convento-santa-maria-degli-angeli-badolatoCaro Tito, quella vissuta a Sanremo (estremo ponente ligure, in provincia di Imperia, verso la Francia), nella settimana dal 10 al 15 marzo 1974, è stata sicuramente una delle più belle ed esaltanti esperienze della mia vita. E, questo, grazie al regista catanzarese Mimmo Rafele che mi aveva fatto invitare da Nino Zucchelli (brillante ideatore e stimatissimo organizzatore della manifestazione) a partecipare (tutto spesato e come giornalista de “Il Giornale di Calabria”) alla “17ma Mostra Internazionale del Film d’Autore”  di Sanremo  dove avrebbe presentato in concorso  il suo film “Domani” girato nel 1973, per la maggior parte, in Badolato, ma pure nel borgo di Borgia (stessa costa jonica catanzarese, ad appena 34 km di distanza). Tale film (in bianco e nero) era stato finanziato (come opera cinematografica sperimentale) dalla seconda rete della Rai-Radiotelevisione Italiana, che l’avrebbe poi trasmesso il 19 ottobre 1974.

Tale assai intenso film (durata 55 minuti) si basa sul racconto “To-morrow” (Domani) di Joseph Conrad (1857-1924) ritenuto uno dei maggiori scrittori del Novecento. Pubblicato nell’agosto 1902,  tratta una storia di emigrazione. Infatti, nella trama del film, Salvatore torna in Calabria venti anni dopo la sua partenza verso gli Stati Uniti d’America. Al suo rientro scopre che sua moglie è morta e il figlio, che stava per nascere, è scomparso dopo essere stato affidato a dei parenti, emigrati poi a  loro volta. Decide allora di rimanere al paese, sperando che suo figlio decida di rientrare nel luogo in cui è nato. Questa speranza diventa, perciò, la sua unica ragione di vita.

stavros-tornes-attore-regista-di-atene-1932-1988Salvatore è stato interpretato dall’attore greco Stavros Tornes (Atene 1932-1988). La  protagonista femminile è stata l’attrice Lydia Biondi (Livorno 1941 – Roma 2016). Mimmo Rafele (Catanzaro 29 ottobre 1947), quando ha girato questo suo primo film, aveva giusto 26 anni e, scegliendo Badolato come ambientazione della drammatica storia d’emigrazione, ha utilizzato pure alcune persone locali come comparse ma anche come piccoli “attori recitanti” o figure caratteristiche di una Calabria desertificata dal grande esodo. Invitato dall’allora sindaco di Badolato, Antonio Larocca, a mettermi a disposizione del regista per qualsiasi necessità, ho seguìto gran parte delle riprese, scattato parecchie fotografie di scena che ho utilizzato pure per i miei articoli pubblicati su quotidiani regionali. Alcune scene interne sono state realizzate nel convento francescano, mentre talune riprese esterne (assai struggenti e suggestive) sono state realizzate in varie parti del territorio, specialmente alla Villa Pietranera del barone Vittorio Gallelli.

casino-sanremo-in-notturnaIn tale occasione sono diventato amico, oltre che di Mimmo Rafele, soprattutto di Stavros Tornes il quale mi ricordava (per il suo aspetto fisico e per il suo carisma di uomo e di artista) il mio fratello primogenito Giuseppe emigrato in Argentina nel giugno 1950 quando avevo appena tre mesi e mai più visto se non in fotografia. Stavros Tornes sarebbe stato poi particolarmente importante per me e per Badolato l’estate seguente 1974. Te ne darò conto al momento opportuno. Ma adesso Stavros è assai importante specialmente per il regista Gianpiero Rizzo di Milano (siciliano di padre e greco di madre) il quale sta preparando un lungo docu-film proprio su questo grande cineasta “mediterraneo”. Ma torniamo al 17mo Festival Internazionale del Film d’Autore di Sanremo, cui partecipavano in concorso ben 41 film, provenienti da 27 nazioni.

Per me era la prima volta in assoluto che prendevo parte ad un grande evento residenziale (una settimana) e di prestigio internazionale e, anche per questo, l’emozione e l’interesse  erano già grandi in partenza. Inoltre, al cinema ero affezionato e grato, pure perché i film mi hanno giovato molto più della stessa scuola e ci ero stato abituato fin da bambino specialmente dai miei fratelli maggiori Vincenzo e Antonio. Questi, addirittura da giovanissimo, aveva studiato (seppure brevemente) per divenire attore ed ha scritto anche alcuni racconti da film, frequentando gli ambienti cinematografici romani, a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, assai effervescenti per la Capitale, in particolare per Cinecittà e dintorni.

zucchelli_cougar_imageIn questa “Lettera n. 15” intendo ancora una volta essere riconoscente e grato a Nino Zucchelli (Bergamo 13 novembre 1913 – 24 giugno 1994) il quale, su segnalazione di Mimmo Rafele, mi ha dato la preziosa opportunità di arricchirmi culturalmente, in modo enorme e tanto strategico sotto il profilo esistenziale, accreditandomi come giornalista alla Mostra cinematografica, permettendomi di scoprire un mondo assai interessante ed un ambiente internazionale quale ho sempre sognato di frequentare. Infatti, già dal primo anno di università a Roma (novembre 1970 – giugno 1971) mi sono immerso nel clima della Ateneo romano, ma, soprattutto, cercavo sempre più occasioni di crescita frequentando il più possibile ambienti internazionali, specialmente di società e culture lontane dalla nostra. Avevo troppa sete di conoscere e, soprattutto, di capire capire capire che cosa è e come va il mondo. Mi portavo dietro milioni di interrogativi (come spiego alla pagine 26-54 del libro “Prima del Silenzio” giugno 1995).

sanremo-cartolina-postale-1920Nino Zucchelli  era un grande  e lungimirante utopista più che semplice idealista-concreto, sicuramente un vero “Maestro” e uomo garbato e sensibile artista umanista e rinascimentale insieme, fantasioso animatore e perfetto organizzatore socio-culturale (specialmente nella sua città, Bergamo, che lo ha onorato grandemente in vita e dopo la morte). Ed era il tipo che voleva conoscere personalmente tutti coloro i quali (registi, attori, produttori, artisti, tecnici, giornalisti, pubblicitari, ecc. tutti considerando suoi graditi ed illustri ospiti) erano presenti ad ogni edizione della sua “creatura” che si era portata a Sanremo da Bergamo e che intendeva evidenziare il cinema più impegnato, sofferto e significativo. Lo ricordo ancora con quale e quanta gentilezza e signorilità (era uomo veramente di altri tempi e di profonda umanità e cultura) mi ha dato il “benvenuto” e questo episodio (già di per se stesso) mi dava le coordinate di un mondo assai elevato culturalmente al quale ho sempre ambìto appartenere e che, con il tempo, avrei definito il “Super-popolo” .  Nell’incontrarci era quasi sempre lui a salutare per primo e in modo ossequioso (dono proprio delle personalità più umili e grandi), facendoci sentire pienamente a nostro agio, ben considerati e riconosciuti parte del suo mondo impegnato e lungimirante.

chiesa-immacolata-con-fiori-badolatoIl mio “Super-popolo”  non era  certo concepito come un mondo elitario, nobile o aristocratico ma quel mondo fatto di persone eccezionali che lavoravano molto alacremente e concretamente per migliorare la società … gente che, travalicando i confini dell’economia e della politica, puntava ad essere “super-partes”  (in tal senso pensavo al “Super-popolo” senza discriminanti o partigianerie ma con grandi ideali) per essere lievito e moltiplicatore dei valori più eccelsi e sublimi, esaltanti ed utili per l’Umanità. A Roma da studente universitario, ho frequentato ambienti internazionale dove il “Super-popolo” era ben visibile e “godibile”. Grandi studiosi, scienziati, artisti, eroi umanitari, missionari, medici di trincea … era questo l’ambiente che sceglievo per nutrirmi umanamente e socialmente, per imparare (io, eterno alunno) e per capire come poter essere utile il più possibile all’Umanità più povera e bisognosa di aiuto … la mia “Kardàra” di sempre!

convento-santa-maria-degli-angeli-badolatoEd io (nato “concreto idealista” nell’Armonia, nelle povertà e negli stenti di Kardàra) avrei voluto dare al massimo possibile il mio contributo al mondo facendo parte di tale “Super-popolo” di stakanovisti, idealisti, utopisti, lottatori umanitari internazionali cui sentivo già di appartenere per vocazione. Ma ben sapevo che il mio posto (scelto per me dal destino territoriale e familiare di nascita) era quello di appartenere alla mia “Kardàra” (a quella fisica di Badolato e a quella metaforica del mondo). Pure per tale mia pur ristretta “missione” mi ritengo assai fortunato per aver incontrato, nel corso della mia giovinezza, parecchi personaggi i quali, come  Nino Zucchelli, erano così tanto generosi e tenaci, coraggiosi e altruisti da ricostruire l’Italia dopo la quasi totale distruzione bellica (1940-45) e l’immiserimento nazionale conseguente. Tali personaggi  (compresi i miei Genitori e l’umile gente di Kardàra) mi hanno travasato esempi e valori tali che non permettono mai di demordere, arrendersi o semplicemente avvilirsi nel preparare e realizzare il bene, senza cui il mondo sarebbe più atroce! Kardàra, dunque, era il posto assegnatomi, ma anche liberamente scelto per senso di responsabilità e di appartenenza, per svolgere il mio ruolo di “ricostruzione” sociale dopo troppe sofferenze del mio paese e del popolo natìo.

A Sanremo sono arrivato in treno da  Badolato, domenica 10 marzo 1974 di prima mattina, e nell’albergo  indicatomi era già in atto un ricambio di ospiti. Infatti andavano via coloro i quali avevano partecipato in vario modo al 24° Festival della canzone italiana (7-9 marzo) ed entravamo noi, accreditati alla 17^ Mostra internazionale del film d’autore. Il portiere dell’albergo, nell’annotare i documenti dei nuovi ospiti, si è lasciato andare (tra il serio e l’ironico) ad un’esclamazione che, sinceramente, ho trovato più irritante che divertente: “Ecco, adesso arrivano questi poveracci di cineasti!”… Come a voler dire che erano più ricchi, spendaccioni  e simpatici coloro che appartenevano al mondo delle “canzonette” rispetto a quelli che si occupavano  di più alta  e responsabilizzante cultura attraverso i film impegnati (impegnati proprio perché gli Autori privilegiavano temi spesso anche scomodi o, addirittura, di forte impatto umano, sociale e politico).

villa-pietra-nera-dei-baroni-gallelli-in-badolato-czPer quanto importante, il Festival della canzone italiana (quantunque abbia poi notevoli riverberi di massa anche tra i nostri emigrati all’estero) è pur sempre una manifestazione leggera (da qui “musica leggera”) da intrattenimento e (chi più, chi meno) ci siamo quasi tutti affezionati essendo generalmente propinata come “musica quotidiana”. Oggi come oggi  però si direbbe evento di “distrazione di massa” nel quadro della globalizzazione incauta e violenta. Pur tuttavia ha un suo ruolo nel contesto nazionale, anche se spazi e retribuzioni sono fin troppo esagerati (ma tale aspetto è necessario affrontarlo nel contesto delle “Lettere a Tito” come spero di fare presto, tanto è illuminante dello  e nello “stare al mondo”). Certo, chi aveva realizzato i 41 film (provenienti da 27 nazioni), presenti alla Mostra del film d’Autore che stava per iniziare, non godeva affatto delle medesime attenzioni da parte del Sistema socio-economico-politico. Anzi!…

cinema-teatro-ariston-sanremo-esternoPerciò, pure le canzonette avevano i loro “Autori” ma generalmente  non erano culturalmente impegnati (qualitativamente e quantitativamente) come questi autori cinematografici i quali erano, in effetti, quasi tutti “squattrinati”  non essendo (mai o ancora)  legati al potere e al successo come il mondo che gira attorno alla ricchezza e alla varietà della musica leggera pure internazionale o al grande cinema commerciale  (che aveva e ancora ha come capofila Hollywood negli USA). “Questi poveracci di cineasti”  (produttori, registi, soggettisti, critici, ecc.) che subentravano ai  festivalieri  sanremesi erano soprattutto “appassionati” o “cultori vocazionali” e, spesso, veri e propri “perseguitati” o addirittura  “martiri” del cinema di denuncia,  generalmente assai irriverente verso il “Potere” ufficiale, specialmente per le dittature e i guerrafondai che in quegli anni sessanta e settanta proliferavano in mezzo mondo. Proprio come adesso!

mimmo-e-nicola-rafele_freeQuel rispettabile  ma irrispettoso portiere di un semplice albergo a  4  stelle aveva ragione dal suo punto di vista, poiché, quasi sicuramente, il personale di quella struttura ricettiva non avrebbe visto le laute mance e le super-consumazioni extra dei  ricchi (e spesso amorali) canzonettisti. Il popolo di questo particolare tipo di cinema  impegnato poteva essere considerato come l’esatto opposto del popolo generalista, neutrale e spensierato della canzone festivaliera tutto sempre ben  rimato in “fiore, cuore e  amore”. Infatti, poteva rischiare assai chi si fosse azzardato (come il  temerario cantautore Luigi Tenco, suicida proprio al Festival della canzone di Sanremo 1967) a partecipare alla manifestazione canora sanremese  con testi o musiche impegnative, scomode o addirittura inquietanti … avrebbe potuto soffrire tristi incomprensioni, essere  emarginato o considerato fuori posto o addirittura fare una brutta fine in quel patinato mondo della leggerezza quasi assoluta della musica orecchiabile (salvo qualche sempre discussa eccezione). Personalmente, pur assertore della musica popolare (anche leggera), avevo cercato di proporre (negli anni 1971-73) quel  nuovo genere del “Pop-Islam” così tanto impegnato (nei testi letterari e nel discorso musicale) da risultare ancora inaccettabile (pure per problemi politici-religiosi), ma ritengo ancora che “Il Futuro è Pop-Islam”!…

Ma torniamo alla Mostra del cinema. In decenni di esperienza “congressuale” ho notato che, nei “meeting”  di qualsiasi genere (specie se durano una settimana), di solito si incontrano molte persone e possono nascere buone amicizie, in particolare  con coloro che (a pranzo e a cena) occupano il medesimo tavolo. Ed io, nel ristorante dell’hotel dove alloggiavo, sono capitato ad un tavolo da quattro posti con un giornalista francese di mezza età, un anziano critico cinematografico di Roma ed un giovane attore iraniano esule in Inghilterra. Il critico cinematografico faceva parte pure della giuria che avrebbe dovuto assegnare i premi e gli attestati ai film in concorso, provenienti da ogni parte del mondo, specialmente dai Paesi difficili.

teatro-ariston-sanremo-interno-con-pubblicoL’attore-esule appariva timoroso e sfuggente e non sempre si presentava al tavolo, a pranzo e a cena, né avevamo occasione di incontrarlo nei tempi liberi dalle proiezioni e dai dibattiti … però le poche conversazioni fatte a tavola sono state intense e addirittura scioccanti, poiché, tra tanto altro, ci parlò delle tremende repressioni dello Scià di Persia, mostrandoci  inequivocabili segni delle torture che aveva subìto in carcere per il suo impegno socio-culturale e politico. Non aveva fissa dimora, per paura di incappare in qualche spia del regime o in feroci ritorsioni poliziesche, ma aveva una base logistica e solidale a Londra. Per me non era una novità incontrare esuli e perseguitati, poiché alla mensa universitaria di Via De Lollis a Roma avevo spesso occasione di parlare con giovani scappati da tiranni sanguinari, da conflitti e da crudeli dittature. “Nulla di nuovo sotto il sole” potremmo affermare: si scappa da sempre dal peggio!

Qualcuno di questi esuli ho pure aiutato economicamente e logisticamente. E l’Italia, ieri come oggi (e sicuramente come ancora domani), è la terra, la nazione che, nonostante i suoi pur tanti e grandi  difetti, riesce ad accogliere prevalentemente quasi tutti (Enea, antenato della fondazione di Roma, non era forse un profugo, un esule in fuga dalla guerra di Troia, 3500 anni fa circa?). E quella Mostra del cinema di Nino Zucchelli non era un aspetto di accoglienza amorosa dei popoli perseguitati o delle persone fortemente impegnate per fare di questo pianeta un habitat migliore (anche ecologico oltre che umano e sociale)?… Zucchelli (esaltante esempio della “humanitas italiana”) contribuiva, con la sua manifestazione annuale, a dare voce internazionale a quei popoli che, tramite questo tipo di cinema impegnato, avevano più probabilità di scuotere a loro favore la coscienza del mondo più sensibile e democratico.

Invece, con il giornalista francese e il critico cinematografico avevo più possibilità di conversare, anche per ore, non soltanto  durante i pasti ma specialmente nel lasso di tempo in cui non dovevamo seguire le molteplici attività  istituzionali e collaterali alla Mostra cinematografica.  Cosicché, parlando a lungo e conoscendoci meglio, ho avuto da entrambi proposte di lavoro. Il giornalista francese mi ha detto che il suo giornale cercava proprio un giornalista italiano che ci occupasse a tempo pieno del nostro cinema  “girato” (specialmente delle coproduzioni italo-francesi) e delle più importanti manifestazioni internazionali presenti in Italia (come la Mostra di Venezia e i tanti Concorsi disseminati in tutto il territorio) e nella Svizzera italiana (ad esempio Locarno). Mentre il critico cinematografico mi disse che aveva bisogno di un collaboratore per smaltire il sempre troppo lavoro. Se avessi accettato di aiutarlo (ovviamente remunerato), mi avrebbe insegnato i trucchi del mestiere anche di sceneggiatore per film pure televisivi e mi avrebbe inserito nei circuiti più utili per ottenere i migliori risultati in un settore solitamente assai difficile ed esclusivo. E avrei viaggiato molto pure all’estero (cosa che a me piaceva davvero tanto).

Insomma, mi ritrovai (improvvisamente e con mia grande sorpresa, ad appena 24 anni compiuti da pochi giorni e senza aver ancora conseguito la laurea) davanti a due proposte assai allettanti e promettenti. Quella del critico cinematografico era, sicuramente, la proposta più attinente al mio essere umanista ma anche perché tale suo lavoro mi permetteva di non allontanarmi da Roma dove, bene o male, stavo bene ed avevo un posto letto abbastanza centrale per eventuali movimenti, abitando proprio ad appena 400 metri dal binario uno della Stazione Termini delle Ferrovie dello Stato. Più per lo stupore della sorpresa che per l’eventuale imbarazzo della scelta, risposi ad entrambi (ringraziandoli molto) di lasciarmi un po’ di tempo per pensarci. Prima della conclusione della manifestazione sanremese avrei dato una risposta.

Ma non c’era da pensarci nemmeno per un solo minuto, poiché  avevo due impegni assai precisi da rispettare. Il più urgente era la conclusione della mia tesi di laurea su Badolato, cui stavo lavorando assai alacremente. L’altro consisteva nel fatto che i miei Genitori mi consideravano il “bastone della loro vecchiaia” fin da quando  sono nato e non avrei voluto deluderli assolutamente. In pratica, il mio grande amore per Badolato, mio paese natìo, e per i miei Genitori (per i quali avevo una riconoscente e grata devozione, da qui pure i sette volumi del “Libro-Monumento per i miei Genitori” nel 2005-2017) non mi permetteva di allontanarmi dalle rive dello Jonio. Né io avrei voluto poiché come stavo bene col mio dialetto tra la mia gente, davanti al mio mare e ai piedi delle lussureggianti montagne serresi non stavo bene nemmeno a Roma che pur consideravo la mia città vocazionale per il suo carattere socio-culturale  ed internazionale (anzi mondiale) e con la quale, comunque, avrei voluto (pur restando a Badolato) tenere  frequenti contatti di maggior e migliore crescita. Come ho fatto fino al 1993 mantenendo il posto-letto!

Per quel che ricordo ancora, riguardo poi la valorizzazione territoriale attraverso il film “Domani” girato all’80% a Badolato e al 20% a Borgia,  né la Regione, né i Comuni interessati, né la Provincia di Catanzaro si sono dati da fare per farne una promozione culturale e/o turistica. Probabilmente se non fossi intervenuto io, da Badolato e da Sanremo, a inviare numerosi articoli e corrispondenze ai miei giornali di riferimento (Il Tempo, Il Messaggero, la Gazzetta del Sud e Il Giornale di Calabria), sicuramente di questo film quasi nessuno avrebbe saputo niente. Né mi risulta che la sede Rai di Cosenza abbia mai intervistato il regista catanzarese, quantunque tale film fosse stato finanziato, come opera prima sperimentale, ad un giovane autore di appena 26 anni (Mimmo Rafele di Catanzaro), dalla seconda rete Rai che l’avrebbe poi trasmesso quasi alla chetichella e per una sola volta.

Invece, secondo me, tale film avrebbe dovuto essere proiettato almeno nei “cineforum” se non  addirittura in tutte le piazze calabresi ma anche là dove (al sud, al centro e al nord Italia) il tema dell’emigrazione era più fortemente sentito. Inoltre, essendo il personaggio protagonista del film l’attore greco Stavros Tornes, si sarebbe potuto diffonderlo in Grecia il più possibile. Ma non c’era allora e, forse, non c’è nemmeno adesso una struttura dedicata a valorizzare anche i prodotti culturali  di pregio (sebbene non inseriti ancora nei grandi circuiti di distribuzione e di diffusione).

Il critico cinematografico romano che faceva parte della giuria, su mia domanda, ha risposto che il film “Domani” avrebbe potuto vincere il premio per “l’Opera Prima” se nel contesto della Mostra di Sanremo ci fosse stata una simile sezione concorsuale. Infatti, nel dibattito seguìto alla sua proiezione, il film ha avuto apprezzamenti entusiastici e generalizzati  nella platea internazionale di autori, attori e giornalisti accreditati alla settimana di tale Mostra. D’altra parte, il tempo ha poi  fatto vedere come e quanto Mimmo Rafele fosse un vero talento letterario, cinematografico e televisivo. La sua sensibilità umanistica e sociale ha fatto sì che, poi, condividesse la vita con Lidia Ravera, una  brava e famosa scrittrice romana (ormai di lunghissimo corso),assai amata specialmente dai giovani.

libro-di-mimmo-e-nicola-rafele-ultimo-requiemL’impegno sociale, culturale ed anche politico-progressista-umanitario di Mimmo Rafele, continua e, comunque, nel corso dei decenni è sempre stato assai forte, sia nel cinema (con soggetti e sceneggiature di film contro la violenza privata, organizzata e di Stato) e sia nella scrittura cartacea. Interessante, pure dal punto di vista intergenerazionale, è il libro scritto assieme al figlio Nicola “Ultimo requiem” (sullo stragismo di Stato). Nicola Rafele o Nicola Rafele Ravera (che a volte aggiunge al cognome del padre “Rafele”  pure quello della madre Lidia “Ravera”) scrive libri di notevole impegno e spessore socio-culturale. E dimostra così ancora di più di essere figlio d’arte, di genitori scrittori ed artisti di primo livello.

Ancora dalla mostra cinematografica di Sanremo  1974 … una curiosità che possiamo ritenere molto attuale. Una regista tedesca, nel suo film, affermava che la televisione avrebbe preso, invaso e pervaso (addirittura sconvolta) prestissimo la vita della gente, la quale sarebbe rimasta incollata al piccolo schermo per almeno quattro ore al giorno. Eravamo appena nel marzo 1974 e tale concetto era stato espresso nel film girato l’anno prima. Inoltre, almeno in Italia, nel 1974 c’era ancora il monopolio radiotelevisivo di Stato ma le radio-TV private già stavano affilando le loro armi per sconvolgere la vita delle famiglie. Qualche decennio dopo, computer e telefonini (assieme ad altri geniali  aggeggi della comunicazione sociale) avrebbero ancora di più stravolto, caratterizzato o drogato la vita individuale e sociale a livello globale.

lydia-biondi-cooprotagonista-film-domani-1973-74-badolatoUn’annotazione: in quel marzo 1974 la regista tedesca era stata derisa per quella sua “profezia” che la platea del dibattito post-film riteneva come una grande esagerazione, impossibile da realizzarsi! E sì che adesso quasi tutti siamo incollati a computer, smartphone e ogni altro schermo, grande, medio o micro che sia! Molto spesso i lungimiranti, i visionari, i pionieri, i profeti, gli anticipatori  vengono derisi, in ogni settore sociale (è cosa antica, come dimostrano la Bibbia e altri vetero-scrittori). A loro vorrei  tanto che si dedicasse un vero e proprio “Museo dell’intellettuale deriso” (con annessa biblioteca multimediale) pure per rendere onore e gratitudine a tutti quei geni  lungimiranti che, nel corso dei millenni, hanno  donato al mondo preziosissimi strumenti di vita e illuminazioni socio-culturali tali da raggiungere il progresso e le consapevolezze che migliorano sempre più il nostro mondo e l’esistenza di ciascuno di noi.

libro-di-mimmo-e-nicola-rafele-ultimo-requiemRitengo che la settimana trascorsa a Sanremo per la Mostra del film d’autore abbia contribuito a farmi pensare (anche se inconsciamente, allora) ad una Festa del Libro e della “Comunicazione sociale” (realizzata con successo poi in Agnone nel dicembre 1989) proprio per le prospettive universalizzanti della comunicazione umana interattiva attraverso i nuovi e sempre più sofisticati mezzi tecnologici che ampliano all’infinito l’utile offerta (o la costrizione, quasi una droga) interculturale e multimediale. Tutto sta però a sapere usare bene (e in forma fortemente critica e sulla propria misura) ciò che offre il genio  umano!

Inoltre, girando per Sanremo “città dei fiori”, ho potuto ammirare (sempre pensando a Badolato) l’elegante e variegato decoro urbano, tipico dei luoghi turistici famosi. Il decoro estetico di Badolato (giardini pubblici e privati, balconi in fiore, ordine e bellezza) è stato sempre il mio insistente cruccio. E non si può fare turismo senza bellezza estetica e culturale, senza gentilezza e disponibilità, senza prezzi e servizi adeguati. Il “turismo estivo da rapina” più volte rimproverato agli esercenti non solo badolatesi ma pure dei dintorni rappresentava (negli anni settanta) un deterrente per i vacanzieri che frequentavano la costa jonica. E se ne sono patite le conseguenze. Da Sanremo (così come da ogni luogo visitato fin dall’infanzia) ho sempre portato con me il meglio, ovviamente pensando al mio paese natìo. Ho visto e studiato il perché un luogo ha successo turistico e capacità attrattiva. Mi sono posto la domanda: perché a Sanremo ci può essere la coltivazione intensiva dei fiori e a Badolato (che ha un clima più attinente) non si è pensato di fare altrettanto?… Nel marzo 1974 ho visto e capito perché Sanremo è Sanremo e perché Badolato è Badolato.

Caro Tito, come “Lettura parallela” ti evidenzio un articolo pubblicato il 27 aprile 2016  dal sito www.reporternuovo.it  (un  sito della Scuola superiore di giornalismo della prestigiosa Università LUISS di Roma) a firma di Luigi Gaetani con il titolo “Case da 1 euro. Ci riprova un paesino della Sardegna”. Il collega Gaetani ha così scritto sulla vicenda “Badolato paese in vendita” (a distanza di 30 anni dal suo inizio):

cinema-teatro-ariston-sanremo-esterno“Il tema degli antichi borghi morenti non è nuovo. Apripista fu negli anni 80 il paese di Badolato, in Calabria, già all’epoca vicino all’estinzione a causa dell’emigrazione e della tendenza degli abitanti a spostarsi nella parte moderna del paese, in riva al mare. Allora fu lanciato lo slogan “Badolato paese in vendita” che rimbalzò sui principali quotidiani nazionali. Le case non si compravano ad 1 euro. Ma il comune si offriva, comunque, come intermediario tra vecchi proprietari e nuovi  acquirenti, perlopiù stranieri. L’iniziativa ebbe un certo successo tanto che ancora oggi Badolato è sede di una piccola comunità di stranieri e artisti.”

Eccone il link:  http://www.reporternuovo.it/2016/04/27/case-1-euro-ci-riprova-un-paesino-della-sardegna/

Grazie e tanta cordialità!

Domenico Lanciano                                                                                                                                                                                     Mare di Vasto (Abruzzo) venerdì 09 giugno 2017 ore 11,22

LETTURA PARALLELA

Case a 1 euro. Ci riprova un paesino della Sardegna

Luigi Gaetani, Roma 27 aprile 2016 da27 aprile 2016 da www.reporternuovo.it – direttore Roberto Cotroneo


Diversi negli ultimi anni i tentativi di salvare antichi borghi dall’estinzione. Ma non sempre funziona.

Case in vendita a 1 euro per ripopolare un vecchio borgo. In giro per l’Italia sono stati molti, negli ultimi anni, i tentativi di salvare dall’abbandono un piccolo centro offrendo case dirute a prezzi simbolici. Oggi ci riprova il piccolo paese di Ollolai, comune di poche centinaia di abitanti arroccato tra i monti della Barbagia, in provincia di Nuoro, nella Sardegna interna.  Efisio Arau, sindaco del paesino dalle case diroccate di granito, ha annunciato la vendita del primo immobile, una vecchia dimora di pastori situata «nel centro storico, in una via dove i residenti si contano sulle dita di una mano». Come si legge sul sito del Comune, la speranza è quella di inaugurare una tendenza, salvando «immobili il cui destino era segnato dall’abbandono e dall’incuria, e che i legittimi proprietari hanno donato al Comune per metterli a disposizione di chi volesse recuperarli».

Le modalità sono quelle già sperimentate in altri angoli della penisola. A carico dell’acquirente ci sono le spese notarili per la registrazione, le volture e l’accatastamento.  Dal momento dell’ottenimento di tutti i permessi, il nuovo proprietario ha  a disposizione un certo lasso di tempo per far partire ufficialmente i lavori di ristrutturazione. Inoltre, a garanzia della sicurezza dell’acquisto, il comune chiede di stipulare una polizza fideiussoria con importo da stabilire, e successivamente rimborsata.

Il tema degli antichi borghi morenti non è nuovo. Apripista fu negli anni 80 il paese di Badolato, in Calabria, già all’epoca vicino  all’estinzione a causa dell’emigrazione e della tendenza degli abitanti a spostarsi nella parte moderna del paese, in riva al mare. Allora fu lanciato lo slogan “Badolato paese in vendita” che rimbalzò sui principali quotidiani nazionali. Le case non si compravano a 1 euro. Ma il comune si offriva, comunque, come intermediario tra vecchi proprietari e nuovi acquirenti,  perlopiù stranieri. L’iniziativa ebbe un certo successo tanto che ancora oggi Badolato è sede di una piccola comunità di stranieri e artisti.

Il paese di Regalbuto

Una delle frazioni di Carrega Ligure

Gangi

Il borgo medievale di Santo Stefano di Sessanio prima del terremoto del 2009

Badolato

Il paesino di Ollolai in Sardegna

Il centro storico di Lecce nei Marsi

Circa venti anni dopo, nel 2008, è Vittorio Sgarbi a lanciare l’iniziativa “case a 1 euro”. lo storico dell’arte è stato eletto da poco  sindaco di Salemi, comune nell’entroterra siciliano. Il progetto prevede di vendere a un prezzo simbolico, con obbligo di ristrutturazione, le centinaia di abitazioni danneggiate dal teremoto del Belice del ’68 e acquisite al patrimonio comunale.  Più di diecimila, allora, le manifestazioni di interesse. Ma il tutto finì in un flop. Fu la magistratura siciliana ad assestare il colpo di grazia al progetto, con conseguente sfuriata di Sgarbi, sequestrando gli immobili pericolanti e indagando i proprietari per reato di “omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina e di omesso collocamento o rimozione di segnali o ripari”.

In Sicilia anche altri comuni hanno tentato l’impresa seguendo l’esempio di Salemi: Regalbuto e Gangi, vincitore nel 2014 del titolo di “borgo dei borghi”, dove a distanza di un anno dal lancio dell’iniziativa alcune case storiche sono già state vendute. Anche Lecce nei Marsi, in Abruzzo, ha  sponsorizzato un’iniziativa simile. Ma le difficoltà sono molte. Burocrazia a parte, la sfida più grande è rintracciare i proprietari o i loro eredi, che molto spesso vivono sparsi per i mondo. In Piemonte il sindaco di Carrega Ligure, poche decine di anime sperdute sui monti al confine con Liguria e Emilia Romagna, è costretto ad arrendersi davanti agli ostacoli insormontabili delle « difficoltà burocratiche, associate ai frazionamenti catastali e ad una distribuzione “planetaria” dei relativi proprietari». L’intento originario era quello di acquisire al patrimonio pubblico le case abbandonate, ma il comune è finito a fare da semplice intermediario tra vecchi proprietari che decidono di sbarazzarsi di un immobile e nuovi acquirenti e il progetto da “case a un euro” si è trasformato in  “case a poco più di un euro”.

Diverso il caso di Santo Stefano di Sessanio, in Abruzzo. Per il magnifico borgo medievale dell’Appennino aquilano la svolta arriva non per iniziativa delle istituzioni ma grazie all’intuizione dell’imprenditore “illuminato”, di origini svedesi, Daniele Elow Kijlgren. Lui dopo aver acquistato una intera parte del paese abbandonato, lo ha ristrutturato creando un “albergo diffuso”, il Sextantio. – Stop.

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