Papa Ratzinger e’ personalmente convinto della santita’ del suo predecessore, al di la’ dei singoli episodi del Pontificato. Tale certezza nasce in lui dall’esperienza vissuta nei 25 anni trascorsi accanto al Papa polacco. Anche se in Curia e nel Collegio cardinalizio non e’ mancato qualche mugugno per la rapidita’ della causa di beatificazione, Benedetto XVI e’ in buona compagnia: tra i cardinali e tra i vescovi sono molti di piu’, infatti, quelli che condividono la sua decisione perche’ come lui pensano di aver conosciuto un santo, anche perche’ sono stati in molti casi diretti testimoni o hanno avuto notizie di prima mano di fatti umanamente e scientificamente inspiegabili. Da parte sua, Giovanni Paolo II era ben consapevole di poter ottenere grazie particolari ma in linea con la dottrina cattolica riteneva che a guarire le anime e i corpi fosse solo Gesu’, che egli invocava con una intensa partecipazione alle sofferenze degli altri. Per tutta la vita, del resto, accanto ai compiti istituzionali legati prima al ministero episcopale e poi a quello di successore di Pietro, Karol Wojtyla ha sempre continuato un’attivita’ pastorale diretta mantenendo rapporti di amicizia e vicinanza con un numero rilevante di persone: dai ragazzi del gruppo che da giovane sacerdote seguiva a Cracovia, giovani che per tutta la vita hanno poi continuato a chiamarlo zio Lolek, ai frequentatori delle sue messe del mattino, ammessi alla terza loggia del Palazzo Apostolico poco dopo l’alba: personaggi importanti, come i coniugi Ciampi, ma anche umili, come la famiglia di un netturbino della zona di San Pietro. Si tratta in totale di centinaia di persone, tra cui alcune famiglie di giornalisti provate da tragedie familiari (in particolare la perdita di un figlio in circostanze drammatiche). Centinaia di persone, tutte vincolate a una certa riservatezza sulla possibilita’ loro concessa di ripetuti incontri cosi’ familiari col Papa. Alcuni di loro sono stati testimoni di veri e propri miracoli (dei quali erano in qualche caso beneficiari). I cronisti delle agenzie, che hanno seguito in mille occasioni Giovanni Paolo II, quando indirettamente apprendevano di guarigioni e prodigi di vario genere, operati magari dietro la porta di una sacrestia che stavano presidiando, non battevano ciglio e, anzi, avevano preso a scherzarci sopra con battute molto significative, tipo quella sulle tombe che si sarebbero aperte al Verano, dove ogni anno il Papa polacco andava a celebrare la messa il primo novembre. Anche se non avevano assistito direttamente a dei veri miracoli, essi si erano convinti che per Karol Wojtyla non era impossibile operarli. Era sicuramente un mistico ed era dotato di una forza spirituale straordinaria, che ne faceva un taumaturgo. E’ notorio il fatto che la mattina (e spesso la notte) pregasse a lungo e che sull’inginocchiatoio venivano poste le lettere, migliaia alla fine, con richieste di grazie. Certamente i casi di guarigioni inspiegabili sono molte decine e ci sono alcuni collaboratori del Papa che ne sono testimoni diretti, a cominciare dai segretari e dai suoi “angeli custodi” della Gendarmeria e dell’Ispettorato della Polizia di Stato. Anche alcuni vescovi erano a conoscenza di questi fatti tanto che inviavano dal Papa persone che avevano bisogno di aiuto. Gli incontri avvenivano nelle visite pastorali oppure a margine dell’Udienza Generale, nelle salette dell’Aula Nervi, e delle celebrazioni liturgiche, nella sacrestia di San Pietro. A quanti assistettero a questi episodi fu richiesto esplicitamente di tacere. Nel maggio 2005, appena eletto Papa, Joseph Ratzinger, che conosceva questi fatti, autorizzo’ l’allora mons. Stanislao Dziwisz a liberare dal segreto alcune persone che desideravano contribuire cosi’ alla fama di santita’ di Giovanni Paolo II perche’ si potesse aprire il processo. In realta’, poi, su richiesta del cardinale vicario Camillo Ruini lo stesso Benedetto XVI decise di derogare sui tempi e quindi di queste testimonianze non ci fu piu’ bisogno. Nelle circa due settimane in cui vennero raccolte, alcuni racconti, pero’, sono trapelati. Una donna paraguayana, Maria Angelica Bedoya, ha affermato che si deve al Papa la miracolosa guarigione della figlia dall’idrocefalia, e cio’ durante il viaggio pastorale in Paraguay, nel maggio ’88. In Messico, nel corso del viaggio pastorale del 1990, un bambino di 5 anni, Heron Badillo Mireles sarebbe stato guarito da una leucemia linfoblastica. La famiglia del piccolo Heron che era ormai allo stadio terminale, incontro’ il Pontefice all’aeroporto di Zacatecas, nel Messico nordoccidentale, grazie ai buoni uffici dell’allora vescovo della citta’, Javier Lozano Barragan, poi cardinale e capo del dicastero per la pastorale della salute. “Avevamo una sola speranza: l’intervento del Papa”, ha detto il padre del ragazzo. “Le condizioni di Heron – ha assicurato il genitore – sono cambiate dopo che il Papa lo ha toccato, baciato sulla testolina calva e gli ha parlato. Allora e’ cominciata la ripresa, senza bisogno di farmaci. Per noi e’ stato un miracolo”. In Messico, durante lo stesso viaggio sarebbe avvenuta anche un’altra guarigione di un piccolo spastico portato alla nunziatura, ma su questo non si sa nulla di piu’ e i due fatti sono stati spesso confusi nelle cronache. Guarigioni straordinarie sono avvenute anche in Italia. La piccola Stefania Mosca, calabrese di Guardavalle Marina, in provincia di Catanzaro, incontro’ il Papa a Castelgandolfo nell’agosto dell’80. I medici le avevano diagnosticato una lesione del midollo spinale che le avrebbe impedito per sempre l’uso delle gambe. Dopo l’incontro nella residenza estiva del Papa ha iniziato un progressivo percorso di riabilitazione. E oggi guida la macchina. I medici inglesi avevano detto che per Kay Kelly non c’era piu’ nulla da fare. E l’avevano mandata a casa perche’ potesse morire serenamente. Ma Kay, a Liverpool, dal suo presunto letto di morte espresse l’ultimo desiderio: andare a Roma per vedere Papa Wojtyla. Il 14 marzo 1978 si reco’ in Vaticano per un incontro che – sostiene – le cambio’ la vita. “Quando si avvicino’ a me – racconta la donna – balbettai due parole con un filo di voce, protendendo le braccia. Lui comprese il gesto e mi stinse a se’. Fu un momento di estasi, provai un calore strano in tutto il corpo…”. “Processo regressivo del cancro”, dissero i medici. L’incredibile vicenda fu documentata all’epoca dal settimanale “Gente”. La francese Jocelyn e l’italiano Antonio, sposi dal 2001, non riuscivano ad avere figli. E meditavano di ricorrere alla Fivet ma seguendo un impulso ad andare dal Papa il 25 gennaio si presentarono alla Basilica di San Paolo dove presiedeva un rito. “Il Papa ci disse che ci voleva molto bene”. Niente piu’ Fivet e il 19 febbraio scopri’ di essere incinta. E’ nato Marco Giovanni Paolo, come racconta il giornalista di Famiglia Cristiana Saverio Gaeta nel libro “Il miracolo di Karol” edito da Rizzoli. Questo volumetto cita diverse grazie attribuite a Karol Wojtyla nei sei anni trascorsi dalla morte (spaziando da storie di tumori definitivamente scomparsi e di bambini nati senza le malformazioni pronosticate dall’ecografia alle conversioni di ergastolani e prostitute) e ricostruisce fin nei dettagli l’unico miracolo di Giovanni Paolo II riconosciuto ufficialmente (e che ha portato alla beatificazione). Si tratta di suor Marie Simon Pierre, alla quale la malattia fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e anche da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente piu’ che guarirla, ne attenuavano in parte i dolori. Alla notizia della scomparsa di Papa Wojtyla, affetto dallo stesso morbo, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare il defunto Pontefice per la guarigione. Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manife
sta alla superiora l’intenzione di voler essere esonerata dal lavoro professionale. Ma la superiora la invita a confidare nella intercessione di Giovanni Paolo II. Ritiratasi, la suora passa una notte tranquilla. Al risveglio si sente guarita. Sono scomparsi i dolori e non sente alcun irrigidimento nelle articolazioni. Era il 3 giugno 2005, festa del Sacro Cuore di Gesu’. Interrompe subito la cura e si reca dal medico curante, il quale non puo’ che constatarne la guarigione. Episodi che testimoniano la straordinaria fede di Wojtyla, e che all’epoca lasciarono basiti quanti vi assisterono, erano avvenuti anche prima dell’elezione. Nell’estate del ’78, quella dei due conclavi, il card. Wojtyla tenne alcune conferenze in Italia. E spostandosi, in giugno, incontro’ all’aeroporto di Milano un sacerdote di Reggio Calabria, don Giorgio Costantino, in viaggio per recarsi all’Istituto dei Tumori dove suo fratello era morente per un tumore al cervello. Don Giorgio si era offerto di aiutarlo con le valigie e Wojtyla gli chiese perche’ fosse triste. Saputo del fratello gli assicuro’ che il giovane sarebbe guarito. Cio’ avvenne. Tuttavia la guarigione fu attribuita a don Gaetano Catanoso, che veniva invocato dal malato e dai familiari. E don Giorgio, che era diventato per altre vie portavoce del Sinodo, fu autorizzato dallo stesso Papa polacco a deporre nel processo di Catanoso, poi canonizzato da Benedetto XVI in piazza San Pietro nell’ottobre 2005. Come e’ noto, inoltre, Karol Wojtyla, quando era vescovo di Cracovia, chiese una grazia a Padre Pio, che in quell’occasione profetizzo’, in modo implicito, la sua futura elezione a Papa. Una sua amica di nome Wanda Poltawska, psichiatra e madre di quattro figli, si era ammalata di un cancro alla gola, che a giudizio dei medici non lasciava alcuna possibilita’ di guarigione. Quando Padre Pio lesse la lettera in cui gli si spiegava il caso, esclamo’: “A questo non si puo’ dire di no! “. Dopo alcuni giorni, con grande meraviglia dei medici, la donna guari’ miracolosamente e non fu piu’ sottoposta al disperato intervento chirurgico, che era stato comunque programmato. E nel novembre 1963 mons. Wojtyla scrisse al cappuccino una lettera di ringraziamento il cui testo cosi recitava: “Venerato Padre, la donna che abita in Polonia, a Cracovia, madre di quattro fanciulli, il giorno 21 novembre, prima dell’operazione chirurgica, ha riacquistato in modo istantaneo la salute. Rendiamo Grazia a Dio. A te, Padre Venerato presento la mia gratitudine insieme a quella della donna, di suo marito, e di tutta la sua famiglia. In Cristo, Karol Wojtyla, vicario generale di Cracovia”. In un’intervista all’Agi, l’ex portavoce vaticano, Joaquin Navarro Valls, ha fatto riferimento alle dichiarazioni raccolte nel processo di beatificazione di Giovanni Paolo II, affermando che “quando saranno pubbliche riceveremo sorprese maggiori. E non mi riferisco – aggiunse – a miracoli e prodigi compiuti in vita ne’ alle penitenze che si sarebbe inflitto, delle quali si e’ parlato recentemente. Miracoli e mortificazioni per me non aggiungono nulla alla sua grandezza spirituale. Per questo personalmente non avevo mai cercato conferme ad esempio su guarigioni che gli venivano attribuite”. Tra i testimoni autorevoli di miracoli compiuti in vita da Giovanni Paolo II c’e’ anche padre Adam Boniecki, per anni uno dei piu’ stretti collaboratori di Papa Wojtyla come capo redattore dell’Osservatore Romano in lingua polacca, che ha riferito in un’intervista al Messaggero, di aver assistito personalmente ad almeno due guarigioni inspiegabili: “il primo caso riguarda un ragazzo missionario che soffriva da anni di una forma dolorosissima di nevralgia al trigemino. Era squassato dal male e sarebbe dovuto partire per l’Africa. Lo portai alla messa mattutina che celebrava il pontefice e lui gli mise una mano sulla fronte. Lo tocco’. Da allora quel sacerdote non ha mai piu’ sofferto. La seconda occasione – racconta Boniecki che e’ anche il curatore della piu’ aggiornata cronologia sulla vita del Papa polacco – riguarda un mio parente. Venne a Roma per curarsi. Andammo alla messa e il Papa prego’ per lui. Dopo qualche tempo guari'”.

Fonte: http://www.agi.it

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