Caro Tito, fin dalla più remota antichità è sacro l’albero d’ulivo per chi come noi, in Calabria e nel resto del Mediterraneo, da millenni ne gode i frutti e la magnifica presenza che rende caratteristici e lussureggianti i nostri territori. Una pianta, l’ulivo, che in genere vuole poca manutenzione rispetto al prezioso e abbondante frutto che è solito donarci e che diviene cibo e condimento essenziale e salutare per la nostra migliore e sana quotidianità.

La raccolta delle olive è un lavoro particolarmente faticoso, però è rigenerante per lo spirito, pure perché avvertiamo la misticità spirituale di questa presenza, spesso imponente e aggrovigliata dal tempo. L’ulivo, infatti, non ci dona soltanto il suo frutto e la sua bellezza estetica e paesaggistica, ma offre doni spirituali però soltanto a chi li sa percepire e cogliere. A chi sa mettersi in sintonia con i suoi molteplici significati. Anche sociali e mistici. Non a caso è, tra tanto altro, il più ricorrente simbolo della pace assieme alla bandiera iridata!

Chi vive accanto agli ulivi ne partecipa al fascino e al suo essere nel mondo. E il suo essere nel mondo degli uomini significa il dono generoso, continuo e disinteressato. Come riescono e sanno donare i “genitori” ai figli, i nonni ai nipoti e a tutte le generazioni. Come gli eroi o come chi ama l’umanità in modo volontario e appassionato, senza nulla pretendere che la propria semplice ed umile esistenza ma unicamente per continuare a donare.

 

1 – IO SONO L’ULIVO CHE DONA

Ho appreso le lezioni dell’ulivo dal mio essere nato tra gli uliveti di Kardàra, lungo la strada statale 106 e la ferrovia Metaponto – Reggio Calabria, prima dell’urbanizzazione selvaggia di Badolato Marina. Mi hanno fatto amare ancora di più gli ulivi principalmente i miei genitori, tutti i contadini del mio paese e dei paesi attorno a Badolato, in particolare le innumerevoli raccoglitrici chine sulla terra. Fin da bambino ho appreso la preziosità del suo frutto andando pure io a raccogliere le olive sul litorale o in collina (e poi pure qui in alto Molise, a mezza montagna) e poi frequentando i tanti frantoi della nostra zona con i loro antichi riti e liturgie.

Tra l’altro, ho intuìto una somiglianza sostanziale tra i miei genitori e gli alberi di ulivo. Mio padre e mia madre erano come due alberi d’ulivo che donavano generosamente in famiglia e in società, senza chiedere nulla.

Poi dal 1973, conoscendo più da vicino lo scrittore, poeta e pittore Nicola Caporale (Badolato 1906 – 1994) ne ho appreso la generosità pedagogica, giornalistica, artistica, letteraria, valoriale.

Infatti, Egli si autodefiniva proprio “ulivo che dona” … pienamente cosciente di donare, pure lui come i miei genitori (e come tutti i genitori, gli artisti e i generosi del mondo), in modo continuo per il bene in sé e per sé. E lo ha inciso nella sua raccolta poetica del 1979, intitolata proprio “IO SONO L’ULIVO CHE DONA” (vedi www.nicolacaporale.it).

Tale frase sento molto di più pure per me, adesso che, avviandomi al tramonto, mi sono accorto di aver davvero donato tanto abbondantemente e sempre gratuitamente (raramente riconosciuto, più spesso avversato fino all’esilio) … proprio come un ulivo.

E continuo a donare, nonostante tutto.

Se ci pensiamo bene, caro Tito, pure tutta la Calabria, tutto il Sud, tutti i Paesi del Mediterraneo sono come ulivi che donano al mondo valori e civiltà. Non sempre riconosciuti, purtroppo! …

Anzi, piuttosto martirizzati, emarginati, sfruttati e impoveriti (a volte persino incendiati o distrutti o infettati) proprio come, il più delle volte, lo sono gli ulivi, in modo sempre sconsiderato e persino criminale.

2 – L’ORO DEL SUD E’ AMARO

Lo stesso Nicola Caporale ha evidenziato quanto lavoro e quale sofferenza ci sia attorno agli ulivi con il romanzo “L’ORO DEL SUD E’ AMARO” (ritenuto il suo capolavoro, finalista al Premio Letterario Villa San Giovanni – RC), edito dall’Approdo del Sud nel 1960. Purtroppo, a ben vedere, nel nostro Sud non soltanto l’olio d’oliva (vero oro giallo) è amaro.

Tuttavia, probabilmente bisognerebbe credere alla “compensazione” che è implicita nella natura delle cose. La nostra compensazione è, forse, la “gloria dei martiri” … cioè quella “santificazione” o, comunque, quella soddisfazione che proviene a chi ha patito tanto o che si sia sacrificato ma vede che il suo martirio e il suo sacrificio hanno fatto del bene. Un bene silenzioso, ma indispensabile.

La soddisfazione di chi, in pratica, sa di essere stato utile ai propri simili, all’ambiente e al mondo. E sento che ha ragione il filosofo di Soverato, Salvatore Mongiardo, quando afferma che la Calabria, così bistrattata e amareggiata, ha donato al mondo più di quanto il mondo stesso non sappia e non sia consapevole. Più di quanto il mondo abbia saputo dare e significare per la Calabria, depredata da qualsiasi conquistatore che poi, però, è stato spesso contaminato dalle sue bellezze e dai suoi valori. Proprio come l’ulivo con i suoi silenzi riesca a conquistare.

3 – IL CANTORE DELLA NATURA (CONTADINA)

A Badolato, il locale Partito Comunista ha indubbiamente fatto tanto per il suo popolo a partire dall’autunno 1943 fino ai primi anni sessanta. Salvo poi a tradirlo in modo davvero traumatico. E’ il destino di tutte le ideologie quello di tradire, prima o poi. Lo ha fatto persino il cristianesimo che si diceva fondato sull’Amore. Chi non tradisce mai è la Natura, almeno fin quando se non la si offenda e non la si rispetti. E’ quanto sostiene, in tutta la sua Opera sociale, Nicola Caporale. Un antesignano dell’amore per la terra (intesa come natura, madre, nutrimento e ascesi, ma anche come politica come il suo Partito Sociale Agrario, un aspetto da approfondire poiché porta tanti utili insegnamenti). Un grande Nicola Caporale!

La sua Opera, infatti, è un “unicum”. Che io sappia (e non sono l’ultimo arrivato) non c’è Autore italiano che si sia dedicato alla Natura così come il nostro Nicola Caporale, il quale (l’ho sempre detto e scritto e lo ribadisco pure qui) avrebbe meritato il Premio Nobel per la Letteratura (ma purtroppo è nato in Calabria, deserto dimenticato e ormai senza più nemmeno voce). E’ un “unicum” perché descrive, in vari modi, la Natura e, in particolare, il mondo contadino sotto tutte le sue forme. Specialmente la sua Opera pittorica (oltre che letteraria, giornalistica, fotografica, politica, filosofica, ecc. ecc.) ha come soggetto quasi esclusivamente il popolo contadino e i suoi valori, i suoi paesaggi, il suo lavoro, le sue gioie e le sue sofferenze. Non riesce a discostarsi un attimo né un quadro. Mi ha dato l’impressione che volesse dare una carezza, un conforto al popolo universale della terra, tramite il popolo di Badolato, al popolo calabrese, al popolo del mondo così tanto bistrattato ma così tanto abbarbicato alla terra, con le sue antiche radici … proprio come un ulivo. Ed ecco pure perché Nicola Caporale afferma con orgoglio ma anche con intento pedagogico rivendicativo … “io sono l’ulivo che dona”!!!…

4 – TANTI GLI ULIVI CHE DONANO

Dopo i miei Genitori (cui ho dedicato il “Libro-Monumento” con i sette volumi pubblicati nel 2005-2007) e dopo il mio popolo badolatese, calabrese, meridionale, mediterraneo nel loro insieme, sono andato alla ricerca dei tanti “ulivi-umani” che donano in silenzio. A volte li chiamo “stakanovisti” perché non si stancano mai di dare dare dare, dimenticando sé stessi persino a furia di dare dare dare. La loro gioia è proprio nel dare. Alcuni di questi li ho descritti, altri ho premiato come “Giganti della Calabria” o come “Calabresi eccellenti” o con il “Gran Premio delle Generazioni” o con il “Premio una Vita per la Cultura” o altri riconoscimenti sociali (“Il Premione di Agnone” ad esempio).

Taluni di questi “ulivi-umani” che donano a più non posso (senza mai risparmiarsi, fino a perdere persino la salute) ci sono stati alcuni che (tanti riservati e schivi, ma intensi) non hanno nemmeno accettato di ricevere un qualsiasi riconoscimento. La loro estrema umiltà, proprio come un ulivo, e la loro coscienza, la loro etica e il loro modo di stare al mondo non permettevano loro di accettare di essere premiati o ricevere un pur minimo riconoscimento sociale, affettuoso e dovuto, paghi del loro sentirsi “ulivo che donano” … paghi del loro stesso amore per gli altri.

E’ il caso, ad esempio, dei coniugi Vincenzo Squillacioti e Giovanna Durante che a Badolato e dintorni da sempre non si risparmiano per il bene comune, tenendo in modo continuo aperti i loro telefoni e le loro porte per chiunque abbia bisogno di dissetarsi di Cultura o di essere aiutati ad esprimersi e a significare.

5 – I PARCHI DEGLI ULIVI

Caro Tito, fin dal 1982 per venire in Calabria da Agnone, preferisco percorrere in automobile la A14, l’autostrada adriatica da Vasto-San Salvo fino all’altezza di Taranto, dove imbocco la litoranea statale jonica 106. Allungo di un centinaio di km però tutto è più agevole, non ci sono gallerie o viadotti importanti, discese-salite o curve impegnative. Ciò che mi piace di più è ammirare le distese di uliveti, in continua successione per oltre 700 km. Una beatitudine per me, che fin da bambino amo tantissimo gli alberi di ulivo, divenuti parte irrinunciabile della mia esistenza. Non saprei stare senza ulivi e senza mare. Sono il mio DNA spirituale ed affettivo.

Il Salento risponde pienamente a queste due entità essenziali nella mia vita. Perciò, nel settembre 1986, con la mia Fiat 500 color arancione mi sono recato appositamente a visitare (per la prima volta, dopo esserci spesso stato di passaggio) questa parte meridionale della Puglia, proprio per ammirare gli immensi uliveti (alcuni pure millenari) e il mare stupendo della costa frastagliata con baie bellissime, tra Otranto e Santa Maria di Leuca. Percorso che ho ripetuto finora quattro volte e che vorrei rifare almeno un’altra volta prima di morire. Pure per andare a trovare gli affettuosissimi “cugini” Lanciano di Cursi (LE) e dintorni.

A Larino, in Molise (regione della mia attuale residenza), nel dicembre 1994, su idea e promozione di Pasquale Di Lena (più volte assessore regionale) è stata fondata l’Associazione Nazionale Città dell’Olio (www.cittadellolio.it). Sempre qui in Molise, è stato realizzato a Venafro (in provincia d’Isernia) uno dei primissimi “Parchi degli Ulivi” (https://www.parcodellolivodivenafro.eu/) che sono ormai diffusi in tante parti d’Italia. Ho cercato di proporre a varie realtà calabresi, specialmente nella nostra interzona di Badolato, simili iniziative ma senza riscontri. In verità, non ho premuto più di tanto, poiché se l’idea è bella e l’interlocutore è sensibile e pronto, ne capisce l’utilità ed è lungimirante non ci sarebbe bisogno di insistere. Si approccia.

6 – DOMENICO LAZZARO IN AUSTRALIA

Domenica di Pasqua 22 aprile 1962, nella chiesa del Sacro Cuore di Hindmarsh (alle porte della città di Adelaide, capitale del Sud Australia) mia sorella Rosa (Badolato 11 gennaio 1940) è andata in sposa a Domenico Lazzaro (Santa Caterina dello Jonio 27 luglio 1933 – Adelaide 26 ottobre 1999). Questo mio cognato ha tanti meriti sociali, ma uno lo potrebbe fare entrare addirittura nella “Storia dell’olivicoltura d’Australia”.

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Infatti, è stato un vero pioniere (potrei dire pure “apostolo” per l’entusiasmo messo) nella diffusione dell’olio extravergine di oliva in quel remoto continente, in una società d’impronta anglosassone assai restìa ad usare tale condimento molto più salutare e genuino dei grassi animali abitualmente adoperati in quella cucina. Eppure, in decenni di alacre lavoro e in epoca non sospetta (proprio perché ancora pioneristica), Domenico Lazzaro innanzitutto e poi pochi altri ferventi precursori (soprattutto di origine italiana, greca, maltese, spagnola e portoghese) sono riusciti a far capire agli australiani l’importanza di preferire l’olio extravergine d’oliva. Possiamo ben affermare che, adesso, tale olio (tipico della dieta e della nostra cultura) è usato e soprattutto capito da larga parte dei cittadini non originari del Mediterraneo residenti in Australia. Ed è diventato persino di moda!

Ricordo che nell’autunno 1985 ho accompagnato questo mio cognato Domenico in un paese del salernitano per fargli acquistare materiale utile al suo frantoio sito in una cittadina alle porte di Adelaide. Frantoio elettrico (ma con le macine di pietra, tipico italiano) che ho poi visto dieci anni dopo, durante il mese di settembre 1995 quando io e mia moglie siamo stati ospiti della sua famiglia. Mio cognato era in continuo contatto con l’Università di Adelaide per garantire la migliore qualità del suo olio che esportava anche in altri Stati dell’Australia.

Domenico mi raccontava che, quando è arrivato lui in Australia a metà degli anni Cinquanta, l’albero di ulivo aveva generalmente una funzione ornamentale. E come tale era stato introdotto, infatti, agli inizi del 1800 dal governatore James Stirling il quale ne piantò alcuni alberi nel giardino del Parlamento di Perth (Ovest Australia). Molti anni dopo, nel 1836, il governatore del Sud Australia John Hindmarsh introdusse l’ulivo nella città di Adelaide. Nel 1870 arrivò nel Victoria (nel sud-est) e nel 1877 nel Queenslans (nel nord-est). Nonostante le già conosciute proprietà benefiche, l’olio d’oliva (peraltro prodotto in modeste quantità) non ha mai avuto un’adeguata valorizzazione alimentare, pure come valida alternativa al burro e al lardo, ma veniva usato quasi esclusivamente come lubrificante (https://www.bibenda.it/news_bibenda_singola.php?id=1213)

Adesso, grazie alla generazione di immigrati degli anni Cinquanta cui apparteneva mio cognato Domenico Lazzaro, l’olio extravergine d’oliva sta prendendo un posto considerevole nella dieta e nella cucina australiana. Migliore fortuna ha avuto la viticoltura che si è diffusa più rapidamente e anche con maggiori risultati, soprattutto grazie agli immigrati dell’aera mediterranea, anche se, ad onor del vero, ho visitato pure ottime cantine gestite da tedeschi. Si sa che l’olio ed il vino da noi vanno di pari passo, ma in Australia e in altri Paesi esteri (come la California, in USA) ha più richieste il vino.

Con il ricordo di mio cognato Domenico Lazzaro vorrei rendere omaggio, pure qui, a tutti coloro che, lasciata la Calabria o l’Italia, hanno portato in giro per il mondo i nostri valori e le nostre caratteristiche (piante ed usi compresi). I nostri emigrati hanno fecondato tante parti del mondo, portando in particolare l’irrinunciabile ulivo e la sua tradizione dell’olio extravergine, anche nel contesto della dieta mediterranea. In particolare, grazie a pionieri e ad apostoli come questo mio cognato, in Australia ci sono adesso immense distese di uliveti e tutto lascia presupporre che in futuro tale continente possa persino esportare olio d’oliva in tante parti del mondo, specialmente nella vicina Asia. Intanto esporta già del buon vino.

7 – EMIGRANO ANCHE GLI ULIVI

Caro Tito, si sa che, insieme alle persone, emigrano tante altre cose che fanno parte del loro bagaglio umano, vocazionale, professionale e sociale. Attualmente, poi, il clima sempre più mite anche nelle latitudini del nostro emisfero settentrionale permette di impiantare alberi di ulivo persino in zone alquanto fredde che non avremmo mai potuto immaginare prima, come pure la vite ed altri alberi e coltivazioni mediterranee. Così ti voglio segnalare i due alberelli di ulivo che il nostro amico e scrittore Giuseppe Mungo ha portato qualche anno fa in Francia dalla natìa Squillace e precisamente nel suo giardino di Rue du Paradis 28-B nella città di 71100 Chalon sur Saone (a 200 km dalla svizzera Ginevra e a 113 km a nord di Lione), in zona piuttosto fredda e continentale. Comunque sia, il nostro simpatico e tenace calabro-jonico Mungo riesce a ricavarci numerosi chilogrammi di olive per la sua tavola o da conservare, sbalordendo i suoi concittadini francesi, specialmente quelli del suo condominio dove fanno bella mostra di sé questi due alberelli d’ulivo destinati, col tempo a diventare, i “giganti di Squillace” nella Francia centrale. Un grande valore e significato, un simbolo e un avvenire!

A dimostrazione poi che gli alberi di ulivo hanno una speciale attrattiva (come ornamento o come coltivazione agricola) da alcuni decenni è invalso l’uso di traslocare grandi e secolari esemplari dal sud Italia o dal sud del mediterraneo verso mete (private e pubbliche) della Padania o del centro Europa e persino da un continente all’altro.

8 – LE OLIVE BIANCHE DEL CRISMA

Caro Tito, fin dall’estate 1973 (quando dal maestro Giocondo Rudi di Soverato ho acquistato una macchina fotografica Lince della Ferrania) preferivo fotografare i tronchi secolari e contorti degli alberi d’ulivo. Mi affascinano davvero assai, quasi rappresentino l’aggrovigliamento della nostra anima o della nostra mente. Sembrano, comunque, una forma di arte che ci dona la Natura. Giravo per gli uliveti di Badolato e dei paesi attorno. In particolare, sulla strada per Santa Caterina Superiore c’erano tanti ulivi che sembravano autentiche sculture. Chissà se inconsciamente, già da allora, non pensavo ad un turismo territoriale, che poi, nel 1982, ho riassunto nei due depliant (Comune e Pro Loco) intitolati “Badolato 4 dimensioni: mare collina, montagna e lago”!?!… Sta di fatto che ho sempre avuto una speciale ammirazione ed attenzione per gli alberi d’ulivo. Non solo estetica o paesaggio.

Lunedì pomeriggio 13 settembre 1999, parlando con il poeta Vito Maida nella sua casa di Soverato, venne fuori il discorso delle olive bianche, una specie ormai quasi del tutto scomparsa, ma che – ricordo bene – avevo visto a Badolato da bambino, probabilmente in un piccolo uliveto dei miei genitori.

Fu lui per primo a parlarmi che da quelle olive bianche si ricavava il cosiddetto “olio del crisma” usato specialmente nel culto religioso o per darlo ai malati per la sua leggerezza.

E non poteva essere diversamente, visto e considerato che Vito andava in giro spesso per eremi e monasteri per bisogno di spiritualità, come ad esempio al San Giovanni Therestis di Bivongi (RC) dove allora si erano insediati da pochi anni i monaci di rito greco-ortodosso provenienti dal Monte Athos, come l’indimenticato Padre Kosmàs, di cui Salvatore Mongiardo ci ha raccontato, più diffusamente nel libro “Cristo ritorna da Crotone” (2013).

Poi, dopo 12 anni circa dal quell’incontro, sotto il Natale 2011 ho risentito parlare molto fugacemente da un programma televisivo proprio dell’olio del crisma ricavato dalle olive bianche. Mi sono tornate in mente le parole di Vito Maida, le reminiscenze e le sensazioni d’infanzia. Ma ben nitide, come la curiosità di saperne di più, pure per completare quella visione da bambino. Così ho cominciato a ricercare in internet. Come primo sito mi sono imbattuto in <<  https://www.radiocivetta.eu/index.php/archivio/920-lulivo-del-krisma-dalla-calabria-ai-giardini-vaticani- >> pubblicato giorno 8 dicembre 2011 dal medico pediatra calabrese Ernesta Adele Màrando, che lavora pure in Vaticano e che è direttrice e proprietaria di tale sito web.

Dopo aver letto l’interessante articolo, ho telefonato alla dottoressa Màrando per congratularmi del sito e per avere il numero di telefono del professore Orlando Sculli, protagonista di tale vicenda del dono della piantina d’ulivo bianco ai Giardini Vaticani. In quella conversazione mi ha parlato lungamente di Sculli che magnificava come di colui il quale, tutto dedito alla valorizzazione del territorio calabrese (reggino in particolare), sta salvando tante specie botaniche e antiche tipologie di piante in via di estinzione. Vedi e leggi, in particolare, questo articolo << https://www.ilnuovomagazine.com/leucolea-rinasce-nella-tuscia-oliva-bianca-di-3-000-anni-fa/ >>.

9 – ORLANDO SCULLI

Così, il mese dopo, nel gennaio 2012, mi sono messo in contatto con il prof. Sculli per saperne di più e con l’intenzione di scrivere un articolo di informazione ma anche di ammirazione e di stima per il suo importantissimo lavoro in più àmbiti della conoscenza, della valorizzazione e della salvezza territoriale. Ho immediatamente capito di trovarmi dinanzi ad un “gigante” … ad uno stakanovista e ad un innamorato della propria terra e della propria gente. Tanto da non risparmiarsi affatto. D’altra parte, chi ama veramente non si risparmia mai!

Caro Tito, a volte però può capitare che un piccolo intoppo riesca a interrompere o pregiudicare un desiderio o un pur forte programma d’azione. Così, è capitato a me nel 2012 riguardo l’articolo che avrei voluto scrivere e che, più o meno, corrisponde a questo che stai leggendo adesso. Qualche settimana fa, memore del mio debito morale con il prof. Sculli,  ho ripreso i contatti telefonici con Lui. Mi ha aggiornato sulle sue attività che in buona parte puoi trovare sul web, compreso il video dei sette minuti relativi ad una bella intervista fattagli nell’estate 2018 dal noto giornalista Paolo Di Giannantonio di TV7 – RAI UNO e che puoi seguire a questo link << https://www.ecodellalocride.it/news/ferruzzano-rc-orlando-sculli-secondo-tv7-rai-e-lindiana-jones-dellagricoltura-calabrese-video/ >>. Il video dura 7 minuti ed è di estremo interesse, pure perché apre nuovi scenari.

10 – SCULLI TRA I TESORI DI CALABRIA

Lo stesso Paolo Di Giannantonio è rimasto così tanto colpito e ammirato dalla figura e dal lavoro stakanovista del prof. Sculli che ha voluto inserire tale video nel suo profilo facebook (sabato 22 settembre 2018) con la seguente lusinghiera presentazione, intitolata I TESORI DI CALABRIA:  << Alcuni di noi, esseri umani, europei, italiani, sono personaggi anche se non sanno di esserlo. Ed è il caso del prof. Orlando Sculli, che da trent’anni, con passione, in Calabria si dedica a rendere viva, effettiva, la parola biodiversità: mette in salvo e cataloga vitigni, semi, frutti, legumi che altrimenti andrebbero persi per sempre. Ai miei occhi lui è un Indiana Jones dell’agricoltura. Mi è parsa una storia bellissima e, grazie all’aiuto di amici appassionati quanto il prof. Sculli, ho potuto raccontarla >> ( http://www.facebook.com/100008748076985/videos/ 1957289104572673/ ).

Il prof. Sculli così si presenta nel suo sito << www.orlandosculli.it >>: Sono nato a Ferruzzano (Reggio Calabria) l’11 maggio 1946. Laureato in Lettere Classiche all’Università di Messina, ho insegnato materie letterarie all’Istituto Magistrale di Locri, attualmente in pensione. Faccio ricerca a 360° per scoprire le radici del territorio di Ferruzzano e non solo. Mi interesso principalmente di biodiversità. Sono Presidente dell’associazione Rudina (www.rudina.it). Questo sito vuole essere un archivio di tutti i lavori e progetti che sto portando avanti. >>

Caro Tito, digitando il seguente link sarà possibile leggere parte del curriculum vitae del prof. Sculli  << http://www.podereforte.it/generic-uploads/Curriculum_Orlando_Sculli.pdf >>. E’ un modo per avere almeno un’idea e per renderci conto di come e quanto Egli abbia sempre lavorato con amore e passione tra passato – presente – futuro. Pensando alle prossime generazioni, caratterizza il nostro presente “bene comune” anche per onorare l’alacre lavoro dei nostri padri. Uno dei sensi del comandamento biblico “Onora il padre e la madre” è proprio quello di rispettare e valorizzare, proseguire e migliorare il lavoro e i valori delle generazioni precedenti, di quelle che io definisco i nostri “mille padri”.

10 – LA SCOPERTA DELL’AMERICA-CALABRIA

Nel corso dei secoli tutti i popoli che hanno vagato per l’Europa, la vicina Asia e il Mediterraneo sono stati attratti dalla Calabria, la più completa e lussureggiante regione di questa parte del mondo, prima della scoperta dell’America. Assieme a zia Sicilia, la Calabria era la migliore regione nella convergenza dei tre continenti (Africa, Europa e vicina Asia) … e ritengo che la Sicilia si chiami “Trinacria” non soltanto perché è un’isola a tre punte, ma perché era (come la sorella Calabria) la convergenza dei tre continenti che ambivano alla soavità e alle molteplici ricchezze di queste due regioni. La Calabria, in particolare, era l’America dell’antichità e tutti bramavano di impossessarsene, già prima dei greci i quali poi, proprio grazie al suo essere “l’Eldorado”, poterono fare proprio da noi quella Magna-Grande Grecia che non avrebbero mai e poi mai potuto fare nella loro patria bella ma brulla e rocciosa.

La nostra Calabria ha sempre subìto un paradosso che possiamo sintetizzare nel proverbio “chi disprezza compra” nel senso che ci hanno sempre disprezzato (specialmente i padani, dopo il 1860) ma tutti si sono nutriti di noi. Si sono nutriti di braccia, di cervelli, di boschi, di mare e di ogni ben di Dio. Non dimentichiamoci che sul suolo di Calabria nascono e crescono piante che non riescono ad esprimersi altrove, come il bergamotto, il cedro ed altre peculiarità. Tuttavia, forse con la sola differenza degli arabi, tutti gli altri dominatori si sono limitati a razziare la Calabria, persino distruggendo quanto di meglio c’era.

Adesso la distruzione della Calabria (borghi, campagne, biodiversità ricchissima) è avvenuta con la forzata emigrazione dopo quella che per noi è stata e continua ad essere la malaunità d’Italia perché si sta riducendo al lumicino e persino la Repubblica Italiana non riesce a darci quella giustizia e quella dignità che ci spetta ma continua ad impoverirci impietosamente … tanto che mi viene il sospetto che tutti vorrebbero una Calabria senza i calabresi per poterla meglio prosciugare di ogni pur minima risorsa. E’ come uccidere la propria madre, perché (non finirò mai di ribadirlo) la Calabria è madre d’Italia avendole dato nome e prima civiltà di base. Ma si sa, gli avidi passano persino sopra il cadavere della propria madre.

11 – MI SENTO GEMELLO DI SCULLI

In questo panorama di rovine, Sculli ed io ci muoviamo per salvare il salvabile. Orlando Sculli per salvare l’antica biodiversità e la Natura che è stata distrutta dalle innumerevoli e continue predazioni di popoli esterni alla Calabria ed io per salvare i borghi fisici ed antropologici e, con i borghi, i luoghi e la ruralità nell’insieme dei suoi valori autentici con tutte le sue “culture” e “colture”!

Mi sento “gemello” di Sculli e di quanti, in Calabria e nel mondo, cercando di difendere la dignità “naturale” degli esseri umani e viventi dallo “sterminio” degli avidi, dei prepotenti, dei razziatori, degli insaziabili! C’è una Auschwitz della Natura e noi siamo obbligati (moralmente ed eticamente, per desiderio di giustizia e di sopravvivenza del mondo) a salvare il salvabile dalla furia scatenata del Male Assoluto che si annida in ciascuno di noi quando non rispettiamo il pianeta e gli esseri viventi che sono la nostra sopravvivenza e la nostra salvezza!

12 – DARE NOME AGLI ULIVI

Caro Tito, nel giugno 2018 ho proposto ad Antonio Epifani (proprietario, assieme ad altri familiari, del bell’agriturismo Zangarsa sulle colline di mezza costa a Badolato sullo Jonio) di dare un nome ad ogni albero d’ulivo della sua rigoglioso e secolare uliveto. Dare un nome avrebbe potuto significare mettere una targa al tronco di un albero d’ulivo intitolandolo, ad esempio, ad Ilaria Alpi e a Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio (Somalia) il 20 marzo 1994 e perciò martiri dell’informazione internazionale la cui vicenda attende ancora la dignità della giustizia.

Vorrei che tutti gli uliveti d’Italia e del mondo venissero dedicati, pianta per pianta, a tutti coloro che hanno lottato per la pace nel mondo, a coloro che per la pace hanno sofferto o sono morti. Forse non basteranno tutti gli ulivi del mondo per accogliere i nomi di coloro i quali hanno lavorato e lottato per la pace.

13 – GRAZIE !!!

Caro Tito, dal 2011 – 2012 che avevo intenzione di scrivere qualcosa per Orlando Sculli (come prototipo di tutti coloro che non si risparmiano per la salvezza di qualcosa in particolare e del pianeta più in generale) oggi voglio ringraziare il semplice gesto di civiltà così come la più grande impresa di singole persone o di gruppi ed associazioni contro lo sterminio del genere umano e della biodiversità.

Voglio, quindi, ringraziare Orlando Sculli per tutto ciò che fa e che significa. E Gli voglio augurare lunga vita, in piena salute, pure perché possa portare avanti il più possibile la sua passione salvifica e la sua missione di uomo e di calabrese, di italiano e di cittadino del mondo. In particolare, il vero calabrese cosciente ed amante della sua Terra non può stare con le mani in mano, ma deve assolutamente cercare di darsi da fare per ridare vigore e dignità ad un popolo e ad un territorio fin troppo martoriato.

Da quando mi sono reso conto del valore e dei destini dei popoli, mi sono sentito molto vicino, ad esempio, agli indigeni delle Americhe (del Nord, del Centro e del Sud) così come dei nativi e degli aborigini degli altri continenti (d’Africa, Asia, Australia e della stessa Europa), decimati e quasi estinti nelle continue predazioni e pulizie etniche (antiche e nuove) santificate pure dalle religioni espansionistiche filo-imperialismi.

14 – PUBBLICAZIONI E RICONOSCIMENTI

Caro Tito, bisognerebbe inserire Orlando Sculli tra i calabresi più eccellenti, ma so che i tipi come Lui tengono poco ai premi, ai riconoscimenti. Gli basta la soddisfazione di fare qualcosa di buono e di utile al proprio territorio e alla valorizzazione della Natura in sé e per sé, alla civiltà dell’uomo migliore e alla memoria del lavoro delle generazioni precedenti. Tuttavia, alcune istituzioni non possono fare a meno di riconoscere il tanto lavoro fatto dal prof. Sculli, come, ad esempio, nella vitivinicoltura ( https://www. ecodellalocride.it/ news/il-calabrese-orlando-sculli-benemerito-della-vitivinicoltura-italiana/ )  anche come valorizzatore dei palmenti rurali ricavati dalle rocce emergenti dal terreno … un tesoro inestimabile che ancora resta semi-sconosciuto ma che è necessario anagrafare, studiare e valorizzare come riconoscenza, a nostra volta, del lavoro e della civiltà contadina … una civiltà da ripristinare non solo con la tendenza alle vere coltivazioni biologiche ma con lo spirito di vivere di vera Natura e di salvare il nostro pianeta la cui salute è già profondamente compromessa!

Dalle pubblicazioni già edite possiamo appurare i numerosi campi privilegiati di studio e di azione del prof. Orlando Sculli. Quasi tutti si riferiscono al “recupero” socio-culturale! Come ad esempio le FONTI LATINE SULLA CALABRIA (luglio 2000) un testo di ben 450 pagine con scritti dal poeta e drammaturgo Gneo Nevio (270 – 201 a. C.) fino al nostro Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (Squillace 487 – 585) fondatore della prima Università d’Occidente. Come I PALMENTI DI FERRUZZANO (luglio 2002) lo studio di 137 palmenti scavati nella rocca a Ferruzzano e dintorni, nella zona della Locride. Come I CUNTI DI FERRUZZANO (luglio 2003) una raccolta di 101 fiabe di Ferruzzano. Come I VITIGNI AUTOCTONI DELLA LOCRIDE (marzo 2004). Come FIABE DELLA LOCRIDE (2005). Come ANTICHI GIOCHI GIOCATTOLI E STRUMENTI MUSICALI DELLA LOCRIDE (dicembre 2007). Come CATARSI (2013). Come ASPROMONTE – Il giardino dei frutti dimenicati (2014).

Appare evidente che è multiforme l’attività del poliedrico prof. Sculli il quale è richiesto ovunque ci sia da fare nelle sue discipline di conoscenza. Collabora molto attivamente con numerosi studiosi ed università che spesso lo invitano a convegni e conferenze pure all’estero. Tra tanto altro, ha compartecipato pure alla creazione dei testi e delle schede per la Calabria del << Quaderno dell’ISPPRA 2012 – Frutti dimenticati e biodiversità recuperata. Casi studio: Calabria-Trentino-Alto Adige>>. Tra i lavori in preparazione figurano principalmente: 1) Fonti greche sulla Calabria; 2) Le fiabe dell’Aspromonte raccontate nei dialetti di ogni paese della Locride e tradotte in italiano. 3) Dizionario del dialetto di Ferruzzano con circa 400 lemmi di origine greca. 4) Erbe e piante medicinali, piante tintorie della Calabria. E tantissimi documenti ha nel cassetto che potrebbero portare ad altre preziose pubblicazioni!

15 – GLI EROI IN ESTINZIONE

Caro Tito, chi sono i veri eroi? E, in particolare, chi sono gli “eroi del quotidiano” o dell’ordinario vivere? Me lo sono chiesto già nel 1995 quando ne ho trattato in un apposito capitolo del libro “Prima del Silenzio”. A mio parere Orlando Sculli è sì un eroe del quotidiano, ma è sicuramente un “eroe speciale” essenzialmente perché appartiene ad una categoria di persone in via di estinzione. In estinzione paradossalmente come le cose che cerca di recuperare e valorizzare!…

Infatti, la cosiddetta (in)civiltà industriale e/o burocratica, purtroppo, non solo tende a non favorire la vita degli studiosi e degli scienziati che non siano servizievoli al suo imperialismo, come il prof. Sculli, ma li ostacola, nonostante un ipocrita manierismo e una cultura di facciata. Pure per tale situazioni i giovani non si avvicinano alle discipline coltivate da chi, come Sculli, fatica grandemente (seppure con indicibile soddisfazione) per salvare e valorizzare ciò che va salvato e valorizzato con somma urgenza!

16 – SALUTISSIMI

L’augurio è, quindi, che le nuove generazioni sia intraprendenti e tenaci come il prof. Orlando Sculli il quale resta baluardo ed esempio per chi crede e vuole attuare i grandi valori della vera civiltà naturalistica ed umanistica, etica e amorosa. Sacra.

Caro Tito, pensando alla prossima corrispondenza n. 328, ti ringrazio tantissimo e ti saluto sempre con grande amicizia e fraterno affetto, sperando che sia gradito ai nostri Lettori questo dovuto tributo di stima e di amore, di incoraggiamento e di lungimiranza agli “ulivi che donano” senza interruzione. Cordialità,

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

Iter Love City, martedì 27 aprile 2021 ore 19.00 (le foto sono state prese dal web)

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