Caro Tito, mio padre diceva sempre che non bisognava mai e poi mai tenere armi né addosso e né in casa (nemmeno un coltellino) per il semplice fatto che chi ha una qualsiasi arma, prima o poi, la usa. E’ legge antica. Però non insegna ancora nulla l’atroce esperienza delle lacrime, delle distruzioni e del sangue che le armi hanno causato e continuano a causare nel corso della storia umana. Così, pure l’Europa ci ricasca dopo un buon periodo di pace (dal 1945) e soprattutto la Russia non sazia di decine e decine di milioni di morti avuti appena 75-80 anni fa con la seconda guerra mondiale (nello scontro contro l’invasore nazista) e già ancora prima con i genocidi interni prodotti dal regìme comunista. Insaziabile sembra essere per taluni tiranni la sete di sangue e di strapotere. Ed è per noi atroce non soltanto assistere a tutti questi massacri (nelle guerre vicine e lontane) ma anche e soprattutto essere o sentirsi impotenti di fronte a tutte queste efferate brutalità e barbarie, come in questi giorni in Ucraina.

1 – UNA SOCIETA’ ANNICHILITA

Cosa possiamo fare (forse rammaricati di non averlo già fatto) perché l’invasione e la guerra in Ucraina possano cessare prima possibile, evitando ulteriori massacri?… Manifestare?… Inviare aiuti alla popolazione sotto attacco e bombardamenti?… Ma, caro Tito, non vedo ancora una vera mobilitazione civile contro questa ennesima guerra, specialmente rispetto a situazioni analoghe anche più lontane, come Iraq e Afghanistan. Questa volta sembriamo tutti annichiliti. Mi meraviglio persino di me stesso che, in altre occasioni, ho almeno cercato di fare qualche manifestazione, un corteo cittadino, uno straccio di articolo. Questa volta, annichilito e muto pure io, mentre mi autogiustifico per le mie insufficienti condizioni di salute che non mi permettono più, mancando le forze fisiche, di mobilitare me ed altri. Forse siamo stati troppo attendisti, convinti che la pur vorace Russia potesse usare metodi diplomatici per ottenere magari ciò che adesso cerca con la guerra. Ci siamo illusi, confidando che pure la Russia, essendo Europa, professasse l’etica della pace o almeno della correttezza nel diritto internazionale, anche se armata.Forse eravamo abituati alle guerre fatte altrove, fuori dall’Europa. Ma le armi, come detto, chi le ha, prima o poi le usa, persino a casa propria per testarle al fine di perfezionarle nelle guerre fratricide. Popoli-cavie?…

Al punto in cui siamo, mi chiedo se hanno ragione i complottisti e persino i fantapolitici che vedono nel comparaggio Cina-Russia un binomio imperialista per soggiogare almeno metà del mondo in contrapposizione al cosiddetto “nostro” Occidente. La Cina che ci stordisce e ci indebolisce con la pandemia del Covid-19 e la Russia che fa il lavoro sporco della guerra. La realtà, a volte, supera la fantasia. E c’è chi pensa che, dietro il rigurgito guerrafondaio russo, ci sia la Cina, la quale utilizza Putin per spianarle la strada verso occidente (secondo alcuni, addirittura con un accordo segreto con gli Stati Uniti nell’intento di dividersi il mondo nelle loro due sfere d‘influenza soltanto, estromettendo poi Russia e Unione Europea). Scenari da brivido ed inimmaginabili. Chi vivrà vedrà. Certo è che si è infranta l’illusione di una pace lunga e duratura fatta solo di pur ingiusta economia e di difficile globalizzazione. Ma gli arsenali e i generali tornano a fare la voce grossa! La follia umana si è scatenata di nuovo e non sappiamo ancora con quali e quante distruzioni e conseguenze per l’Ucraina, per l’Europa, per il nostro piccolo mondo paesano.

Così, al di là di una qualsiasi elucubrazione mentale o di analisi psicopolitica, resta il fatto che si respira sempre più aria di competizione atroce tra blocchi contrapposti di Potenze.L’Europa forse vittima (e l’Italia in particolare) in questo tragico scontro tra Titani. Mentre l’O.N.U. (l’organizzazione delle nazioni unite) fatica enormemente ormai da troppi decenni (anche perché depotenziata volutamente da alcuni degli stessi aderenti, i più indisciplinati) per cercare di tenere a bada, entro i limiti del diritto internazionale condiviso, persino i governi più bellicosi di qualsiasi tipo di schieramento. Gli egoismi non hanno colore.

Dinanzi a tale scenario, cosa fa l’uomo della strada (già detto “qualunque”), cosa fanno le società civili, cosa fa ognuno di noi (per nome e cognome) per cercare di guadagnare la sempre più difficile pace?… Ci facciamo distrarre dai godimenti e dalle distrazioni di massa, senza coltivare la vera etica e la lungimiranza. E se oggi ci sono ancora tanti focolai di guerra nel mondo, tanti popoli che stentano persino a sopravvivere … se oggi abbiamo permesso che persino in Casa Europa potesse esplodere una guerra che potrebbe estendersi a tutto l’edificio … dobbiamo metterci una mano sulla coscienza e rimproverarci per tutto ciò che non abbiamo fatto per impedire tutto questo. Dal primo all’ultimo cittadino, nessuno escluso!

Tuttavia possiamo almeno dire che noi calabresi, specialmente i neopitagorici di Salvatore Mongiardo, ci abbiamo provato, mettendo sempre in allarme le coscienze e manifestando contro ogni tipo di guerra, persino distruggendo simbolicamente le armi<<https://www.nuovascuolapitagorica.org/en/giornata-mondiale-per-la-distruzione-di-tutte-le-armi-2020/>>. Nel nostro piccolissimo, almeno abbiamo salvati i simboli, l’indicazione ai valori e un promemoria per la Pace.

2 – LE PREDICAZIONI E LE PROFEZIE CALABRESI

Caro Tito, il tuo sito <<www.costajonicaweb.it>> (assieme ad altri che hanno accolto e rilanciato i nostri articoli) è testimone di quanto e quale lavoro di pace si stia facendo (ormai da decenni) attorno al filosofo Salvatore Mongiardo; il quale ha ripreso a tessere pazientemente la tela dell’etica-madre, quella calabrese, nata con re Italo 3500 anni fa e poi proseguita con Pitagora ed altri predicatori e profeti di quella “Calabria prima Italia” tutta tesa alla collaborazione, alla cooperazione, al “sissizio” … parola pacificatrice per quanto sia potente nel cercare di unire tutti attorno ad uno stesso tavolo per “condividere” il lavoro e l’entusiasmo di tutti, nessuno escluso!

Salvatore Mongiardo il quale, fin dall’inizio della sua missione umana e filosofica, ha cominciato a ragionare sul perché della violenza, delle guerre e della competitività che mette gli uni contro gli altri invece di ricorrere alla collaborazione, alla condivisione, alla cooperazione … al sissizio come partecipazione e godimento generale agli utili del lavoro comune. Tutto ciò senza ammazzare nemmeno un solo animale. Ed ecco sorgere il “bue di pane” che onora chi, tra gli animali, ci aiuta ad ottenere pace e prosperità.

La Calabria(da sempre terra di meraviglie e antico laboratorio di utopie, di simboli e di pace) è costellata di filosofi (teorici e pratici) tendenti tutti alla concordia e all’armonia. Per paradosso, pur essendo uno dei popoli più soggiogati e martirizzati della storia umana, quello calabrese conserva ancora intatto l’entusiasmoper il bene comune. Dico “entusiasmo” evidenziandone il significato etimologico di “en – thèos” ovvero “il Dio dentro” … “chi ha dentro Dio” … chi da Dio è ispirato … chi utilizza i doni di Dio, ecc. –

3 –CALABRIA TERRA DELL’ENTUSIASMO ETICO

<< Quello dell’entusiasmo non è uno stato d’animo che si riproduce da una semplice eccitazione partecipe. E’ qualcosa di estremamente più profondo, potente, massiccio. E’ il risvegliarsi di una forza che ci invasa e tramite la quale non c’è meta che non sia a portata di mano, non ostacolo che non possa essere abbattuto, non collettività che non ne possa essere travolta e coinvolta. E’ lo stato d’animo attivo, centrato e sorridente che schiude l’infinita realizzabilità dei sogni >> e delle “utopie” aggiungerei io a questa definizione che chiunque può trovare nel sito <www.unaparolaalgiorno.it>>.

Ed ecco come lo  descrive<<https://www.treccani.it/vocabolario/entusiasmo/>>entuiasmo s. m. [dal gr. ἐνϑουσιασμός, der. di ἐνϑουσιάζω «essere ispirato», da ἔνϑεος, comp. di ἐν «in» e ϑεός «dio»]. – 1. Presso i Greci, la condizione di chi era invaso da una forza o furore divino (ἔνϑεος), cioè della pitonessa, dell’indovino, del sacerdote, nonché del poeta, che si pensava ispirato da un dio. 2. Nell’uso com., sentimento intenso di gioia, di ammirazione, di desiderio per qualche cosa o per qualcuno, oppure totale dedizione a una causa, a un ideale, ecc.: destaresuscitare l’e.; parlareaccettare con e.; avere grande e. per le nuove invenzioni della tecnicaeguerrieroreligiosoaccolse la proposta con scarso e.; i giovani sono facili all’e.incominciò il lavoro con molto entusiasmo.

La Calabria è, quindi, terra dell’entusiasmo … ma non di un entusiasmo qualsiasi, bensì da un “entusiasmo etico” … da una tensione morale e storica molto lungimirante. E questo perché (nonostante le millenarie sofferenze e le pesantissime oppressioni) è riuscita a mantenere vivo l’entusiasmo e il credo per gli ideali umani migliori. Proprio quelli che adesso, passati di generazione in generazione, sono interpretati da Salvatore Mongiardo e da quella “Calabria Prima Italia” da me scoperta nella primavera del 1982 e che da allora sto cercando di diffondere il più possibile, pur con le mie insufficienti possibilità complessive. Ma tengo anch’io viva (come da sempre tutti gli altri “entusiasti”nati tra Jonio e Tirreno nel corso dei secoli) quell’etica-madre calabrese che ancora tanto può offrire e dare al mondo, specie in questi tempi in cui la barbarie ha ripreso vigore con le guerre e le economie che schiavizzano o addirittura strangolano i popoli.

4 – UN MODO DI SPIEGARE LA CALABRIA

Questo dell’entusiasmo, anche come aderenza e rappresentazione dei valori umani (umanesimo) e divini (escatologia), è uno dei tanti modi (probabilmente il più appropriato) per spiegare al mondo cosa è da sempre la Calabria, fin dalla nascita della Prima Italia, ben 3500 anni fa. Ecco pure perché insisto a lanciare continuamente appelli, proposte, iniziative alla gente e, in particolare, alle istituzioni. Tu ne sei, caro Tito, testimone e depositario di questo mio “entusiasmo” i-ne-sa-u-ri-bi-le! Inesauribile come in effetti è, per natura, proprio l’entusiasmo per gli ideali migliori e fondanti della vita e della società. Come il nostro amore per la Calabria. Nessuno ama la propria terra come noi calabresi. Ed un buon motivo ci sarà, vero?…

Personalmente so bene quali e quanti sono i motivi per cui amo la Calabria, pure come elemento-cardine dell’universo-mondo, come prediletto paradigma dello stare al mondo di tutti gli esseri umani. Tuttavia cerco e ricerco sempre in altri le motivazioni e i significati che stanno alla base di questi sentimenti di identità e di appartenenza così speciali che uniscono, più o meno, tutti coloro che sono nati in questa terra tanto amata ma tanto e ingiustamente detestata.

Così, sfogliando su internet il tema “come descrivere la Calabria al mondo” …  mi sono imbattuto nell’esistenza del libro  <<La Calabria spiegata agli italiani (il male, la bellezza e l’orgoglio della nostra Grecia)>> edito da Rubbettino (www.rubbettino.it) nel 2017. L’autore è Domenico Nunnari (detto Mimmo), nostro collega giornalista, una vita professionale trascorsa in Rai, ma anche docente universitario e saggista tra i più appassionati per la nostra Terra e per tanti altri argomenti di natura euro-mediterranea.

Ne ho appena avuto copia dalla gentilezza dell’editore Rubbettino di Soveria Mannelli (CZ). Leggerò con particolare attenzione, poiché il tema è di mio grande interesse, dal momento che da sempre (cioè fin da adolescente) promuovo la nostra Calabria, specialmente da quando nella primavera 1982 ho “scoperto” che ha dato il nome all’Italia. Diffondere che il nome Italia è nato in Calabria 3500 anni fa e tutto ciò che questo significa è una delle mie missioni esistenziali (un mio cavallo di battaglia, come si suole dire) da 40 anni a questa parte. E cerco di descrivere tale risorsa storica e tale caratteristica valoriale a tutti gli italiani, soprattutto agli stessi calabresi dentro e fuori i confini regionali. E’ da sempre il mio modo di fare diffusione e promozione socio-culturale ma anche turistica ed economica, poiché ogni iniziativa ha un risvolto pure economico, grande o piccolo. Punto principalmente affinché gli stessi calabresi ne abbiano consapevolezza.

Dopo aver letto il libro di Nunnari ti saprò dire come cerca di spiegare la Calabria agli italiani. Comincio però ad allarmarmi per il fatto che già, sulla copertina, leggo nel sottotitolo “… della nostra Grecia” e temo che probabilmente non farà alcun riferimento alla Prima Italia o lo farà in modo molto marginale, altrimenti lo avrebbe evidenziato proprio sulla copertina per quanto è importante e strategico. Però non mi meraviglio, per il semplice fatto che quasi tutti, pure le persone erudite, ritengono che la Storia della Calabria inizi con la Magna Grecia. Comunque, leggerò e appena possibile ti saprò dire. Intanto proseguo con dirti che …

5 – LA CALABRIA E’ “REGIONE-RELIGIONE” – PALESTINA D’EUROPA

A ben vedere, la Calabria è l’unica vera e propria “Regione-Religione” del mondo. Ed è una vera e propria religione il modo con cui i calabresi amano o sentono di amare la propria terra, di cui conservano il “culto” anche se ne sono lontani da una vita e non ci tornano più. Me ne sono accorto già a Roma, nel 1970 al mio primo anno di università, in mezzo a ragazzi di tutte le regioni italiane e di tantissime nazioni estere. In particolare, ho voluto frequentare intenzionalmente le sedi e i gruppi di tutte le regioni italiane presenti nella Capitale per avere conferma di ciò.E’ una religione monoteista, come avevo intuito già all’età di 18 anni, nel 1968 quando ho scritto l’articolo “Mamma Calabria” per il quindicinale “Sentiero Calabro” fondato e diretto a Soverato da Gianni Pitingolo, nativo di Isca sullo Jonio, il comune limitrofo a Badolato e alla miaCardàra in particolare. E l’ho confermato ai primi anni di questo 21° secolo quando ho dedicato un significativo spazio allo stesso “Gianni Pitingolo maestro di calabresità” alle pagine 22-24 del settimo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (edito nel maggio 2007).

Caro Tito, ti ho sempre detto e parlato della mia “calabresìte acuta” di cui già facevo cenno, decenni fa, nei miei articoli sul periodico mensile “Jonio Star” diretto a Soverato dal collega ed amico Pietro Melìa. La “calabresite” è una malattia sacra, tipica di questa religione-regione Calabria. Malauguratamente, come in tutte le religioni, ci sono coloro che ci speculano negativamente, dimenticando le proprie radici e la dimensione più etica, nonché la missione e il significato di questa nostra particolare Terra, che è la Palestina d’Europa. E poiché tali speculatori sono “purtroppo troppi” … ecco che la Calabria naviga male nel mare tempestoso degli egoismi e dei tradimenti. Spero che un giorno potremo affrontare pure questo altro aspetto della Calabria come Palestina d’Europa. Intanto preciso che amo la Calabria davvero come mamma, pur essendo e sentendomi un “universalista” convito da sempre … poiché chi ama il proprio paese ama tutto il mondo! Su internet ho visto tante iniziative (specie scolastiche) su come amare la propria città!…

6 – CALABRESI ECCELLENTI e GIUSY STAROPOLI CALAFATI

Come tu stesso sai, per aver condiviso giornalisticamente, ho sempre cercato di evidenziare (come esempio emulativo da mostrare specialmente alle nuove generazioni) almeno alcuni “calabresi eccellenti” che si sono fatti onore e che si fanno onore in ogni parte d’Italia e del mondo. Poi ci sono i veri e propri patìti della Calabria, ovvero gli “entusiasti” che ”hanno dentro Dio” ovvero il sacro fuoco della Calabria come religione monoteista. Tra questi entusiasti bisognerebbe annoverare la giornalista, scrittrice e “attivista” Giusy Staropoli Calafati che avevo conosciuto (quando era agli esordi) molti anni fa, per telefono, per collaborare; ma poi, purtroppo, ci siano un po’ persi, a causa delle vicissitudini del mio esilio. Se la Calabria è una Religione, Giusy è una delle sue più convinte e sacrali sacerdotesse.

Ma voglio recuperarLa adesso, dopo aver letto su “Calabria.Live” di una sua bella e meritoria iniziativa <<https://giusystar.myblog.it/2021/05/15/studiare-a-scuola-gli-scrittori-calabresi-da-corrado-alvaro-a-saverio-strati/>>. Mi trova pienamente d’accordo, pure perché è stato un mio vecchio cavallo di battaglia fin dalla mia adolescenza, quando ero contestatore nella “estraniante scuola” di Stato. Anzi, ho sempre proposto che a scuola si studiasse la Calabria a 360 gradi proprio per averne piena coscienza e così pure gli strumenti culturali per fronteggiare razzismi e denigrazioni (cosa di cui sono stato vittima fin da bambino ogni volta che, per vari motivi, sono andato in Padania). Ma conoscere la Calabria è anche conoscere sé stessi. Ed è uno dei tanti modi per trovare l’entusiasmo(avere Dio dentro, appunto) per darsi da fare eticamente verso l’Armonia e contribuire pure così al rilancio della nostra regione, attaccata quasi ogni giorno da ogni parte, persino da taluna “intellighenzia” nazionale (addirittura quella pseudo-progressista).Ti tali argomenti avevo parlato per telefono pure con il prof. Antonio Piromalli (1920-2003), docente universitario ed autore, tra tanto altro, dei due fondamentali volumi su “La Letteratura Calabrese”.

Giusy Staropoli Calafati (https://giusystar.byblog.it) scrittrice, attivista e meridionalista. Nasce a Vibo Valentia il 07 settembre 1978. Madre di quattro figli, vive e opera a Briatico, in Calabria. Il suo genio creativo, viene sempre più annoverato e riconosciuto nella grande tradizione letteraria del ‘900 italiano che spazia da Alvaro a Saverio Strati. Vincitrice di importanti concorsi e premi letterari, collabora con diverse testate giornalistiche italiane.Tra le sue ultime pubblicazioni: La terra del ritorno, Pellegrini 2017; I Giganti, Laruffa2018; Il viaggio delle nuvole, Laruffa2018, Terra Santissima, Laruffa2021.

7 – VINCENZO VILLELLA – DIRETTORE DI “LAMEZIA STORICA”

Caro Tito, un altro calabrese veramente eccellente (e di più lunga data) è il prof. Vincenzo Villella (1947 Conflenti – CZ) uno dei veterani del giornalismo e della storiografia della Calabria(in particolare del comprensorio di Lamezia Terme  – http://www.lameziastorica.it/bio.html). E’ sicuramente uno dei personaggi più “entusiasti” della Calabria e della “calabresità” che abbia mai conosciuto. E proprio per tale entusiasmo Gli è stato facile accettare la mia proposta di dedicare qualcosa alla “Calabria Prima Italia” in uno dei numeri della bella rivista a colori “Lamezia Storica” pubblicata in cartaceo e sostenuta dalla giovane casa editrice “Graphiché” di Antonio Perri che ha privilegiato, con ben tre collane, la pubblicazione di opere di storia locale e regionale. Inoltre, il prof. Vincenzo Villella è direttore del sito<<www.lameziastorica.it>> dove si può trovare di tutto e di più sulla storia del Lametino ma anche del resto della nostra regione.

L’accettazione di tale proposta è andata al di là delle mie più rosee aspettative o previsioni. Infatti, il direttore Villella sta per dedicare alla “Calabria Prima Italia” addirittura buona parte del primo numero della rivista (aprile 2022) su cui tornerò a scriverti, caro Tito, pure perché costituisce una tappa fondamentale del percorso di consapevolezza sulla migliore e maggiore risorsa morale e socio-culturale che ha la nostra Calabria, ovvero il nome ITALIA nato – insisto – 3500 anni fa proprio qui da noi, tra il Golfo di Squillace e il Golfo di Lamezia, per merito di re Italo, non una figura leggendaria come ci voglio fare credere, ma (come confermano i più fidati storici antichi) colui che ha dato il nome alla nostra nazione, illuminato legislatore e(attraverso i “sissizi” riscoperti e rilanciati da Salvatore Mongiardo), fondatore addirittura della “democrazia della condivisione” che poi, in Atene, molto tempo dopo è stata stravolta nella “democrazia mercantile e competitiva”, quella che abbiamo oggi e che ha prodotto (contrariamente all’idea originaria di re Italo) tanti guai e tante guerre, comprese queste odierne commerciali o militari della spietata globalizzazione. La copertina sopra evidenziata è solo una bozza, ma forse potrebbe essere presto definitiva, senza variazioni.

Il prof. Vincenzo Villella, inoltre, sta lavorando, molto meritoriamente, non soltanto affinché la prima “FESTA DEL NOME ITALIA” possa essere svolta a Lamezia Terme entro questo anno 2022, ma anche per la pubblicazione a stampa in cartaceo del famoso libro di Gertrude Slaughter “Calabria the firtsItaly” (Calabria la prima Italia) edito dall’Università del Wisconsin (USA) nel 1939. Questa opera è stata recentemente tradotta in italiano da Sara Cervadoro, docente romana nata da genitori calabresi (in particolare il papà era di Maida, comune del lametino). Tale libro è uno strumento indispensabile per conoscere meglio la vera carta d’identità della nostra Calabria che alcuni (molto giustamente) ritengono essere stata la “Madre d’Italia” e sicuramente la regione o il popolo che ha dato un contributo maggiore o notevole e comunque decisivo al progresso etico e concreto di tutta l’Umanità.

8 – CALABRIA DA RACCONTARE – IL CONSORZIO EUROPEO CBITRON

Caro Tito, chissà perché noi calabresi non riusciamo a raccontare adeguatamente la Calabria più positiva ed intraprendente, quella che l’avvocato Saverio Ciccarelli di Tropea ha tentato di evidenziare nel suo utile libro “CALABRIA POSITIVA – Guida di pronto intervento per conoscere meglio la Calabria” (edito nel 2010). Rivedi <<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-210-saverio-ciccarelli-e-tropea-vv-leader-e-capitale-della-calabria-positiva/>>. Di solito noi calabresi veniamo dipinti (molto ingiustamente al limite della denigrazione e del razzismo) come indolenti, senza iniziative, assistiti, mafiosi e via di seguito. Però, qualcuno (anche non calabrese) comincia ad ammettere e riconoscere che tantissimi sono i calabresi i quali (agendo fuori dalla Calabria che non offre alcuna opportunità) non sono da meno di tutti gli altri imprenditori europei o d’oltreoceano. Lo dimostrano in parecchi, nonostante noi calabresi, di per sé, non amiamotanto metterci in mostra. Infatti, non sappiamo quali e quanti calabresi occupano posti apicali un po’ ovunque oppure hanno prestigiose industrie. Ma questa che segue te la voglio proprio raccontare.

Ti ricordi di quel mio cugino, il mio coetaneo ingegnere Mario Bruno Lanciano, che ti ho descritto nella  <<https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-326-calabresi-eccellenti-n-4-mario-bruno-lanciano-ingegnere-e-inventore/>> ? Quello che avrebbe voluto realizzare in Calabria un’industria da duecento lavoratori, che purtroppo non ha interessato nessuno, nemmeno l’allora Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero ed è poi andato a realizzarla in Spagna?… Ebbene, proprio qualche giorno fa è riuscito a fare un piccolo “miracolo” … E’ riuscito ad unire nel Consorzio CBITRON le due più importanti industrie europee di ventilazione nelle grandi infrastrutture strategiche (tunnel autostrade, ferrovie, metropolitane, miniere, ecc.): la italiana CBI Engineering& Service di Monza ( https://www.cbifans.com/ )  e la spagnola TALLERES ZITRON delle Asturie(https://zitron.com/)  creando il nuovo marchio CBITRON. Ti trascrivo la email che ho ricevuto alle ore 12,44 di venerdì 25 febbraio 2022.

<< Sembra che finalmente, nonostante le costanti vicissitudini di questi ultimi anni, l’Italia è pronta a ripartire nel nostro settore: le strategiche infrastrutture.La richiesta che ci è arrivata più frequentemente in questi ultimi mesi è stata principalmente quella relativa alla assistenza per la messa in sicurezza delle gallerie esistenti ed al supporto specialistico, già dalle prime fasi, nella realizzazione degli impianti per le gallerie di nuova costruzione.Tutto questo ci ha portato ad unire delle forze per poter supportare adeguatamente a tutti i colleghi che lavorano in questo strategico e complesso settore delle grandi infrastrutture italiane.Per questo motivo e con immenso piacere ti comunichiamo la nascita del consorzio CBITRON, unione fra CBI Engineering and Service e TalleresZitron>>.

Caro Tito, per saperne di più, ti unisco in allegato la presentazione di tale Consorzio CBITRON, il più grande ed importante per tecnologia e fatturato in Europa con commesse provenienti da ogni parte del mondo. Infatti, la sicurezza delle grandi infrastrutture strategiche aumenta di anno in anno e in ogni dove. L’Italia può avere un ruolo di primo piano in tale settore ed anche il nostro sud dove ha già avuto in concessione due gallerie (nel tratto dismesso dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria) per esperimenti di sicurezza antincendi e altre prove di laboratorio. Di tale promettente Consorzio CBITRONè presidente proprio Mario Bruno Lanciano, calabrese di Badolato (amministratore delegato dellahttps://www.italoiberica.com), ingegnere ed inventore di brevetti industriali, emigrato da alcuni decenni in Padania dove ricopre parecchi incarichi di rilevanza anche internazionale, tanto da essere chiamato come componente di commissioni ministeriali e di categoria, con tanta voglia di fare qualcosa di utile in Calabria.

Vista tale caparbia voglia di mio cugino Mario nel volere fare qualcosa di utile in Calabria e, in particolare, nella nostra provincia di Catanzaro, L’ho messo in contatto con alcuni amministratori comunali dell’Istmo della Prima Italia. Speriamo che Gli permettano di realizzare qualcosa di veramente vantaggioso in termini di avanzate tecnologie e nuovi posti di lavoro. Comunque, la sede legale del Consorzio CBITRON è a Parma 43121 alla Strada Mazzini n. 2 con tel. 0521-503377. Tale Consorzio, appena appena formalizzato, avrà modi e tempi per presentare all’utenza nuove indicazioni di contatti per la migliore comunicazione diretta. Intanto valgono pure quelli delle singole società sopra evidenziate.

9 – CON MOSE’ CAPORALE SI CHIUDE UN’EPOCA

Caro Tito, per continuare il discorso della migliore Calabria, diamo l’ultimo saluto a Mosè Caporale (Badolato 1928) e formuliamo ai suoi familiari, parenti ed amici i nostri più sinceri sentimenti di cordoglio. Infatti, verso l’ora di pranzo dimercoledì 23 febbraio 2022, in Santa Caterina dello Jonio Marina, ha cessato di battere il suo generoso cuore. Come amico e collega ferroviere di mio padre, avevo dedicato a Lui e alla sua famiglia le pagine 237-239 del secondo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007). Mosè è l’ultimo ad andarsene della squadra di cantonieri cui faceva parte, appunto, con mio padre e il compare Demetrio Spanò (il quale se ne era appena andato proprio otto giorni prima, il 15 febbraio all’età di 102 anni, quasi “avesse voluto chiamarLo in Paradiso” come usiamo pensare quando i decessi sono tanto ravvicinati).Questa squadra di ferrovieri aveva partecipato, per propria parte, alla ricostruzione dell’Italia, già disastrata per la seconda guerra mondiale. Non solo con il lavoro ma anche generando tanti figli, alcuni dei quali resi professionisti, validissimi in tanti settori sociali.

Così con Mosè Caporale si è chiusa un’epoca di speciali “eroi del quotidiano” che hanno lavorato sulla massicciata ferroviaria a forza di braccia, mentre da decenni a questa parte si fa tutto con le macchine. Si chiude pure l’epoca e la civiltà delle famiglie numerose; ma è proprio grazie a questa felice prolificità che Mosè è giunto ad essere bisnonno con la sua quarta generazione (come evidenzia la foto) … cosa che ormai è assai difficile, quasi impossibile, da raggiungere per qualsiasi coppia attuale, visto e considerato il fatto che i giovani di oggi stentano già a sposarsi in età considerata la più fertile e, per di più, è drasticamente diminuita la tendenza alla profilicità … tanto che si parla addirittura di “inverno demografico”. In verità a me, più che inverno, sembra una vera e propria “glaciazione” demografica e di valori che invece hanno reso significative le generazioni di mio padre e dei suoi colleghi ferrovieri.

Mosè è stato l’unico della sua squadra di cantonieri a studiare per diventare prima “caposquadra” e poi “sorvegliante” dirigente un intero tronco ferroviario, mediamente lungo 30 km sotto sua totale responsabilità di personale, di consistenza e di sicurezza ferroviaria. Spesso mi piace dire a qualche amico badolatese della entusiastica appartenenza di Mosè giovanissimo al cosiddetto “Carro di Tespi” cioè ad una compagnia teatrale itinerante per le vie e le piazze del borgo antico di Badolato Capoluogo negli anni immediatamente la seconda guerra mondiale quando nei nostri paesi non c’era altra distrazione o divertimento che l’arte di sapersi arrangiare e creare fantasiose iniziative di intrattenimento sociale.

Quando nel 1974 sono andato ad intervistarlo per la mia tesi di laurea, Mosè mi ha mostrato un suo quaderno di appunti in cui c’erano scritte con la sua calligrafia varie battute, i periodi e le tappe delle rappresentazioni. Alla fine di tale quaderno c’era una brevissima frase, inusuale quanto rivelatrice: “Mi dimetto da attore”. Gli ho chiesto di spiegarmi e Lui mi raccontò varie vicende che sarebbe bello ed utile descrivere in un apposito libro, tanto sono interessanti e rivelatrici di alcuni aspetti non solo della società badolatese ma anche delle contraddizioni della “rivoluzione comunista” (fatte salve le lotte contadine ed altre sacrosante rivendicazioni operaie). Tutto ciò fa parte della commedia umana in ogni latitudine.

10– SALUTISSIMI

Caro Tito, ognuno di noi, per la propria parte, cerca in qualche modo di raccontare il proprio amore per la Calabria. Cerca, in particolare, di far superare quei troppi ingiusti preconcetti e quei tanti viscerali pregiudizi contro il Sud Italia (specialmente verso la Calabria) che dal 1860 inquinano e allontanano la coesione nazionale, rendendo in pratica separate da ben 162 anni le due Italie, quella del Nord e quella del Sud. A tale proposito, nella quarta di copertina del suddetto libro di Mimmo Nunnari si legge, tra l’altro …

<<Ma perché la Calabria è così? Metà inferno e metà paradiso, terra di misteri e ombre nere, scenario di bellezze ineguagliabili, territorio accogliente, teatro di violenze mafiose. L’autore analizza ogni cosa pezzo a pezzo, partendo da memorie lontane, per spiegare la misteriosa trasformazione di un’antica regione da erede della civiltà ellenica a simbolo di degrado e sottosviluppo. L’aver tenuti separati Sud e Nord dopo l’Unità, con l’egoistico e calcolato scopo di favorire il progresso di una sola parte d’Italia, è un “vizio d’origine” di un’anomalia unica in tutto l’Occidente, che vede un Settentrione progredito e un Meridione arretrato nell’àmbito di una stessa nazione e sotto il manto “garantisca” di una stessa Costituzione. Solo in una prospettiva di riconciliazione del Paese, che batta pregiudizi e rassegnazione, sarà possibile affrontare la “questione”. Ma bisogna fare presto. Se una parte d’Italia s’inabissa, l’altra – con le sue fragilità, i populismi e la corruzione diffusa – corre il rischio di ridursi al vecchio incerto destino preunitario di semplice espressione geografica >>.

Finita l’atroce guerra in atto in Ucraina, probabilmente la suddivisione di due distinti settori territoriali sarà (come per l’Italia) pure il destino della stessa vasta Ucraina, quella dell’Est forse annessa alla Russia e quella dell’Ovest comunque sotto la stretta tutela di Mosca. Speriamo che tale massacro finisca presto e che non porti troppe nocive conseguenze per la coesione tra tutti gli Stati e le Nazioni d’Europa. Intanto è indicibile anche il nostro dolore per i morti, i feriti, gli sfollati e gli altri sofferenti, specialmente i bambini, gli anziani ed altre persone fragili. Ci straziano mente e cuore le crudeli immagini che ci giungono da televisione e da altri mezzi della comunicazione globale. Chi ha fede, preghi. Chi può aiutare, sia generoso.

Per quanto possibile, tocca a ciascuno di noi contribuire a confortare l’Ucraina con la nostra più affettuosa solidarietà e poi collaborare alla sua ricostruzione fisica e spirituale. Le guerre, si sa, portano lunghi strascichi di dolore, di odio e di risentimenti nelle generazioni. Specialmente in questa terra martirizzata da dittatori e guerrafondai che si dichiarano beffardamente fratelli del popolo ucraino, ma che non hanno esitato un solo istante ad attaccarlo e attentare così pure alla sua dignità (come da diritto internazionale). Il mondo è più insicuro d’ora in avanti, specialmente l’Europa. Prepariamoci tutti al peggio, se anche il diritto internazionale è reso carta straccia da chi, approfittando della superiorità militare ed economica, può impunemente rendere schiavo un popolo confinante, specie se più debole. Speriamo, comunque nella Pace!

Con questo auspicio, ti ringrazio pure per questa “Lettera n. 388” mentre già sto preparando la n. 389. Con i più cordiali e devoti saluti,

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, sabato 26 febbraio2022 ore16,04– Dal settembre 1967 il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Le foto sono state prese dal libero web, esclusa la copertina di “Lamezia Storica” per la quale ringrazio il direttore Vincenzo Villella e l’editore Antonio Perri.

Allegato – CBITRON – Lettera a Tito n. 388 del 26 febbraio 2022

 

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