grande-acquedotto-del-sinni-verso-il-salento-2016Caro Tito, questa nostra estate 2017 sarà annoverata (non soltanto per l’Italia) tra le più calde e siccitose degli ultimi cento anni di climatologia. Però, secondo me, ciò può valere maggiormente per le regioni del centro-nord italiano ed europeo. Infatti, che io ricordi fin dalla mia infanzia, sulla costa jonica di Badolato e dintorni, ogni estate è sempre stata assai calda (anzi torrida) e siccitosa. Ricordo che nel 1980, durante il mese di giugno ricevetti la visita di alcuni amici da una regione centrale italiana. La loro prima esclamazione è stata proprio per aver visto già a giugno la terra spaccata dall’arsura. Per noi locali era una cosa normale vedere la terra così spaccata!

Infatti, trattando dell’eliofania (la presenza del sole nell’arco dell’anno in un determinato luogo), sempre per la tesi di laurea, ho notato che la nostra costa jonica potrebbe averne il primato quasi assoluto in Italia (ed un sottoufficiale dell’Aeronautica Militare mi ha spiegato il perché). Con tanto sole è normale avere lunghi periodi siccitosi o senza pioggia. Posso testimoniare che almeno fino all’estate 1975 il clima era molto regolare e preciso. Infatti, ogni anno l’ultima pioggia a Badolato cadeva entro la fine di aprile. Poi più niente fino ad ottobre. Ma, con la puntualità di un orologio svizzero, questo lungo cielo sereno ed assolato badolatese veniva interrotto da un grosso ed intenso acquazzone (durata un’ora circa) nella seconda metà del mese di agosto. Tutto qui. La nostra estate era lunga e sempre inesorabilmente calda, arsa e riarsa (più o meno come adesso). Non vedo molte differenze.

libro-le-grandi-dighe-in-calabriaVedo però che sicuramente i cambiamenti climatici di questi ultimi decenni avranno avuto una qualche grave influenza pure sulla nostra costa jonica. Infatti, ho notato che a volte piove in ogni mese e persino da maggio a settembre e che le colline spesso sono verdi anche d’estate invece di essere aride come prima. Sì, qualcosa è cambiato pure da noi. Ma ancora non troppo sostanzialmente. Anche se, in verità, avere mareggiate (con conseguente erosione della costa) e alluvioni in estate non si era ancora mai visto … come è avvenuto , ad esempio, sulle zone joniche da Catanzaro a Reggio il 10 settembre 2000 quando le intense piogge hanno causato parecchi morti (13 soltanto nel campeggio sul greto del torrente Beltrame a Soverato). Ho visto personalmente le devastazioni proprio percorrendo una statale 106 che tra Reggio e Catanzaro aveva subito forti danni in più punti. Così pure la ferrovia adiacente.

Inoltre, che io ricordi, gli incendi (che nei recenti mesi di luglio e agosto 2017 sono stati troppo esagerati in quasi tutta Italia e nel resto del Mediterraneo) ci sono sempre stati pure a Badolato. Però non era colpa della siccità, ma dell’uomo, prevalentemente dei pastori o degli stessi contadini, ai quali spesso il fuoco sfuggiva di mano (pure con qualche vittima, di cui una ho visto ardere da lontano che ero bambino nella zona che oggi ha nome di Viale Magna Grecia in Badolato Marina, ai piedi del Monte Manna). Spesso era opera di boscaioli oppure della mafia dei boschi. Non ho mai escluso i sabotaggi, i dispetti, le vendette o i taglieggiamenti. Insomma i boschi non sono “sacri” per tutti, pure dal momento che ci garantiscono ossigeno e stabilità del suolo.

logo_acquedotto_puglieseRicordo che particolarmente grave è stato l’incendio dell’estate 1964 che ha devastato tutta la fascia boschiva che va da località “Guardia” (750 m. slm) fin quasi a Butulli (1100 m.) distruggendo alla base parecchi ettari di lussureggiante vegetazione adulta. Ancora adesso dopo oltre 50 anni tale bosco non ha recuperato la ricchezza e la bellezza che aveva prima delle voraci fiamme durate giorni e giorni. Ricordo che ho provato grande dolore e rabbia, che si rinnovano ogni volta che passo di là, andando o tornando da Elce della Vecchia, dalla Lacina o da Serra San Bruno.

Continuando il pur breve ma necessario discorso (quasi un accenno) sulle potenzialità e le risorse del territorio badolatese (cominciato nella precedente Lettera n. 27), mi tocca affermare che è stato abnorme (sicuramente non “normale”) l’impoverimento complessivo, parallelo ed esponenziale del nostro patrimonio pubblico e privato in tutti indistintamente i settori. In particolare la desertificazione delle nostre campagne (oltre agli incendi, alle alluvioni, all’abbandono per emigrazione e per altri motivi) è dovuto essenzialmente alla carenza di acqua per l’agricoltura (ma lo è stata pure per gli abitanti dei due centri urbani per lunghi anni, specie d’estate). Siccità endemica, specialmente in alcuni punti del territorio, come dimostrano pure i tanti suggestivi calanchi di argilla che caratterizzano quasi tutta la costa jonica da Taranto a Reggio.

In verità, con tutte le montagne che abbiamo, l’acqua c’è ma è male captata, male distribuita e ancora troppo poca raccolta in invasi adatti a dissetare tutta l’interzona di competenza nei periodi siccitosi. Eredità araba, la “gebbia” (la vasca, il serbatoio) è presente in quasi ogni piccolo o grande fondo irriguo, costruita dagli stessi contadini nella roccia o in muratura per raccogliere l’acqua piovana o di una piccola sorgente ad uso del proprio orto. Gli arabi sono sempre stati bravissimi nella captazione, distribuzione ed utilizzo della esigua acqua a loro disposizione pure per l’irrigazione di zone semidesertiche o delle oasi. Ancora di più gli israeliani che adottano metodi tecnologici-scientifici per il proprio autonomo fabbisogno. Ma l’acqua sembra non bastare mai tanto è preziosa per ogni azione umana e sociale!

torrente-voda-e-badolato-borgo-2016Orbene, nell’estate 1972 ho pensato che le nostre campagne avrebbero avuto bisogno di grosse gebbie posizionate strategicamente nelle varie località irrigue per il fabbisogno di quelle colture (alcune delle quali venivano esportate). Ma, pensavo altresì che sarebbe stato meglio ostruire con una diga il corso del fiume Gallipari per dare sufficiente acqua nella rovente estate dei contadini badolatesi e ischitani. Se ogni fiume o ogni torrente venisse sbarrato adeguatamente (anche in forma minima, garantendone la biodiversità), ritengo che l’acqua non mancherebbe sulla costa jonica, così come in altre parti che patiscono la siccità. E non mancherebbe se ci fosse altresì una severa sorveglianza sulle vie d’acqua e negli acquedotti contro le dispersioni tecniche e i ricorrenti furti. Insomma, finora non si è fatta mai una seria e programmata politica idrica … ma adesso è tempo di mettere mano con intransigenza a tale problematica e risolverla.

Personalmente non sopporto che (almeno come ci appaiono in TV) i ministri ed altri esponenti dei governi nazionali, regionali e locali dedichino fin troppo tempo alle loro diatribe politiche-partitiche e molto meno tempo ai compiti istituzionali di garantire i servizi ai cittadini. Ritengo che, per decoro istituzionale e per dignità propria personale, chi è chiamato a governare debba dimostrare (con le parole, con la partecipazione e la vicinanza quotidiana ai cittadini, ma soprattutto con i fatti di governare e di saper governare). Invece quasi tutti ci forniscono uno spettacolo sconfortante. Ad esempio, alcuni girano troppo frequentemente l’Italia per comizi politici e primarie di partito distraendo tempo ed energie al loro mandato governativo, invece di girare l’Italia per constatare di persona le carenze strutturali e di porvi rimedio. Bisogna lavorare molto per risolvere le carenze strutturali ed infrastrutturali e, quantunque si è così tanto apicali, non si risolvono i problemi distraendosi dal compito principale che è stato assegnato e che si è voluto accettare (spero responsabilmente).

tubo-irrigazioneInvece, gli italiani passano (come se niente fosse) di alluvione in alluvione (spesso nei medesimi luoghi), da un incendio all’altro, dai terremoti alle siccità, di problema in problema, moltiplicando carenze e disagi. Si parla tanto di mettere in sicurezza il territorio, ma (se non mi è sfuggito qualche passaggio) penso che ancora non si intraveda né una seria programmazione né lavori iniziati da qualche parte secondo tale auspicabile progetto nazionale. E’ risaputo che con i disastri si rimettono più energie e soldi di quanti non si impegnerebbero nella prevenzione.

Caro Tito, ti sarai chiesto pure tu come mai si spendono ingenti somme di denaro nel costruire gasdotti, oleodotti che, da un continente all’altro, formano una fitta rete per alimentare l’ulteriore sviluppo dei paesi industriali. Si parla tanto di politica energetica identificabile con il nucleare, i combustibili non rinnovabili ecc. mentre non si guarda al fatto che pure l’acqua che manca è fondamentale per il lavoro e per la sopravvivenza dei popoli. Eppure, con le attuali avanzate tecnologie, dovrebbe essere oggi meno difficile di ieri realizzare delle vere e proprie reti di acquedotti nazionali, continentali ed intercontinentali per fare sì che in nessun luogo manchi l’acqua. C’è l’interconnessione di internet, quella commerciale ecc. ecc.; ma bisogna creare prima possibile l’interconnessione idrica intercontinentale o globale, non meno vitale e strategica di altre indispensabili energie vitali!

Ho citato la rete dei combustibili fossili (gas e petrolio, principalmente) che hanno una vastissima rete di distribuzione davvero capillare anche intercontinentale. Perché non potrebbe avere una simile rete intercontinentale pure l’acqua che, in fondo, è necessaria (se non più) almeno come e quanto il gas e il petrolio?!… C’è la energia idrica così come c’è l’energia elettrica. Però, mentre l’energia elettrica ha una rete di compensazione sovranazionale, per cui se manca in un luogo viene garantita la fornitura facendola provenire da un’altra rete, invece l’acqua non ha ancora quella necessaria, indispensabile interconnessione vitale (per il consumo umano ed animale e per le necessità produttive di industrie ed agricoltura).

Con queste infrastrutture indispensabili, tra tanto altro, penso che non si avrebbero così tante migrazioni. Immagino che quanto ci costano adesso il salvataggio, l’accoglienza, il mantenimento e l’inserimento di tutti questi migranti (a parte il costo politico e di coesione sociale) … le medesime cifre avrebbero potuto realizzare forme di attrazione nei loro paesi, considerando pure che la paga media giornaliera di un lavoratore non supera i due-tre dollari. L’Italia e l’Europa stanno spendendo migliaia di miliardi di euro/dollari che sarebbero già oggi stesso più che sufficienti per far partire in Africa (o nei luoghi asiatici di partenza dei migranti) tutta una serie di iniziative per far restare nei paesi natii milioni di persone che, altrimenti, possono perdere la vita in quest’avventura migratoria (quasi sicuramente gestita da una regìa che probabilmente ha interesse pure a destabilizzare l’Occidente). Misteri della politica!

vanvitelli_aqueduct-casertaHo patito emigrazione ed esilio. Sono quindi estremamente convinto che pochissimi vorrebbero lasciare il proprio Paese e luogo natìo per avventurarsi in terre e culture sconosciute per un futuro incerto e comunque doloroso. Sono altresì sempre più convinto che bisogna aiutare la gente a casa loro, pure nell’ottica di riequilibrare il mondo, i cui malesseri non possono che riverberarsi prima di tutto su di noi Occidentali che abbiamo colpe storiche nei confronti dei popoli considerati più poveri (economicamente). Il riequilibrio territoriale e la riconciliazione umana e sociale tra i popoli della terra sono le premesse e le tappe indispensabili perché ci siano meno guerre, pericoli, caos e ingiustizie nel mondo. Ma, dall’universo-mondo ritorniamo nella micro-realtà badolatese, non meno importante (a modo suo e in proporzione) dei tanti problemi del pianeta. Prendiamo, per esempio, il problema dell’acqua a Badolato, mio paese natìo, non solo per il fabbisogno di persone, animali, case, attività produttive (in particolare le campagne).

Caro Tito, ti voglio qui di seguito raccontare alcune mie esperienze a riguardo la gestione dell’acqua a scopi irrigui nella Badolato degli anni 1950-1980. Può valere pure come pagina di storia locale e come situazione della condizione sociologica ed antropologica dei contadini.

Ordunque, devi sapere che mio padre (fino al 1967, anno del suo pensionamento dalle Ferrovie dello Stato) aveva tre appezzamenti ad uso irriguo: quello di mezzo ettaro attorno al casello di Kardàra in affitto dalle FF.SS., e due di proprietà (un ettaro ciascuno) al Vallone (detto Cardarello, distante 500 metri da Kardàra) e alla foce del torrente Vodà (in contrada san Miglianò), lontano 2,300 km da Kardara. Tutti e tre terreni irrigui: orto e piante da frutta a Kardàra, orto e agrumeto (400 piante) al Vallone, vigna e colture varie da irrigare (ad esempio, sesamo o granoturco o ceci, ecc.) a Vodà. Più o meno le colture irrigue a Badolato avevano allora le medesime caratteristiche e, in gran parte, i prodotti di queste terre erano destinati al fabbisogno domestico specialmente invernale. Però c’erano contadini che vendevano parte dei prodotti per tirare avanti la famiglia o per intergare il reddito annuale.

I terreni irrigui delle nostre Marine joniche erano allora alimentati con apposite canalizzazioni (molto antiche e ramificate da ripulire collegialmente verso aprile) che portavano l’acqua dai torrenti o fiumi provenienti dalle nostre montagne appenniniche. I canali (detti comunemente “acquari”) erano molto antichi, scavati nel terreno o in muratura ed erano ripuliti gratuitamente da tutti indistintamente i contadini che usufruivano del diritto dell’acqua che veniva erogata a “vicende” cioè a turni consolidati di anno in anno e i tempi d’uso del prezioso liquido era proporzionato agli ettari da irrigare.

Mio padre utilizzava l’acqua del fiume Gallipari per Kardara e Cardarello e l’acqua del fiume Troia per Vodà. La portata abbastanza grande del fiume Gallipari (che fungeva da confine tra i due Comuni) veniva suddivisa in parti eguali tra i contadini di Badolato e quelli di Isca sullo Jonio in località Jozzo, un punto distante circa 2 km dalla sua foce. Poi, più a valle, in località Mulino di Gallipari (distante un km dalla foce) l’acqua destinata a Badolato veniva ramificata con tre uscite: una per i terreni posti a lato della sponda destra di tale fiume (considerato pure “torrente” per le sue piene torrenziali ed impetuose), una verso le campagne di Kardara e l’altra verso le proprietà di contrada Vallone-Cardarello.

Purtroppo, c’era sempre uno o più contadini che deviavano abusivamente l’acqua sui loro terreni, per cui era necessario stare molto attenti lungo il percorso. L’acqua veniva persino diminuita verso Isca o Badolato da chi aveva interesse a incrementare l’afflusso verso l’una o l’altra parte. Per tali “furti d’acqua” (che a volte provocavano liti furibonde, inimicizie e anche qualche scazzottata) era la famiglia al completo impegnata a sorvegliare che tutta l’acqua del turno finisse sul proprio terreno. I turni, ovviamente, funzionavano giorno e notte. Ci si accorgeva che c’era un furto d’acqua in atto, quando arrivava “u siccu” cioè, quando l’acquaro era rimasto a secco, senza il prezioso liquido. Ti assicuro, caro Tito, che era una vera e propria tribolazione per i contadini impegnati ad irrigare i propri orti e frutteti da cui ricavavano vitale sostentamento.

Pure per i quasi sempre presenti “furti d’acqua”, mio padre aveva bisogno almeno dell’aiuto di tre persone, poiché l’acquaro sia per Kardara che per Cardarello aveva una lunghezza di un paio di km. Infatti, solitamente mia madre si occupava di distribuire l’acqua sul nostro terreno, mio padre le dava una mano ma era costretto a fare la spola tra il nostro terreno ed un primo tratto dell’acquaro da sorvegliare. Poi pagava un amico contadino per sorvegliare un altro tratto dell’acquaro e ne pagava un altro per stare quasi fisso alle “tre bocce del Mulino di Gallipari” (dove più frequentemente avvenivano le deviazioni dell’acqua) ma pure con un occhio a Jozzo, il punto dove c’era la divisione equa per Badolato e per Isca.

infrastrutture-di-trasporto-del-gas_10_tracciataQuando non avevo impegni per le mie iniziative sociali badolatesi e mi rendevo disponibile, aiutavo i miei genitori nei turni, specialmente notturni. Ho quindi conosciuto più direttamente le fatiche e le tribolazioni della mia famiglia e dei contadini di queste terre che nessuno aiutava ad organizzare meglio il diritto dell’acqua per ragioni produttive. Ho visto con i miei occhi i furti d’acqua e più volte mi sono dovuto recare al punto di deviazione tra Badolato e Isca (a Jozzo), percorrendo il letto del fiume certamente non agevole di giorno figuriamoci di notte con una semplice lanterna ad olio o una lampadina tascabile, tenendo nell’altra mano l’immancabile zappa … la stessa zappa che ho usato per andare a votare il 15 giugno 1975 per la Terza Lista (episodio allora assai clamoroso che forse qualcuno ricorda ancora) proprio per significare che il duopolio badolatese PCI-DC si era scordato dei contadini, degli operai e di altre categorie di lavoratori, studenti compresi.

L’estate più terribile fu quella del 1972 con maggiori furti d’acqua. Allora, per fare più in fretta, seguivo quel tratto dell’acquaro che poteva essere sorvegliato da un’automobile. Infatti, potevo usare la vecchia 600 Fiat di mia sorella Concetta. Ti assicuro, Tito, che era un continuo andirivieni. Fu proprio in quell’estate che pensai che fosse necessaria una migliore regolamentazione dei turni, della raccolta e della distribuzione dell’acqua. Là, a Jozzo, dove c’era la prima diramazione verso Isca e Badolato, ipotizzavo una piccola diga di sbarramento per un sito di raccolta e contenimento dell’acqua in modo tale che ci fosse acqua per tutti e senza il bisogno dei furti, i quali costituivano pure un problema di ordine pubblico e di incolumità per i contadini.

grandi-tubi-gasdotto-o-acquedotto-2016C’era bisogno di un’Autorità sul territorio che intervenisse facilmente in questo settore idrico, poiché i contadini (lasciati soli, pure ad azzuffarsi) si dimostravano incapaci a risolvere insieme il problema dell’approvvigionamento pubblico dell’acqua dei nostri fiumi e torrenti. A quei tempi (anni 50-60-70-80) quasi che nessun contadino sapeva dell’esistenza fin dal 1916 del Tribunale delle Acque (quindi legislazione e magistratura delle acque demaniali). E, pur sapendolo, bisognava comunque recarsi a Napoli dalla Calabria per chiedere “giustizia” in eventuali controversie. Allora meglio lasciare stare e soffrire!

Mio padre per primo (e qualche altro a seguire), stufo delle tribolazioni patite per l’acqua necessaria ma troppo insidiata per le sue colture, ha speso davvero un sacco di soldi per provvedersi altrimenti facendo 5 costosissimi pozzi in ogni suo differente appezzamento di terreno. Non tutti e 5 hanno avuto buon esito. Finalmente, però, nel 1975 ha trovato in abbondanza quell’acqua che, convogliata in apposite tubature metalliche, faceva giungere molto agevolmente in ogni angolo del suo terreno premendo un solo bottone elettrico. Ah, finalmente!… Finalmente, all’età di 70 anni, dopo tanti patimenti, poteva godere, senza alcuna fatica grazie alle nuove tecnologie, la sua campagna più lussureggiante di prima! Era l’uomo più felice del mondo e, così, ha potuto gioire, da anziano, per il meglio del meglio del suo lungo e travagliato lavoro.

gole-di-gallipari-confine-badolato-iscaEbbi così modo di parlare di tali problematiche, che avevano un grande risvolto produttivo oltre che “politico” (il PCI era ancora attento ai contadini e agli operai?), con parecchi responsabili locali della cosa pubblica. Quasi tutti mi rispondevano: “ E noi che ci possiamo fare?… si deve interessare il Genio Civile o la Regione”. Il sindaco di allora mi ha rimandato sempre alla appena istituita Comunità Montana con sede in Isca sullo Jonio. E, poiché, nel 1972 mi aveva risposto pure così per la “Riviera degli Angeli” (consorzio turistico jonico) … che se ne sarebbe occupata … la Comunità Montana! … come se tale precaria unione tra 9 comuni soltanto potesse risolvere tutto di tutti. Comunque, dopo una ventina di anni è stata realizzata una enorme “gebbia” (in cemento armato) sui colli di Vallina, sovrastanti Kardara e Cardarello, con una serie di tubazioni metalliche che si diramavano per alcune proprietà irrigue sottostanti. Non so quanto e come funzionante, ma sicuramente un buon passo avanti. Forse non basta ancora per dare alla ruralità locale la dignità che merita (anche perché ci sono tanti altri problemi da risolvere pure in agricoltura per evitare la desertificazione, dopo lo spopolamento).

I primi anni settanta (più precisamente tra il 1971 e il 1974) ho potuto saggiare la consistenza del ruolo del Comune come ente programmatore e come raccordo tra cittadini e altri enti pubblici. Erano tempi quelli (specialmente dopo il risveglio delle coscienze effettuato dalla contestazione studentesca e operaia) in cui dai cittadini provenivano richieste di partecipazione alle Istituzioni di qualsiasi livello, per sé stessi e per il territorio. Ma, ovviamente, i Comuni in particolare (che erano i primi enti più vicini ai cittadini) non erano attrezzati né democraticamente né normativamente per dare le risposte che non fossero il solito rilascio del certificato (poi fortunatamente abolito) o della licenza edilizia o di qualche favoruccio.

cascatella-gallipari-e-laghetto-badolatoInsomma, Badolato (benché rivendicato già negli anni cinquanta dagli stessi comunisti che governavano il Comune) non ha mai avuto un vero piano regolatore territoriale, ma solo “Piani di fabbricazione” o “Zone di completamento” tirati e rivoltati a seconda degli interessi di privati o gruppi di potere (come d’altra parte accade in quasi tutti i Comuni italiani, poiché l’essere “comunista” non significava più praticare i valori sbandierati negli anni immediatamente il dopoguerra).Che il PCI stesse cambiando pelle anche a Badolato era visibile ad occhio nudo. E ciò, inevitabilmente, provocava diffusi malumori dentro e fuori il partito.

L’allora sindaco Antonio Larocca (uno dei protagonisti delle lotte contadine ma alquanto burocratizzatosi ed imborghesitosi negli anni passati alla federazione di Catanzaro) cercava di dare retta a tutti e di fare quel che poteva. Tuttavia (si notava) era ispirato maggiormente dalla sua bontà d’animo, dalla sua innata gentilezza e mitezza piuttosto che per il suo ruolo istituzionale, che probabilmente gli andava stretto e forse anche “costretto”. E’ la solita storia … protestare e fare l’opposizione è più facile che non governare. Io stesso, pur volendogli davvero tanto bene anche perché lo reputavo intellettualmente onesto, non approvavo alcuni suoi atteggiamenti di chiusura e di inadeguatezza verso alcune proposte e specialmente verso noi giovani delle nuove leve studentesche di famiglie operaie che avevamo bisogno di attenzioni adeguate per poterci esprimere socialmente e per poter a nostra volta essere utili al paese natìo e Paese nazionale. Tutto inutile. Sarà stata pure una “generazione epica” la sua, ma non reggeva più ai tempi. O, molto probabilmente, c’èra un vizio o un peccato originale nel partito cui apparteneva. Boh!

badolato-borgo-e-vista-della-marinaPenso che bisognerà rileggere meglio quegli anni e quelli seguenti a Larocca (cioè dopo il 1976) per capire come, quanto e perché Badolato abbia poi perso la sua più vera e antica anima comunista e popolare. Situazione che ha portato a veri e propri disastri personali, familiari, sociali, politici e amministrativi che forse la “Storia” accerterà (ma io non ci credo, poiché per alcuni ambienti è molto meglio se meno o affatto si parla e per nulla si scrive). Infatti, scrivere di “Storia” non è agevole per nulla. Si rischia molto e spesso ingiustamente si paga di persona (spesso pure come famiglia). E sono pochi coloro i quali, temerari, si avventurano ad analizzare temi e personaggi che hanno caratterizzato (nel bene e nel male) la propria epoca e il proprio paese. I tempi attuali sono diventati più difficili nell’espressione del pensiero storico o sociologico. Ne abbiamo prove quotidiane molto convincenti.

Personalmente, caro Tito, in particolare con queste “Lettere su Badolato” … mi limito a dare una mia testimonianza vissuta direttamente e documentata … ma soltanto per dimostrare come e quanto io abbia amato il mio paese natìo, ponendo soprattutto al centro del mio discorso le principali iniziative a suo favore, facendo convergere il racconto su “Badolato paese in vendita in Calabria? Una grande storia d’Amore!”. Tutto qui. Chi poi vorrà approfondire e riuscirà ad accedere alla donazione della mia documentazione storica, allora sì che potrà ottenere più verità e più dati per giudicare o narrare meglio.

acquedotto-romano-in-provenza-franciaAdesso, sinceramente, non vedo l’ora di concludere con questa testimonianza scritta. Infatti, il tempo rimasto è sempre di meno e sento impellente il bisogno di tornare a studiare i temi filosofici e sociali che ho tralasciato per occuparmi di tale “sociologia territoriale”. Se avrò vita e salute, mi ci dedicherò con gioia, appena finito questo mio obbligo sociale verso i miei ex-concittadini e verso coloro che vogliono sapere come sono andate veramente le cose di questa vicenda che ha avuto clamore anche internazionale e che, diciamolo, ha smosso almeno un po’ le acque stagnanti e svegliato talune coscienze e menti dormienti.

Ancora è lungo il cammino per giungere alla conclusione di questa mia “missione” sociale e culturale. Per cui, caro Tito, ti chiedo, per piacere, di sostenermi ulteriormente per far giungere questi miei periodici scritti a chi apprezza questo mio sforzo ed impegno etico e civile. Tutti, quindi, ringrazio, beneaugurando.

Un grande abbraccio a te e a tutti! Domenico Lanciano

Azzurro Infinito, martedì 15 agosto 2017 (ferragosto) ore 20,46

Foto e immagini dal web.

 

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