cambiamo-messina-dal-bassoNota diffusa dal Gruppo Cambiamo Messina dal Basso: “Ora la città di Messina non avrà più alibi perché è divenuta protagonista di una nuova strategia di semplificazione amministrativa frutto delle modifiche normative della legge regionale 10/1990”: così scriveva il sindaco De Luca il 7 settembre 2018 all’indomani della costituzione di ARISME, la società comunale prevista dall’art.62 della legge regionale n.8/2018 che al primo comma affermava che ARISME nasceva “al fine di migliorare le politiche abitative e razionalizzare gli interventi di risanamento delle aree degradate della città di Messina su cui insistono le baracche”. Il presidente di ARISME, nella relazione annuale del sindaco, scriveva a sua volta che “l’Agenzia ha radicalmente modificato il precedente approccio fallimentare perseguito da decenni per l’eliminazione delle baracche”.

 

Oggi, dopo 18 mesi, scopriamo che tutto questo non era vero e che addirittura non è possibile fare nulla senza una legge speciale nazionale, che ci dovrebbe essere “concessa” grazie alla mobilitazione di deputati e senatori che senza vergogna vengono a dirci che nulla sapevano delle “baracche” di Messina.

Ma a cosa dovrebbero servire i soldi della legge speciale, se per mesi si è dichiarato che erano stati acquisiti, sbloccati, concessi fondi sufficienti per risolvere definitivamente il problema delle baracche? Dove sono finiti questi soldi?

Che ce ne facciamo di una società partecipata come ARISME nata per accelerare le procedure di risanamento, se si propone addirittura la nomina di un commissario per gestire gli eventuali nuovi fondi nazionali, e se il sindaco si dichiara pure d’accordo?

Altro che stato d’emergenza, siamo allo stato confusionale ed alla certificazione dell’ennesimo, fallimentare approccio alla questione risanamento.

E’ necessario a nostro avviso utilizzare altri strumenti previsti dalla normativa, non utilizzati neanche dalla precedente amministrazione, per dare subito un’abitazione decente a chi vive in baracca o in situazioni disagiate, senza aspettare i tempi necessariamente lunghi di leggi speciali e burocrazie e programmando successivamente, in maniera seria, un percorso che porti ad affrontare strutturalmente il problema abitativo e sociale.

Perché dunque non ricorrere ad un istituto giuridico come la requisizione, previsto e giustificato dalla normativa (art. 835 c.c.) e dalla Costituzione Italiana (artt. 2 e 3)?

In attesa che si pianifichi e concretizzi la soluzione definitiva, requisire le case sfitte è l’unico strumento che consente di agire nell’immediato, dando un’abitazione a tutti coloro che vivono in aree baraccate o che sono in condizioni di emergenza abitativa. Non si tratta di un esproprio, ma di un provvedimento a tempo determinato, che prevede il pagamento di un indennizzo ai legittimi proprietari e garantisce loro la restituzione dell’immobile alle condizioni originarie.

Con oltre 18.000 case vuote, un dato che potrebbe essere sottostimato, la città di Messina risultava essere nel 2016 la quinta in Italia per numero di immobili sfitti (indagine di “Solo affitti” del 2016, dato confermato dall’indagine Istat sulle abitazioni).

Basterebbe la requisizione di solo il 15% del patrimonio immobiliare sfitto esistente a Messina per dare subito una casa a migliaia di concittadini che ne hanno bisogno e che non possono continuare a vivere in queste precarie condizioni che mettono a rischio la salute e la vita.

Esperienze di requisizioni per emergenze abitative si sono già avute in alcuni Municipi di Roma ed in alcune zone oggetto di emergenze ambientali, mentre a Livorno nel 2018 il Consiglio Comunale ha approvato una mozione che dà indicazione al sindaco di requisire immobili sfitti per fare fronte all’emergenza abitativa della città.

 

 

 

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