda: “In molte tribù primitive i giovani non si possono sposare finché non hanno dimostrato d’essere degni di essere considerati uomini; e su questo punto la società civile dovrebbe farsi guidare dagli usi di una civiltà primitiva.”

Quando i rapporti affettivi, amorosi e sessuali, sono una delle tante occasioni di piacere e gioco, allora si perdono, e si perdono per sempre, nei confronti dei figli, degli appuntamenti e delle occasioni importanti per la loro crescita umana e spirituale.

In molti casi purtroppo, nella nostra attuale società, i messaggi che i genitori e la famiglia nel suo complesso mandano sono di segno opposto: piccoli è bello, piccoli fa piacere alla mamma e a papà. Se si è piccoli si ottiene di più, o si ottiene tutto lo stesso. Molti genitori hanno come paura di mettere sulla strada dei figli obiettivi da raggiungere, condizioni per ottenere qualcosa, limitazioni ai loro desideri. Anzi, fanno di tutto per mettere a loro disposizione ogni cosa possano chiedere o soltanto desiderare: mettono a disposizione la propria persona, le proprie economie, i sacrifici e gli impegni, chiedendo in cambio solo qualche coccola e qualche bacio di gratitudine.

Siamo in presenza di uno scambio perverso: “ Il tuo affetto, il tuo amore, le tue coccole, la tua gratitudine, a volte anche soltanto la tua presenza, in cambio del mio denaro, della massima libertà, delle mie tenerezze, del mio lavoro per tenere sempre pulite le tue camicie, per lavare i tuoi calzini, per ordinare ciò che metti in disordine, per fare riparare la macchina che sfasci, per comprarne una nuova se ti serve, per pagare il tuo permanere agli studi all’università molto dopo il consentito, quando saresti dovuto già essere laureato da un pezzo.” E’ un meccanismo perverso che lega i genitori, soprattutto la madre, alla figura dei figli. E’ una dipendenza reciproca che limita e blocca la crescita d’entrambi.

La mancanza o la scarsità di stimoli alla crescita, rappresentata dalle richieste, dalle prove e dalle sfide, è la causa principale delle cosiddette “famiglie lunghe”, cioè di quelle famiglie che non riescono a far uscire dal loro nido caldo e ovattato la prole ad un’età che dovrebbe aver portato la giusta maturità. I nostri giovani pur avendo un’età considerevole, non si allontanano e dipendono dalla famiglia d’origine, in cui stanno e vivono bene, per molti, molti anni. Essi rifiutano ogni assunzione d’impegni e responsabilità che comportino fatica e sacrificio, perciò ritardano o rifiutano sia l’inserimento nel mondo del lavoro che l’impegno coniugale e familiare.

 Emidio Tribulato

 

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