pesche consorzio agrarioCaro Tito, proseguendo il mio racconto sui rapporti jonici tra Calabria e Sicilia, ti dico, adesso, di quando le saporitissime “pesche di Badolato” venivano vendute nei mercati di Catania e di altri centri dell’isola, oltre che in altre città italiane come, ad esempio, Napoli, Roma e Venezia. Anche di ciò sono stato testimone per gli anni cinquanta e sessanta, periodi della mia infanzia e della mia adolescenza. Infatti, come già sai, sono nato e sono vissuto per i miei primi 13 anni al casello ferroviario di Cardara, proprio lungo la linea Metaponto – Reggio Calabria e ai bordi della statale jonica 106 (precisamente al 151° km da Reggio e 324° km da Metaponto) quando ancora Badolato Marina era ancora alle sue primissime case. E proprio confinante con l’orto del casello c’era uno spiazzo dove (sotto due grosse, secolari e alte piante di ulivo) i contadini di Cardara e dintorni ammassavano le pesche per i commercianti che poi le avrebbero portate nelle grandi città con i camion o con i treni. Ti preciso che le foto poste qui non corrispondono a luoghi e a persone (ad eccezione dei miei zii Domenico e Rosa e della mappa tratta da “La Radice”) e soprattutto alle “pesche” di Badolato, poiché, purtroppo, non ho immagini di quell’epoca, ma le inserisco giusto per dare un’idea, per dare colore e corredo a questa mia lettera.

 localizzazione pescheti badolato marinaPer quasi due mesi, da metà luglio a metà settembre, gran parte dei contadini badolatesi erano impegnati nella raccolta delle pesche da vendere ai grossiti locali e ad altri provenienti pure da lontano. Nel territorio di Badolato c’erano numerosi posti dove veniva ammassato tale pregiato frutto, che era coltivato pure nei paesi vicini, ma che veniva conosciuto come tipico di Badolato. Infatti, se Roma è conosciuta in particolare per il Colosseo e Parigi per la Torre Eiffel, Badolato era conosciuto essenzialmente per le sue pesche. Trovavo spesso conferma a ciò quando, specialmente nel resto della provincia di Catanzaro e nella provincia di Reggio, mi veniva chiesto da quale paese provenissi. Dicendo “Badolato” era facile e frequente che il più immediato commento fosse “Ah, il paese delle pesche”!…

Badolato nel contesto provinciale mappaLa pesca di Badolato era un vero “nettare degli Dei” … un frutto assai consistente, succoso, dolce e squisito ed era assai ricercato benché fosse piuttosto piccolo rispetto alle pesche attualmente in commercio. Era assai ricercato pure perché era al naturale (cioè non trattato da medicinali) e si conservata per lungo tempo e ciò permetteva di raggiungere inalterato gli allora lontani mercati del centro-nord Italia o di Palermo, sia tramite carri merci via ferrovia e sia con i lenti camion su strade tortuose (non c’erano ancora le autostrade). Nella prossima lettera ti dirò delle pesche e di altri prodotti dell’interzona badolatese che venivano trasportati tramite velieri o grosse paranze da armatori badolatesi specializzati, principalmente dai Bressi (detti Simuni). Possiamo ben dire che le pesche erano per Badolato, assieme all’olio d’oliva e al vino d’uva, una delle maggiori risorse della locale agricoltura (quando questa era tutta biologica, al naturale). Generalmente sul buon esito della raccolta delle pesche, parecchie famiglie facevano impegnativi progetti economici (come, ad esempio, quelli di affrontare spese di matrimonio o ristrutturare casa) o semplicemente per il rinnovo del vestiario (quante ragazze acquistavano il vestito nuovo per far bella figura alla Festa della Madonna della Sanità, l’ultima domenica di agosto!), per pagare qualche debito o per affrontare il costo di un anno scolastico per i figli.

pesche in paniere x vendita automobilisti e treni IIo stesso, ad esempio, sono ancora orgoglioso di dire che nell’estate 1961 (quando avevo 11 anni), vendendo panieri di pesche agli automobilisti, sono riuscito a guadagnare ben 36 mila lire di quei tempi, quando mi è bastato per comprare tutto l’occorrente (libri, quaderni, cartella, ecc.) per poter frequentare la prima media a Catanzaro Lido!… Infatti, un’altra caratteristica dell’abbondanza di pesche a Badolato era quella di affidare a noi bambini la vendita di tale frutto (ma anche di fichi) alle automobili di passaggio lungo la strada nazionale jonica 106 (oggi E 90). A gruppetti (solitamente posizionati a distanza di 200 metri circa gli uni dagli altri), noi bambini dai 7 ai 13-14 anni stazionavamo, dalla mattina alla sera, con i nostri panieri ricolmi di pesche (usualmente da 2 a 5 kg cadauno) che mostravamo agli automobilisti in transito, alcuni dei quali si fermavano (specialmente quelli della provincia di Reggio) e noi correvamo ai loro finestrini per mostrare le nostre pesche (che in pratica erano di tre tipi: quelle gialle e succose prevalenti, le “marandello” cioè lisce e più dure, quelle più morbide che si spaccavano facilmente in due parti con una leggera pressione delle mani). Gli automobilisti che pagavano di più erano quelli con targa estera o del centro-nord Italia. I ragazzi più grandi (dai 15 ai 20 anni), ma anche alcuni adulti,  andavano a vendere le pesche o i fichi alla stazione ferroviaria per i passeggeri dei treni, alcuni dei quali erano clienti affezionati e prenotavano per la loro genuinità anche altri prodotti locali (vino, olio, cereali e persino pane casareccio). Con tale vendita al minuto riuscivamo ad ottenere, per chilogrammo venduto, oltre il 50% in più del chilogrammo dato ai commercianti all’ingrosso. C’era chi ci sapeva fare così tanto con gli automobilisti che il suo guadagno superava a volte persino il 500% rispetto alle pesche date all’ammasso (ad esempio, 20 lire – attuale un centesimo di euro – contro 100 lire nel paniere, per chilogrammo). Consideriamo che verso l’anno 1960 la paga giornaliera di un bracciante era attorno a 800 lire (attuali 40 centesimi di euro) e di una donna 500 lire circa!

Lanciano_Domenico. (1912-1980) contadino di Badolato

Vorrei qui ricordare e celebrare tutti indistintamente i contadini di sempre e specialmente quelli che, da me conosciuti tra il 1950 e il 1970, producevano le “pesche di Badolato” e lo faccio proponendo il volto di mio zio Domenico Lanciano (1912-1980) e di sua moglie Rosa Comito (1910-2011), contadini veraci ed instancabili, che alla terra hanno dato quasi tutti gli anni della loro vita. Sono stati proprio i contadini come loro i principali protagonisti di un’esaltante quanto faticata epopea di lavoro che non deve essere dimenticata, anche perché sono stati gli ultimi esponenti di una millenaria “agricoltura al naturale” senza medicinali o mezzi meccanici. Grazie a loro, a distanza di oltre 50 anni, sento ancora l’odore primaverile dei tanti pescheti in fiore attorno alla mia casa di Cardara e il profumo intenso e assai gradevole delle pesche ammassate a tonnellate non soltanto vicino casa mia ma in parecchi altri punti nelle campagne attorno a Badolato Marina. Ai tempi della mia infanzia ed adolescenza (anni 50-60 dello scorso secolo 20°) e prima che l’emigrazione portasse via gran parte dei contadini di Cardara e dintorni, la raccolta e il commercio delle pesche era ancora notevole, nonostante le disastrose alluvioni del 1951, 1953 e 1959 avessero ridotto grandemente le superfici dei famosi pescheti di Badolato, costringendo numerosissime famiglie di contadini ad emigrare prima  nelle Americhe e in Australia e poi nel nord-Italia e in centro-Europa.

Comito_Rosa_ contadina di BadolatoMa il colpo di grazia alla “compianta” pesca badolatese pare sia stato dato dai Consorzi Agrari, all’inizio degli anni settanta, quando costoro ebbero a convincere gran parte dei contadini ad estirpare le piante della “pesca di Badolato” per sostituirla con un genere di pesca già matura a giugno (infatti veniva comunemente chiamata “pesca di giugno” oppure “pesca del Consorzio Agrario” per differenziarla da quella tipica di Badolato che maturava un mese più tardi). Perché questo eccidio?… Essenzialmente per “egoismo” da parte di entrambi: i Consorzi Agrari perché ci guadagnavano di più (la pesca di giugno andava trattata con agrofarmaci ed altre accortezze) e i contadini, che avevano accettato tale sostituzione, con la speranza ed il desiderio di ottenere maggiori soldi dalla vendita di un frutto più accettato (per le sue caratteristiche di bella presenza e di dimensioni, ma non certo per sapore) in qualsiasi mercato nazionale ed internazionale che pretendeva l’apparenza a scapito della sostanza. E la pesca di Badolato era tutta sostanza anche se non di troppo bell’aspetto per i nuovi gusti mercantili e consumistici.

 peschi-in-fioreIl periodico badolatese “La Radice” (diretto da Vincenzo Squillacioti) si è occupato più volte della pregiatissima “pesca di Badolato” (specialmente nel numero del 30 giugno 2005 da cui ho tratto la cartina indicante alcuni punti di raccolta nella sola  zona della Marina). E a proposito di Catania, alla pagina 11 del predetto fascicolo viene riportato il fatto che fino al 1975 circa c’era ancora in un mercato nel capoluogo etneo un cartello con la scritta “Pesche di Badolato”. C’è proprio da crederci!… Così come c’è da credere che le pesche di Badolato fossero le “regine” dei mercati di gran parte delle maggiori città italiane e che venissero lavorate da reclamizzate industrie conserviere nazionali (come Cirio, Arrigoni, ecc.) per le loro confetture. Ma perché a nessuno è venuta l’idea e la forza di lavorarle proprio nello stesso territorio di Badolato?…

  raccolta pescheCaro Tito, quest’epopea del mondo perduto delle mitiche “pesche di Badolato” è assai simile all’epopea del mondo perduto delle lampare siciliane che tremolavano vocianti sul mare badolatese negli stessi anni cinquanta e sessanta della mia infanzia e adolescenza. Una favola! … una favola vera e propria del “C’era una volta…” e ora non c’è più!… Però io personalmente mi ritengo fortunato (come tanti altri della mia stessa generazione) di aver vissuto queste “favole” (pur faticosissime, sia per il lavoro ingrato che per altri motivi sociali) e poi il passaggio alla triste realtà e ai miraggi del falso progresso (pur con i suoi grandi meriti complessivi che adesso però scontiamo amaramente con la nefanda crisi socio-economica)… un progresso che, però, ci ha tolto quell’umanità semplice che “condiva” la nostra frugale ma gioiosa vita familiare e sociale, problematica sì, ma senza la crudeltà, la depersonificazione, la disidentificazione e le disarticolazioni attuali. E mi chiedo e ti chiedo: perché quasi a nessuno piacciono il riequilibrio e l’armonia?… Cordialità.

domenico-lanciano-150x150 Domenico Lanciano

 

2 pensiero su ““Lettere a Tito” n. 39 – Rapporti jonici tra la Calabria e la Sicilia: 2 – Le pesche di Badolato”
  1. anch’io ricordo le montagne di pesche quasi sul margine della strada statale sul tratto tra il fiume gallipari e il casello di cardara,affettuosi saluti.nicolina

  2. Finalmente so qualcosa di ben organico su questo argomento. Mi interessava da quando avevo visto in televisione un programma sul mercato della Vucciria di Palermo dove, su una parete dietro ad una barcarella di frutta, si leggeva la scritta “pesche di Badolato”, mi pare addirittura affrescata sulla parete. Se ben ricordo eravamo intorno al 2000 e il programa era su Rai2. L’avevo notato perché solo da poco avevo conosciuto Badolato, ora a Badolato ci vivo, ma a quel tempo non lo avrei mai immaginato!
    Grazie quindi per l’ottimo articolo

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