calabria-bizantinaCaro Tito, fin dall’adolescenza mi sono continuamente trovato a leggere manoscritti o libri di poesie, racconti e persino diari, romanzi e altri scritti, affidatimi da innumerevoli persone d’ogni età e condizione. Tali “scrittori” o “aspiranti scrittori” mi chiedevano un parere sulla loro Opera oppure una vera e propria recensione da pubblicare su vari organi di stampa. Ovviamente, per la mia vocazione volontaria ed etica, non ho mai chiesto in cambio né soldi né favori ad alcuno. Tutto totalmente gratis. Anzi, spesso ero io a rimetterci qualcosa (in tempo e in denaro) e qualcuno ha voluto essere persino servito a casa con il giornale dove è stata pubblicata la recensione!… Servizio completo, dunque!… E a volte pure “male o non ringraziato”!…

Scrivo al passato, poiché è finito ormai quel tempo della mia totale disponibilità. Ma non perché sia “un altruista pentito” (come ti ho detto in altra lettera). Scrivo al passato, dal momento che non ho più quelle energie sufficienti a donarmi a tutti, con affetto e vero amore per qualsiasi “umanità”. Per amare il prossimo è anche necessario avere tante energie che ci portino a “fare bene il bene”.

Adesso che mi sono ritirato a vita privata (dopo la pensione del primo novembre 2016), mi limito a scrivere (sempre volontariamente, “gratis et Amore Dei”) su Autori selezionati dalla mia profonda stima, dal mio affetto e dalla condivisione di valori comuni. E la proposta di una recensione, questa volta, la faccio io. A mio piacere e discrezionalità. Finalmente!

Così, adesso, mi soffermo sulla poesia e sui più evidenti valori di Battista Mario Trapuzzano, un mio coetaneo di Gizzeria (CZ), borgo ad appena 15 kilomentri da Lamezia Terme, sul mare Tirreno. Battista incarna quel “sublime nascosto” tipico di un’antichissima tradizione spirituale della nostra Calabria fin da quando (dal periodo bizantino in poi, cioè dal 476) eravamo considerati “la nuova Tebaide” … ovvero un territorio popolato di innumerevoli eremi ed eremiti, anacoreti, asceti, mistici, monaci isolati o comunitari i quali, provenienti dal vicino Oriente, hanno lasciato una notevole impronta (ancora presente) nelle nostre tradizioni religiose e nelle persone più propense al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione.

BATTISTA TRAPUZZANO

Ho conosciuto Battista nell’estate di trenta anni fa, quando mi sono recato a Gizzeria, su utile suggerimento del mio amico Sostene Nisticò, il quale aveva letto da qualche parte l’esistenza di un concorso per bibliotecario in quel Comune. A quel tempo ero senza lavoro poiché, pur dopo tanto mio attivismo, il sindaco di Badolato non mi aveva rinnovato il contratto annuale di bibliotecario.

A Gizzeria ho incontrato Battista e il fratello (impiegato comunale). Abbiamo familiarizzato subito ed entrambi sono stati assai gentili (come lo si può essere nella Calabria più genuina e tradizionale) nel condividere con me il loro frugale pranzo, a casa loro. Sono stato commosso da tale gesto, che ancora mi resta bello e validissimo nell’animo. Poiché a tale concorso era interessato proprio Battista e nessuno meglio di lui avrebbe potuto fare il bibliotecario e l’animatore culturale del suo stesso paese natìo, ho agito in modo tale da non presentare la domanda e i voluminosi attestati che mi ero portato appresso.

Da quella volta Battista ed io ci siamo tenuti in contatto per alcuni anni. Così ho avuto modo di leggere ed apprezzare i suoi scritti editi ed inediti, che mi hanno stupito davvero tanto. Poi, giusto dieci anni fa, recandomi a Gizzeria, ho fatto conoscere a Battista un altro grande poeta ed intellettuale calabrese, suo vicino di paese, poiché è di Lamezia Terme … quel prof. Pasqualino Bongiovanni (www.pasqualinobongiovanni.it) che, nonostante l’intervenuto mio scetticismo, mi aiuta ancora a credere nella esigua Calabria migliore.

BIO-BIBLIOGRAFIA DI TRAPUZZANO

Secular or religious, Catholic or Orthodox, followers of singular syncretism of Eastern religions and apocryphal Christian revelation or even shamans healers: these are the contemporary hermits. They are not so many, but their presence and their witness hIeri sera, sabato 10 febbraio, Battista mi ha mandato, via mail, la sua breve “scheda bio-bliobliografica” autorizzandomi ad inserirla in questa lettera. Eccola …

Sono nato a Gizzeria, provincia di Catanzaro nel 1950 da Corinna Curcio e Cesare Trapuzzano. Ho svolto negli anni settanta studi tecnici e magistrali. Vincitore di pubblico concorso ho svolto nei primi anni ottanta l’attività di bibliotecario comunale nel mio paese. Sono stato organizzatore di attività culturali ed artistiche presso il comune con cui ho lavorato. Ho in seguito fatto altri lavori ed ho avuto esperienze giornalistiche su alcune testate regionali come collaboratore locale.

Ho pubblicato il mio primo libriccino di Poesie nel 1974 dal titolo adolescenziale “Tra l’erba e la luna” presso l’Editore Lo Faro di Roma con una introduzione di Letizia Carile. Nel 1985 presso la Casa Editrice Rubettino di Soveria Mannelli ho pubblicato il mio secondo libro di poesie dal titolo “Giorni d‘indizi” ricevendo tra gli altri riscontri positivi da parte di Giorgio Barberi Squarotti, Milena Melani, Giovanni Ramella Bagnari, Marcello Camilucci, Giuseppe Amoroso, Luigi Reina, Alberto Cappi, Carlo Cipparrone, Liana De Luca, Laura Maria Occhini, Anna Borra, Giusi Verbaro ed altri. Attualmente risiedo a Gizzeria.

IL RECENSORE DI LIBRI

vittoriale-dannunzio-gardone-riviera-bsMa, torniamo alla mia volontaria e gratuita propensione ad aiutare gli altri (anche nella scrittura). Bisogna precisare che, solitamente, è un vero e proprio lavoro (più o meno a tempo pieno) quello del “recensore” o “curatore” di libri o commentatore di opere di varie discipline e arti. Infatti, nel 1967 ho fatto stampare in tipografia a mie spese (retribuendo pure l’editore) la prima raccolta di poesie “Gemme di Giovinezza”. Poi da universitario, negli anni Settanta, frequentando a Roma pure salotti letterari e personaggi del mondo della media e piccola editoria, ho constatato quanto chiedevano i “recensori” per un semplice articolo-segnalazione o per una presentazione scritta o parlata di un libro.

Nel 1974 per una piccola presentazione di una o due pagine, i recensori (professionisti e non) chiedevano da un minimo di trecentomila ad un massimo di seicentomila lire (a seconda della notorietà della firma) quando io con quei soldi, da studente universitario, riuscivo a stare a Roma (vitto, alloggio e qualcos’altro) dai tre ai sei mesi (libri e viaggi da e per Badolato esclusi). E lo stipendio mensile di un insegnante elementare, allora, si aggirava attorno alle 130 (massimo 160) mila lire!

Invece, io ho sempre fatto tale “lavoro” per puro e semplice volontariato socio-culturale, sicuro che la scrittura potesse aiutare ogni e qualsiasi persona, innanzi tutto, a vivere meglio ma anche a trovare in sé ulteriori motivazioni di realizzazione (specialmente sociale e morale) nella vita, il più possibile con umiltà e con la coscienza che il cammino di una qualsiasi arte è pur sempre assai arduo. E’ risaputo che la scrittura (o l’arte in generale) aiuta a conoscersi meglio e a scandagliare maggiormente il mondo. E’ un’attività altamente pedagogica, così utile e persino terapeutica che sarebbe assai benefica pure poterla esercitare per il solo gusto di mantenere cuore e mente allenati al valori più esaltanti e necessari della nostra esistenza. Un vero e proprio “diletto”!…

veduta-aerea-certosa-serra-san-brunoMa, di solito, trovarsi davanti a un foglio bianco (di computer o di carta) non è affatto facile (anche per gli stessi professionisti della scrittura). Infatti, a volte ci vuole coraggio a stilare nero su bianco e poi mandare alle stampe ciò che si è scritto. Già trovare la frase-chiave di avvìo è una prima sfida vinta. E’, tuttavia, sempre una forte emozione ed una grande responsabilità sapere che la scrittura sia destinata non solo a rimanere (addirittura un tempo illimitato, se ha fortuna) ma comunque a sopravviverci per un breve o lungo periodo! Come qualsiasi altra opera duratura.

Invece, frequentemente, mi trovavo di fronte a persone intraprendenti fino alla temerarietà, che avevano una stima smisurata di sé e qualcuna di esse riteneva di essere degna del più grande successo nazionale o persino del … Premio Nobel. Per fortuna che, nella stragrande maggioranza, gli scrittori dilettanti (cioè quelli che, appunto, si dilettano a scrivere, senza ambizioni o pretese) hanno i piedi per terra e capiscono quali e quanti siano i propri limiti, specialmente davanti ad un’arte apparentemente facile quanto ardua come la vera scrittura.

Inoltre, mi è pure capitato di trovare chi addirittura non ha accettato la mia recensione (già scritta e pronta per la pubblicazione) per il solo motivo che non avevo incensato abbastanza l’opera e la persona! Meno male che tutti gli altri mi riconoscono “onestà intellettuale” e grande rispetto per chiunque si avvicini a me per chiedere un semplice parere o una recensione oppure un incoraggiamento o una collaborazione. Lungi da me, quindi, adulazioni, bugie o sviolinate!!!… Chi mi legge deve essere totalmente garantito sulla veridicità e autenticità di ciò che gli sottopongo o propongo. Massimo rispetto per l’Autore e massimo rispetto per il Lettore! Ed anche per me stesso!

VOLONTARIATO EDITORIALE

Infatti, in linea generale, senza illudere, cerco di incoraggiare indistintamente tutti, pure per la speranza che qualcuno almeno possa continuare nell’arte della scrittura. E più di qualcuno, in verità, mi ha dato ascolto con buoni risultati. Tanto è che mi sono reso disponibile persino a curare l’edizione e la divulgazione dell’opera a sue o addirittura a mie spese (come è accaduto nel 1992 per il voluminoso romanzo “Spiragli da una bocca di lupo” di Rosa Gallelli che ha avuto pure una discreta eco nazionale multimediale e che è stato stampato in ben duemila copie). Ho aiutato veramente tantissime persone ad avere dimestichezza con la scrittura e con la stampa delle proprie Opere. E sempre gratuitamente, quando non ero in grado di fornire loro pure un aiuto finanziario.

Purtroppo, a fronte di tutto questo notevole impegno, ho ricevuto anche tante amarezze da tale mio volontariato, ma, ovviamente, pure tantissima e vera felicità. Poiché credo ancora e sempre nella compensazione, ho ricavato molta soddisfazione addirittura da coloro che mi avevano amareggiato … specialmente quando, non rendendomi poi più disponibile ad aiutare, tali persone si sono rivolte a vari piccoli editori a pagamento ed hanno toccato con mano quanto valeva il mio lavoro del tutto gratuito (e di qualità) fatto con amicizia, affetto e (a volte) maggiore professionalità. Più di un Autore è tornato a pregarmi di assisterlo ancora nelle sue Opere! Ma invano, caduta ormai che era la fiducia (e non certo per causa mia)!

“SCUOLA DI GIORNALISMO”

poeta-che-leggeIl mio volontariato si è espresso pure per “rivelare” a parecchi giovani e adulti (uomini e donne, persino rinomati laureati) i “segreti” (se così possiamo dire) del giornalismo, pure per giungere ad attuarlo autonomamente nel migliore dei modi con un’adeguata comunicazione sociale. Oggi come oggi, infatti, è assai importante comunicare bene, per sé stessi, per il proprio territorio o per altri utili scopi. La scrittura giornalistica (come quella “letteraria”) permette, infatti, ad una persona o ad un territorio di affermare innanzitutto (ancora prima del messaggio scritto) che “esistiamo” nel contesto della nostra società e della nostra geografia.

Ad esempio, un corrispondente (come, il poeta-giornalista Battista Trapuzzano, cui è dedicata questa lettera) o un collaboratore locale di un quotidiano cartaceo (oppure radio, TV locale, siti internet, ecc.) contribuisce, con i suoi articoli, ad affermare a tutti (ad ogni pubblicazione di un suo articolo sulle pagine regionali o nazionali) che il suo paese (Gizzeria, in questo caso) “esiste” ed opera (nel bene come nel male) ma “esiste”. Esiste! Agisce!… Ed è tanto al giorno d’oggi evidenziare la propria “esistenza in vita” nel contesto di un selvaggio spopolamento dei nostri borghi in agonia!…

suor-mirella-mui_-eremo-di-geraceSono poi molto lieto di avere “formato” (a volte soltanto indirizzato) veramente tantissime persone verso il giornalismo locale o la comunicazione di autopromozione personale o aziendale. La mia vocazione è stata e continua ad essere proprio quella di dare ogni genere di “input” di progresso a persone, aziende, enti e territori, senza gelosie professionali, anzi!, e sempre con la più larga e libera disponibilità … così come l’etica sociale impone. Ho sempre messo a disposizione la mia persona senza guardare l’orologio o le distanze, l’economia (per ciò che ho potuto) e la lungimiranza.

IL VALORE DELLA SCRITTURA

Fino a pochi anni fa (quando avevo più energie psicofisiche da spendere) incoraggiavo le persone più sensibili (oltre a quelle che comunque già scrivevano) a pubblicare qualcosa di bello e di duraturo. Ero e sono tuttora convinto che ogni persona dovrebbe lasciare traccia di sé, attraverso la scrittura o altra arte espressiva, poiché mi sembra giusto dare a tutti l’opportunità di manifestarsi nei buoni sentimenti e nei migliori valori esistenziali. Inoltre, incoraggio in particolar modo le persone anziane, le quali (avendo accumulato innumerevoli nozioni ed esperienze) potrebbero essere utili a tutte le altre generazioni (specie ai giovani) con la narrazione del loro vissuto e con la morale finale della vita.

Spingo ancora i nonni a scrivere una lunga lettera ai nipotini per raccontare loro tutto ciò che hanno in animo di affidare loro (quasi come una eredità morale e familiare). Anche a futura memoria! Sollecito i neogenitori di scrivere il diario delle emozioni al neonato, possibilmente giorno per giorno, allargando tale scrittura ad altri familiari. Tutta questa affettuosa scrittura sarà sicuramente uno dei più grandi doni che si possano fare ai propri eredi (me lo hanno assicurato coloro che hanno già ricevuto tali preziosità). Ognuno di noi gioirebbe enormemente al dono di uno scritto o di una testimonianza che ci racconti tutto ciò di cui, da piccolini, non potevamo avere coscienza o ricordo.

E, come dicevo poco fa, il primo valore della “scrittura” (di qualsiasi tipo di scrittura, anche fotografica o canora o iconografica, ecc.) è dire che “esistiamo”, che noi ci siamo, partecipiamo alla vita sociale. Scrittura come “esistenza in vita”, come testimonianza, documentazione personale e di storia sociale, e così via. E già non è poco. Se, poi, riusciamo anche ad emozionare, a veicolare esperienze utili e valori costruttivi … allora la “scrittura” assume sempre maggiore e migliore valore, in crescendo. Si è soliti dire che una persona, durante la sua vita, dovrebbe almeno fare un figlio, scrivere un libro e piantare un albero!

LA SCRITTURA E’ LA MIA SPOSA

monaci-ortodossi-san-giovanni-therestis-bivongi-rcSempre più spesso, come già sai, le idee mi svegliano di notte. E le annoto immediatamente, affinché non scappino. In una di queste “svegliate” l’idea era “La scrittura è la mia sposa”. Come sai, caro Tito, verifico puntualmente su internet ogni idea che mi viene in mente. Così, digitando “La scrittura è la mia sposa” ottengo come risultato la stessa frase esistente sul sito www.robertoritondale.it aperto dall’omonimo Roberto Ritondale (nato a Pagani SA il 09 ottobre 1965), laurea in scienze politiche, giornalista dell’ANSA, autodefinitosi “Scrittore Ambulante” (e come tale ha ricevuto pure alcuni premi), vive a Seregno della Brianza.

L’ho contattato telefonicamente ed abbiamo convenuto che, per molti di noi, la Scrittura è veramente la nostra sposa. Fedelissima. Poi ho contattato alcuni Poeti (come Roberto Fuda residente a Firenze ma originario di Gioiosa Jonica RC e Filomena Orlando di Agnone del Molise) e tutti si sentono “coniugati” con la Scrittura o con lo Scrivere. Lo dico qui per dimostrare come e quanto vale per molti questa impellente “esigenza” amorosa. Perché sì, la vera Scrittura, alla fin fine, è essenzialmente Amore, come tutte le Arti e le altre utili Presenze del mondo.

Caro Tito, ognuno di noi ha una passione così forte che non ci stancheremmo mai di stare con lei. La scrittura, la musica e altre arti, lo sport e quanto altro. Riascolta la bellissima canzone che il tenore Andrea Bocelli canta assieme a Giorgia, intitolata proprio “Io vivo per lei”. Ma “Lei” non è una donna …. Bensì la MUSICA. Ecco, siamo totalmente fedeli soltanto con le nostre più forti passioni! E, soltanto se una passione diventa la nostra “passione” più vitale, le saremo veramente fedeli sempre! Riporto il testo della canzone (che risale al 1995) tra le “Letture parallele”.

LA SCRITTURA ESIGE SILENZIO

La Scrittura è figlia del Silenzio ed esige silenzio!… Così come la Preghiera, la Contemplazione, il Pensiero e l’Arte più in generale. Perciò, (che una persona stia in luoghi ameni ed appartati come gli eremi o nella sua stanzetta in città) essenziale è stare in silenzio e fare silenzio dentro, altrimenti la “parola” più giusta e veritiera non arriva. Se per i religiosi o gli spiritualisti il luogo del silenzio è l’eremo (clausura, sito isolato, convento, ecc.), per gli scrittori, solitamente, è il cosiddetto “buen retiro” o rifugio oppure semplicemente “studio” (la stanza dove, appunto, si studia e per studiare bene ci vuole il silenzio, la concentrazione).

Chi pensa e scrive non è una persona d’azione … E’, questo, un antico pregiudizio che oggi dovrebbe essere ben superato. Infatti il binomio “pensiero ed azione” appartiene proprio a chi scrive, poiché lo scrivere è già la prima azione del pensiero. Così, il pensiero diventa azione con la scrittura prima ancora della testimonianza attiva ed operativa. Il Pensiero può essere figlio dell’Azione, così come l’Azione figlia del Pensiero. Uno produce l’altra e viceversa.

MISTICI E POETI

mina-cantanteLa nostra Calabria ha fama di essere “terra di mistici e poeti” (che tra loro, spesso, non sono dissimili). Tuttavia (a parte gli eremi, i cenobi, i monasteri, ecc.) oggi vengono definiti “mistici” coloro che in effetti sono “veggenti” del tipo Natuzza Evolo, Fratel Cosimo Fragomeni, Caterina Bartolotta, Teresa Scopelliti e altri. Non è questa la sede (né tanto meno sono la persona più adatta) per trattare di questi fenomeni, che pur hanno davvero parecchio séguito. Tra visioni, stimmate, spiritualità e “miracoli” questi personaggi connotano una Calabria troppo antica o troppo particolare. Certo è che il popolo calabrese non ama il protagonismo o il clamore come i popoli di altre regioni meridionali, come ad esempio, la Sicilia, la Campania e la Puglia. Siamo un “popolo prevalentemente spiritualista”. Ma siamo davvero un popolo?…

Si nota chiaramente che, comunque, siamo gente troppo differente, silenzioso, con radici troppo profonde. Sarà stato l’isolamento geografico e sociale?… Sarà che, in realtà, siamo un popolo-non-popolo (oppure un “popolo provvisorio” oppure ancora “un multi popolo”) poiché il nostro territorio è una piattaforma di transito verso altri territori e quei pochi che rimangono sono o si sentono smarriti, magari pure loro con il sogno d’evadere … Nessuno (che io sappia) ha ancora analizzato a fondo la nostra antropologia. Tuttavia, noi calabresi siamo considerati tra i più attaccati alla nostra Terra. Ricordi?… io stesso dico che ho sofferto lungamente di “calabresite acuta” che sembrava inguaribile. Calabria che, al confine tra Oriente ed Occidente, guarda sempre a Nord e poco al suo più profondo Sud. Perché?…

Di questa strana situazione risente ogni cosa, Poesia e Narrativa comprese. Basta leggere i calabresi che hanno scritto la Storia della nostra Letteratura (da Antonio Piromalli a Pasqualino Crupi). Fatto sta che la Calabria ha una spiritualità molto sofferente, tanto che spesso la nasconde. La Calabria nasconde tutto. Solitamente, nelle agenzie di viaggio è difficile trovare un viaggio organizzato di una settimana per la Calabria e (a parte i villaggi turistici) pure per il turismo siamo una terra di passaggio da e per la Sicilia (quando non veniamo ignorati via aerea o mare). Ecco pure perché la Calabria è la Terra del “Sublime nascosto” e il Poeta Battista Trapuzzano ne è parte integrante e consapevole. Pure Battista si sente un “mistico” e per il mistico vale più essere che mostrarsi.

IL VITTORIALE, EREMO DANNUNZIANO

abruzzo-roccamorice-eremo-di-s-bartolomeoIl cosiddetto “Vittoriale degli Italiani” è un vero e proprio eremo, anche se può apparire un eremo di lusso del grande vate Gabriele D’Annunzio che in tale amenissimo luogo sul lago di Garda (precisamente nel Comune di Gardone Riviera, in provincia di Brescia, pochi chilometri sopra Salò) ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, ritiratosi “a vita privata” dopo le clamorose imprese patriottiche e amorose. Nel visitare tale Vittoriale (nel giugno 2017) ho notato che le stanze dove D’Annunzio studiava, scriveva, mangiava e dormiva erano proprio tipiche di un eremitaggio o di un “buen retiro” e per giunta pure semibuie (anche per via degli occhi sofferenti del Vate).

Il modello monastico del Vittoriale laico risponde alle esigenze di un qualsiasi spirito che è alle prese con lo scavare nel profondo dello spirito e della bellezza interiore. I Poeti, gli Spiritualisti, gli Asceti, i Creativi di qualsiasi genere e natura non sono altro che operai più simili ai minatori (i quali estraggono la materia prima che poi verrà lavorata e acquisita variamente dal resto del mondo).

MINA MAZZINI, LA GRANDE SOLITARIA

meteora_agios_triadas_greciaI riflettori cinematografici o televisivi sono (quasi) come una droga. Infatti, poche persone riescono a disintossicarsi standone veramente lontane, mentre tutti gli altri non riescono a fare a meno delle scene (e, se ci provano, vanno in crisi d’astinenza che possono portare al suicidio). Una di queste poche persone che è riuscita nella sua “clausura” è Mina Mazzini (Busto Arsizio, Varese 1940 poi vissuta a Cremona), osannata e polivalente artista (cantante, attrice, conduttrice televisiva, produttrice discografica, ecc.) che ha avuto un successo come nessuno mai in Italia. La data del 23 agosto 1978 (ben 40 anni fa) segna l’addio alle scene dello spettacolo e dell’arte canora. Da allora, ufficialmente, Mina vive nel suo rifugio di Lugano, divenendo pure cittadina svizzera.

Dunque, Mina Mazzini ha avuto un encomiabile coraggio e finora una enorme tenacia nel difendere definitivamente la propria “privacy” (anche di immagine), pur continuando la sua carriera artistica con nuovi lavori, sempre di grande successo. I multimedia la definiscono “la grande solitaria”. Può essere considerata un’eremita nostra contemporanea?… Penso di sì, specialmente perché ha rinunciato alla vanità dei riflettori per raccogliersi in sé stessa e nella sua famiglia. E’ sicuramente un esempio di persona che, dopo tanto clamore e tanto mondo, ha scelto almeno il silenzio mediatico e la negazione della sua immagine. Sicuramente adesso sarà una persona migliore!

LA SCRITTURA DEL POETA

Ognuno di noi nasce con delle predisposizioni a fare meglio una attività piuttosto che altre. C’è chi è portato più per la matematica ed altre materie scientifiche; c’è chi è portato per le materie umanistiche, la riflessione, gli approfondimenti e la scrittura. Ognuno ha un ben determinato “talento” e la logica vuole che ognuno di noi debba valorizzare e moltiplicare il proprio talento, affidatoci dalla natura o, secondo i Vangeli cristiani, da Dio.

Così Poeti (e Scrittori) hanno una propensione verso una scrittura che possono far valere per sé stessi o per gli altri (dai i 25 lettori di manzoniana memoria ai milioni dei “best-sellers”, cioè libri più venduti). Essendo pure i Poeti “animali sociali”, la loro scrittura tende comunque a voler raggiungere gli altri, il più possibile ed il più lontano (anche nel tempo oltre che nella geografia).

Da che mondo è mondo, i Poeti ci sono sempre stati ed hanno deliziato o “soccorso” innumerevoli persone o rappresentato l’identità più intima del loro Paese. Artisti della parola e dei sentimenti, spesso visionari e profeti, i Poeti sono un dono di Dio (se così possiamo dire). Riscaldano il cuore, ci confortano, ci mettono sull’avviso … insomma, la vera poesia esprime solamente “Amore”. Pure per tale motivo, ritengo che i veri Poeti sono i migliori “Sacerdoti del sublime”.

SACERDOTI DEL SUBLIME

mano-foglio-e-penna-di-poetaIn verità possiamo essere tutti, indistintamente tutti … “Sacerdoti del sublime”. Infatti, se “Sacerdote” significa (ancora) “Avvicinare al sacro” (e declinazioni simili, così come in origine significava “donare il sacro” ) … allora sono o diventano “Sacerdoti” tutti coloro che riescono a fare della loro esistenza (professione e vita) una cosa assolutamente “sacra“. Se, poi, il termine “sublime” significa come significa “eccelso, sommo, supremo” … etimologicamente “al di là del limite” (confine normale delle cose e delle manifestazioni) … allora il sacro elevato (come è naturale e logico) all’ennesima potenza diventa “sublime”. Umanamente e artisticamente, “sublime” rappresenta il limite (massimo, il più elevato) oltre cui l’essere umano non può andare. Ma è pur sempre il massimo del massimo!

Tradotto nella nostra vita quotidiana, ci rende “sacerdoti” già il solo tendere (seriamente però e con le opere, non solo con il pensiero) al “sublime”. Infatti, i cosiddetti sacerdoti delle varie religioni, pur sapendosi imperfetti umani (simili a tutti per difetti e addirittura “peccatori”), si sono però messi più di tutti gli altri sulla via della perfezione che tende al “divino”, al “Sublime” (sinonimo di divinità).

Nel 1968 ho definito in modo beneaugurante “Sacerdos Rei Publicae” (Sacerdote della Repubblica) un mio carissimo amico che aveva vinto un concorso dirigenziale al Ministero delle Finanze. Ritenevo, infatti, che debbano essere all’altezza del sacerdozio (cioè del “sacro” e della strada verso la perfezione) tutti coloro che, in particolare, hanno cariche pubbliche e ruoli al servizio per i cittadini. Ma anche il cittadino è “Sacerdos Vitae” – Sacerdote della vita personale e civile! … non soltanto verso lo Stato ma anche verso sé stesso, la sua famiglia e tutte le altre persone che ama.

Perciò, se il Poeta è o si sente “Sacerdote” della Poesia (o della sua Musa ispiratrice), allora è sicuro che usa il dono ricevuto dalla Natura (o da Dio) in modo tale da elevare la sua arte verso il sublime (sacro e perfezione soprattutto spirituale), affinché chi lo legge possa, a sua volta, tendere al sublime. Per quanto ne sappia, ho motivo di ritenere che Battista Trapuzzano sia Poeta di un sublime … nascosto. Cioè, penso che ancora in lui non sia venuto completamente fuori quel “sublime” che finora ha lasciato soltanto intravedere. Ma è “sublime nascosto” pure perché Battista ama coltivare la sua Poesia nel “nascondimento” … uno stare al mondo e persino una virtù, questa, che coglie proprio coloro i quali, sentendosi umili o inadeguati, sentono il bisogno di stare appartati, in maggior silenzio e raccoglimento proprio per giungere a quella perfezione (sostanziale, stilistica e persino mistica) necessaria per potersi dire veri “poeti”.

IL NASCONDIMENTO

libro-preghiere-de-ciocchisIl nascondimento, dicevo, è uno dei mille modi di stare al mondo e può essere una virtù esaltante che viene ancora praticata, specialmente in Calabria, persino da “eremiti” e “asceti” cristiani, laici o interreligiosi come Swami Atmananda (1948 Orvieto, ex pugile), eremita indo-cristiano, che ha il suo “eremo dell’Armonia Primigenia” nei boschi del Comune di Cerva (sulla pre-Sila jonica catanzarese). C’è anche padre Ernesto Monteleone nel piccolo romitorio di San Nicodemo (Comune di Mammola RC) in Aspromonte ricadente nella diocesi di Locri-Gerace. E c’è pure il francese Frédéric Vermorel, dal 2003 nell’eremo di Sant’Ilarione nell’entroterra del Comune di Caulonia (RC), accanto al fiume Allaro.

Ci sono pure donne ascetiche, come suor Mirella Muià (di rito bizantino) la quale (calabrese, due lauree, già ricercatrice alla Sorbona di Parigi dal 1977 al 1989) ha fondato nel 2012 a Gerace (RC) l’Eremo dell’Unità (per l’unità tra la Chiesa Greca-Ortodossa, la Chiesa Cattolica e tutte le altre Chiese cristiane). “La divisione delle Chiese è uno scandalo” afferma suor Mirella ex-sessantottina, proprio come Padre Cosmas che poi (come monaco greco-ortodosso proveniente dal Monte Athos – Grecia orientale) ha ricostruito e riaperto l’eremo di San Giovanni Therestis a Bivongi (RC) adesso tenuto da alcuni monaci romeni di rito greco-ortodosso.

Bisogna dire, inoltre, che c’è chi, italiano, sceglie eremi esteri, come Padre Giovanni il quale (ex professionista, originario di Catanzaro) è divenuto monaco del Monte Athos, visitato anni fa dal filosofo calabrese di Soverato, Salvatore Mongiardo. Nell’agosto 1992 ho “scalato”, assieme a mia moglie, nella Grecia del nord, in Tessalia, nei pressi della cittadina di Kalambaka, l’altro importante e grande polo eremitico-monastico, quello delle Meteore (in alto nei cieli), ovvero 24 monasteri costruiti su suggestive rocce a picco (altissime e inaccessibili falesie di arenaria) divenute adesso patrimonio dell’Umanità. Ma ci sono pure parecchi italiani che sono eremiti in India e in altri continenti. Silenzio e nascondimento, preghiere e contemplazione del sublime-Sublime!

Tra eremiti, anacoreti ed asceti, in Italia (da nord a sud) si contano circa 200 religiosi e laici, donne e uomini che si sono dedicati al silenzio, al nascondimento, al raccoglimento, alla preghiera e alla scrittura tra la natura o addirittura nelle stesse città. Nell’ottobre 2016 molti di loro si sono riuniti nei pressi di Firenze (all’eremo del Lecceto) per uno scambio di esperienze sotto il titolo “Vivere in disparte per essere al cuore del mondo”. Così, pure l’eremitaggio risente adesso della globalizzazione e del mondo digitale, per cui si è nascosti e silenziosi ma si comunica col mondo.

EREMITI IN CASA

laghetto-con-san-bruno-a-serra-vvCaro Tito, pure il Poeta Battista Trapuzzano (così come il nostro comune amico Vito Maida, spiritualisti ed appartati, alla ricerca del “sublime”) ama stare “nascosto” ed ho dovuto insistere molto e a lungo per “strappargli” l’assenso a poter almeno accennarti di lui, il quale (a mio modesto parere) ha per noi un enorme valore simbolico ed esemplare di enorme significato ed importanza spirituale e sociale. Battista Trapuzzano è la vera Calabria … quella che ci deriva dalla tradizione desertica ed orientale della “Nuova Tebaide”.

Il fenomeno degli eremiti o degli anacoreti laici di casa o di città è molto più vasto di ciò che si possa pensare. Infatti, sono da considerarsi “eremiti” coloro che fanno vita appartata nei nostri paesi o nelle nostre città (restando quasi sempre in casa a studiare, a scrivere o a creare arte). Un esempio, tra tutti, può essere Antonio Gesualdo (lo storico di Badolato e “umanista universale”) il quale ha un regolamento tipico monacale: sveglia alle 6, colazione, studio fino alle ore 10, un’ora di aria, rientro, pranzo, riposo, ripresa studio e scrittura, spesso anche fino a notte tarda. Rare le uscite, magari soltanto per qualche conferenza o incontro utile alla sua spiritualità. Vedi pagine 307-311 sesto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori”.

Quasi medesimo stile di vita assai riservata e domestica osserva in Agnone del Molise (IS) lo scrittore prof. Remo Nicola de Chiocchis (ex docente scuole superiori, che conosco ormai da oltre 30 anni), fondatore ed animatore delle “Edizioni dell’Amicizia” e del “Centro di Spiritualità nonviolenta”. Vedi pagine 263-4 sesto volume del “Libro-Monumenti per i miei Genitori”.

Anacoreta poteva essere considerato pure lo scrittore Nicola Caporale (1906-1994) il quale alternava le sue giornate tra studio, laboratorio di pittura e giardino (vedi pagine 224-231 sesto volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori”). Ed “eremita urbano” si considerava il Poeta di Soverato, Vito Maida (1946-2004), il quale, quando non stava a casa, era quasi sempre in giro a visitare e fotografare eremi ed eremiti di quasi tutta la Calabria. Vedi pagine 297-382 (volume quinto) e 387-391 (volume sesto) Libro-Monumento per i miei Genitori. Grazie a Lui ho appreso tanto sugli eremiti e su altri tipi di spiritualità non soltanto in Calabria.

LA POESIA COME PREGHIERA

Ad esempio, il suddetto prof. Remo de Ciocchis (oltre che scrittore ed editore tra “scienza e santità”) scrive e pubblica frequentemente poesie come preghiere o preghiere come poesie. Ma anche Vito Maida, da buon spiritualista laico, usava il verso come preghiera, alla sua maniera. E’ mia convinzione che qualsiasi cosa noi facciamo è o diventa, comunque, “preghiera” se diamo a tale nostro agire il tono ed il significato della devozione e dei valori mistici dell’Amore universale.

L’amico scrittore e poeta Domenico Barbaro (Platì RC 1949) che ricorre spesso in queste mie lettere, è, come medico psichiatra, sempre a contatto con la sofferenza. Da parecchi anni, ormai, per ogni Natale pubblica una sua poesia di amorosa speranza sulla quarta pagina di copertina della rivista trimestrale a colori “Umanizziamo…ci” prodotta dall’AVO e dalla ASREM di Isernia. Sono davvero autentiche preghiere. Spero che ne faccia una raccolta da dare alle stampe o da diffondere via internet come e-book. Se ne gioverebbero in tantissimi, di sicuro! Intanto, alcuni incorniciano questa pagina natalizia e l’appendono alle pareti di casa o dell’ufficio per quanto è bella e toccante!

I medici umanisti sono spesso anche letterati (uniti nell’Associazione Medici Scrittori Italiani – AMSI). Uno di questi, il prolifero poeta e drammaturgo Sergio Emanuele Labanca (1925-1996), molto legato alle tradizioni popolari della sua Agnone del Molise, scriveva e leggeva in una chiesa sempre gremita già alle 5 di mattina una sua poesia-preghiera (con il sottofondo musicale della “Pastorale”), in occasione del “Piccolo Natale” riservato ai pastori della transumanza in partenza per le Puglie il 21 novembre di ogni anno. Era questo il suo modo (ovviamente ogni anno sempre con un testo diverso) di beneaugurare a chi partiva e a chi restava un affettuoso e Santo Natale!

L’ASCETISMO POETICO

In tutti questi decenni di esistenza e di vita, mi sembra di aver capito che taluni Poeti oggi come oggi abbiano un po’ come sostituito i monaci eremiti, i contemplatori, gli anacoreti e gli asceti di tanti secoli fa, specialmente nella nostra Calabria dove il monachesimo eremitico ha un’antica vocazione e consuetudine, come dimostrano le tradizioni di ciascun paese e come ha bene illustrato recentemente la trasmissione televisiva “Calabria bizantina” andata in onda (per quasi un’ora) dal canale tematico Rai Storia lunedì 05 febbraio 2018 dalle ore 21,10 nel contesto della serie “Italia, viaggio nella bellezza” (segnalatami da Soverato per telefono dal sempre attento Salvatore Mongiardo che tanto sta facendo per valorizzare gli ingenti giacimenti ancora nascosti della nostra regione, compresi quelli spiritualistici, filosofici ed etici).

Così, come dimostra il Poeta Battista Trapuzzano (cui è dedicata questa lettera), la Scrittura e la Poesia, in particolare, diventano liturgie (culti veri e propri) così come quella stessa ricerca del “sublime” intrapresa, pure in senso religioso, da innumerevoli eremiti che hanno trasformato la Calabria (specialmente quella jonica) nella “nuova Tebaide” realizzando una civiltà spirituale senza eguali in Europa tra il quinto e il dodicesimo secolo. Prova ne sono centinaia e centinaia di cenobi, di romitori, di chiesette rupestri (in buona parte “basiliane”, come il santuario della Madonna della Sanità a Badolato), grotte e quanto altro è stato utilizzato dagli eremiti e dagli asceti.

Ecco, qui di seguito, come sintetizza l’Ufficio Stampa Rai, i contenuti della trasmissione televisiva che ho molto apprezzato, pure perché ho visitato gran parte di tali eremi e siti conventuali della Calabria, non soltanto bizantini come, ad esempio, la clausura della Certosa di Serra San Bruno (Vibo V.), nella cui spiritualità ho trovato non a caso, nel settembre 1967, il più nitido senso del mio stare al mondo attraverso l’illuminazione “fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Emblematico, vero, caro Tito?…Nel silenzio otteniamo risposte per noi assai determinanti!

Per completare il valore di tale trasmissione Rai sulla Calabria bizantina, tra le “Letture parallele” mi sembra opportuno inserire l’articolo firmato dal prof. Ulderico Nisticò (mio compagno di liceo dai Salesiani di Soverato) e pubblicato (con il titolo di “Calabria bizantina, mica solo monaci”) martedì 06 febbraio 2018 da www.soveratoweb.com del sempre gentile direttore Simone Musmeci che mi rilancia con grande efficacia e generosità le lettere che invio a te. Ecco il link …

Calabria bizantina, mica solo monaci

RAI STORIA: ITALIA. VIAGGIO NELLA BELLEZZA Calabria bizantina (lunedì 05 febbraio 2018 ore 21,10) http://www.ufficiostampa.rai.it/dl/UfficioStampa/Articoli/ITALIA-VIAGGIO-NELLA-BELLEZZA-04e17e31-dfea-4056-b7d1-b513d1395ab7.html

Per oltre 500 anni, a partire dalla conquista giustinianea del quinto secolo, la Calabria, unica tra le regioni italiane, vive sotto un ininterrotto dominio bizantino. In questo mezzo millennio, la Calabria è a tutti gli effetti una regione greca, sia amministrativamente che culturalmente. Ma solo nel 1927, con il libro “Le Chiese basiliane della Calabria” il grande archeologo Paolo Orsi (Rovereto 1859-1935) svela un passato che fino a quel momento è pressoché sconosciuto. Un tesoro fatto di arte, storia, religiosità. Chiese che non hanno uguali nell’Italia medievale!….

La Cattolica di Stilo, l’abbazia di Santa Maria del Patire a Rossano, il battistero di Santa Severina: sono tutti edifici che sembrano arrivare direttamente dal mondo greco. Come dall’oriente arriva in Calabria la tradizione del monachesimo greco; un monachesimo ascetico ed eremitico che trova i suoi luoghi di culto proprio in queste piccole chiese, se non addirittura in vere e proprie grotte. Tutto questo ha reso la Calabria un terra unica, un pezzo d’oriente nell’Italia meridionale, dove la cultura greca ha lasciato profonde tracce, sia materiali che spirituali, che attraverso i secoli sono arrivate fino a noi.

L’UNIONE DEI POETI

Nel 1995 ho dedicato quasi tutto il libro “Prima del Silenzio” alla POESIA e all’ARMONIA. Tra l’altro, auspicavo la “Valorizzazione dei Poeti” (pagina 99) pure attraverso una “Unione dei Poeti” (pagine 98-99) assieme agli “Eroi del quotidiano” (pagina 113). Ho cercato di fare qualcosa a riguardo, però ho notato che i Poeti, in maggioranza, amano stare da soli e, al massimo, intrecciare selezionate amicizie poetiche con pochi altri “eletti” da Calliope (Musa greca della Poesia) oppure riescono a trovare momenti di confronto e di socialità nel partecipare ai concorsi letterari o ad eventi di presentazioni di libri, altre conferenze o spettacoli socio-culturali.

Solitamente, i più veri Poeti (ed in genere gli Artisti) amano fare vita ritirata, facendosi avvolgere dal silenzio contemplativo dove attingere ispirazione. Tale esigenza di “stare in silenzio” avevo avuto pure io nel 1995, tanto da pubblicare il sopra citato libro “Prima del Silenzio” dove alla pagina 6 ho scritto: “Caro Futuro, accetta pure benevolmente, se puoi e vuoi, anche questo mio imminente ingresso nel “Silenzio”, con l’augurio che questa mia “clausura culturale ed escatologica” possa diventare tempo proficuo secondo le più belle ed utili aspettative d’Iter”.

Vedi, caro Tito, nel 1995 già parlavo di “clausura culturale ed escatologica” come esigenza vitale ed essenziale per poter entrare nel “Silenzio” …. soltanto là dove si può trovare ciò che si cerca, poiché nel raccoglimento, nella contemplazione (anche laica) la mente ed il cuore possono effettuare percorsi impossibili da intraprendere nel “chiasso” della vita sociale attuale, così piena di distrazioni ed interferenze. Infatti, per quanto mi sforzassi di entrare nel “silenzio” tanto desiderato, non sono riuscito a realizzare tale mio sogno. Ed ho poi capito i due principali motivi.

Prima di tutto, non puoi aspirare al silenzio se non vai là dove c’è la quiete quasi assoluta (cioè in luoghi lontani dall’affollamento umano e sociale, come in fondo facevano e fanno gli eremiti, gli asceti, gli scrittori, ecc.). Poi, non si può ottenere il silenzio quando si ha un lavoro che quotidianamente ti porta troppo in mezzo alle infinite esigenze della gente. Così, è stato facilissimo entrare nel silenzio proprio appena andato in pensione (dal primo novembre 2016), pur restando in città o sempre più spesso in un luogo appartato sul mare … luogo da dove vedo soltanto azzurro di cielo e azzurro più azzurro di mare! Finalmente! Per tale nuova residenza, ti sarai accorto, e da quel periodo firmo le mie lettere dal mio luogo … “Azzurro Infinito”.

IL MIO NASCONDIMENTO

Caro Tito, adesso che le forze cominciano a mancare, mi trovo costretto a razionalizzare meglio la mia giornata e, quindi, devo limitarmi nel profondere energie a tutti e a tutto. Adesso scrivo soltanto le cose che mi piacciono, quelle che ritengo più utili e non do più séguito alle richieste che ancora mi pervengono (pure per la nomea che mi ero fatto di regalare il mio tempo, la mia salute, la mia professionalità e non solo). Finora, con molto piacere e estrema convinzione, ho donato davvero assai e persino oltre ogni ragionevole misura, ma sempre con grande affetto. Però, oggi come oggi, è necessario pensare al mio làscito intergenerazionale, alla mia eredità socio-culturale, non sapendo quanto ancora mi resta da vivere (e con un minimo almeno di salute operativa).

TUTTAVIA …

Tuttavia, di tanto in tanto, mi concedo qualche libertà, non riuscendo a resistere alla qualità magnifica di taluni scrittori, come personalità e come opere pubblicate. Così, adesso non ho potuto resistere a dirti di un vero grande Poeta calabrese quale è Battista Mario Trapuzzano.

BATTISTA TRAPUZZANO VERO POETA

jacari-gizzeria-arbereshe-cartello-stradaleBattista Trapuzzano (che stimo tanto ed ho assai caro soprattutto per la nobiltà d’animo, l’abnorme sensibilità e per la meravigliosa arte poetica … benché ci siamo incontrati brevemente soltanto due volte) mi sembra sia un simbolo della nostra più antica Calabria, abitata da genti ricche soltanto di valori e di umiltà … persone abituate al tenace e duro lavoro, ai sacrifici spesso inumani, alle cose essenziali e ai sentimenti più puri e genuini. Una Calabria nascosta e schiva che non ama il clamore o la vanagloria, ma che tende a difendersi da contaminazioni non assimilabili ed abituata al “rigetto” di atteggiamenti d’importazione che non giovano alla propria anima più profonda e nitida.

Ed io, che da questa Calabria più antica provengo, capisco benissimo l’amico Battista quando mi nega una sua foto o altre notizie che possano meglio descriverlo a te, caro Tito, che sei l’orecchio, l’occhio, la bocca e il cuore di una nuova Calabria che cerca di stare al passo con i tempi senza però snaturalizzarsi. Non ho potuto fare altro, credimi, nonostante le mie insistenze, per raccontarti qualcosa di più di questo Poeta tanto vero quanto riservato simbolo del “sublime nascosto”.

LETTURE PARALLELE

Caro Tito, il nostro Poeta Battista Trapuzzano vive così appartato che non si riesce a rintracciare quasi nulla di suo nelle pagine di internet. Finora sono riuscito a reperire soltanto un suo articolo, scritto in memoria del poeta calabrese Antonio Agatone (Sambiase 1953-2006) e pubblicato da “Il Quotidiano della Calabria” mercoledì 11 gennaio 2006. Meglio di niente, per adesso. Ti trascrivo il link e il testo completo, per come tratto dal sito www.sambiase.com di cui eccoti il link…

http://www.sambiase.com/index.php?option=com_content&view=article&id=98:antonio-agatone&catid=57&Itemid=24

Seguiranno alcune poesie di Battista Trapuzzano, altre mie riflessioni, l’articolo di Ulderico Nisticò “Calabria bizantina, mica solo monaci” (pubblicato da www.soveratoweb.com il 06 febbraio 2018) ed infine il testo della bella canzone “Vivo per lei” (dedicata alla Musica e, per esteso, ad ogni altra Arte o Passione).

AGATONE, IL POETA DELLA GRAZIA PERDUTA

di Battista Trapuzzano

la-cattolica-bizantina-di-stiloHo appreso della scomparsa di Agatone da un comune amico: – come sta Antonio avevo chiesto e, lui, “non scherzare”; ho capito subito: ho balbettato fra le labbra chiuse la mia sorpresa poi sono corso dietro ai pensieri, la nostra giovinezza, la nostra amicizia lunga, difficile a volte.

Agatone era un temerario impigliato nelle ali lunghe della poesia e, per essa, penso sia vissuto sino all’ultimo; un errabondo senza patria ideale, un anarchico autentico e irriducibile. Era timidissimo, un uomo come un vecchio soldato alla ventura. Non aveva di suo che la sua ironia e, lui la usava contro se stesso, come si usa in uno specchio infranto un viso riflesso; si scherniva in quel suo eterno disagio e quasi lo sentivi risolversi in una solitudine impietosa, riparatrice. Vibrava di tensione ogni sua parola rivolta alla poesia: citava a memoria i suoi autori vertiginosamente, perdendosi dietro a ogni idea col suo linguaggio felice, complicato, estremista: Leopardi, Rimbaud, Borges, Campanella, Platone, Giordano Bruno, Baudelaire, Nietzsche, Pasolini, Campana. Solo i libri riuscivano a trascinarlo via da quel suo baratro di identità perdute, viziate, rimosse sino ad accettare, senza mai chiederselo, ogni dolcezza che gli veniva dalla poesia: la sola arma di rivincita, di riscossa nei confronti in una realtà avvilita; un uomo senza scampo per il gioco alto della parola diventata poesia; un uomo, lui, vittima di se stesso prima ancora che di se stesso carnefice.

Giorni prima di apprendere della sua morte avevo parlato con l’amica Maria Rosaria Folino dicendole che bisognava scrivere qualcosa su questo poeta così appartato: volevo che la mia amica si occupasse e venisse a conoscenza dell’opera (quasi del tutto inedita) di questo poeta. Maria Rosaria ne era rimasta entusiasta e come sempre disponibile a spendersi per la bellezza; poi abbiamo dovuto sospendere il viaggio, il “progetto”: – a chi non c’è più tutto diventa poco! mi ero chiesto.

Agatone era anche autore di testi vernacolari ma la sua forza vera stava nell’esercitare quel “viluppo” simbolista che è nel ritmo medianico, sonoro della sua poesia in lingua.

Di contro alla sua scrittura “ricercata” c’era un uomo istintivo, solitario, premonitore, visionario. Agatone era davvero un affabulatore della parola. La sua natura errabonda ed inquieta quasi si identificava con la “veggenza” della sua ironia struggente, metaforica dando spesso di sé l’aspetto d’un individuo profondamente d’accordo con la sua disarmonia metafisica. Di sicuro un poeta colto, per nulla approssimativo; non suggestionabile dalla realtà né condizionato dall’incanto della parola poetica fine a se stessa.

“Se ne andato poco alla volta” mi aveva detto l’amico che gli era rimasto più vicino negli ultimi anni; “il suo corpo s’era indebolito e la sua anima era diventata un puntino luminoso appena” ogni uomo autentico è sempre preda del suo destino mi aveva detto emozionato per la scomparsa dell’amico.

Io lo amavo perché amavo la sua poesia dogmatica, difficile, autentica. Lo amavo perché amavo la sua ironia triste ed il suo coraggio di esistere. Di lui mi rimane dentro e negli occhi il suo andare incerto per le strade di Lamezia: un Dio minore, quasi un Diogene metropolitano in cerca del mestiere di vivere: ombra riflessa, quasi, d’una grazia perduta lungo le vie impervie della parola scritta. Mi mancherà. Lo cercherò tra la folla. Ma so che non lo vedrò più. Battista Trapuzzano

ALCUNE POESIE DI BATTISTA TRAPUZZANO

Da Giorni d’indizi, Rubbettino 1985

RIVEDRO’ IL SENSO DELLE PASSIONI

Rivedrò il senso delle passioni,

correggerò il frammento, simulerò

l’ingiuria.

Riprenderò il pensiero chiuso in una

scatola, in una foglia, in un inverno

che qui ha seccato quanto c’era da dire

e da non dire.

Metterò suole e ginocchiere e avrò facile

cammino fra gli specchi che tagliano

il riflesso dei vetri negli occhi.

NUOVI INDIZI PER LE STANZE

Nuovi indizi per le stanze

mi dicono che la campagna è spoglia,

che nulla sale e nessuno per le vie

seguite dalle volpi di passo né più

in fila si sciolgono o si dolgono gli asini

monaci carichi di fieno, d’erba marzolina.

Questo che ti dico è antico forse come

la scrittura, ma quello che non dico è la ferita,

il sangue dei crepacci, la creta dei pensieri

a cui tu più non credi.

VOGLIO CHE TU SAPPIA CHE HO MESSO SU PENSIERI

Voglio che tu sappia che ho messo su pensieri

– radici profonde nell’istinto,

che ti dono l’acqua segreta delle vie della terra.

Voglio che tu sappia che la mia primavera

non ha luoghi; che l’inverno s’è racchiuso

nell’unica tua mano che si tende nel donarmi

l’unico fiore, l’unica semenza di questa tua

pietà che ricomponi, guardandomi, come si ricompone,

spersa tra l’erba, la rosa solitaria nel suo rovo.

LE RANE DI TAVANO*

Le rane di Tavano, i girini sospinti

sotto le elitre ricurve, i morsi

delle mosche cavalline.

Tutte le mie infanzie hanno memorie

di luoghi, di nomi mai rivisitati.

La vipera nera era ad un grido dal fiore

di mortella; nei solchi di granoturco

l’acqua allettava le gramigne e vi correvano

sotto i ramarri e le cecilie.

Ho perso il conto delle dita intrecciate

nei fili del ragno che tese

le tagliole e districò la vita dai suoi

indizi primitivi: l’infanzia sotto il segno

della mosca impigliata a una radice d’ulivo.

* Tavano, località del lametino.

E FU AD UN PASSO

E fu ad un passo

da te la confidenza col silenzio.

Non l’udisti il tempo ladro entrare

nella tua vita e uscirne allegro di vizi

con dietro il male trascinato a fatica.

Da Cinque canzoni per il padre, Rubettino 1985

MI ATTENDERAI

Mi attenderai un’altra notte alla finestra

e ti dirai, schermendoti, che ancora non è tardi,

che il sonno può aspettare, per quel poco che l’età

sa concederti.

Poi avrai freddo, misurerai i tuoi occhi col silenzio,

lo fenderai, vi troverai un motivo in più per ascoltarlo

ancora sino all’alba.

Non ci sarà nessuno che capirà quando dirai loro

d’aver vegliato tutta la vita, sempre,

che tuo figlio non mancasse una sola volta

a quel silenzio.

Da Altri versi per Corinna, Rubettino 1985

CORINNA NON STA PIU’ A RICORDARSI

Corinna non sta più a ricordarsi

ora che stanca, quasi di fiato in fiato,

mi spinge nel passato mentr’io le cerco, crudele,

quel neo che la ridusse col pensiero figlia

dell’ingiustizia d’un ordine più altero.

CORINNA I CAMPANILI

Corinna i campanili urtano di là dai vetri

il cielo fatto brina ed io dormo e tu rondine

gridi come fosse già l’alba ai miei mattini.

PERCHE’ BASTAVA CHIAMARLA

Perché bastava chiamarla e lei Corinna

faceva vento da entrare nelle stanze

mostrando i lacci della sua distanza.

NEL TUO GIARDINO Corinna

Nel tuo giardino Corinna

i gatti han fatto rime

sporche e girandoti sola

in quel tuo rigira

troppo felino ti s’è impigliata

la coda in un innamorato ciclamino.

Da Sonatine, Rubettino 1985

FRA QUESTE DUE TENERE GIOIE

Fra queste due tenere gioie mi divido:

fiore del giuoco viola del dolore

– altra gioia non chiedo che non so più vedere.

DIO S’E’ MERAVIGLIATO

Dio s’è meravigliato delle tue erbe

verdi: ne è seguito un grido di terra

– un grido di fanciullo come di cardo.

I MIEI DUE VECCHI

I miei due vecchi

ridono

come due viole secche in un bicchiere:

In loro non c’è amore più solo

quando si dicono cose ch’io non odo.

CONGEDO

Le cose

che cadono

fanno rumore

e svegliano il mio gioco.

Di là dal sonno

di qua dalla poesia

lasciatemi l’ombra

di me che resta solo mia.

Battista Trapuzzano

CI VUOLE SEMPRE UN O.K.

Caro Tito, quando in un mio scritto (che sia recensione o qualcosa d’altro) tratto di una persona o della sua opera, ne invio sempre una bozza all’interessato perché ne verifichi forma e contenuto (raccomandando correzioni, integrazioni, cancellazioni, ecc.) e, quindi, mi dia l’O.K. (il “nulla osta”) definitivo alla pubblicazione. Come puoi ben intuire, spesso non è tanto il lavoro di documentarsi e scrivere, quanto quello di intrattenere rapporti che (dipende dai soggetti) possono diventare assai impegnativi e (a volte) persino difficili (specialmente con chi, a sorpresa, si manifesta fin troppo suscettibile o pretende o addirittura si crede già un Premio Nobel ma appena appena sa tenere la penna in mano).

E, ribadisco, essendo il mio un lavoro di totale volontariato, tutta questa fatica (a volte con più difficoltà del dovuto e persino con clamorose incomprensioni) scoccia, talora enormemente. Tra i tanti (è comunque nelle previsioni) c’è sempre chi “sgàgghya” (insiste nell’errore, non riesce, fallisce, non azzecca, non va liscio), in inglese si direbbe “flop” (fare fiasco). Tuttavia non demordo, poiché sono sempre più convinto che questo mio “servizio” gratuito possa essere in qualche modo utile al “protagonista” del mio scritto ma anche a chi legge e, in definitiva, alla nostra (seppur piccola) cultura sociale. E le soddisfazioni morali, ti assicuro, non mancano! Anzi, a volte, vedo tornare da me proprio chi, superbo, se ne è andato sbattendo la porta! Ma tutto ciò rientra nella normalità umana.

L’O.K. DI BATTISTA TRAPUZZANO

gizzeria_panorama_6Ciao Mimmo, sono come sempre lieto di sentirti e parlare con te. Lieto per la tua gentilezza e per aver capito tanto del mio modo (e mondo) di essere. Ti autorizzo a pubblicare la mia scheda bibliografica che ti allego con l’aggiunta di altre mie poesie … Come ci siamo detti la Poesia parla solo con la sua scrittura. Il resto conta poco o nulla. Rimane certamente la Stima e la piacevolezza di leggere le tue intuizioni sul valore didattico e “morale”, religioso, mistico della poesia. Puoi comunque trarre ogni considerazione sulla mia scrittura . Dire ciò che ritieni opportuno dire. Saluti, Battista Trapuzzano (Gizzeria, sabato 10 febbraio 2018 ore 19,03 via mail).

L’INDUSTRIA CULTURALE IN CALABRIA

Lo dico di sfuggita, ma so bene che tu sai comprendere a pieno l’enormità del problema, già da questi pochi indizi. Nella nostra Calabria manca (o è molto debole) quella che può essere definita L’INDUSTRIA CULTURALE. Una industria che non è fatta soltanto da una rete di Editori e di tipografie (così come di eventi e manifestazioni varie) … ma un’industria che dovrebbe avere tutta una serie di “indotto” (per dirla nel linguaggio industriale), utile al sostegno dei produttori (Autori), delle fabbriche (tipografie ed editori), della distribuzione, della promozione e della fruizione. Nell’indotto annovero chi, come me (anche se volontariamente), si occupa di recensire e far conoscere il “prodotto”. Prodotto che dovrebbe essere adeguatamente promosso, presentato e distribuito … quindi ci vorrebbero dei centri professionali di Presentazione e dei centri di Distribuzione (il più possibile capillare) e di “Vendita”.

Ma, potresti obbiettare, i libri non si vendono e gli “sponsor” quasi non esistono. Non si vendono da noi, ti rispondo. Pure per questo dovremmo cercare di guardare là dove l’industria culturale produce pane e lavoro e progresso generale. Insomma, tra tanto altro, non si riesce ancora a fare una vera e propria (grande e solenne) FIERA O FESTA DEL LIBRO CALABRESE (anche se qualcuno ha timidamente tentato ma senza l’aiuto di chi dovrebbe capire bene – istituzioni o altro – che pure la Cultura è un settore produttivo che va adeguatamente incentivato, organizzato e promosso).

Qui in Agnone del Molise ho realizzato la prima “Festa del Libro Molisano e della Comunicazione Sociale” nel dicembre 1989 … una manifestazione che è andata avanti per 15 edizioni, rendendo la cittadina alto molisana la “capitale” culturale o il punto di riferimento interregionale per Autori, Editori, Librerie, Lettori e quanto altro gira attorno a tale fenomeno.

Dopo questa incoraggiante esperienza, ho sùbito contattato parecchie istituzioni ed associazioni della nostra regione per esortarle a realizzare una “Festa del Libro Calabrese” (che potrebbe prevedere pure una parte sonora e video delle produzioni locali di Autori ed Artisti … proprio come “comunicazione sociale”). Ho esortato più di un editore affinché si pervenisse ad una Associazione Calabrese di Editori ma anche di Autori ed Artisti. Ne sai tu qualcosa?… Questo ti dimostra come e quanto siamo ancora indietro nel valorizzare la nostra Cultura, i cui giacimenti attivi e dormienti sono così immensi e imponenti da far impallidire qualsiasi altra cultura. Ma, purtroppo, non ce ne rendiamo ancora ben conto!

IL CENSIMENTO CULTURALE

gizzeria-inizio-paeseQuale istituzione, associazione o altro sarebbe in grado, in Calabria, di contribuire a far conoscere e valorizzare, ad esempio, intellettuali e poeti “nascosti” come Battista Trapuzzano?… L’Italia (e in particolare la nostra Calabria) è strapiena di persone che scrive, che fa ricerche storiche o sul territorio o si diletta a collezionare tante di quelle espressioni culturali materiali ed immateriali che si resta stupiti di quanta ricchezza ci sia nei nostri piccoli paesi. Eppure, siamo ufficialmente irrilevanti … al contrario, in giro c’è tanta preziosa qualità, che resta nascosta e non valorizzata per quanto merita.

Mi chiedo spesso che senso hanno le nostre Università calabresi se non portano attenzione alla vivacità socio-culturale che esiste nei nostri territori?… Da sempre esorto le istituzioni territoriali regionali ad effettuare un vero e proprio CENSIMENTO SOCIO-CULTURALE che ci dia la più esatta possibile situazione e consistenza di chi, di come, di quando e quanto fa “Cultura” in Calabria … al di là dei “soliti noti” o di coloro i quali si rendono più vicini ai poteri forti della politica, della partitocrazia o di altre scorciatoie.

Per fare solo un esempio, non esiste un censimento pubblico di quanti e quali poeti, narratori, pittori, scultori, fotografi, attori, scenografi, musicisti, gruppi musicali, siti internet, teatri, e via dicendo … ci sono in Calabria (e, per esteso, in Italia) che a volte, se sostenuti, sarebbero capaci di impegnarsi gratis pur di far brillare il nostro territorio! Conosco tantissimi artisti (specialmente fotografi di paese) i quali sarebbero disposti a donare i propri preziosi patrimoni professionali ad una Istituzione (come la Regione) che offra garanzie e si prenda la briga di raccogliere tutta questa eredità, valorizzarla, esporla per una adeguata fruizione pubblica.

LA BIBLIOTECA CALABRESE DI SORIANO

Ma, per fare qualcosa, da noi nel Sud, c’è sempre bisogno di un apostolo che, come un cireneo, si accolli l’impegno e la “croce” di realizzare qualcosa di significativo e, possibilmente, di duraturo (che si faccia natura e identità irrinunciabile del nostro essere popolo). Come, eroicamente, ha fatto il preside Nicola Provenzano, il quale ha posto le basi per la BIBLIOTECA CALABRESE che può essere considerata come la Biblioteca Regionale Centrale. Una istituzione di un merito e di una preziosità che valgono almeno il doppio, proprio perché (nonostante mille difficoltà) è nata in un “deserto” e sta, piano piano, fecondando tale deserto, valorizzando quasi tutte le abbondanti risorse della nostra identità ultramillenaria. Come non ringraziare tutti coloro i quali (con tanta abnegazione e tra tante difficoltà) cercano di mantenere una istituzione così indispensabile e prestigiosa!?…

WWW.COSTAJONICAWEB.IT E ALTRI SITI

Caro Tito, pure tu stai contribuendo notevolmente a sensibilizzare, con questo tuo magnifico ed utilissimo sito, affinché la Cultura più in generale (e quella calabrese e siciliana in particolare) venga promossa e valorizzata il più possibile. Personalmente non finirò mai di ringraziarti per la possibilità che mi dai per evidenziare tematiche, persone, personaggi e personalità di varia natura, nonché eventi, situazioni e valori senza cui saremmo più barbari dei barbari. GRAZIE INFINITE!

gabriele-dannunzio-in-divisaGRAZIE INFINITE pure a tutti gli altri siti (internet e cartacei) che si fanno in quattro per essere presenti e significare, valorizzando il più possibile i nostri territori, dallo Stretto al Pollino. Pure tali presenze socio-culturali e dell’informazione andrebbero meglio conosciute e valorizzate e rese ancora più utili in un sintema interconnesso e con maggiore partecipazione da parte di cittadini ed enti. Un GRAZIE PARTICOLARE vorrei pure qui rinnovare a “www.soveratoweb.com” che ormai da tempo riprende e rilancia, appena pubblicate da te, queste mie LETTERE. Un grande merito a beneficio del nostro popolo e del nostro territorio, troppo spesso dimenticato!

“CALABRIA BIZANTINA, MICA SOLO MONACI” di Ulderico Nisticò (da www.soveratoweb.com martedì 06 febbraio 2018)

Calabria bizantina, mica solo monaci

Rai storia dedica una trasmissione alla Calabria bizantina (VI-XI secolo dC); ottimi gli interventi di Cuteri e Petrone, con l’autorità del compianto Burgalella. È stato carente però, a mio parere, il senso storico dei fatti, e troppo si è parlato di conventi e di monaci, e pochissimo di tutto il resto. Ora scrivo come la penso io. Nell’immaginario dei tardoilluministi occidentali, i Romei, o Bizantini, furono tutti brutti, malati, corrotti e dediti da mane a sera alle congiure di palazzo, e, la notte, ad innominabili depravazioni; e, come massimo sforzo culturale, a dissertare sul sesso degli angeli. Così, a chi lo prende sul serio, insegnò Voltaire. Poi uno legge un libro di storia qualsiasi, e scopre che dal 395 al 1453, per undici secoli, questi smidollati e guasti e deformi e mal gaudenti governarono la parte più ricca e civile del mondo, mentre l’impero di Carlo Magno era già bell’e finito il giorno dopo la morte di lui, e Napoleone, repubblica inclusa, durò a stento diciotto anni, e in senso stretto appena dieci. Se i “bizantinismi” producono tali effetti ben più saldi e forti del giacobinismo, ben vengano, e più ce n’è, meglio è!

cartello-stradale-benvenuti-in-calabriaIn Calabria, dove non so quanti sono i credenti, ma certo sono tantissimi i clericali, il tempo dell’Impero Romano d’Oriente, dal 535 al 1060, sei secoli, è sempre e solo una cosa: eremiti e monaci, detti anche, e impropriamente, basiliani. Per carità, ci sono stati anche loro, e molti; e diamo qui l’elenco dei cenobi secondo padre Fiore: S. Maria in Carrà di Africo; S. Elia, S. Teodoro, SS. Trinità di Avena, S. Zaccaria, SS. Quaranta Martiri di Aieta; S. Pietro di Anoia; S. Lorenzo di Arena; S. Basilio, S. Giorgio di Badolato; S. Basilio di Bisignano; S. Giovanni Terestì Vecchio di Bivongi; S. Leo, S. Giorgio di Bova; S. Maria di Tridetti di Bovalino; S. Pancrazio di Briatico; S. Nicolo del Prato, S. Vito di Bruzzano; S. Andrea Mauronio, S. Angelo, S. Ciriaco di Buonvicino; S. Giovanni Castaneto, SS. Salvatore di Calanna; S. Giovanni Calibita di Caloveto; S. Angelino Militino di Campana; S. Ciriaco de Amusa di Castelvetere (oggi Caulonia); S. Fantino, femminile, di Castrovillari; S. Leonardo, S. Maria di Cinnapotama, S. Caterina in Rocca Falluca di Catanzaro; S. Gerusalemme di Catena; S. Andrea; S. Maria de Cosma, S. Maria dell’Armi, S. Nicola di Nuda, femminili, di Cerchiara; S. Filippo Argirò di Cinquefrondi; S. Giosafatte di Corigliano; S. Lorenzo, poi S. Angelo di Drapia; S. Nicola di Drosi; SS. Filippo e Giacomo di Feroleto; S. Cosma di Fiumara di Muro; S. Elia di Galatro; S. Antonio di Castello, S. Demetrio, S. Epifania, S. Filippo Argirò, S. Giorgio, S. Ieiunio, S. Nicola di Pietracappa, S. Venera, S. Anna, femminile di Gerace; S. Nicola di Vibisano di Gimigliano; S. Giovanni di Campolongo di Isola [C. R.]; S. Fantino, S. Giovanni di Cuzca di Laino; nell’attuale Lamezia T., S. Nicola di Gaggio di Acconia; S. Costantino, S. Elia di Nicastro; S. Eufemia, poi la grande abbazia benedettina; SS. Quaranta Martiri di Sambiase; Kyr Macaros, S. Maria dell’Armi, S. Maria delle Fonti di Lungro; S. Anargiro, maschile; S. Maria de Canna, S. Veneranda, femminili, di Maida; S. Nicodemo di Cellarana, S. Nicolò di Mammola; S. Pietro di Marcanite; S. Elia di Melicuccà; S. Maria, S. Nicolò di Molochio; S. Maria di Mopsi (oggi Polsi di San Luca); S. Nicola de Tripa di Mormanno; San Giovanni di Motta S. Giovanni; S. Giorgio di Pietracappa di Nadile di Careri; S. Teodoro di Nicotera; S. Mercurio di Orsomarso; Le Saline o Aulinas poi SS. Elia Nuovo e Filarete, S. Elia da Reggio, S. Luca, S. Mercurio, S. Michele Arcangelo di Palmi; S. Michele Arcangelo, S. Nicola de Tremulo, S. Stefano di Papasidero; S. Maria di Cardopiano di [Petilia] Policastro; S. Pancrazio, S. Onofrio del Chao di Pizzo; S. Pietro Spanò, S. Maria di Pizzoni; S. Barbara, S. Maria di Carbonara, S. Maria di Placet, S. Maria di Ruvo, S. Pietro di Polistena; S. Lorenzo, SS. Annunziata, S. Fantino, S. Lucia di Mindino, S. Maria di Terreti, S. Nicola di Calamizzi, S. Nicola di Gallico, maschili, S. Pietro di Arasì, SS. Quaranta Martiri, Gran Madre di Dio a Calamizzi, femminili di Reggio; S. Salvatore Calomeno di Sambatello; S. Anargiro, S. Maria di Rovito di Rosarno; S. Adriano, S. Biagio di Vaio, SS. Cosma e Damiano, S. Giovanni Battista, S. Giovanni Prodromo, S. Maria Nuova Odigitria del Patir, S. Menna di Goffone, S. Mercurio, S. Onofrio, S. Opolo di Rossano; S. Eustrazio, S. Maria di Trapezomata, maschili, S. Anastasia, femminile di S. Agata d’Aspromonte; SS. Salvatore S. Adriano, e NN. di S. Demetrio Corone; S. Pietro di S. Pietro a Maida; S. Lucia dei Taorminesi, S. Nicola di Donnoso, S. Nicola dei Siracusani di Scalea; S. Fantino di Scilla; S. Filareto, S. Giovanni di Lauro, S. Nicodemo di Seminara; S. Teodoro di Mirto di Siderno; S. Maria de Vetere, S. Maria della Roccella, , S. Senatore di Squillace; S. Martino di Squillace e Soverato; S. Gregorio Taumaturgo di Stalettì; Arsafia, SS. Apostoli, S. Giovanni Terestì Nuovo, S. Leonzio, S. Nicola di Camerota, S. Nicola di Prato, S. Pantaleone di Stilo; S. Fantino di oggi Taurianova; Peteano, S. Maria di Pesica, S. Nicolo di Iacciano di Taverna; S. Angelo di Tiriolo; S. Basilio Scamardì di Torre [Ruggero]; S. Angelo, S. Isidoro, S. Sergio di Tropea; S. Marina di Umbriatico; S. Angelo di Kampa, S. Giorgio di Valle Tuccia; S. Leo Luca di Vena di Bivona; S. Maria della Sana di Zagarise. Un elenco che certo non è esaustivo. Un buon numero di cenobi, certo, e monaci non privi di santità e di cultura greca. Ma attorno a loro, e anche senza e contro di loro, la Calabria era popolata da gente che mangiava, beveva, dormiva e vestiva panni, e reggeva città, e combatteva, e vinceva, contro Saraceni e Longobardi e chiunque altro, e coltivava la terra e teneva bottega. E si faceva i fatti suoi privati!

de-ciocchis-con-il-libroIntanto, anche la fede non era affidata solo, e nemmeno soprattutto ai monaci. La Chiesa costantinopolitana, prima del 1054 non ancora dichiaratamente scismatica, ma già indipendente da Roma, amministrava fin dall’iconoclasmo e decreto di Leone Isaurico del 732 le Diocesi dei territori soggetti all’Impero: la grande Arcidiocesi Metropolitana di Reggio con le suffraganee Bova, Gerace, Squillace, Crotone, Vibona, Nicotera, Tropea e Amantea; la nuova Metropolia di S. Severina con le piccole Diocesi di Ginecocastro (Belcastro), Isola, Cerenzia, Strongoli, Cariati, S. Leo, Umbriatico; l’Arcidiocesi di Rossano. I monaci erano, sotto l’aspetto sociale, una componente autoreferenziale e non scevra da elementi anarcoidi, appena obbedendo ciascun cenobio all’igumeno elettivo, al più ad un archimandrita di più cenobi; le Diocesi, al contrario, formavano una rigorosa gerarchia, che, dai vescovi e attraverso protopapi e papài, correva fino ai fedeli, parallela e concorde con quella dello Stato. Distinzione del resto puramente nominale, nel mondo bizantino, in cui Chiesa e Impero erano ugualmente manifestazione di Dio sulla terra, se ogni cosa “procede dal Padre”. L’invasione dei Longobardi del 568, che con Autari era giunta fino allo Stretto, era stata respinta e arrestata lungo la linea del Crati, tra Rossano e Amantea. Dall’VIII secolo la Calabria è le retrovie della guerra contro gli Arabi intenti alla conquista della Sicilia. Gli “empi Agareni”, dal fatale 829, saccheggiano le coste, e ne volgono gli abitanti in disperata e abbietta fuga: era dai tempi di Annibale che non vi accadevano fatti di guerra, e mille anni di pace, certo non sono palestra di valore militare. Nell’887-8, il generale Niceforo Foca riconquista Tropea, Amantea, S. Severina, dove, e forse anche a Squillace, si erano insediati emiri arabi; e dà una prima organizzazione a quella terra che già l’amministrazione e la burocrazia bizantine chiamano in parte o in tutto Calabria; e l’Impero si estenderà alla Langobardia Minor, la Puglia, e, più o meno effettivamente, sui principati longobardi di Benevento e Salerno. I nipoti dei miti fuggiaschi di due generazioni prima sono diventati, ammaestrati dalla sventura, a loro volta guerrieri, e partecipano alla difesa. Niceforo II Foca, nipote del condottiero, è imperatore dal 961 al 969, e in questi brevi anni compie una rivoluzione sociale, esaltando la funzione dei piccoli proprietari contro i latifondisti. In Calabria ordina che “ascendant ad montes”, da intendere come l’organizzazione della difesa attraverso i kastellia, borghi fortificati e popolati da contadini soldati, tutti ben visibili l’uno dall’altro, e facilmente raggiungibili; e vi inviò anche colonie militari da tutte le stirpi dell’Impero, e ciascuna giunse portando con sé la lingua greca, la fede in Cristo e nell’Imperatore, e la venerazione di santi guerrieri: Agazio centurione, patrono di Squillace e della sua Diocesi; Sostene, patrono del paese omonimo; Teodoro, patrono di Satriano, e, in Oriente, patrono dell’esercito imperiale… Tra i due Niceforo, il dominio imperiale in Italia Meridionale – quello su Ravenna, l’Esarcato e la Pentapoli è perso da tempo; Venezia e le città campane sono indipendenti; la Sardegna è dimenticata – viene organizzato attorno ad un catepano (“sovrapposto” all’Italia, “sottoposto” all’imperatore), che risiede a Bari, ed ha sotto di sé gli strateghi dei temi di Reggio, Tursi e della stessa Bari. Una ramificata, spesso eccessiva, burocrazia civile e militare regge i territori, e ne sono parte integrante i vescovi e il clero secolare.

eremitaProprio l’estensione del dominio ne pone i germi della fine: infatti, la popolazione di lingua latina e obbedienza papale inglobata nell’Impero diviene prevalente su quella greca, mentre tutta l’italianità sembra rinascere e crescere. La grecità, di fatto ridotta alla Calabria a sud del Crati e alla Terra d’Otranto, comincia a venire sentita come straniera, estranea, ostile. Già l’imperatore carolingio Ludovico II (855 – 875) scende in Calabria; e in altre occasioni le città si rivolgono agli imperatori d’Occidente per ottenere protezione dagli Arabi. Il governo imperiale è efficiente, però costoso e necessitato a ricorrere al fisco e a prestazioni personali. Il popolo di Rossano bruciò le navi da guerra che il governo aveva imposto di varare. È questo mutamento di cultura e civiltà la ragione profonda dell’accettazione della presenza normanna, nel seguente secolo XI. I cavalieri francesi, di lingua latina e fede cattolica, sono ormai italiani, anzi, giacché, dopo Civitate (1053), vassalli prediletti del papa, più italiani degli altri; e il loro compito, o, se si vuole, l’ideologia che si danno è la riconquista del Meridione contro i musulmani di Sicilia e questi scismatici Greci; e la proposizione e imposizione della pace a terre sempre dilaniate da conflitti che tutti sono capaci di iniziare e nessuno di vincere. Gli eserciti bizantini vengono sconfitti, senza che le genti si schierino a loro difesa. Anche le città che in qualche modo resistono – Reggio, Squillace – vengono presto a patti (1060). I vescovi greci, posti di fronte alla scelta, restano fedeli all’Impero e vengono sostituiti con dei latini. Altra vicenda, quella dei monaci, che restano indifferenti alla caduta del potere politico costantinopolitano. Aveva indicato loro questa strada s. Nilo da Rossano, passando a Roma e legandosi agli Ottoni e alla Chiesa romana, dove ancora la sua fondazione di Grottaferrata è una sorta di capo del rito greco in Italia. Tra gli Occidentali s. Nilo fu oggetto di venerazione; ma Giovanni Filagato, arcivescovo di Piacenza e poi antipapa, subì un terribile destino ad opera di Ottone III. Separate le sorti dall’Impero Orientale, le comunità monastiche vengono organizzate in una gerarchia che garantiva il controllo degli archimandriti di S. Elia di Carbone, S. Giovanni Teresti e SS. Salvatore di Messina sugli igumeni di Sicilia, Calabria e Basilicata: tre provincie monastiche, ma senza contiguità territoriale. La cultura “basiliana”, se non la lingua, sopravvivranno fino al XVIII secolo, protette dai Normanni, mal tollerate dagli Angioini, riportate in vita dal cardinale Sirleto.

Fu solo ad opera del dotto di Guardavalle che nacque un Ordine Basiliano inteso nel senso di una precisa gerarchia; e ancora ai primi del XVIII secolo c’era in Calabria qualche convento di rito e cultura greci. Non so se anche di lingua, e ne dubito. Nel Regno Meridionale, la grecità restò, e un poco resta tuttora. Greci sono molti toponimi, e moltissimi nomi prediali. Infiniti calabresi e pugliesi, anche chi scrive, portano cognomi greci; almeno il 20% delle parole dialettali meridionali, e, in Calabria a sud dell’Istmo, tutta la sintassi, sono greche bizantine. Ancora fino a tre generazioni addietro parlavano grico alcune piccole comunità del Reggino e dell’Otrantino. Greca è la religiosità, con la venerazione di santi orientali: Agazio, Cosma e Damiano, Giorgio, Gregorio Taumaturgo, Nicola, Teodoro; della Madonna Basilissa e Odigitria; di Santa Sofia.
Possiamo solo congetturare quale sia stata la vita dei Greci in un Regno sempre più latino. Ci fu, in alcune aree, un lungo momento di bilinguismo, come vediamo in molti cognomi per così dire tradotti: Palaia e Vecchi, Calò e Bello, Condò e Longo… e venne un tempo in cui i nipoti non capirono più i nonni, e si perse anche la memoria del passato.

eremita-copertina-libroO questa rimase come un segreto, almeno dove delle famiglie o delle consorterie vollero difendere il passato, sostituendo lo Stato imperiale con i legami familiari e di autodifesa non solo culturale: e forse qui il luogo per rilevare che ‘Ndrangheta significa andragathia, valore guerriero. La cultura letteraria bizantina in Italia fu prevalentemente teologica, agiografica, omiletica, cultuale, scientifica. Non mancarono intelletti di valore e fama: Enrico Aristippo, Barlaam e Leonzio, primi diffusori della grecità in Occidente; e quell’anonimo vescovo di Oppido che tradusse del testi greci per Roberto d’Angiò; e gli Otrantini. I primi umanisti, Petrarca e Boccaccio soprattutto, sperarono di trovare in Calabria tesori di grecità culturale; e qualcosa ottennero, sebbene gran parte dell’antichità fosse già perduta. Dell’architettura e pittura bizantine restano mere reliquie, dopo secoli di trasformazioni, abbandoni, terremoti, infine il peggio, la privatizzazione giacobina, murattiana, piemontese. Quel poco che si può ammirare ancora consente di immaginare un mondo greco d’Italia splendido di colori e curioso di misteri tecnici sulla composizione di quelle vernici così indistruttibili. S. Giovanni Teresti Vecchio di Stilo (Bivongi); la Cattolica di Stilo; il Battistero – o chiesa? – di S. Severina; la Chiesa di Sotterra a Paola, sono abbastanza note. S. Maria di Tridetti, Bombile, Umbriatico, S. Fantino sono noti appena agli studiosi; gioielli come la chiesetta del Campo a S. Andrea A. Ionio sono quasi sconosciuti, e rari studiosi li visitano, e nessun turista. Colpa anche del pregiudizio antibizantino, che con queste righe forse abbiamo contribuito a confutare.

Sarebbe ora che la Calabria, persino la sua cultura ufficiale così radicata in un Settecento illuminista passato da tre secoli, e così all’oscuro che, dopo, ci sono stati romanticismo, positivismo, idealismo, futurismo, fascismo e antifascismo, e che tutte queste cose, ahimè, sono ormai remote; questa Calabria così scolasticamente antistoricista si decida a interrogarsi seriamente sulla sua vicenda storica, Bizantini compresi. Ulderico Nisticò

Canzone: VIVO PER LEI.

Vivo per lei da quando sai

la prima volta l’ho incontrata,

non mi ricordo come ma

mi è entrata dentro e c’è restata.

Vivo per lei perché mi fa

Vibrare forte l’anima,

vivo per lei e non è un peso.

Vivo per lei anch’io lo sai

E tu non esserne geloso,

lei è di tutti quelli che

hanno un bisogno sempre acceso,

come uno stereo in camera,

di chi è da solo e adesso sa,

che è anche per lui, per questo

io vivo per lei.

E’ una musa che ci invita

A sfiorarla con le dita,

attraverso un pianoforte

la morte è lontana,

io vivo per lei.

Vivo per lei che spesso sa

essere dolce e sensuale

a volte picchia in testa ma è un pugno che non fa mai male.

Vivo per lei lo so mi fa

girare di città in città,

soffrire un poi’ ma almeno vivo.

E’ un dolore quando parte.

Vivo per lei dentro gli hotels.

Con piacere estremo cresce.

Vivo per lei nel vortice.

Attraverso la mia voce

si espande e amore produce.

Vivo per lei nient’altro ho

e quanti altri incontrerò

che come me hanno scritto in viso:

io vivo per lei.

Io vivo per lei

sopra un palco o contro ad un muro.

Vivo per lei al limite …

anche in un domani duro.

Vivo per lei al margine.

Ogni giorno

una conquista,

la protagonista

sarà sempre lei.

Vivo per lei perché oramai

Io non ho altra via d’uscita,

perché la musica lo sai

davvero non l’ho mai tradita.

Vivo per lei perché mi dà

pause e note in libertà.

Ci fosse un’altra vita la vivo,

la vivo per lei.

Vivo per lei la musica.

Io vivo per lei.

Vivo per lei è unica.

Io vivo per lei.

Io vivo per lei.

Io vivo

Per lei!

eremo-basiliano-madonna-della-sanit_-badolatoNota Bene – Tale canzone è stata scritta da Mario Manzani e da Anna Maria Alibani ed interpretata dal gruppo O.R.O. nel 1995. Testo e musica sono stati successivamente riadattati da Gatto Panceri e da Celso Valli. In tale loro versione è cantata da Andrea Bocelli e da Giorgia Todrani (1997). Con grande successo pure estero.

SALUTISSIMI

Caro Tito, non mi resta che ringraziare Battista Trapuzzano per avermi permesso di pubblicare quanto hai appena letto, sperando di poter godere ancora di altra splendida sua Poesia che onora non soltanto la nostra Calabria ma specialmente tutti coloro che alla Poesia chiedono quel sostegno valoriale, etico ed estetico per vivere nel migliore dei modi in un mondo sempre più tormentato e avvilito. Grazie pure a te e alla prossima! Le foto sono state prese dal web.

Domenico Lanciano Giornalista
Domenico Lanciano

Domenico Lanciano Azzurro Infinito, domenica 11 febbraio 2018 ore 19,33 (Giornata mondiale del malato)

 

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