Genovese Cisl MessinaDi seguito la lettera aperta scritta da Tonino Genovese, Segretario Generale Cisl Messina, ai candidati sindaco Renato Accorinti, Emilia Barrile, Placido Bramanti, Cateno De Luca, Antonio Saitta, Gaetano Sciacca e Giuseppe Trischitta: << “Ho sentito la vita politica come un dovere e il dovere dice speranza” Don Luigi Sturzo.

 Cari candidati, è con grande senso di responsabilità, umiltà e soprattutto spirito di servizio che mi rivolgo a voi tutti. Prima che Segretario Generale della Cisl, sono un cittadino e, in quanto tale, credo che una giusta politica si faccia tra la gente, tra i problemi reali. La Democrazia è tale perché ha il dovere di gestire beni e servizi per la collettività.

Ho scelto di parlarvi prendendo in prestito le parole di Don Sturzo. Egli ha definito il Comune come la prima società in cui è radicata l’energia, la libertà, la persona. È proprio dal suo Comune, Caltagirone, che Don Sturzo ha iniziato l’impegno per creare una società più democratica, più civile, più partecipata, più coinvolgente. Credendo in ciò che faceva, ha posto in essere progetti, idee, prospettive con passione, lucidità, impegno, studio.

La sua era una politica delle cose, della buona amministrazione attraverso la quale si impegnava per i cittadini, per garantire equilibri e avere un disegno di sviluppo.

Don Sturzo è attualissimo ed oggi, come allora, la politica intesa in senso aristotelico come “il bene della società”, non può non essere che un dovere che sa parlare di speranza. La politica non come strumento per la propria affermazione ma come servizio alla speranza, direbbe Massimo Cacciari, individuale e collettiva, come passione civile, come capacità di raggiungere ogni persona mettendola al centro del proprio agire.

Sto seguendo con attenzione tutta la campagna elettorale. Ho percepito che ciascuno di voi punta sul rinnovamento della vita politica locale.

Mi chiedo se attraverso la vostra elezione si verificherà un cambiamento di metodo e azione politica. Purtroppo, troppo spesso, il vostro dibattito è caratterizzato da incontri in cui le urla prevalgono sul dialogo, dove le posizioni di principio si cristallizzano senza dar spazio alla ragionevolezza. È soprattutto per questo che, forse, cresce vertiginosamente e comprensibilmente, la disaffezione alla politica.

Occorre guardare in faccia la realtà, reimpostare priorità e dialogo, partire dalle idee e non dalle scadenze. Per questo, a gran voce, dico che occorre riappropriarsi di un’unica verità: i bisogni dei cittadini.

Lavoro, salute, casa, giovani, scuola, sanità, anziani, vivibilità. Intere aree del nostro territorio aspettano e meritano un’attenzione che, non vogliatemene, non c’è. Mettere al centro la dignità della persona, qualunque sia la sua condizione sociale, la sua storia, la sua provenienza, la sua cultura.

Il tessuto imprenditoriale messinese mostra una economia debole, fortemente sbilanciata verso i consumi piuttosto che sulla produzione di beni. Un’industria quasi inesistente, l’edilizia in crisi, l’agricoltura ai margini del settore produttivo. Il commercio e i servizi alla persona rappresentano il 62% delle imprese presenti sul territorio.

Dalla fine degli anni ’90 registriamo la quasi totale scomparsa delle imprese storiche messinesi. Un quadro produttivo “debole” che evidenzia un tessuto lavorativo altrettanto debole; basti pensare che il tasso di disoccupazione pari al 21,68% del 2013, è passato al 24,83% (donne 27,6, uomini 23,0) nel 2017. Su 32.076 assunzioni, nel 2017, il 73% sono state a tempo determinato e solo il 20% a tempo indeterminato e, al contempo, i licenziamenti sono stati per il 71,33% di contratti a tempo indeterminato e per il 22,81% di contratti a tempo determinato.

Una situazione che continua a mostrarsi grave anche nei primi tre mesi del 2018: su un totale di 7.955 assunzioni, i contratti a tempo determinato ne costituiscono ben il 76%, mentre i contratti a tempo indeterminato scendono sensibilmente al 16%. La situazione si aggrava considerando che i licenziamenti riguardano per il 79,25%, contratti a tempo indeterminato e per il 15,47% contratti a tempo determinato.

È tutto il mercato del lavoro a preoccupare e, da sindacalista, non posso ignorare che la disoccupazione è l’argomento e la difficoltà principale, il primo problema da affrontare.

La provincia di Messina, infatti, dopo Mayotte (la “Lampedusa” francese) registra tra i più bassi tassi di occupazione maschile e femminile, 42,5%. Il dato dell’occupazione femminile crolla ancora più vertiginosamente. Solo 32,4 % delle donne, tra i 15 e i 64 anni, risulta occupata. A questo si aggiunge un altro elemento negativo: il tasso di inattività, 55% (uomini 31%). Un gap non solo strutturale ma anche culturale in un territorio dove non sono stati superati i pregiudizi sul lavoro rosa. Eppure l’occupazione delle donne ne creerebbe altra poiché si stima che per ogni 100 donne che entrano nel mercato del lavoro, si possano creare fino a 15 posti aggiuntivi nel settore dei servizi.

Alla luce di quanto esplicitato, ripropongo l’istituzione di un Osservatorio sul mercato del lavoro affinché, in tempo reale, si possano avere dati costantemente aggiornati e programmare mirate ed efficaci politiche di azione e di intervento.

Messina non è più appetibile non solo agli investimenti esterni ma neanche agli stessi messinesi. I giovani vanno via, scappano è meglio dire, alla ricerca di opportunità che qui non sono state costruite nel tempo. Occorre creare le condizioni affinché si determini un’economia che, basandosi su ciò che abbiamo, riavvii virtuosamente impresa e quindi lavoro ed occupazione vera.

Chiedo a voi quale risposta arriverà a questo territorio, a questa società, alla domanda sempre più urgente che viene gridata dai nostri giovani. I nostri sono ragazzi comuni, con qualche possibilità in meno. Per possibilità non intendo solo economica. Spesso le possibilità che mancano sono quelle che possiamo dare noi. Occorre guardare ai giovani come opportunità e non come problema. In Cisl ci proviamo ma certamente non può bastare se il contesto di tutti i giorni si manifesta sordo e disinteressato.

I ragazzi sono figli di questo tempo e delle nostre azioni. Figli che hanno un disperato bisogno di sentirsi figli di una società che non deve più costringere all’abbandono del territorio ma che insegna, crea “con e per loro”, percorsi professionalizzanti che portino alla piena realizzazione della propria vita. Figli di un territorio che non classifica questi ragazzi solo come casi da archiviare ma che spende le sue energie più belle per creare occasioni.

È vero, manca il lavoro ma soprattutto mancano le condizioni minime di vivibilità. Non mi interessa, in questa sede, stabilire di chi siano le responsabilità o chi poteva fare e non ha fatto. Oportet, direbbero i latini, ricollocare Messina al centro dell’interesse dei messinesi mediante un circolo virtuoso fatto di investimenti, nuovo lavoro, opportunità e valorizzazione delle proprie risorse.

Messina ha bisogno di riattivare il circuito dell’economia che altro non è che metodologia attraverso cui attrarre investimenti per creare le condizioni di intrapresa finalizzate a produrre reddito.

Il nostro territorio, oggi, sopravvive spesso con espedienti, con lo sfruttamento, con il lavoro nero, senza alcuna sicurezza. Servo del potente di turno che rende il lavoratore (e quindi il cittadino) schiavo del bisogno.

La volontà di mettersi al servizio di Messina si deve concretizzare anche in una cura attenta del nostro territorio. Esso è una straordinaria ricchezza.

La valorizzazione e la cura per il ricco patrimonio naturalistico che il nostro Comune possiede deve avere come punto di partenza decisioni politiche forti e mirate ma deve anche beneficiare della consapevolezza e dell’impegno di tutti i cittadini.

Riscoprire il valore di Messina significa riscoprire le sue potenzialità. Il rapporto con il mare che ha reso ricche diverse realtà italiane ed europee al limite del collasso. La preziosa risorsa dei monti proprio a ridosso del centro urbano deve essere maggiormente sfruttata. Inoltre la cultura di una città che ha tanto da offrire anche ai turisti e croceristi che – oggi – la vedono come porto di attracco e di passaggio per l’escursione giornaliera a Taormina o sull’Etna. A Messina possono e devono fermarsi. Ma occorre creare un sistema dell’accoglienza che la renda una città turistica.

Turismo e industria, perché no? Una convivenza, qui, è possibile. Ci sono le aree, ci sono le strutture e oggi anche le possibilità. La zona falcata è un bene prezioso lasciato nell’abbandono, un affaccio a mare che in qualsiasi altra nazione sarebbe stato valorizzato. Una zona nella quale la cantieristica navale deve ritornare punto di riferimento e protagonista grazie al suo posizionamento strategico sul Mediterraneo. E come non rendere funzionali ed appetibili quelle aree che unendo le opportunità offerte dalla costituzione della Zes (è imperativo rivendicarne la costituzione a Messina ed a Giammoro-Milazzo) e dalle risorse previste da industria 4.0 potrebbero garantire una nuova presenza industriale e produttiva che possa recuperare tanto lavoro ed occupazione?

Chiedo che il futuro Sindaco di Messina, sfruttando anche la forza della Città Metropolitana, sia il regista di una presa di posizione forte del territorio nei confronti dei Governi nazionale e regionale. Invito alla rivalutazione del ruolo dello stretto, non marginale né marginalizzato per l’interesse e gli interessi di pochi.

Essere Città Metropolitana significa partecipare al campionato di serie A. Sono a disposizione ingenti risorse economiche attribuite, opportunità nuove garantite dal rango e strumenti di crescita straordinari. Pensare metropolitano significa pensare al futuro in grande. Ma non basta solo il pensiero, bisogna saper utilizzare le risorse e gli strumenti. A partire dalla capacità di spendere in progetti, credibili e coerenti, il quasi miliardo di euro già disponibile. Quanto lavoro a portata di mano e che rischia di passarci ancora una volta alla distanza che separa le parole dai fatti…

Il tema delle politiche sociali fatica a prender spazio nei vostri programmi elettorali in cui si enunciano chimere ma, mi sia concesso dire, si fatica addirittura, a trovare anche solo traccia di scelte e orientamenti strategici. L’importanza di fornire servizi adeguati e competenti che sostengano nel miglior modo possibile le fasce più deboli, non può sfuggire a chi si candida per governare la Città. Serve un nuovo progetto per le politiche sociali capace di recuperare la fiducia dei cittadini, di rilanciare i Servizi Sociali come luogo pubblico in cui il disagio venga riconosciuto e affrontato attraverso un piano strategico di largo respiro. Serve una chiara capacità programmatoria basata su analisi, bisogni, criticità e risorse.

A Messina ogni 100 giovani ci sono 175 anziani e la popolazione con età maggiore di 65 anni rappresenta il 22,5% con conseguenze sulla tenuta del welfare. Una città che invecchia e non garantisce un ricambio generazionale non ha futuro. Messina ha bisogno di ricostruire le sue generazioni. Per ogni giovane che parte, vi è una famiglia che resta in città. Una famiglia che invecchia e che deve poter contare su una rete di servizi a supporto della solitudine, del vulnus che viene a crearsi. Il tutto programmato e attuato senza spreco di risorse pubbliche ma con il pieno soddisfacimento della domanda di aiuto la cui risposta deve essere la creazione di un servizio che sia a supporto della fragilità.

Occorre realizzare una mappatura quartiere per quartiere, zona per zona, investire sui servizi per le famiglie, come asili nido e con costi sostenibili.

Necessitano scuole sicure, aperte al territorio e pronte a fare rete per cercare risorse. Una scuola che diventi seconda casa, accogliente e mai escludente. Una scuola che tolga ogni barriera delle diversità ed offra infinite possibilità.

Per fare ciò, tuttavia, occorrono anche strutture burocratiche snelle ed efficaci, serve una macchina comunale che funzioni. La riorganizzazione del Comune di Messina non è più rinviabile. Si devono saldare le professionalità amministrative con i bisogni dei cittadini e rendere funzionale e soddisfacente il lavoro dei dipendenti e la fruizione dei servizi alla città.

È opportuno che il cittadino riscopra la centralità del proprio ruolo divenendo agente del cambiamento del territorio da lui abitato.

Il nuovo Sindaco di questa città non potrà prescindere dalla partecipazione attiva del cittadino che non può essere spettatore passivo di scelte gerarchiche bensì risorsa attenta e propositiva, partecipe alle decisioni che lo riguardano. Medesima centralità devono averla le forze sociali. Basta parlare di sociale, occorre parlare col sociale aprendosi al confronto continuo a partire dal giorno successivo alle elezioni. Il dialogo, esattamente nel senso etimologico del termine, deve divenire metodologia, monitoraggio e revisione costante degli obiettivi e non casualità o ascolto esclusivo delle voci assonanti come spesso registrato.

Chiunque sarà il prossimo Sindaco è necessario tenere a mente che se la qualità della vita nel nostro Comune migliora, ne beneficiamo tutti!

Don Milani diceva ai suoi ragazzi che un politico “deve appartenere alla massa e possedere la parola”, ossia esser vicino alla gente, ascoltarne i problemi, promuovere istanze di chi non riesce ad aver voce. La politica deve tornare ad essere elemento di unione e non di divisione, di confronto e non di scontro. Deve tornare ad essere “dovere che dice speranza”.>>

 

 

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