conferenza_inaugurazione-mostra-2Inaugurata a Gerace (Rc) la mostra d’arte e fede “Immagini dei santi taumaturghi in Calabria dal XVI al XIX secolo”. Presente anche una delegazione di badolatesi. Scoprite il perché…!

È stata inaugurata Mercoledì 10 Aprile 2019, presso il Museo Diocesano di Gerace, la Mostra “Immagini dei Santi Taumaturghi in Calabria dal XVI al XIX Secolo”.

La mostra, aperta sino al 30 giugno 2019, è stata ideata e curata da Giuseppe Mantella (responsabile del comitato scientifico) ed è stata realizzata a conclusione del triennio 2016-2017-2018 del progetto “Un’Estate tra Arte e Fede nella Diocesi di Locri – Gerace”.

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Un progetto di notevole rilevanza artistica e culturale, promosso da S.E.R. Mons. Francesco Oliva, finanziato e sostenutodalla Regione Calabria, particolarmente caratterizzato dall’attività formativa svoltasicon il patrocinio della Pontificia Università Gregoriana e con relativa partecipazione di tanti studenti-restauratori.

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Una mostra pazzesca, bellissima, collocata nel Museo Diocesano accanto alla grandiosa e straordinaria Cattedrale di Gerace. La mostra ha al centro il tema dei Santi Taumaturghi, ed è il risultato del progetto “Arte e Fede – III edizione”, nato dall’intuizione del noto restauratore di origini badolatesiGiuseppe Mantella che ha messo su un corso di restauro con un partenariato prestigioso e sorretto in primis dalla diocesi di Locri-Gerace, da Università e istituzioni culturali di tutta Italia: un esempio di buone pratiche di tutela e valorizzazione dei beni culturali.

Presente all’inaugurazione della mostra anche una delegazione di badolatesi, con rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni della cittadina ionica, per un abbraccio simbolico fraterno e di comunità a Giuseppe Mantella e per una visita alla mostra che vede la presenza dell’importante tela intitolata “San Nicola di Bari” (proveniente dal Museo Capodimonte di Napoli; opera originariamente collocata a Napoli presso la Chiesa di San Domenico Soriano – Cappella Gallo), realizzata nel 1653 dal famoso pittore calabrese Mattia Preti su commissione del notabile di origini badolatesi Gian Domenico Coscia e dalla consorte Isabella Gallo. Notizia, quest’ultima, che è ufficialmente emersa dalle ricerche e dai ritrovamenti documentari degli studiosi Clifton e Spike che hanno inoltre consentito di riconsiderare l’attività napoletana di Mattia Preti e di rileggere sotto nuova luce anche alcuni vecchi e noti documenti.

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[…] È il caso, infatti, del pagamento di quaranta ducati fatto il 20 dicembre 1653 da Isabella Gallo – a seguito di un altro in contanti di dieci – per un dipinto raffigurante appunto un “San Nicola di Bari” per la Chiesa di San Domenico Soriano. Pagamento già reso noto dal D’Addosio nel 1913 e collegato col dipinto in esame, ma interpretato tradizionalmente come dovuto al pittore per un dipinto inviato ma non eseguito a Napoli, dal momento che all’epoca si faceva coincidere l’arrivo di Preti in città con la peste del 1656. Giunto invece già nella primavera del ’53, il pittore stringe i suoi primi contatti con l’ambiente die calabresi, suoi compaesani, e di conseguenza con San Domenico Soriano che fungeva da chiesa di quella comunità, e per la quale Preti esegue gli affreschi della cupola, andati purtroppo perduti.

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La Isabella Gallo citata nel documento è moglie di Domenico Coscia, nativo di Badolato, piccolo centro del sud di Catanzaro, seguendo i desideri del marito, ella acquista il 16 giugno 1649, per 150 ducati, la cappella di San Nicola nella chiesa dei calabresi, decorata in marmo e stucco da Bernardino Landini e Silvestro Fajella e affrescata da Giacinto de Populi (Ascione 1980, pp 165-166). È stato ipotizzato che il Bartolomeo citato nel pagamento del 1653, fosse l’assistente di Mattia Preti, Bartolomeo Dardovini o Ardovini, cui il pagamento viene girato (Clifton – Spike 1989), ed infatti nel documento originale ritrovato da Nappi si trova la sua firma per esteso (cfr. Nappi, in catalogo).

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La tela viene ad essere così la esplicita dichiarazione di intenti di Preti in terra napoletana. De Dominici racconta la reazione dei pittori napoletani, i quali “rimasero storditi nel vedere quel gruppo di figure così ben messe assieme, e mirandosi l’un l’altro non sapean che dirsi ammirati della mossa del Santo, il quale inginocchiato sulle nubbi, e con gli occhi al Cielo è portato alla gloria dagli Angioli: imperciocchè consideravano l’impasto del colore, la forza del chiaroscuro, e ‘l teremdo disegno usato in quelle figure” […] (fonte: Museo e Gallerie nazionali di Capodimonte, Dipinti del XVII secolo – La Scuola Napoletana, Edizione Electa Napoli, 2008).

 

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