Caro Tito, dal 04 ottobre 2012 che esiste questa corrispondenza quasi settimanale, quello dello spopolamento è stato e continuerà ad essere un tema assai ricorrente. Non fosse altro perché lo spopolamento è, per i Regnanti di qualsiasi tipo, l’arte politica di disgregare e di uccidere i popoli a favore di altri o di una ristretta cerchia egemone per lucrare sul sangue e sul sudore dei sottomessi. Purtroppo è sempre stato così e l’attuale modernità non è da meno, anzi.  Fin dalla prima infanzia vivo questo dolore delle genti del mondo e, in particolare, della mia gente … un dolore che ha poi condizionato davvero tutta la mia esistenza. Nella mia mente sento ancora laceranti i pianti e le grida di chi (partendo con il treno per raggiungere il porto marittimo di Napoli o di Messina o di Genova) si disperava in questi lunghi addii alla stazione ferroviaria e già, ancora prima, lasciando per sempre il proprio borgo e tutto ciò che questo significava. Nella mia ingenuità infantile restavo molto impressionato del pianto condiviso di chi partiva e di chi restava ancora (forse per poco, aspettando il turno del distacco provvisorio o definitivo dal proprio paese e dalla propria gente). E le lacrime abbondanti di chi partiva si portavano dietro le mie lacrime e i miei angosciosi primi perché. Sono vissuto e continuo a vivere inseguendo miriadi di miraggi di giustizia e di infiniti “perché?” sul grande dolore del mondo. Valori e sentimenti presenti già nella mia prima raccolta di poesie adolescenziali “Gemme di giovinezza” (13 dicembre 1967).

1 – L’ALTARE FAMILIARE

Quasi tutti quelli che partivano verso i Paesi trans-oceanici (Americhe e Australia, in particolare) erano soliti lasciare a parenti ed amici una foto in bianco e nero con la propria famiglia al completo affinché potessero ricordarsi di loro. In sèguito inviavano altro tipo di foto per attestare la propria buona e progredita posizione familiare, sociale o esistenziale. E così le pareti delle case diventavano un vero e proprio “altare” di ricordi e di devozione per chi era lontano oppure per chi, nel frattempo, non c’era più … come l’altare familiare di mia zia Rosa Comito Lanciano (1910-2011) nella sua casa popolare di Via Pisani 21 in Badolato Marina che occupava un’intera parete della camera di ingresso e che ho voluto documentare, proprio perché così assai significativa, con una foto evidenziata alla pagina 212 del terzo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (stampato nel maggio 2007).

 

Questa delle foto familiari di addio (fatte prima di emigrare) potrebbe essere un primo timido esempio di “Spop-Art”… di “arte povera” o “arte dei sentimenti” o “arte delle emozioni” o “arte della nostalgia”.  Di sicuro un importante documento storico-sociologico. Nel 1977 ho conosciuto una giovane intellettuale calabrese, appena laureata, la quale abitava in Via Latina a Roma. L’ho avvicinata perché aveva realizzato (mi sembra al Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale) una grande mostra fotografica intitolata proprio “Formato Famiglia” un tema di mio grande interesse umano, sociale e culturale che riguardava principalmente l’emigrazione. Costei è poi venuta a trovarmi a Badolato Marina, poiché si pensava di poter collaborare insieme in tale àmbito. Questa mostra fotografica “Formato Famiglia” è stata poi replicata in altri luoghi e potrebbe essere considerata un evento di “Spop-Art” essenzialmente perché esponeva e documentava coloro i quali, emigrando, contribuivano a spopolare a (molto molto a malincuore) il proprio borgo, rappresentando una ben determinata tipologia di persone o … “famiglie dell’addio”. Se non ricordo male ne fece pure un libro o un catalogo della mostra con le foto più significative. Un ottimo lavoro, davvero. Scusa se non evidenzio il nome di tale protagonista; sono passati ormai tanti anni (47), troppi per la mia super-affollata memoria; nel mio Archivio avrò sicuramente tutta la documentazione della mostra e del carteggio con questa giovane, bella, sensibile e raffinata intelligenza femminile tipicamente calabrese (oserei dire etica da “Prima Italia”).

2 – LA SPOP-ART DELLE DISGREGAZIONI

Una “Spop-Art” che, tra tanto altro, è anche lo specchio di una letteratura che parte da lontano con i primi Autori che scrivono di una società, come quella del Sud Italia (per quanto riguarda noi), che per la prima volta in assoluto (dopo il fatidico e fatale 1860 che segna uno spartiacque di rottura storica e territoriale) comincia ad essere disgregata perché divenuta colonia di un Nord (nazionale o globale) che la risucchia sempre più e la condiziona fortemente fino a dissanguarla di energie, desertificandola, rendendola insignificante. Esiste soltanto per essere sfruttata e spremuta al massimo. E, purtroppo, ancora non è finita, grazie ad uno Stato solo formalmente unitario e pseudo-democratico ma che unitario e democratico non è poiché privilegia alcune aree del nostro Paese a discapito di altre. E la “Spop-Art” registra questa ingiustizia, così come la registrano i dati statistici e i fatti quotidiani di sofferenza. Si veda e si legga, ad esempio, l’emblematico e drammatico volume di Michele Cozza “Calabria 1951-1975: come si disgrega una regione” (Grafiche Abramo 1977 – Catanzaro – 525 pagine).

 

Lo scorso martedì 23 gennaio 2024, ho provato a descriverti quale è o possa essere la “Spop-Art” a mio intendimento e secondo la mia esperienza sul campo con << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-513-mini-storia-e-manifesto-della-spop-art-ovvero-larte-contro-lo-spopolamento/ >>. Arte come grido contro lo spopolamento. Arte che descrive le agonie territoriali in tantissime parti del mondo. Adesso vorrei cercare di completare il mio pensiero con questa “Lettera n. 522” evidenziandoti, seppure in brevissime battute rispetto all’oceano di possibili ragionamenti, soltanto alcuni esempi di arte contro lo spopolamento in Italia e all’estero. Il fenomeno è tanto vasto così come vasto è l’abbandono forzato o volontario del proprio paese con l’urgenza, la necessità ma anche con l’illusione di poter stare meglio “altrove” o di tornare prima o poi, magari dopo l’andata in pensione. Infatti, qualcuno ritorna da dove è partito, poiché non sempre in “altrove” si sta meglio. In tale contesto la “nostalgia” è parte delle espressioni artistiche (specialmente letterarie e musicali) che toccano le corde del cuore e della mente di chi parte e vuole o non può tornare.

 

Ad esempio, la canzone napoletana è ricca di tali espressioni strappalacrime ma drammaticamente veritiere. Vedi e leggi il “Trattato di sociologia della canzone classica napoletana” (2004) del nostro amico “brigante calabrese” Antonio Grano (Cosenza 1938 – Macchia di Isernia 2014). Pure tale volume potrebbe essere considerato “Spop-Art” per la parte che riguarda le espressioni sull’emigrazione come l’altro libro di Grano “Partono ‘e bastimente” (2011) un tema assai diffuso e presente nella pubblicistica partenopea e non solo … In verità, Antonio Grano è un grande artista della “Spop-Art” poiché con i suoi tanti libri descrive la spoliazione del Sud Italia dal 1860 con l’invasione del Regno delle Due Sicilie, Stato sovrano, da parte dei Piemontesi guerrafondai come Stato sovrano è l’Ucraina invasa dalla Russia imperialista il 24 febbraio 2022. Tale e quale. E nessuno sta impedendo i massacri in Medio-Oriente e in altri luoghi del mondo. In barba a tutti i Diritti Internazionali possibili e immaginabili. La prepotenza e l’inciviltà vengono ancora tollerate, mentre l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) non ha nemmeno il potere di impedirle minimamente. Tra tanto altro, la stessa ONU dovrebbe abolire il veto delle grandi potenze ed organizzare un vero e proprio esercito internazionale super-partes per prevenire, impedire e regolare tali controversie sempre più terrificanti. Purtroppo il gioco geopolitico non finirà e il mondo rischia sempre troppo, con costi altissimi di pulizie etniche, genocidi, eccidi collettivi e distruzioni immani. Con derivate fughe e migrazioni dalle aree di crisi verso Paesi in pace, benestanti e disposti all’accoglienza. Altri spopolamenti, quindi, e desertificazioni.

3- SPOP-ART COME ARTE DEI VINTI O DEI SOPRAVVISSUTI

Mi sembra inutile girarci attorno. La “Spop-Art” (in quanto arte dello spopolamento, dello sradicamento e similari) è l’arte dei poveri, dei vinti o dei sopravvissuti che cercano pure così di elaborare il lutto, descrivendo la devastazione operata dai popoli dominanti in ogni parte del pianeta. Nel corso dei secoli e dei decenni, questa “arte dei vinti” o dei “soggiogati” passa, in ogni parte del mondo sottomesso, attraverso innumerevoli espressioni e categorie artistiche. In tutto questo sfilacciamento sociale e territoriale si cerca di mantenere vive quelle “radici” che ancora legano (a volte in modo esile ma assolutamente persistente e duraturo) le persone e le comunità della “restanza” e della “erranza”. Non a caso, nel marzo 1986 (ben 38 anni fa) quando ero bibliotecario comunale incaricato, ho proposto all’allora Amministrazione comunale di Badolato di realizzare una rivista cartacea di informazione e dialogo tra chi è rimasto in paese e chi è emigrato per vari altri motivi. Un raccordo periodico ufficiale ed istituzionale per tenere legati, ancora meglio e di più, alla comunità di origine tutti coloro che sono residenti in altre parti d’Italia e del mondo.

 

Cosa che poi, stante il mio esilio dal 1988, ha cominciato a realizzare da aprile 1994 (giusto 30 anni fa) l’associazione culturale badolatese “LA RADICE” (nata nel 1991) con l’omonimo periodico cartaceo (prima trimestrale, oggi quadrimestrale) … “scritto per tutti i Badolatesi soprattutto per i tanti sparsi per le vie del mondo” (come recita la frase evidenziata sotto la testata della preziosa rivista, da sempre diretta dal prof.  Vincenzo Squillacioti). Tra tutte le Comunità che hanno cittadini emigrati o fuori sede, sono molte quelle che hanno organi di stampa cartacei (adesso anche e soprattutto via internet) utili a tenere legati alle “radici” i propri appartenenti (come il periodico italo-australiano “Calabria Oltre Confine”). La comunicazione tra persone è, adesso, con le nuove tecnologie, assai facilitata. Ci sono le videochiamate che quasi annullano le distanze pure emotive e sentimentali, anche se, ovviamente, non è la stessa cosa parlarsi in presenza e abbracciarsi. Comunque è un bel progresso rispetto a 60-70 anni fa quando si partiva convinti di non tornare più e di non rivedersi o sentirsi più se non tramite lettere che a volte impiegavano mesi prima di poter essere recapitate. Ecco, le lettere degli emigrati possono essere, a mio parere, considerate oggetto di “Spop-Art”. Pure per tale motivo ne conservo molte. E, dunque, sede di “Spop-Art” potrebbero essere considerati i vari “Musei dell’Emigrazione” o della “Civiltà contadina” in qualsiasi modo, luogo e tempo realizzati e declinati. Così pure i racconti o i diari di emigrazione e di spopolamento (come testimonia l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo).

 

Se la “Spop-Art” è pure e soprattutto “l’Arte dei vinti” … l’Autore prìncipe di tale Arte potrebbe essere considerato quel Nuto Revelli (Cuneo 1919-2004) che ha descritto il mondo dei vinti, come prototipo e valore universale. Si consideri, ad esempio, il libro “Il mondo dei vinti” (Testimonianze di vita contadina) del 1977 oppure “L’anello forte” (La donna: storie di vita contadina) del 1985 e via dicendo. Così potrebbero fare parte della “Spop-Art” altresì tutti i letterati, artisti, sociologi, antropologi, registi (come ad esempio Wim Wenders, Vittorio De Seta, Matteo Garrone, ecc. ecc.), cantautori e persino i giornalisti che hanno descritto e continuano a descrivere l’immane fenomeno dell’abbandono delle campagne e dei borghi per emigrare nelle città più produttive oppure da Nazioni periferiche verso Nazioni ricche. La “Spop-Art” dei migranti.

4 – DALLA BIBBIA AI MURALES E ALLA STREET-ART

Ho accennato ai precedenti paragrafi 1 e 3 che la “Spop-Art” si esprime pure per “elaborare il lutto” della propria condizione di vinti e di vessati, della mancanza di affetti e quanto altro. Come esempio, ti rimando alle Lettere n. 390 del 07 marzo 2022, n. 413 del 15 luglio 2022 e n. 474 del 10 luglio 2023 in cui presento i racconti della signora (oggi sessantunenne) Maria Rosaria De Rito di Diamante (CS). In tali racconti l’Autrice esprime tutto il suo dolore, la sua rabbia e tante altre considerazioni perché non può fare la nonna come vorrebbe e come sarebbe naturale dal momento che il suo unico nipotino Duccio vive con i genitori a Pistoia, in Toscana. Tutto questo dolore, questa rabbia e quanto altro sono frutto della privazione provocata dall’emigrazione forzata, poiché nel proprio territorio natìo non c’è lavoro che possa far rimanere i giovani. Probabilmente entro questo anno 2024 tutti i racconti della signora De Rito verranno dati alle stampa dall’editore Meligrana di Tropea (VV), come testimonianza di un’epoca e di un dolore. Oltre 60 racconti che, tra tanto altro, elaborano la mancanza del nipotino e raccontano le conseguenze dell’emigrazione così come dello spopolamento e dell’impoverimento generale di un territorio e di una comunità (che partono dal 1860 con la predazione assoluta del Sud). Sono pure racconti-denuncia, a mio parere. Appena sarà stato stampato il libro, informerò te e i nostri lettori, i quali – ne sono certo – non saranno indifferenti a questo interessante e avvincente documento dei nostri tempi, intitolato STORIE D’AMORE E DI CALABRIA. Ed è davvero tutta genuina “Spop-Art”.

 

Ma il dolore dell’erranza e della restanza è antico quanto l’uomo. Ci sono vari antichi documenti di tale dolore in giro per il mondo. Per esempio, la stessa Bibbia narra spesso dello sradicamento, delle drammatiche deportazioni di massa del popolo ebraico in Egitto o a Babilonia. Esodo su Esodo fino alla Shoah, sicuramente questo è uno dei popoli più martoriati della Terra.

E ne sappiamo qualcosa perché la scrittura ha aiutato tale popolo (ovviamente grazie pure al suo unico Dio) a superare le enormi difficoltà della schiavitù sofferta in varie epoche.

Possiamo considerare la Bibbia come uno dei primi documenti di scrittura “Spop-Art” dal momento che narra anche la privazione del proprio territorio e della propria vita di comunità?… Personalmente penso di sì.

Ciò vale ovviamente pure per la Palestina e i Palestinesi e per tutti quei popoli perseguitati e massacrati dalla Storia.

Come, altro esempio tra i tantissimi, attualmente avviene per il popolo dei Rohingya, minoranza di fede musulmana sunnita nello Stato del Myanmar (ex Birmania) al confine con il Bangladesh, sul Golfo del Bengala.

 

Così come possiamo considerare “Spop-Art” i primi “murales” nati in Messico attorno al 1910 e poi diffusisi in ogni parte del mondo come mezzo più facile e vistoso per esprimere ed elaborare il proprio dolore di comunità e di popoli sottomessi a entità aggressive e predatorie. Non a caso tale arte si poi è diffusa ed è ancora ben praticata principalmente in Sardegna, una regione-continente a sé stante e depotenziata attraverso lo spopolamento (arma d distruzione di massa). Ogni arte racconta e rivendica. Così i Murales e tutta l’arte visiva esterna alle case che si è sviluppata in ogni parte del mondo, declinandosi in molteplici nomi, stili ed autori, come il metodo più in voga della cosiddetta “Street-Art” o arte di strada. Per capire e sapere di più si veda in internet a queste voci. Sta di fatto che interi Luoghi si sono specializzati o sono stati caratterizzati da Murales, che raccontano e attraggono tanto turismo anche di qualità. Giusto per restare in Italia, i murales più famosi appartengono a paesi come Dozza (B0), Orgosolo (NU), Aielli (AQ), Diamante (CS), Stigliano (MT), Usseaux (TO), Civitacampomarano (CB), Bracciano (RM), Sant’Angelo di Roccalvecce (VT), Vernante CN), Valloria di Prelà (IM), Arcumeggia di Casalzuigno (VA), Valogno (CE), Rocca di Papa (RM), Cibiana di Cadore (BL), Grottaglie (TA), ecc. ecc. Ed ognuno di questi borghi ambisce a diventare il più attrattivo o addirittura la “capitale” della “street-art”:  << https://siviaggia.it/viaggi/fotonotizia/10-capitali-mondiali-street-art/299454/ >> – << https://www.lapiazzaweb.it/2024/02/caorle-diventa-la-capitale-della-street-art/ >> – << https://www.lastampa.it/torino/2024/02/26/news/street_art_83_murales_galleria_urbana-14099909/ >> –  << https://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/cosa-fare/bansky-mostra-cervia-ok0o8hi1 >>  – << https://www.liberta.it/news/cronaca/2024/02/24/street-art-murales-e-card-per-giovani-le-idee-di-piacenza-under-30-a-nel-mirino/ >> e così via dicendo. La “street-art” è un fenomeno straripante a livello planetario. E tra tutta questa “street-art” c’è anche la “spop-art” quella che riguarda il popolo e la descrizione dello spopolamento ma non è soltanto “arte di strada” ma ha una sua propria filosofia. E l’arte dei murales (comunque espressi) revoca i dipinti (murali o in tela) presenti nelle pareti delle cattedrali e delle chiese medievali e rinascimentali per raccontare al popolo le vicende dell’erranza e della fede del popolo di Dio. Quasi tutto ciò che vediamo è un infinito “racconto” … una necessità dell’anima per esprimersi affinché non si dimentichi. La possibile dimenticanza è la prima nemica della “Spop-Art”.

5 – I MANCATI MURALES DI BADOLATO MARINA DAL 1975

Nell’estate del 1974 ho lanciato una pubblica proposta di specializzare Badolato nel turismo intellettuale di qualità, lasciando ad altri quel turismo di massa eterogeneo e non qualificato che stava assalendo (già da qualche anno) la nostra stupenda costa jonica (vedi quotidiano IL TEMPO di Roma – “Intellettuali a Badolato” – Cronache della Calabria – Domenica 04 agosto 1974). C’era stato in quell’estate un ottimo esempio da cui partire. Poi, dopo alcuni mesi, nella primavera del 1975 ho proposto all’allora Amministrazione comunale (saldamente comunista dal 1946) di realizzare nella frazione Marina 35 murales per quante erano le pareti esterne libere delle tante palazzine popolari (con circa 330 appartamenti) costruite dal Governo De Gasperi per gli alluvionati del 17 ottobre 1951. Uno spazio utile (ogni parete era dai quaranta ai cinquanta metri quadrati utilizzabili) su cui raccontare soprattutto la storia di Badolato, compresa l’epocale emigrazione, in particolare le lotte contadine (tra cui il famoso sciopero a rovescio) per attrarre artisti e turisti da ogni parte d’Italia e del mondo. A Vincenzo Piperissa (mio compagno di classe alle elementari e allora fervente comunista, poi segretario locale del PCI, quindi sindaco e vicesindaco dagli anni ottanta in poi, figura di spicco della dirigenza della Sinistra badolatese, poi sindaco del mio esilio) ho dato nella primavera del 1975 le foto di quelle 35 pareti adatte a grandi e significativi murales. Eravamo giunti persino a parlare di che materiale potessero essere fatte per far durare di più le opere artistiche, cui poteva collaborare pure lui essendo un pittore di notevole bravura. A distanza di oltre 44 anni, martedì 24 dicembre 2019, un solo murales ha Badolato Marina ed è stato dedicato a Franco Nisticò (ex sindaco PCI) in ricordo del suo sacrificio per i diritti civili della Calabria, per la Strada Statale Jonica 106 e per il NO PONTE sullo Stretto di Messina. E questo è davvero un esempio di “Spop-Art” poiché Franco Nisticò si batteva contro l’abbandono sistematico della Calabria, quindi anche contro lo spopolamento (in gran parte dovuto pure alla mancanza di adeguate infrastrutture oltre che di lavoro).

Non si fece nulla di tutto ciò, così come non si è fatto nulla delle mie proposte (comunicate in sede ufficiale ad un congresso del PCI dello stesso anno 1975) di scrivere e dare alle stampe la Storia delle Lotte contadine di tutta la comunità badolatese (capeggiate dalla “generazione epica” del Partito comunista locale) e altri temi di interesse sociale, pure dal momento che in quel periodo ero intento a fare ricerche storico-sociologiche su Badolato ed avevo già raccolto una infinità di documenti, foto, notizie e dati assai interessanti per il presente ed il futuro della nostra comunità. Tutto materiale che ero disposto a mettere al servizio di tutti.  A quel tempo, al PCI badolatese (di stretto stampo sovietico) non interessava affatto la cultura (anzi a volte la boicottava addirittura), poiché era concentrato sì a fare politica a favore dei lavoratori, ma soprattutto mostrava di pensare soltanto al mantenimento del suo potere al Comune, spalleggiato dalla locale UDI – Unione Donne Italiane (sezione badolatese fondata nel 1952). Associazione che, molto più tardi, ha almeno pensato di erigere un monumento alle donne, opera di Gianni Verdiglione, inaugurato l’8 marzo 2008 in bella vista sulla biforcazione di Via Nazionale e Via Garibaldi; e di fare un bellissimo calendario nella ricorrenza dei 60 anni delle lotte femminili a Badolato, evidenziando le foto delle numerose protagoniste e in particolare di Carmelina Amato, antesignana delle lotte anche femminili non soltanto in Badolato. E tutto ciò potrebbe essere considerato “spop-art”. Verdiglione, poi (specialmente con le sue pietre parlanti e altre meritevoli installazioni), è davvero un grande artista delle “spop-art”.

 

Ovviamente PCI e UDI avrebbero potuto fare molto di più se non fossero stati “allergici” alla cultura, tanto da osteggiare il locale Centro Culturale nel 1974 e di sabotare nel dicembre 1975 persino l’Università Popolare che aveva addirittura origini e radici nella stessa Sinistra storica italiana. Hanno distrutto (o tentato di distruggere) tutto ciò che non era comunista!… Infatti, oggi resta molto poco per le nuove generazioni di quella gloriosa storia. E se ancora adesso si parla di “Sciopero a rovescio” e se circolano le foto di quell’evento epico lo si deve a me, poiché, facendo le ricerche per la mia tesi di laurea, ne ho diffuso storia, significati e fotografie da me rintracciate nell’archivio quasi dimenticato di Giocondo Rudi (02.02.1928 – 21.02.2006). Ma tutto ciò non mi è riconosciuto, poiché a quei tempi chi non era comunista andava messo al bando e distrutto socialmente. Ostracizzato. Cosa che hanno fatto con me, mandandomi addirittura in esilio, nonostante abbia dato a Badolato (specialmente con il “Paese in vendita”) un notevole contributo storico di importanti iniziative socio-culturali, di vero progresso e di civiltà internazionale. E bisogna ringraziare uno studioso non-comunista da me tanto tanto sollecitato, Antonio Gesualdo, se Badolato ha adesso un minimo di Storia plurisecolare e anche politica su cui orientarsi. Purtroppo restano ancora allergici alla cultura pure alcuni eredi di quella generazione epica dei comunisti badolatesi. Così come allergica alla cultura si è dimostrata pure la parte politica concorrente (Democrazia Cristiana e suoi “cespugli”) interessata soltanto al Potere.

 

Quasi che gli unici ambienti che continuano a fare “cultura” sociale nel senso più usuale e tradizionale del termine (specialmente a Badolato Marina dal 1956 in poi) è quello delle Parrocchie e più immediati dintorni (tipo Congreghe, Azione Cattolica, Terz’Ordine Francescano, Scuole, ecc.). Tuttavia, pare che adesso qualcosa stia piano piano cambiando a riguardo. Di certo la prima decisiva e forte spinta è stata quella mia del 07 ottobre 1986 (a parte tutte le tante altre mie iniziative precedenti). E da che era dimenticato e decadente prima del 1986, il borgo sembra essere adesso più amato prima di tutto dagli stessi badolatesi (cui principalmente era rivolto l’SOS del “paese in vendita”) e poi dai neo-badolatesi (coloro che hanno acquistato casa e ci vivono a volte anche tutto l’anno) e dai turisti occasionali. E l’insistente pubblicità multimediale del borgo è indubbiamente insegnamento mio fin dall’aprile 1965 quando sono precocemente diventato “giornalista” a 15 anni. Essere giornalista era prima di tutto affermare l’esistenza in vita di un borgo, di una comunità e poi farsi veicolo promozionale. Così come ho fatto. E, a proposito di Congreghe, nel 1983, quella della Immacolata ha realizzato una cartolina, chiedendo la mia consulenza. Ho fatto evidenziare su tale cartolina a colori la definizione “Badolato paese d’arte” poiché già da allora stavo alacremente lavorando affinché Badolato borgo fosse riconosciuto “città d’arte” pure per esaltarne la Cultura e per attrarre turismo di qualità, come avevo cercato di fare già nell’estate 1974 con il turismo intellettuale (vedi ancora IL TEMPO di Roma, Cronache della Calabria, Domenica 04 agosto 1974). E certamente la proposta di realizzare quei 35 murales si inseriva in tale programma di promozione di “città d’arte”. Una lungimiranza negata, purtroppo.

6 – IL NUOVO TIMIDO CORSO CULTURALE DI BADOLATO

E meno male che negli ultimi anni i rappresentanti delle nuove generazioni, anche dell’ex PCI, sono poi stati un po’ più attivi culturalmente. Forse perché erano e sono maggiormente scolarizzati, parecchi pure a livello universitario; forse perché ricevono pressioni esterne; forse perché notano che i paesi attorno sono andati più avanti di Badolato nel progresso complessivo. Il PCI storico (anni 1943-1975) ha completamente ignorato i giovani e gli studenti. I loro stessi ragazzi della locale FGCI (Federazione giovanile comunista italiana) venivano usati soltanto come manovalanza per la propaganda e per attaccare manifesti. La piccola biblioteca di oltre duecento volumi da me donata nella primavera 1975 alla FGCI badolatese, quando la sede era in una palazzina popolare di via Nazionale (accanto al distributore della benzina ESSO) è sparita in breve tempo e non ho mai saputo che fine avesse fatto. E’ stato un vero peccato, pure perché mi ero reso disponibile (davvero vocazionalmente) pure per corsi di formazione di cultura generale, di sostegno allo studio e in particolare di trasmissione della storia locale (come lo Sciopero a Rovescio ed altri eventi che avevo appreso nella mia ricerca per la tesi di laurea su Badolato).

 

Tale PCI storico badolatese (1943-1975) non ha capito o non ha dato la più adeguata importanza al fatto che, fin dagli anni cinquanta-sessanta, avanzava una sempre più numerosa gioventù proletaria studiosa che, tramite la Scuola e l’Università, mostrava di avere esigenze diverse di quelle delle generazioni precedenti, solitamente analfabete o semi-analfabete, contadine ed operaie (ovviamente con tutto il rispetto – mia madre era analfabeta e mio padre aveva una licenza elementare presa da adulto). Tutta questa gioventù studentesca aveva bisogno di un supporto culturale che non ha mai avuto, come ad esempio una Biblioteca Comunale (con annesso Archivio, Museo pure archeologico, Pinacoteca, Emeroteca, ecc.) nonché tutta una serie di attività ed eventi per crescere con una mentalità a livelli il più possibile internazionali (viaggi all’estero compresi o solo per conoscere la stessa nostra Calabria). Le Amministrazioni municipali che si sono avvicendate dal 1980 in poi (sia comuniste che miste oppure solo democristiane) non hanno capito l’importanza di tutto ciò, né della Cultura né di una Biblioteca (come coordinamento culturale polifunzionale) che avevo proposto a tutti con una lettera circolare del settembre 1976 possedendo già una importante donazione (Sgrò-Vitale) di oltre 700 titoli (alcuni antichi e preziosi) che poi, paradosso dei paradossi, ho dovuto restituire!!!… E pensare che tutti i dirigenti e gli aderenti al PCI o alla DC avevano figli studenti o già laureati che avevano bisogno di vero cibo intellettuale per crescere meglio socialmente! … Ed avevano me (figlio di super-proletario comunista) disposto a regalare ad una auspicabile Biblioteca tutte le mie ricerche sul campo, tutta la mia eredità socio-culturale! … Ho avuto non solo una chiusura totale, ma persino una ostilità (sospetta). Questa era la “democrazia” comunista dimostrata dalla generazione 1943-1975 e poi pure, in qualche modo, dalle generazioni seguenti. Esempio lampante la tanto martoriata Biblioteca Comunale (che ancora resta chiusa) e l’inesistenza di un vero e proprio Archivio comunale (al di là dell’anagrafe e poco altro, per dovere istituzionale).  

 

Infatti, pur istituita ufficialmente e poi troppo incertamente avviata nel novembre 1981 e poi nel 1986, la Biblioteca Comunale resta chiusa ancora oggi, dopo alterne e inconcludenti vicende. Unico periodo di apertura e di piena funzionalità è stato quello della gestione affidata all’associazione culturale LA RADICE per qualche anno dal dicembre 1999 (grazie al volontariato gratuito della professoressa Giovanna Durante e di qualche sua collaboratrice, cui va il nostro più sincero ringraziamento). Comunque, pare che adesso il sindaco Giuseppe Nicola Parretta (attualmente in carica) voglia accelerare la realizzazione di iniziative socio-culturali, utili pure a favorire un turismo di qualità. Sabato 14 gennaio 2023 è riuscito ad ottenere l’inserimento di Badolato tra i Borghi più belli d’Italia; sta riqualificando e valorizzando urbanisticamente alcune zone dell’antico abitato, tra cui le porcilaie perimetrali. Circondato da giovani intellettuali, qualche anno fa ha intrapreso una collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. E, più recentemente, sabato 27 gennaio 2024 ha firmato un più impegnativo protocollo di intesa per aumentare l’offerta artistica-culturale con tale Istituto universitario.  Questo accordo è davvero “Spop-Art” poiché è stato firmato proprio e dichiaratamente per combattere il più possibile lo spopolamento e per attrarre turismo e interesse socio-culturale pure a livelli internazionali (https://www.lanuovacalabria.it/aba-catanzaro-e-comune-di-badolato-insieme-per-la-rinascita-culturale-del-borgo ). Speriamo bene. Così come speriamo bene per Badolato adesso in concorso per essere riconosciuto il BORGO DEI BORGHI nella trasmissione televisiva di RAI TRE “Kilimangiaro” per cui si può votale ogni giorno fino alla prossima domenica 17 marzo (https://www.rai.it/borgodeiborghi/).

 

Inoltre Parretta, continuando quella politica di acquisizione di palazzi nobiliari dismessi già iniziata da precedenti Amministrazioni municipali, è riuscito a portare a termine e a valorizzare l’antico Palazzo dei Baroni Gallelli al borgo per ospitare mostre d’arte, conferenze ed altre utili iniziative socio-culturali. Ho raccomandato al sindaco Parretta di trasformare Badolato nella Capitale della “Spop-Art” dedicando a ciò il Palazzo Menniti, la cui direzione artistica potrebbe essere affidata al pittore badolatese Roberto Giglio che, in pratica, si sta già dedicando molto a tale tipo di espressione, se dobbiamo prestare fede alle sue Opere, alle sue Mostre e alla sua notevole capacità didattica-educativa delle nuove generazioni, che realizza in giro per l’Italia. Nell’autunno 2022 è stato pure in Agnone del Molise. Recentemente ha realizzato una mostra espressamente dedicata alla “Spop-Art”  ( https://www.rivieraweb.it/la-spop-art-di-roberto-giglio-arriva-a-santa-caterina-dello-jonio/ ) con la collaborazione del prezioso animatore culturale locale ed interzonale Guerino Nisticò, al quale dono i diritti d’autore di questo mio scritto, appunto, sulla “Spop-Art”.

7 – LA SPOP-ART IN BADOLATO (CZ)

Poiché la “Spop-Art” tratta prevalentemente di descrizione e di lotta allo spopolamento e tematiche inerenti (come modi e tempi di rivitalizzazione dei luoghi abbandonati e spopolati) cerchiamo di attenerci a questo ambito artistico, culturale e sociale. Prima trattando di Badolato e poi cercando di dare uno sguardo al resto d’Italia e del mondo (come già fatto in parte pure nei paragrafi precedenti). E non possiamo non iniziare con il precursore degli artisti e degli scrittori badolatesi, quel Nicola Caporale (1906-1994) che (soprattutto con la sua arte pedagogica riconosciuta da tante generazioni) ha dedicato la propria vita sociale all’amore per Badolato e i badolatesi. Una delle sue peculiarità è che ha descritto questo paese e questa comunità sia attraverso i suoi dipinti (oltre trecento) e sia attraverso la sua scrittura letteraria (romanzi, novelle, poemi, raccolte di poesie). Amare e descrivere Badolato è stato il suo impegno esistenziale, pure attraverso il giornalismo, la fotografia, lo studio del dialetto, le lungimiranti proposte politiche e quanto altro. Dopo la disastrosa alluvione del 1951, ha vissuto in prima persona l’abbandono forzato del borgo antico per centinaia di famiglie rimaste senza-tetto e ricollocate nella frazione Marina, di cui si è fatto paladino e difensore civico attivo. Bisogna considerarlo antesignano della nostra migliore “Spop-Art”.

 

Nel corso di questi ultimi decenni, a parte qualche altro autore dilettante, due artisti (vocazionali e professionisti) si distinguono in Badolato per la loro attività a favore del borgo antico sempre più spopolato: Gianni Verdiglione e Roberto Giglio, appartenenti a generazioni anagrafiche differenti. Verdiglione (il più anziano) ha esordito nel 1977 con una raccolta di poesie “Addio, banchi di scuola!” da me curata. Poi nel dicembre 1981 in Badolato Marina e nel febbraio 1982 a Catanzaro, ha esposto una mostra di piccoli bassorilievi su marmo, descrittivi della vita del popolo badolatese. Quindi, la sua attività è continuata in vari modi, oltre al mestiere di artigiano (ereditato dal simpaticissimo padre Antonio) di realizzare lapidi cimiteriali che sono da considerare un altro tipo di racconto e di arte (quasi alla “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters (1915). Nel 1995 poi la “Strada della Poesia” Badolato Marina – Badolato borgo con il sogno di farle raggiungere la costa tirrenica. Fino alle “Pietre Parlanti” e alle installazioni sui Penitenti per rianimare pure evocativamente il borgo spopolato. A lui ho dedicato le Lettere n. 501 del 15 novembre 2023, n. 505 del 30 novembre 2023 e n. 506 del 05 dicembre 2023. Roberto Giglio racconta Badolato borgo e i luoghi abbandonati secondo tecniche pittoriche, teatrali e scenografiche proprie e le diffonde ovunque possibile. A volte si affianca ad altri artisti. Potrebbe essere proprio lui il direttore artistico di un auspicabile “Museo della Spop-Art” al Palazzo Menniti di Badolato borgo.

 

Altra protagonista della “Spop-Art” badolatese potrebbe essere considerata la regista veneta Imelda Bonato (1942), che ha raccontato il borgo con alcuni interessanti video-documentari, primo tra tutti “Badolato amata terra mia tra cielo e mare” (2019) che in un’ora evidenzia i tratti salienti di questa comunità dispersa dallo spopolamento. Lo stesso arcinoto regista tedesco Wim Wenders nel 2010 ha stupito il mondo con il suo cortometraggio “Il volo” dedicato a Badolato e Riace come paesi spopolati che cercano di rivivere nell’accoglienza dei migranti che provengono dall’Africa, dal Medio e dall’Estremo Oriente. Altri cineasti anche esteri hanno voluto descrivere l’inedita accoglienza di questi due paesi calabresi, i quali sono balzati agli onori della cronaca internazionale, in particolare tra il 1997 e il 2010. Ovviamente “Spop-Art” sono i libri nati da queste esperienze, nonché tutta la letteratura giornalistica che ha narrato cronaca e sentimenti di un’epopea umanitaria che adesso purtroppo non c’è quasi più. Tutto ciò – è utile ricordare (nonostante i negazionisti imperterriti) – dopo il primo scossone allo spopolamento dato dalla mia vicenda del “paese in vendita” imitata da vari altri Comuni spopolati sia in Italia che all’estero. Purtroppo, a quanto pare, la lotta contro lo spopolamento è attualmente persa. In Italia (e in particolare nel nostro Sud) si continua a narrare la “storia dei vinti” così nella “Spop-Art” dal 1860 in poi. Senza alcuno spiraglio positivo.

8 – LA SPOP-ART IN ITALIA

Forse non conviene a nessuno raccontare veramente la tragedia dello spopolamento dei borghi, di intere aree geografiche a favore delle regioni più ricche ed economicamente più attrattive. Tuttavia, essendo epocale, tale dramma non può essere nascosto e, quindi, fuoriesce in qualche modo attraverso i pori dell’arte come pure dal dolore e dalla testimonianza. In Italia, non ci sono soltanto le regioni meridionali e le isole abbandonate e sfruttate come colonie da un Nord sempre più vorace anche perché alza più sconsideratamente i suoi livelli di vita e di sprechi a scapito delle periferie. Sud sono le stesse aree del Centro-Nord spopolato, come la dorsale appenninica e alpina. E non si parla nemmeno di un minimo “riequilibrio”. Le metropoli e le megalopoli sono, secondo me, le “città assassine” di quei territori ormai irrimediabilmente desertificati e devitalizzati. Chissà, forse ci saranno corsi e ricorsi storici, poiché le città scoppiano e i borghi muoiono. E forse ci sarà un ritorno rivitalizzante delle ruralità. Medioevo e altre epoche insegnano.

 

Il principale personaggio che si fa interprete di tutto questo è quel “paesologo” Franco Arminio (Bisaccia – AV, 1960) che attraverso l’arte (Spop-Art) della poesia, della descrizione videografica e letteraria racconta i paesi spopolati, a volte agonizzanti, per dare loro la dignità di presenza e di valore. Ma, a sprazzi, tanti artisti hanno trattato la trasformazione dell’Italia contadina e rurale in nazione industriale, senza voler mai fare i conti con l’esorbitante prezzo sociale che tale repentino cambiamento sta rappresentando. Accenno al cantautore Luigi Tenco (1938-1967) che ha portato al Festival di Sanremo 1967 la canzone “Ciao amore ciao” per denunciare l’abbandono delle campagne. O come l’altro cantautore Bruno Lauzi (1937-2006) che ha evidenziato la “deportazione” di milioni di meridionali nelle metropoli padane per dare man forte all’industria del consumismo e dell’insensatezza. Ma la canzone più emblematica dello spopolamento è “Che sarà” (presentata al Festival di Sanremo del 1971 dai “Ricchi e Poveri”) … infatti, grazie anche alla interpretazione del portoricano Josè Feliciano, è diventata pure l’inno delle migrazioni delle popolazioni latino-americane verso gli Stati Uniti e quindi non soltanto delle migrazioni mediterranee verso le aree più ricche d’Europa. Da non dimenticare poi Adriano Celentano con la canzone “Il ragazzo della Via Gluck” (Festival di Sanremo 1966) in pieno esodo dalle campagne alle città. Pure per questo motivo, tale canzone potrebbe essere considerata antesignana della “Spop-Art” musicale metropolitana.

 

Così, si sono fatti carico di raccontare lo storico e massiccio esodo Sud-Nord-Estero scrittori, registi, pittori ed altri artisti. Purtroppo, con la scomparsa dei protagonisti di quelle generazioni, si è quasi speso il riflettore su tale condizione. Quel Sud è passato di moda. Pare che non ci sia più. Ma esistono ancora le macerie dei paesi fantasma, ormai definitivamente morti, senza più nessun abitante. Esistono comunità che annaspano. Esiste una ruralità definitivamente persa, dopo millenni di paziente e duro lavoro. E cadono pure i miraggi del Nord. La cosiddetta globalizzazione, facilitata pure dai nuovi mezzi di comunicazione e mobilità, si lascia dietro, in ogni parte del mondo, il deserto più atroce, ulteriormente martirizzato da guerre di predominio i cui esiti non sono ancora ben chiari ma comunque assai preoccupanti. Adesso ci sono le migrazioni intercontinentali. Una nuova “Spop-Art” come ad esempio il film del 2023 oggi più declamato “Io capitano” di Matteo Garrone (sulla scia di Vittorio De Seta e di altri) arrivato agli Oscar americani 2024 senza però aver conseguito alcun riconoscimento ufficiale.

9 –  INIZIATIVE IN ITALIA E ALL’ESTERO

Caro Tito, basta digitare su Google “arte contro spopolamento” (o analoghe variabili) e si possono trovare notizie e situazioni (italiane ed estere) attinenti al multiforme tentativo di combattere lo spopolamento con l’arte, che assume una infinità di definizioni, da “street-art” a “urban art”, dai più tradizionali murales alle idee più geniali (come i lavori all’uncinetto delle donne di Trivento – CB – imitate in tutto il mondo). Qui di sèguito te ne trascrivo alcune, giusto per farti avere un’idea, eventualmente da approfondire. Come, ad esempio: https://www.matteoingiappone.it/shikoku/naoshima/art-house-project/  (1998) – https://www.artribune.com/attualita/2016/09/larte-contro-lo-spopolamento-il-caso-della-sardegna-intervista-gianluca-vassallo/  (17.09.2016)  – https://www.lasvolta.it/9547/larte-puo-combattere-lo-spopolamento-rurale (20.09.2023) – https://www.rainews.it/tgr/sardegna/video/2023/10/larte-contro-lo-spopolamento-urzulei-muralismo-sardegna-4a49269a-cec6-41d2-af13-6b95705c50de.html  (04.10.2023) – https://www.vita.it/molise-contro-lo-spopolamento-dei-piccoli-borghi-arriva-la-street-art/  (30.05.2023) – https://arte.sky.it/news/appartenfo-festival-arte-stigliano (15.10.2020) – https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/09/valorizzare-le-aree-interne-contro-lo-spopolamento-torna-in-basilicata-appartengo-festival-gli-appuntamenti-dellestate-2021/6224458/  (09.06.2021) – https://www.geopolitica.info/attivismo-cultura-identita-africana/ (08 luglio 2022).

 

 

smart

https://www.telemantova.it/territorio-mantovano/provincia/l-arte-contro-lo-spopolamento-con-ricarica-foto-festival-i-giovani-rilanciano-sustinente-1.9603203  (03.09.2022)  – https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/video/italia-tv/1407978/arte-suoni-colori-vent-anni-con-i-bambini-contro-lo-spopolamento.html  (10.07.2023)https://thesis.unipd.it/handle/20.500.12608/54370  (Università di Padova 2022-2023)  – https://www.repubblica.it/green-and-blue/dossier/city-vision/2023/12/04/news/city_vision_a_cuneo_la_trasformazione_intelligente_dei_territori_contro_lo_spopolamento_dei_borghi-421570195/  (04.12.2023) – https://www.lacnews24.it/lacalabriavisione/destinazioni/mileto-progetto-portiamo-arte-portoni-dipinti-contro-spopolamento_174021/   (09.07.2023) – https://www.videolina.it/articolo/tg/2020/08/31/arte_video_pittura_contro_lo_spopolamento_la_rassegna_cinemartist-78-1054800.html   (31-08-2020) – http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/21792/867999-1265887.pdf?sequence=2  (tesi di laurea di Alessia Tesone – Università di Venezia – a.a. 2021- 2022 – L’espressione artistica nei Borghi  tra Street Art e nuove tecnologie – Il Caso di Civitacampomarano in Molise).

 

Come puoi notare, questa dell’arte contro lo spopolamento è divenuta pure argomento di tesi di laurea nel 2022, così come quella di “Badolato paese in vendita” nella stessa Università di Venezia nel dicembre 1987 quando ho fatto da relatore ad uno studente di Soverato che si laureava in architettura. In tale contesto è utile ricordare pure la nostra descrizione (https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-466-donne-audaci-contro-lo-spopolamento-dei-piccoli-borghi-da-maranzana-at-a-poggio-sannita-is-e-da-trivento-cb-a-badolato-cz/) per evidenziare la passione e l’intraprendenza di taluni cittadini  contro lo spopolamento in vari borghi d’Italia. Recentemente ho letto pure di Daniele Galliano, il sindaco del Comune di Bormida (Savona) che ha voluto combattere lo spopolamento, la desolazione e la solitudine ripopolando il suo borgo con i pupazzi … esperienza partita da Maranzana (Asti) anni fa, per merito di alcune signore volonterose tra cui l’ideatrice Cesarina Boccaccio e la ex sindaca Marilena Ciravegna (classe 1939) e proseguita a Poggio Sannita (Isernia) per opera delle signore Fausta Mancini e Maria Porrone. Un modo di stare al mondo ma anche di attrarre curiosi, turisti, attenzione mediatica. Forse non cambierà di molto la solitudine di questi paesi però è pur sempre un sussulto di dignità e di voglia di vivere e di significare nonostante la devastazione demografica operata dalla società egoista ed opulenta delle aree predatrici. Una denuncia per chi sa intendere e capire e poi, magari, voler agire di conseguenza. Tutto ciò io considero “Spop-Art”.

10 – DEDICA E DONO DIRITTI D’AUTORE

Caro Tito, dedico questa Lettera n. 522 a tutti coloro che combattono lo spopolamento anche e soprattutto con le più svariate forme socio-culturali. Dono i diritti d’autore di questa lettera e della precedente n. 513 del 22 gennaio 2024 al dottore Guerino Nisticò (nato a Catanzaro il due marzo millenovecentoottanta e residente in Badolato Marina), il quale per primo ha aderito alla Spop-Art condividendola e realizzandola con il suo amico e artista badolatese Roberto Giglio. Leggi ad esempio << https://www.rivieraweb.it/la-spop-art-di-roberto-giglio-arriva-a-santa-caterina-dello-jonio/ >>

 

Ringrazio entrambi per quanto già hanno fatto, fanno e faranno per la Cultura e, in particolare, per la rivitalizzazione e la rinascita di Badolato borgo. Spero che l’Amministrazione Comunale voglia affidare ad entrambi la direzione artistica e l’organizzazione di un vero e proprio MUSEO DELLA SPOP-ART (il primo al mondo e quindi sarebbe un originale attrattore) nella sede di Palazzo Menniti, sul Corso Umberto primo, nel centrale rione Santa Barbara. Magari con la collaborazione dell’ABAC (Accademia delle Belle Arti di Catanzaro) con la quale esiste già un ampio protocollo d’intesa.

11 – SALUTISSIMI

Caro Tito, spero di poter trasformare le lettere 513 e 522 in un opuscolo intitolato proprio SPOP-ART da distribuire prevalentemente ad Artisti, Scuole, Istituti, Accademie e Musei d’Arte in Italia e all’estero per quanto possibile. Per me è un ulteriore modo di rimarcare il dramma dello spopolamento e la necessità, anzi l’urgenza di intervenire per rivitalizzare i borghi prima che sia davvero troppo tardi. Ovviamente, dono i diritti d’autore di tale opuscolo al suddetto dottore Guerino Nisticò pure perché ne faccia il miglior uso possibile. Intanto, ti ringrazio ancora e sempre per sostenere e pubblicare queste “Lettere” e, in attesa della 523, saluto te e i nostri gentili lettori la cui attenzione e pazienza impegniamo spesso con testi lunghi ed articolati (ma necessari). Grazie e alla prossima. Cordialità,

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, lunedì 11 marzo 2024 ore 05.42 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web.