gervasi_un_nuovo_suono3dGiuseppe Gervasi, poeta, avvocato e vice sindaco, con delega alla cultura, istruzione e bilancio del comune di Riace (Rc) presenta, venerdì 29 settembre 2017 ore 17,30 presso il Palazzo Comunale a Guardavalle Centro (Cz), “Un nuovo suono” (2017, Laruffa editore) una raccolta di poesie commentate .

L’incontro è organizzato dal Comune di Guardavalle, dal Centro Sociale Anziani di Guardavalle Marina e dall’Associazione “SUDest-Biblioteca dei Piccoli.

Una serata di grande impatto culturale e di profonda conoscenza del territorio. Lettura di poesie e dibattito pubblico.

Il Sindaco di Guardavalle Giuseppe Ussia aprirà l’incontro con i saluti istituzionali.

Dialogherà con l’autore Genny Pasquino.

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(Fonte: https://it.eventbu.com/city/giuseppe-gervasi-un-nuovo-suono-laruffa-editore/4001083)

Con “Un nuovo suono” scritto da Giuseppe Gervasi Laruffa Editore, ritorna a farsi sentire riprendendo i temi a lui più cari: la natura e l’ambiente, soprattutto l’umanità nuda, essenziale, povera. Il “suono” è il leitmotiv, si direbbe anche la “voce” o l’intima natura del mondo che lo circonda, che ama ascoltare specialmente quando tutto dorme, è “nuovo” perché egli spera che sia voce della speranza in un tempo migliore. La notte con i sogni è il luogo, oltre che il tempo della riflessione: “…attendendo la notte per riviverla (la libertà)”, ma anche della paura: nella notte estiva un incendio doloso lontano nella brughiera…“…tempo a scrutare le stelle, il mare e la immagini notturne. Luci di color nascosto del cielo…l’uomo al centro del bene e del male”. Nel sogno il poeta non vive solo angosce, ma anche la speranza:…“un solo desiderio, vivere sognando, sia di notte che di giorno”. La processione, il simulacro, le preghiere, la storia di madri pie che ogni anno si recano verso il mare, ci vuol dire l’Autore, è la storia della sua gente che cerca la speranza nel cielo, tra le stel¬le, tra le quali egli ama perdersi e nel mare la libertà. La torre di Casamona è il preludio al punto d’arrivo, il mare, itinerario simbolico dell’Autore che “scende” dalla collina verso la spiaggia e poi, la sera riprende il cammino per ritornare al paese. La moltitudine, arranca ora verso il paese, come nella vita…“si nasce, si vive e poi si torna all’origine, all’origine di ogni cosa”.

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Gervasi è un calabrese che dimora in un piccolo ridente paese affacciato allo Jonio, Riace. Della civiltà contadina ha assorbito ogni valore e sapore, ma capisce che il mondo è cambiato, che forse è vana la sua voglia di fermare lo scorrere del tempo: “Una pietra in mano. Pianto leggero, ricordo penetrante. È la mia casa, persa nel tempo”. E mentre vive (suo malgrado) la modernità correndo con l’auto, il semaforo e il faro, oh il traffico e tutto il resto! Ode un superstite canto melodioso e avverte un “malinconico brivido”; ricordi del tempo perduto? Il tempo in cui c’era la povertà, senza stimoli a possedere più beni, in cui le piccole cose avevano grande valore. “…Indietreggiare, abbandonare i desideri e vivremo per sempre” (Davanti a noi).

C’è da chiedersi cosa ha visto ancora, fin da bambino nel suo borgo il poeta; ha visto sempre il dolore delle partenze degli emigranti in cerca di lavoro, la corriera che strombazza all’ultima curva prima di scomparire, e poi la gioia del ritorno che diviene incontenibile man mano che i tornanti della strada terminano e si giunge nella piazza, cuore della comunità. “La lontananza …nei momenti di ansia ferisce l’anima” (Un nuovo suono). Ma ha visto anche la storia di ognuno e le sopraffazioni, gli inganni e anche la violenza assassina. Ha visto donne sfi¬nite tornare a piedi nudi, a sera dalla campagna e l’umanità più dolente: l’attore di strada che s’inchina nella piazza- “agorà”, davanti a tutti. L’uomo è sempre al centro della poesia di Gervasi, che ne coglie le debolezze, la povertà, “In cima uomo immobile. Canta la sua gioia, urla la sua tristezza. La mano alzata lo rende felice, il canto sale verso il cielo…”. È un uomo che, seduto per terra, vi rimane per giorni, senza chiedere nulla a nessuno; ma poi, nella piazza gremita, l’uomo è protagonista, si fa musica, è felice, balla con il cappello in mano. Al centro della tematica di Gervasi vi è anche l’accoglienza fatta di amore per il piccolo afgano, Ramadullah, che rifugiato a Riace, il paese del poeta, come attore partecipa ad un film che viene diffuso in tutto il mondo e grazie al quale ritrova i suoi genitori, che lungo le dolorose vie dell’emigrazione, erano finiti in Norvegia. “…Una storia così grande in un piccolo essere. La libertà gli fa spiccare il volo. Verso l’amore”. Infine il più intimo Gervasi: l’esaltazione nella visione della natura e la sua ansia ecologista: “…Che emozione la natura quando la si lascia vivere” (Natura in libertà). E il desiderio nel tormento (dinanzi al male che è nella società) di annullarsi nel sogno della speranza: “…un solo desiderio, vivere sognando” (Sogni) che la cecità del cuore non faccia precipitare nel precipizio della vita chi ha il cuore di pietra: “Occhi che piangono, occhi che ridono, occhi furbi”(Occhi). Un lavoro, questo che richiama tutti ai valori dello spirito, all’amore per la vita, per il creato e soprattutto per l’umanità povera, tanto provata dall’indifferenza di chi povero non è. È una lirica pregna di moralità, un grido di dolore ma anche di speranza in un tempo forse possibile in cui il lupo e l’agnello possano pascolare insieme in un prato verde sulla collina, con il mare calmo, laggiù.

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