A Monasterace c’era il caos, poi venne eletta Maria Lanzetta (in foto) che si impegnò a dare una sterzata legalitaria. Una donna, la novità, la legalità… tutti dimenticarono che il comune, in passato era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Ma non durò a lungo. Nell’ultimo anno Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, è stato teatro di diversi attentati di ‘ndrangheta, rivolti sopratutto verso il sindaco Lanzetta e la sua giunta. I Motivi? Solo sospetti, dice la sindaca e tutti politici. Qualcuno bisbiglia, doveva lavorare solo la cosca Ruga che secondo la DIA “aveva il controllo totale degli appalti delle opere pubbliche a Monasterace, qualsiasi servizio, dovevano svolgerlo loro direttamente o imprese riconducibili alla consorteria criminale”.

“ Non sono un sindaco antimafia …” “Ho bisogno di sentirmi uguale a chi vive a Genova, a Padova…. Sono calabrese ma sono italiana … La Locride è povera e soffre perché ci tolgono le scuole, non ci sono investimenti…” Parla sottovoce, a volte abbassa gli occhi. Le parole si susseguono frettolosamente, come se temesse di non riuscire a dire tutto. Fragile? Timida? Decisa. Maria Lanzetta è decisa a portare a compimento il suo secondo mandato di sindaca di Monasterace. Nonostante tutto.

Visino pulito, minuta di corpo, gracile. Esile ma, fortissima. Occhi vispi, intelligenti, di quelli per cui non c’è bisogno di parole. Sorriso dolce, fare cortese. Riservata, discreta, schiva, modesta, Maria ha 57 anni, marito insegnante, due figli laureandi. Una solida famiglia di origine alle spalle. Farmacista benestante non ritira neppure l’indennità di sindaca, preferisce illuminare le strade, fare lavori di manutenzione e tante altre piccole grandi cose che servono per il paese da lei amministrato. In questo periodo è più che mai arrabbiata per ciò che succede in altre regioni e in altri comuni. Lei in fondo non ha mai pensato di fare grandi opere. Lei pensa a cose molto normali “… la possibilità di scrivere nuove regole per il territorio, piano regolatore, progetto spiagge, recupero del centro storico, opere pubbliche. Senza grandi spese”.

Ha dato fastidio che non volesse grandi spese o che volesse riscrivere le regole? Il progetto spiagge o il recupero del centro storico? Certamente questa piccola gracile donna ha fatto uno “sgarro”. A chi? Perché la minacciano? Perché le hanno incendiato la farmacia, sparato contro la sua macchina? Chi le fa recapitare a casa biglietti con su scritto Resta a casa a fare la madre? Tanti interrogativi ai quali lei non dà risposte, c’è un’indagine in corso ripete.

SINDACHE CHE DANNO FASTIDIO ALLA ‘NDRANGHETA

Siamo nella locride, dove, miserie umane, riti arcaici, ritorsioni, la fanno da padrone. Dove è facile sparare alla macchina della sindaca o, appiccare fuoco alla sua farmacia. O alla macchina di una sua consigliera comunale di fiducia. Eppure in questa parte della Calabria, in questo periodo per certi versi si sta vivendo un periodo splendido. Tanti piccoli comuni sono amministrati da donne e le giunte sono fatte da giovani donne e giovani uomini. Sindache -donne impegnate, decise, preparate. Coraggiose. Sindache protette dalla scorta perché probamente hanno pestato i piedi a qualcuno. Loro le ostriche e lo champagne non li mettono in conto, non sono previsti. Le loro sono cene familiari, con i parenti o gli amici. Nelle loro abitazioni o il ristorante sotto casa. La loro vita è a rischio per pochi spiccioli, perché di soldi queste sindache ne vedono pochi o per nulla, Sprechi, ostriche, cozze pelose, festini? Da queste parti suonano come bestemmie, come si suole dire fanno uscire di testa. Sono per il rigore e la legalità per ciò hanno dato fastidio alla ‘ndrangheta (o chi per essa )che, ha reagito con rabbia. Minacce, incendi, messaggi.

Si sono arrese? Sono tornate alle loro attività professionali? NO. Hanno accettato la scorta, mantengono l’incarico e vanno avanti. A Locri in questi giorni grazie alle sindache di Monasterace, Rosarno, Decollatura, Capo Rizzuto, si è svolta la due giorni Anci – Legalità e Sviluppo nel Sud – un convegno con la partecipazione di tanti sindaci venuti da fuori. Un segnale forse, un modo per dire che c’é attenzione verso questi comuni?

Monosterace è un piccolo comune di 3000 abitanti. Fa parte della Locride, una zona inserita tra l’Aspromonte, lussureggiante e incontaminato e la striscia di mare Jonio, da dove arrivarono i Greci che proprio qui, elessero residenza. Ecco perché un immenso parco archeologico incastona questo comune che pare sia stato costruito sui resti di un castello medioevale. Cambiare una lampadina in questa cittadina è complicato, desiderare di mettere i condizionatori nella biblioteca per fare iniziative culturale assurdo. “ Siamo poverissimi, i lavori di manutenzione li facciamo con la mia indennità e mettere l’aria condizionata non è stato possibile – spiegò la sindaca Maria Lanzetta in un torrido pomeriggio di fine luglio”. Quel pomeriggio a Monasterace l’afa impediva di respirare ed appassionarsi alla mostra fotografica su Peppino Impastato che era stata organizzata assieme ad alcune associazioni antimafia siciliane e calabresi era molto difficile. (v. scheda)

In una non molto datata relazione del tribunale firmata Silvana Grasso a proposito di Monosterace i magistrati parlano di una “amministrazione in cui le regole non esistono, il tutto ad esclusivo vantaggio e favore di amici, potenti e mafiosi: nessuna vigilanza da parte della Polizia Municipale sull’uso del territorio, organo che, in tre anni (2001-2003), ha accerta solo sei violazioni edilizie e nessuna contravvenzione al Codice della Strada, varianti al piano regolatore, lottizzazioni e permessi di costruire rilasciati in violazione delle norme, con falsi macroscopici e con palesi intenti di favoritismo; appalti di opere pubbliche aggiudicati con il criterio “a sorteggio” (sic!) con ribassi d’asta predeterminati dall’ufficio tecnico; un ufficio tributi praticamente inesistente senza alcuna forma di prelievo dei tributi che, praticamente, non vengono pagati dai cittadini”. Bingo!

“IL PONTE CHE VORREMMO”

Maria – testarda – vorrebbe scrivere le regole. Applicare la democrazia. Ripristinare la legalità a 360 gradi. Lodevole certamente, non per tutti però. Alle ultime elezioni che le hanno confermato il suo secondo mandato si è ritrovata contro tutti gli ex sindaci che l’hanno preceduta. Coincidenza? Paura? Maria va avanti e le danno la scorta.“ Sotto scorta perché l’anno scorso hanno devastato e bruciato la mia farmacia e poi quest’anno hanno sparato contro la mia macchina e la serranda della farmacia. Avevo dato le dimissioni non per paura ma per l’angoscia di aver perso la libertà di operare, e che quindi non avrei mai potuto operare in assenza di libertà della scelta e con la paura della scelta. C’è stata una grande protesta della gente, una grande vicinanza dello stato e mi è stata proposta la scorta. L’unica condizione affinché i miei figli mi dessero la possibilità di poter me continuare a fare il sindaco. Ho ripreso a lavorare per rispetto a quei pezzi dello stato che ogni giorno fanno sacrifici per mandare segnali positivi a questa terra”

Certamente ci sono indagini in corso. Ma quale idea si è fatta la sindaca sulle minacce? Ha pestato i piedi a qualcuno? A chi?

“Non so nulla. So che se ne sta occupando Reggio Calabria, gli argomenti possono essere tanti. Quando mi hanno distrutto la farmacia ero stata rieletta quindi l’ho letta come vogliamo che tu te ne vada, quando è stato per la macchina mi stavo occupando del lavoro di un gruppo di donne”.

Il ventotto luglio 2012, piazza di Monasterace: La piazza che ospita l’iniziativa “Il ponte che vorremmo” (V. scheda) è proprio in riva al mare. Tante donne si sono sbracciate e si danno da fare, spostano le sedie, controllano il palco … la sindaca più di tutte. Si carica una pila di sedie e le sistema intorno al palco, saluta velocemente gli ospiti che arrivano e riprende.

Intanto altri sindaci arrivano. Nel frattempo altre ragazze sistemano libri tavoli e Maria, così come aveva fatto prima nella biblioteca comunale, controlla tutto. Fa in modo che gli ospiti si trovino a proprio agio. Fa dichiarazioni ai giornalisti, rilascia brevi interviste. La faccia è molto affaticata. E’ stanca ma non si tira mai indietro. “Questo è un paese bellissimo sul mare”. Un’area archeologica magnifica la più grande del Mediterraneo. “ Il paese ha bisogno di tanto, di tutto, bisogna lavorare nel senso del comune… si deve ristrutturare tutto – ripete sempre – c’è tanto da fare qui …”

Ci sediamo in riva al mare. Acque cristalline. Coste bellissime, selvagge. Coste che costano, coste che fanno gola a tanti, che suscitano interesse … fanno sognare grandi affari …

Ma le coste non si toccano. Ci sono tratti in cui ci sono costruzioni abusive ma risalgono a periodi molto antecedenti e ci vive povera gente e “ prima di qualsiasi iniziativa ci vuole un’alternativa”.

E…l’attentato? Solo questioni politiche e si ferma, non dice più una parola. La faccia è sempre più stanca

Soddisfazioni? “ Poche. Non riesco a concretizzare quello che vorrei, forse perché pretendo molto. Da me e gli altri – spiega, ed aggiunge – Io ero presidente del proloco, su di me si era convogliata una bellissima stima e soprattutto moltissime donne mi chiedevano di impegnarmi in politica per le amministrative. Per una ventata di novità e cambiamento radicale. Ci sono stati l’uno e l’altro, i risultati non sono apprezzabili, quelli sperati. Io speravo di raggiungere livelli migliori di vivibilità per questo paese. Cose diverse. Forse ho sognato molto, il comune è povero, indebitato fino all’osso, e ciò non ci permette di fare nulla. Spreco una grande energia a reperire i soldi … pochi soldi per fare una discesa per i disabili o i condizionatori in biblioteca…Quelle donne forse ci sono ancora però io le volevo più propulsive, più presenti, più costruttive anche di controllo sul nostro operato, controllo propositivo come io e altre donne avevamo fatto prima con la proloco :un fiore all’occhiello per le amministrazioni e il sindaco, che non può fare altro che apprezzarti quando organizzi serate e manifestazioni coinvolgendo la gente dal basso”

UNA FAMIGLIA MODERNA

Madre laureata a Bologna e padre a Modena nel 1950, che hanno deciso di ritornare in Calabria, a casa Lanzetta si respirava aria di studio. Non c’era differenza fra uomini e donne. Non femminismo ma rapporti paritari naturali, normalmente. Maria frequenta il liceo classico a Locri, incontra ottimi insegnanti e scopre la passione x politica. “… poi i siciliani e la sicilia, la mia terra di elezione. Trovo la sua storia di un interesse straordinario … ho imparato dalla vostra storia, e poi perché ho seguito con passione assoluta le grandi stragi di mafia in Sicilia, la forte ribellione il coraggio dei magistrati Ho sostenuto le vittime di mafia al maxiprocesso sottoscrivendo con 2 cento mila lire. La mia formazione è nata con quella ma anche con la storia dei miei genitori di un’onestà straordinaria.

Come si vive sotto scorta? Io amo il mare e non fare il bagno mi costa parecchio. Oppure uscire solo quando è necessario. Libertà di fare, organizzare la famiglia e il lavoro, gli interessi gli impegni, le varie associazioni… è dura – conclude.

Le hanno assegnato il premio Joe Petrosino e lei non è andata a ritirarlo. “ Avevo da lavorare”… “ Maria Lanzetta è impegnatissima nel suo piccolo comune della Locride. Dove, una volta l’economia era affidata alle donne. Raccoglievano gelsomino un’attività antica, pesante, portata avanti con ostinazione perché spesso l’unica entrata di una famiglia. Forse ancora oggi alcune lo fanno, ma è tutta un’altra cosa. Donne indipendenti dunque. Pensanti. Determinate. Operose e responsabili in questo pezzo della Calabria.

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Le mani sulla città

Ruga Benito Vincenzo, Antonio storico patriarca della cosca omonima, a Monasterace era il padrone del paese, poi nel 1993 è stato condannato all’interno dell’operazione “STILARO”. Dal carcere però ha continuato la sua specializzazione cioè tenere in scacco la cittadina. Le mani sulla città per dirla con uno slogan, che significava monopolio assoluto sugli appalti pubblici. Direttamente o, indirettamente da quando è in galera. Dalle varie operazioni degli inquirenti, risulta determinante la complicità del responsabile dell’ufficio tecnico, Vito Micelotta che durante l’amministrazione di Maria Lanzetta per assicurare al Ruga la conclusione dei contratti ha dovuto dare permessi e autorizzazioni all’insaputa della sindaca. Poverino! Anche Micelotta come Ruga, già nel 1993 era finito dentro le inchieste giudiziarie, “Stilaro 1” e “Stilaro 2” ma era stato assolto. Con l’operazione Village del 2010 prima va in galera e poi agli arresti domiciliari.

Il Procuratore di Reggio Calabria Nicola Gatteri non usò mezze misure sugli interventi giudiziari a Monasterace con l’operazione VILLAGE “Si tratta di un’indagine importante perché da anni non si penetrava la situazione criminale esistente nel Comune di Monasterace – spiegò”.

In sostanza, secondo gli investigatori le imprese riconducibili alla famiglia Ruga avevano il monopolio degli appalti pubblici del comune di Monasterace. Venne inoltre fuori che tutto ciò era possibile grazie all’amicizia e alla complicità del responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune Vito Micelotta. Il sistema si poggiava sulla presenza di documenti falsi e sulla “somma d’urgenza” o il “silenzio assenso”, meccanismo previsto dalla normativa amministrativa per velocizzare la pubblica amministrazione. Certamente non per fregarla.

Con l’elezione di Maria il piccolo comune prova a resistere alle minacce della criminalità organizzata. Ma qualcosa non quadrava. Infatti, remavano contro dall’interno. Quello che viene fuori dalle intercettazioni telefoniche tra il primo cittadino e il dirigente comunale Vito Micelotta è uno scenario inquietante. Grave. Delicato.

Nel 2010 con l’operazione Village per l’ennesima volta scattano gli arresti per il boss Benito Vincenzo Antonio Ruga, già in carcere perché condannato nei processi “Stilaro” e “Stilaro 2” per associazione mafiosa. Per l’imprenditore Aladino Grupillo e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Vito Micelotta invece c’è l’interdizione dai pubblici uffici. Pare fossero specializzati a fornire documenti falsi agli enti che erogavano finanziamenti pubblici.

Le ditte degli ‘ndranghetisti erano riuscite ad accaparrarsi il sub-appalto anche dei lavori di ristrutturazione di un ex ostello della gioventù diventato la caserma dei vigili del fuoco. Il tutto senza che il Comune desse l’autorizzazione al sub appalto e senza che il sindaco Maria Carmela Lanzetta ne sapesse nulla. Faceva tutto il tecnico comunale Micelotta.

In merito al funzionario comunale, il gip Grasso scrive: “L’indagato ha posto in essere una serie di condotte classiche e incontestabili di abuso di ufficio e falso che costituiscono contributo fondamentale all’esistenza, conservazione e rafforzamento dell’associazione mafiosa, posto che si è appurato che una delle sue finalità accertate era proprio l’arricchimento mediante assunzione massiccia di appalti pubblici locali. Attese le condotte descritte in atti e richiamate innanzi, non v’è dubbio, che i comportamenti del pubblico ufficiale si caratterizzino proprio per la creazione dall’interno dell’Ente di appartenenza delle condizioni perché la cosca, grazie all’assunzione per via diretta o indiretta degli appalti, possa continuare ad operare e a trarre illeciti vantaggi secondo i propri fini in uno dei settori prediletti inibitole per legge a seguito di condanna definitiva dell’effettivo titolare”.

Fonte: Antimafia.com di Graziella Proto – 16 novembre 2012 (Tratto da: http://issuu.com/casablanca_sicilia/docs/cb26)

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