Caro Tito, oggi ricorre la 23ma giornata dell’11 febbraio dedicata agli ammalati, ai sofferenti nel corpo e nell’anima. Personalmente sono sempre stato dell’opinione che non ci sia al mondo maggior merito di quello che ci porta a confortare ed aiutare concretamente chi soffre (nella lettera di due anni fa, la n. 20 dell’11 febbraio 2013, ti ho trascritto a riguardo un passo tratto dalla pagina 101 del mio libro “Prima del Silenzio” stampato nel giugno 1995). La sofferenza è patrimonio dell’Umanità … pure nel senso che appartiene proprio indistintamente a tutti. Quindi, dimostrarsi almeno umani con chi soffre può significare (tra tantissimo altro) essere e sentirsi parte dell’Umanità migliore. Da sempre ammiro e stimo chi si adopera per sollevare la sofferenza altrui (pure degli animali e degli altri esseri viventi, persino delle piante).
Non ti nascondo che il mio animo tenero (reso ancora più sensibile dall’indole storica e consolidata della mia famiglia, dagli intensi studi umanistici e dalla lunga attività giornalistica) mi ha spesso portato a condividere situazioni difficili. L’altruismo esercitato sul campo mi ha dimostrato che spesso è difficile “fare bene il bene” mentre invece è fin troppo facile fare il male. Per fare bene il bene non bastano gli slanci anche più sinceri, la buona volontà e la spontaneità. A volte non basta nemmeno essere fortemente cristiani o appartenenti ad altre religioni. E non basta nemmeno avere ottimi ideali politici o culturali né appartenere ad associazioni filantropiche e solidali. Ci vuole molta preparazione e resistenza anche psico-fisica, mantenendo ovviamente le forti ispirazioni che ci portano ad essere utili agli altri. Per fare bene il bene è necessario essere altamente motivati ma anche altamente professionali, pure perché ci sono settori specifici dove intervenire con maggiore efficacia specialistica, pur tenendo presente l’aiuto più usuale e generalizzato.
Una delle associazioni che cerca di fare del proprio meglio per aiutare chi soffre è l’A.V.O. (Associazione Volontari Ospedalieri). L’ospedale, si sa, è la sede più emblematica e concentrata della sofferenza psico-fisica. A parte l’efficienza tecnico-professionale degli operatori socio-sanitari, non tutti gli ospedali offrono la possibilità di essere confortati ed aiutati umanamente, specialmente se non si può contare sulla presenza costante di un familiare o di un amico, in particolare quando si ha bisogno di un sostegno anche fisico nel destreggiarsi nelle pratiche quotidiane. Così, in alcune strutture ospedaliere, sono presenti i volontari che confortano ed aiutano soprattutto persone sole e con maggiori esigenze o difficoltà anche ambientali oltre che personali.
Qui, in Agnone, lavorando nell’amministrazione del locale ospedale ho da decenni quasi quotidianamente l’occasione di frequentare le corsie o di vedere ammalati e situazioni umane che necessitano di un qualche seppur piccolo aiuto o di un semplice saluto, specialmente per gli anziani. Con il tempo mi sono andato convincendo che ognuno di noi, fin da piccolo, dovrebbe avere coscienza diretta della sofferenza ospedaliera e di altre situazioni difficili … non soltanto per educarsi alla solidarietà ma soprattutto per saper meglio difendere la propria salute (compresa quella del mondo in cui viviamo), il bene più prezioso che abbiamo, o di saper sopportare la malattia in casa o in ospedale, dal momento che prima o poi ognuno di noi può passare un breve o lungo periodo invalidante. In tale senso sto preparando un progetto per le scuole (ne ho già parlato con la dottoressa Tonina Camperchioli, dirigente scolastico del Liceo Scientifico agnonese). Quindi, sensibilizzarci al tema (pure per essere più preparati all’occorrenza) e umanizzarci (pure per saper essere adeguatamente vicini a chi soffre … per fare bene il bene) potrebbe essere uno dei modi per vivere meglio e per meglio stare al mondo. Le associazioni dei volontari ospedalieri possono “aiutarci ad aiutare” nel miglior modo possibile, anche perché l’esperienza conferma che aiutare ci gratifica e ci migliora come persone e come cittadini del nostro paese e del mondo.
L’A.V.O. è nata nel 1975 nell’ospedale di Sesto San Giovanni (città industriale nella più immediata periferia di Milano) da un’idea del prof. Erminio Longhini. Costui, medico da più di vent’anni, proponeva di operare all’interno di una struttura sanitaria per portare fra gli ammalati una solidarietà “nuova”, offerta gratuitamente da cittadini comuni che si facessero carico dei problemi psicologici e umani dei pazienti e collaborando al miglior funzionamento di un “bene comune” come la salute.
L’iniziativa fu sperimentata nell’ospedale di Sesto San Giovanni nel quale, dopo aver ottenuto i necessari permessi, sarebbero state inserite tutte quelle persone che avessero accettato di entrare nelle corsie per “umanizzare” e rendere più accettabile la degenza degli ammalati. Ovviamente era necessario dare a coloro che decidevano di intraprendere la strada del volontariato un’adeguata formazione … così il 6 maggio del 1976, nell’aula Borghi del Policlinico di Milano, ebbe inizio il primo corso di formazione per i futuri volontari.
Adesso in Italia sono numerose le sedi AVO, una di queste è stata pure Agnone (diretta dal cardiologo Pietro Pescetelli) ed animata della compianta Rina Gabriele (+ 07 agosto 2012) che ho sempre stimato e ammirato enormemente e che, già quando era ancora in vita, ho evidenziato tra “I miei Vip” alle pagine 104-105 e 297 del settimo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori”. Scusa se faccio spesso riferimento a questa mia opera ma ne cito pagine e personaggi pure perché i sette volumi sono uno scrigno di persone davvero ammirevoli nella nobile pratica dell’altruismo e del bene sociale e mi sembra utile e doveroso dare spazio a chi ci offre una lodevole testimonianza di esistenza e di vita.
Caro Tito, adesso ti voglio raccontare dell’A.V.O. di Isernia (città capoluogo di provincia a 40 km da Agnone) che offre alcune importanti riflessioni ma pure curiosità e coincidenze che mi sembra utile riportare qui di seguito. L’AVO isernina è stata fondata con atto notarile nell’ottobre 1992 da una figura umanistica di alto profilo quale è quella della sociologa Rita Viscovo (qui, nella foto, da sola), divenuta poi Responsabile dell’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) e fondatrice pure dell’AIDO (associazione italiana donatori di organi). Operativa dal aprile 1993, dell’AVO pentra (i Pentri erano un antico popolo sannita che abitava il territorio dell’attuale Isernia e immediati dintorni) è stato primo presidente Achille Di Vitto il quale per circa 15 anni ha contribuito a fare crescere significativamente, in numero e qualità, tale benemerita associazione. Me lo ricordo quando è venuto a fare, molto simpaticamente, proselitismo ad Agnone e quando nell’anno 2000 distribuiva gratuitamente un suo opuscolo intitolato “La pensione e poi…” dove raccontava del tempo libero che improvvisamente un pensionato si trova ad avere e che farebbe bene dedicare (almeno in parte) proprio al volontariato ospedaliero… cosa che dovrebbero valutare pure i nostri neo-pensionati, poiché darsi a qualsiasi tipo di volontariato utile socialmente è sempre un’operazione di alta civiltà … figurarsi a confortare gli ammalati!… Per contattare l’AVO nazionale questo è l’indirizzo mail segreteria@federavo.it mentre il sito è ovviamente www.federavo.it dove si possono trovare tutte le sedi regionali e territoriali (in Calabria ci dovrebbero essere 14 sedi e in Sicilia 10).
Nel 2013, in occasione dei primi 20 anni di vita, l’AVO isernina ha pubblicato un libro pieno di memorie e di significati “20 anni da raccontare”. Ed io ti racconto che di questa bella esperienza fa parte pure un illustre calabrese che tu già conosci, lo psichiatra Domenico Barbaro (qui nella foto con la dottoressa Rita Viscovo durante un incontro AVO). Ricorderai il dottore Barbaro il quale, nato a Platì (R.C.), ha scritto già due libri sui temi della droga (specialmente giovanile), essendo stato Direttore del Servizio Tossicodipendente della ASL di Isernia-Venafro per alcuni decenni. Dal 2007 è pure presidente dell’AVO isernina e fa parte del Comitato di Redazione della rivista trimestrale “Umanizziamo…ci” che, fondata e diretta mirabilmente dalla stessa dottoressa Viscovo, è bellamente stampata a colori da qualche anno dall’ottima Grafica Isernina. Il numero di esordio era in bianco-nero (un vero cimelio!) e porta la data del marzo 1999 come organo di informazione dell’URP dell’Azienda Sanitaria Locale di Isernia (da qualche anno assorbita dalla Asrem – Azienda Sanitaria Regionale del Molise).
“Umanizziamo…ci” è un periodico quadrimestrale e i fascicoli sono pubblicati ogni fine stagione. Ti unisco tre copie relative al n. 41 (inverno 2009), n. 59 (estate 2013) e n. 64 (autunno 2014), così i nostri lettori possono constatare le tematiche, l’impaginazione e la tipologia di questa rivista distribuita gratuitamente in tutte le strutture socio-sanitarie territoriali dell’Asrem e letta pure da migliaia di utenti del Servizio Sanitario Regionale. Vi scrivono molti dipendenti dell’Asrem e soci AVO, ma pure persone esterne le quali condividono le motivazioni che animano il periodico giunto ormai al suo 17mo anno di utile vita. L’ultimo numero (il 64 alle pagine 6-7 ) ospita il mio articolo “Il sesso con gli immigrati”.
Gli argomenti trattati da “Umanizziamo…ci” riguardano la salute psico-fisica delle persone e sono inerenti anche alla sensibilizzazione verso l’aiuto agli ammalati presenti in ospedale. Ovviamente, tra le sue pagine viene scandita pure la vita associativa dell’AVO isernina. Tra coloro che scrivono da più tempo c’è lo stesso Domenico Barbaro e un’altra calabrese, Graziella Iannuzzi (nella foto), la quale, originaria di Paola (CS), è docente all’ex Istituto Magistrale di Isernia ed è animatrice di un gruppo di giovani e prima promotrice in zona della “Giornata della Gentilezza” (che ricorre a livelli mondiali ogni 13 novembre). Come puoi notare, la nostra Calabria è ben rappresentata pure qui all’AVO di Isernia e a volte in uno medesimo numero della rivista compaiono, in contemporanea, articoli di noi tre calabresi (Barbaro, Iannuzzi, Lanciano): pure per tale motivo sono solito inviare “Umanizziamo…ci” alla Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro (V.V.).
Qualche anno fa ho pensato che l’AVO potrebbe evolversi in AVOT (associazione volontari in ospedale e sul territorio) dal momento che gran parte di coloro che soffrono (per malattie o per solitudini, specialmente anziani ed invalidi) sono relegati in casa, specialmente isolati in remote case di campagna e di montagna, in particolare sulle dorsali alpine ed appenniniche. L’AVOT potrebbe essere spinta principalmente dall’entusiasmo dei giovani che, come si può vedere dalla foto, sono veri protagonisti anche nell’AVO di Isernia (pure nella pratica della “clown terapia” nelle corsie ospedaliere, specialmente pediatriche). Proporrò l’AVOT all’AVO nazionale.
Caro Tito,
non mi resta che esortare i nostri lettori ad avvicinarsi a questo particolare tipo di benemerito volontariato ospedaliero. L’AVO di Isernia (avoisernia@virgilio.it) e la Redazione di “Umaniziamo…ci” (umanizziamoci@libero.it) sono ben lieti di avere utili scambi di idee anche con i nostri lettori, i quali, benché appartenenti a realtà diverse o lontane, possono interloquire con gli avosini di Isernia pure per telefono chiamando il numero 0865-442257. Si può anche chiedere l’invio via mail dei fascicoli che man mano verranno pubblicati. Grazie a tutti per la gentile attenzione. Cordiali saluti! Domenico Lanciano (mercoledì 11 febbraio 2015)
– Leggi o scarica “Umanizziamoci n. 59”
– Leggi o scarica “Umanizziamoci Dicembre 2014”
– Leggi o scarica “Umanizziamoci n. 41”