Caro Tito, è venuto il momento di scriverti questa lettera (n. 462) che avevo in serbo da parecchio tempo. Nel corso dei millenni, si è sempre discusso un po’ ovunque sulla superiorità o inferiorità delle donne. A volte fino a negare addirittura che abbiano un’anima o che abbiano pure loro dei sacrosanti diritti. Ancora oggi, persino nelle nostre civiltà avanzate, le donne vengono discriminate, per i più svariati motivi. In talune culture, come ad esempio in Afghanistan (come è noto), le donne sono quasi recluse anche nel proprio abbigliamento (vedi il “burka”) e non hanno accesso agli studi, ad un lavoro o alle libertà minime esterne alla propria casa. Più o meno, la situazione non era assai diversa nella pur avanzata civiltà greca di 2500 anni fa, quando le donne erano relegate nel “gineceo” (nella parte più interna e nascosta della casa). Per non parlare dell’harem nel mondo arabo-musulmano, un gineceo un po’ più severo e controllato.

Non ci possiamo meravigliare nemmeno noi del sud Italia (in particolare nei paesini in Calabria e in Sicilia) dove le donne (specialmente quelle non ancora sposate) erano super-controllate almeno fino agli anni sessanta del nostro precedente secolo 20°. Pure le ragazze della mia generazione hanno sofferto tali restrizioni, anche se, con l’aiuto delle parrocchie, dei partiti e dei mass-media (scuola, fotoromanzi, televisione ed emigrazione), si sono emancipate abbastanza bene. Le cronache di quei tempi attestano casi di grande sofferenza sociale per le donne in un’Italia che stava per uscire dalla notte medievale. Ne è prova pure ciò che ho evidenziato nell’introduzione e nel commento al romanzo “Spiragli da una bocca di lupo” di Rosa Gallelli che ho curato e poi pubblicato (a mie spese) nel giugno 1992 in associazione al mio piccolo saggio “Storia dell’intelligenza”.

Adesso possiamo affermare che, almeno in quasi tutta Europa, la liberazione individuale e sociale delle donne si è pressoché completata. Resta da rivendicare taluni diritti-doveri ancora negati e, in particolare, resta da insistere sulla parità di stipendio, sull’educazione sentimentale di entrambi i sessi, specialmente sull’autocontrollo emotivo di noi maschietti, pure affinché possa essere eliminata la terribile piaga del “femminicidio”. Insomma, c’è ancora tanto lavoro di rifinitura da fare, ma le Istituzioni sono ancora lontane da tali problematiche, mentre la società civile (soprattutto con le associazioni) fa del suo meglio (spesso senza mezzi adeguati) per sensibilizzare ed aiutare. Ci vorrebbe una maggiore mobilitazione e, ancora di più, una migliore e reciproca conoscenza tra uomo e donna, ma anche tra e con i sessi intermedi. Ed è proprio qui che si gioca il destino di genere e di ruolo nel presente e nel futuro delle società in ogni parte del mondo … dal momento che non si può prescindere dalla Natura di ognuno di noi, come persone e come collettività.

1 – LA NATURA DELLE DONNE

Non è facile per noi uomini capire fino in fondo e descrivere la “Natura” delle donne. Tuttavia (a grandi linee e senza andare nel loro più profondo psico-dinamico) possiamo dire che le donne sono (per “Natura”) sicuramente elemento indispensabile di riproduzione genitoriale e di continuità generazionale. Ma non sappiamo ancora, a riguardo, cosa ci riserva il futuro prossimo o remoto. Al momento, è in loro potere la prosecuzione della specie umana. Prima di pensare a cosa faranno da grandi, le donne dovrebbero fare i conti con il loro desiderio di maternità (situazione che può condizionare la propria vita, nel bene e nel male). La maternità è cruciale nel condizionare, sebbene per volontario amore, la loro completa libertà.

Lo stesso problema hanno gli uomini. Pure loro devono fare i conti con il loro desiderio di paternità. Quando qualche ragazza o ragazzo mi confida i sogni per il proprio futuro, la prima cosa che dico è se ha fatto i conti con il desiderio di maternità o di paternità. E’ questo che condizionerà la vita fin dal momento in cui sentono di voler scegliere tale “missione”. Una scelta tra impegno genitoriale e libertà personale. Infatti, la tendenza attuale è proprio quella di non avere figli e, quindi, legàmi genitoriali, poiché si è poi “genitori per sempre”. A quanto pare, la voglia di maternità sembra essere maggiore nelle donne rispetto alla voglia di paternità negli uomini. Infatti, una donna è disposta ad essere madre, anche senza la presenza del padre del proprio figlio. Così è pure per il diritto alla sessualità, senza complicazioni sentimentali; puramente fisiologici. Un po’ come l’esigenza del “sesso fisiologico” che generalmente sentiamo noi maschi. Una sessualità non legata alla procreazione, attiva anche dopo l’età fertile.

Si sa che, al di fuori della prostituzione, è la donna che sceglie l’uomo per soddisfare tale sesso fisiologico o per diventare mamma. La favola di Eva che porge ad Adamo la mela (sessuale) è simbolica quanto veritiera. D’altra parte, c’è tutta una letteratura che evidenzia la prevalente furbizia delle donne, salvo eccezioni. Emblematica è l’espressione “Le donne ne sanno una più del diavolo”. Fatto sta che la il ruolo della maternità è quello più pesante ed impegnativo da portare avanti. Quindi, la Natura ha dotato le donne delle necessarie virtù per poter portare a termine tale missione nel miglior modo possibile.

2 – IL SESSO FISIOLOGICO E LA GENITORIALITA’

Ancora adesso, in alcune aree socio-culturali del mondo, si pensa che è l’uomo che ha diritto ad esercitare la libera sessualità, credendo (erroneamente) che abbia maggiori impulsi. Lo si pensava pure da noi in modo generalizzato fino a qualche tempo fa; almeno fino a quando le stesse donne non sono uscite allo scoperto per rivendicare il proprio diritto alla sessualità non legata al matrimonio e alla procreazione (come ancora taluni ambienti religiosi insistono a predicare). Quasi tutti noi di una certa generazione siamo stati vittime di una mentalità sessuale restrittiva, quando – è dimostrato – il sesso ha i suoi tempi e le sue necessità espressive ad ogni età e senza ideologie o imposizioni di qualsiasi specie.

Come ho spesso detto, mi sento di appartenere maggiormente alla società e alla civiltà contadina piuttosto che alla società e alla civiltà urbana (generalmente controllate da ideologie religiose o culturali puritane). Infatti, io stesso mi sentivo libero e naturale nei primi miei dodici anni in cui ho vissuto a contatto con i contadini, io stesso figlio di contadini. I problemi sono giunti quando, per necessità, ho frequentato gli ambienti cattolici della parrocchia di Badolato Marina e le scuole salesiane a Soverato. Meno male che me ne sono liberato in tempo in tempo per non rischiare problemi seri nelle relazioni con le donne.

Come capita a quasi tutti coloro che hanno subìto restrizioni sessuali (specialmente in àmbiti ecclesiastici), pure io ho cercato di recuperare il tempo perduto. In particolare, io ho dovuto riallacciarmi al periodo vissuto nella sana cultura contadina per ritrovare il mio riequilibrio umano e sociale, specialmente riguardo la sessualità. La quale era già evoluta (per mia fortuna!) quando sono entrato in contatto con le inibizioni cattoliche. Pure per tale motivo, parecchi ragazze e ragazze (che frequentavano come me la parrocchia o le scuole cattoliche) mi confidavano le loro problematiche a riguardo e insieme cercavamo soluzioni e vie di uscita. Forse per questo, alla fine, il mio interesse per la sessuologia e i temi attinenti mi ha portato a fondare nel 1984 l’Associazione di Erotologia … c’era allora un grande bisogno sociale di vederci chiaro.

A sèguito di tale Associazione, le consulenze e le richieste di aiuto sono aumentate, per cui ho avuto la rara occasione (quale magari può avere un sacerdote in confessione o un sessuologo o uno psicoterapeuta in analisi) di appurare situazioni delicate che altrimenti non avrei mai potuto conoscere. La constatazione è che la sessualità è un universo così immenso quale nemmeno la più accesa fantasia potrebbe immaginare. Spesso la sessualità è assai sofferente e certamente problematica. La gente ha bisogno di conoscenza e di aiuto. Purtroppo, nella pratica quotidiana e nella normalità socio-culturale, la sessualità è ancora “tabù” e non viene trattata come una qualsiasi altra conoscenza scientifica e “procedurale” nella vita concreta delle persone. La sessualità fa ancora paura!… Eppure è tanto “naturale” quanto utile alla procreazione ma anche al gioco e alla “ricreazione” per una maggiore coesione umana e sociale. La Natura non ha creato il peccato o la inibizione, che sono prodotti prettamente umani. Spesso dovuto alla paura o al possesso.

Nella prima mattinata del 4 ottobre 1985, nella Biblioteca Comunale di Agnone del Molise, introducendo il primo convegno internazionale dell’Associazione di Erotologia su “Amore e Religione” (con la bella ed attiva partecipazione di esponenti di ben cinque fedi religiose) ho proposto al vescovo Antonio Santucci e ai preti presenti di unire le forze nella conoscenza delle situazioni inerenti la sessualità vera della gente per cercare le migliori soluzioni, affinché si siano minori sofferenze possibile. Si dice il peccato ma non il peccatore, in pratica. Ma dai cattolici c’è stata totale chiusura a riguardo. Anzi, hanno abbandonato i lavori della tre giorni erotologica, chiedendo poi scusa al terzo giorno per aver lasciato il convegno e rinunciato al dialogo culturale e scientifico. Questa la realtà al 4-6 ottobre 1985 in sud Italia, alla presenza di scienziati, docenti universitari, medici, psicologi e giornalisti provenienti pure dall’estero dove il convegno ha avuto evidenza.

Ci sono ancora coloro i quali non credono che la sessualità possa essere utile anche al di fuori della pura e semplice genitorialità. Tuttavia la realtà li smentisce abbondantemente. Si pensi, ad esempio, all’esplosione pornografica su computer, telefonini (ecc.) … mezzi che (dicono le cronache) vengono usati maggiormente da uomini, ma molto pure da donne, preti e suore e persino da bambini … mentre prima c’era più pudore nell’avvicinarsi all’edicola per acquistare una rivista cartacea di argomenti porno (più o meno espliciti).

3 – LA LIBERAZIONE DELLE DONNE: QUANDO VOGLIO UN UOMO …

La prima volta che ho ascoltato una donna dire “Quando voglio un uomo, me lo prendo!” era agosto 1982. A pronunciarla è stata una ragazza di 25 anni proveniente da un paesino delle Serre Joniche. Questa bella e giovane donna (che qui chiameremo Arruda) faceva parte del gruppo di bagnanti che dalla montagna delle Serre scendeva al mare di Badolato ogni mattina per poi ritornare a casa nel tardo pomeriggio con l’autobus Bressi. In quel periodo ero bibliotecario comunale incaricato e a primavera 1982 avevo convinto il titolare Andrea Bressi (1940-2006) ad effettuare le corse estive per le Serre, dove portare turisti e abitanti del litorale per una giornata in montagna e, viceversa, i bagnanti delle Serre al mare. Fu un grande successo, replicato per tante stagioni estive da giugno a settembre. L’autobus (specialmente a luglio e agosto) era stracolmo con persone all’impiedi.

Arruda era una sarta già affermata, nonostante la sua giovane età, con l’ambizione di diventare stilista e, quindi con la voglia di andarsene a Milano; cosa che non poteva ancora fare perché aveva i genitori già anziani e con problemi di salute. Non so se poi ha realizzato il suo sogno. In quel anno 1982 non era sposata né fidanzata e si riteneva una donna libera nel pensiero e nell’azione. Per essere una ragazza di montagna e di un paesino apparentemente addormentato mi sembrava troppo sveglia. Solitamente stava al “Lido Due Ruote” (il primo a portata di mano scendendo dall’autobus). In quel periodo portavo in spiaggia libri da dare in prestito ai bagnanti e lei mi chiedeva titoli impegnativi, specialmente sull’emancipazione femminile.

Fu facile entrare in conversazione con Arruda sui temi più svariati, tra cui la condizione delle donne in Calabria (su cui nel giugno 1971 avevo fatto una tesina universitaria) e, in particolare, nelle montagne delle Serre. Aveva le idee molto chiare per la sua età. Le coetanee, anche del litorale jonico, non mi sembravano così tante emancipate rispetto ad Arruda, la quale era ricca di esperienze umane e sociali ed ha conosciuto la sessualità in modo assai precoce, nella prima adolescenza, e adesso la gestiva con padronanza. Tanto da dirmi “Quando voglio un uomo, me lo prendo!”. Un’affermazione particolarmente perentoria che denotava idee chiare e grande sicurezza nel confronto con l’altro sesso, che, in pratica, riusciva a strumentalizzare. Una situazione capovolta, poiché generalmente erano gli uomini che ragionavano in quel modo. Soltanto che è più facile per le donne arruolare sessualmente un partner occasionale, senza impegnarsi sentimentalmente o emotivamente al di là dell’uso momentaneo. Solo sesso e basta. A comando.

Dopo di allora, ho trovato parecchie donne (sposate o no, vedove o “single”, giovanissime o anziane) che usavano tale espressione … tanto è che pensavo fosse una frase tipica del tempo, veicolata da qualche rivista o di una qualche moda comportamentale facilmente adottata, pure per mostrare sicurezza e a volte addirittura una spregiudicatezza che potesse far stupire. Ma era pure un modo per dire “Voglio divertirmi senza legarmi e senza conseguenze”. Una moda sicuramente proveniente da Paesi sessualmente più avanzati come quelli del centro-nord Europa o del nord America. Mi sono maggiormente convinto che potesse essere una moda o un passa-parola, quando qui, in Alto Molise, dopo qualche mese, una bella “santerellina” (cioè una donna devota e assidua in chiesa) mi ha detto tale fatidica frase con vanto ed orgoglio come se avesse conquistato il mondo.

Questa frase è ormai ampiamente superata dalle nuove generazioni che hanno una sessualità inimmaginabile ai più per quanto possa apparire addirittura “scandalosa” persino agli occhi di chi, appartenente a precedenti generazioni, si reputava avanzato in fatto di pratiche sessuali. Ed è ipotizzabile che in futuro ci saranno nuove sorprese a riguardo. Le generazioni si evolvono assai velocemente. E non c’è peccato o proibizione che tenga (addirittura tra gli stessi cattolici praticanti). Anzi, ricordo bene che nel 1971, in una parrocchia che aveva fama di essere progredita, ho sentito un sacerdote raccomandare ai giovani (ragazzi e ragazze) di trovarsi un partner con cui fare sesso piuttosto che ricorrere alla masturbazione. E certamente tale partner non era in vista di un matrimonio! Ho pensato che tale prete appartenesse al clero olandese (allora famoso per il “sesso in sacrestia” dopo la messa) oppure che fosse un seguace dell’apostolo San Paolo il quale aveva scritto “Meglio sposarsi (accoppiarsi?) che ardere di desiderio”. E’ difficile ancora adesso districarsi tra tali opposte vedute. Forse è meglio seguire la Natura!

4 – SALUTISSIMI

Caro Tito, spero di non aver involontariamente provocato una qualche morbosa curiosità con questa “Lettera n. 462” ma semplice conoscenza e storia dei costumi sessuali, specialmente nel nostro sud Italia, un tempo terra di pudori ancestrali e assoluti, rotti però (come le famiglie) dalle lunghe emigrazioni dei soli maschi che hanno prodotto quelle “vedove bianche” le quali non tutte sono rimaste fedeli; anzi, alcune per sopravvivere (con i mariti troppo lontani o addirittura conviventi con altre famiglie all’estero), hanno praticato relazioni nascoste e persino un tipo di “prostituzione” al solo scopo di sopravvivere: entrambi i ripieghi non erano ritenuti meno “peccaminosi” per quei tempi. Oggi quasi nessuno più ci farebbe caso.

Personalmente, ritengo infine che, tutto sommato, le donne siano “superiori” a noi uomini ed hanno maggiori meriti … anche se nel 1990 ho fondato un movimento culturale denominato “PUD – Proporzione Uomo Donna” convinto che ci sia una proporzionalità collaborante tra i sessi; né superiorità e né inferiorità o subordinazione. La proporzionalità deriva pure dal fatto che la Natura fa nascere più donne che uomini.

Certo, i sessi sono complementari per “Natura” e per principio né inferiori o superiori l’un l’altro. Però, nella realtà dei fatti, le donne sono superiori a noi uomini, principalmente perché sono capaci di sobbarcarsi complessivamente un maggiore carico di lavoro rispetto a noi. Ed anche per questo meritano da parte nostra più rispetto, riconoscenza, gratitudine e ruolo sociale. Non voglio qui nemmeno accennare all’idea che “le donne salveranno il mondo” o che al governo degli Stati e del pianeta devono esserci le donne, come in un antico Matriarcato. Tale idea ci porterebbe lontano anche se sarebbe opportuno affrontare un simile argomento che può avere persino fondamenti storici e scientifici. Noi uomini, tra tante altre nostre nefandezze, siano più propensi a fare sempre guerre e provocare distruzioni; mentre le donne, abilitate a generare vita, hanno un maggior senso dei veri valori e dell’Armonia. Tuttavia, donne capo di governo, anche nostre contemporanee, hanno dimostrato di essere più guerrafondaie degli uomini capi di governo.

Grazie per avermi seguìto fin qui e per voler estendere questa “Lettera n. 462” ai nostri Lettori, dei quali alcuni tra i più affezionati mi riscontrano, specie su whatsapp. Vi ringrazio tutti di vero cuore. A te e a Loro auguro un fine-settimana davvero stupendo. Tanta cordialità! E alla prossima 463.

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, giovedì 13 aprile 2023 ore 23.54 – Da oltre 55 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Le foto sono state prese dal web.