diapositivadueRiceviamo e pubblichiamo: <<Il San Girolamo nello studio è considerato uno dei massimi capolavori di Antonello da Messina e uno delle più rappresentative opere pittoriche del ‘400. Una tavoletta di tiglio di mm. 457 x 362, in eccellenti condizioni dopo il restauro del 1947, custodita presso la National Gallery di Londra.

Del dipinto ne parla la prima volta, nel 1529, Marcantonio Michiel, un amatore d’arte veneziano – oggi diremmo un critico d’arte – che lo annovera nella collezione di Antonio Pascalino. Il Michiel, in genere parco di commenti, dedica all’opera una decina di righi non essendo tuttavia in grado sia di definire l’autore, attribuendolo possibilmente a uno Jacometto, forse Jacopo de Barbari, sia di dargli una datazione. È rilevante come questo compilatore veneto concluda la propria scheda sul dipinto con la frase “e pur fugge, e tutta l’opera per sottilità, colori, disegno, forza e rilievo, è perfetta. La perifrasi “e pur fugge […]” è quanto di più autentico quell’autore potesse scrivere: riferendosi sia al gioco delle prospettive e sia ai tanti tratti enigmatici che velano il dipinto. Tale sorta di battesimo critico grava pertanto sull’opera di Antonello per i secoli successivi, fino al XIX secolo, ribadendone sia l’incerta l’attribuzione, sia la collocazione cronologica.

diapositivatrentaAnche il messinese Grosso Cacopardo cita nelle Memorie dei pittori messinesi il dipinto negandogli tuttavia una qualsiasi paternità. Si deve alle indagini di Giovanni Battista Cavalcaselle e di Joseph Crowe, nel 1857, la decisa attribuzione al pennello di Antonello da Messina, che si è andata consolidando nei decenni successivi. Ancora più controversa è la collocazione cronologica del dipinto, a lungo riferita all’età giovanile del pittore, intorno agli anni’60, e poi, sulla base dell’uso esclusivo della pittura a olio, spostata in avanti di un quindicennio, intorno al 1475, coincidente al fertilissimo periodo veneziano del pittore. In tal senso hanno efficacemente contribuito gli studi di Giuseppe Previtali pubblicati nel 1981.

Il dipinto raffigura San Girolamo in veste di cardinale inusualmente seduto a uno scrittoio intento a leggere un testo forse sacro. Tale impianto scenografico è unico nel contesto della pittura del ‘400 che aveva finora preferito il santo vegliardo ambientato nel deserto, in abiti discinti, intento a togliere la spina della zampa del leone, secondo i dettami della Legenda aurea di Jacopo daVarazze. In realtà esiste un altro dipinto presso il Museo di Belle Arti di Detroit che raffigura il santo che legge. Tale dipinto è in atto attribuito al pennello di van Eycke.

L’impianto scenografico del San Girolamo di Antonello pare seguire i dettami spaziali suggeriti da Leon Battista Alberti nel De pictura del 1435.

Un arco di pietra catalano funge da cornice a un complesso studio in legno chiaro ambientato in un ambiente gotico. È rilevante la soglia che stabilisce il limite, funge pertanto da limen, tra l’esterno e l’interno. Fuori sta lo spettatore, dentro il san Girolamo con tutta la sua complessa simbologia. Sulla soglia, al limitare dei due spazi, stanno una quaglia, un pavone, e un bacile aureo.

L’attenzione dello spettatore è rapidamente colta da un cartiglio spiegazzato che si impone per la sua visibilità, sulla parete dello scrittoio. Ci si avvicina a quei quattro righi certi di apprendere il nome dell’autore e l’anno di realizzazione del dipinto. Si resta comunque delusi perché il cartiglio non trascrive nulla, soltanto dei ghirigori per tutto simili e indecifrabili ai righi del libro che sta leggendo il santo. Ci si chiede il motivo per cui il pittore abbia ideato tale sorta di gioco all’inganno: fare apparire ciò che non è; mostrare per poi velare e nascondere; promettere e deludere.

diapositivaventunoLa mia curiosità è stata attratta dal pavimento: una trama di mattonelle valenziane, le cosiddette azulejos. Due mattonelle di appena tre millimetri di altezza, che chiameremo mattonella A e mattonella B, ambedue sulla stessa scia che chiameremo parallelo: la mattonella A è la terza dalla soglia all’altezza del bacile aureo, la mattonella B è la seconda dalla soglia all’altezza dell’apice della coda del pavone.

diapositivaundiciLa mattonella A è divisa in tre fasce di un millimetro ciascuna. La fascia inferiore pare riportare dei numeri. L’ingrandimento conferma la presenza di numeri ben definiti ma tanto strani. Pare che si possano prestare a una lettura speculare. Infatti la lettura speculare indica chiaramente 1474. Sono chiaramente visibile inoltre i segni XI. Pertanto XI 1474, novembre 1474. Questo è l’anno di realizzazione dell’opera. Subito dopo Antonello si recherà con il console Pietro Bon a Venezia dove vivrà il suo più attivo e felice momento professionale.

Anche la mattonella B riporta certe lettere: ISSIM. La prima lettera, la I, è sovrastata dal tipico trattino di abbreviazione in uso fino al tardo ‘500. Antonello li ha usati spesso nei suoi cartigli. Anche la mattonella B si presta a lettura speculare: MISSI (sovrastata dal trattino dell’abbreviazione), la scritta è chiara e distinta e indica Messina, poiché spesso l’abbreviazione è usata per la sincope delle sillabe che contengono le lettere nasali: la M e la N. Pertanto Messina.

Torniamo alla mattonella A. Al centro vi è una millimetrica fascia bianca. Il rigo di sopra reca alcune lettere: NTNA che all’immagine speculare possono leggersi ANTN.

La lettura speculare dell’insieme indica pertanto la chiara data XI 1474 e la possibile indicazione ad Antonello da Messina.

Si è parlato distintamente di lettura speculare. Antonello invita a decriptare il dipinto affinché si legga, come normalmente accade dall’alto e da sinistra, ma, all’inverso, giusto come in uno specchio, dal basso e da destra. Il pittore ci guida in maniera definita nella sua lezione.

diapositivaventidueIl bacile aurea, la conca d’oro sulla soglia contiene acqua. Questa è definita dalle curve all’interno del recipiente e ribadita dall’inflessione della luce. Il bacile è uno speculum. Funge da specchio e pertanto riflette e invita leggere in maniera speculare. Anche il pavone, vanesio, simbolo di vanità, secondo il mito di Narciso, vi si specchia. In alto, lungo lo spazio verticale che io chiamo meridiana, sta una chiave. Questa è la chiave di lettura: chiave, mattonella A, speculum della conca aurea. Ciò induce alla lettura speculare anche della seconda mattonella, la B. Il pavone media le due piastrelle. La sua testa, il suo becco, e la sua ombra indicano la mattonella A. La sua coda, la coda chiusa del pavone, come una sorta di freccia indicatrice segna la presenza della mattonella B.

Si evince pertanto la volontà di Antonello da Messina di non firmare il cartiglio ma di volere comunque nascondere graficamente la sua paternità del dipinto e l’epoca di realizzazione.

Carmelo MicalizziTale percorso ci permette di dare, al di là di ogni autorevole parere di critica d’arte, anzi in perfetta sintonia (e direi sincronia): la firma di Antonello e la data di realizzazione del dipinto coincidente ai giorni appena precedenti alla sua esperienza veneziana. Ci permette altresì di percepire la profonda cultura del grande pittore messinese, uomo del primo Rinascimento italiano che si manifesta nell’adozione di uno strutturato simbolismo e sull’uso della lettura speculare, la stessa che sarà ampiamente utilizzata, nei decenni successivi da Leonardo da Vinci.

La lettura della individuazione della firma e della data del San Girolamo nello studio di Antonello da Messina si demanda in conclusione all’attenzione dei critici d’arte e ai tecnici che possano con l’opportuna strumentistica confermare o invalidare quanto sopra proposto.>>

Nota biografica

 

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