Sul principio potrebbe sembrare uno scherzo e visto il chiaro riferimento carnascialesco del titolo ci può anche stare. Che Giangurgolo – unica maschera calabrese – possa avere qualcosa a che fare con Amleto non è proprio di immediata comprensione.
E invece del Carnevale, quello cosentino, il “Giangurgolo, principe di Danimarca” firmato Max Mazzotta, sotto i buoni auspici dell’Amministrazione comunale, diventa una stuzzicante anteprima che invita a fermarsi al teatro Rendano mercoledì 6 febbraio, alle 21.00.
Questa nuova produzione di Libero Teatro, che ha avuto una prima ed unica messa in scena lo scorso novembre al teatro dell’UniCal, si propone ora ad un pubblico più ampio, nel teatro che per Mazzotta e la sua compagnia ha sempre rappresentato, e giustamente, un banco di prova importante, tanto più oggi visto che il palcoscenico del Rendano Max non lo calpesta da sette anni. Eppure, se dovessimo stilare una graduatoria delle presenze dei giovani a teatro, gli spettacoli dell’attore e regista cosentino – cresciuto a pane e Piccolo, quello di Strehler e Ronconi per intenderci – segnerebbero il picco più alto, tanto più se riferiti a quella fascia universitaria che ancora oggi si considera distante dallo storico Rendano.
Ma sciogliamo questa contraddizione Giangurgolo/Amleto o, meglio, sveliamo perché in fondo la nostra maschera della commedia dell’arte può diventare ‘anche’ uno dei più controversi personaggi usciti dalla penna di Shakespeare. Ce lo spiega ovviamente chi l’azzardo, se di azzardo trattasi, lo ha compiuto: “ il personaggio di Giangurgolo, maschera del ‘700 che nel suo nome parrebbe racchiudere il suo carattere, votato agli scherzi ma anche spaccone, cialtrone e ingordo – ci dice Max Mazzotta – come la quasi totalità delle maschere della commedia dell’arte veniva rappresentato spesso e principalmente in strada, sulla base di canovacci appena accennati che lasciavano grande spazio alla capacità di improvvisazione dell’attore, provocando il divertimento del pubblico attraverso l’irrisione dei potenti che Giangurgolo incarnava”. Improvvisazione, dunque, e assenza di canovacci precisi. Da questa considerazione l’eclettico Mazzotta parte per il suo Giangurgolo sui generis. “In assenza di trame classiche – continua il regista – due erano le strade per riportare sulla scena Giangurgolo ai giorni nostri: scrivere un canovaccio ex-novo, misurandosi con il cambiamento del gusto nel pubblico in cinque secoli di evoluzione del teatro; oppure, immaginare il personaggio di Giangurgolo immerso in un contesto a lui completamente estraneo, e proprio per questo estremamente stimolante dal punto di vista creativo”. È il caso di dire che da Mazzotta non potevamo che aspettarci che imboccasse la seconda strada, ben più congeniale al suo modo assolutamente libero di rileggere il teatro, aperto alle contaminazioni e alle sperimentazioni. E così alla cialtroneria e non-nobiltà della maschera calabrese viene opposta la forma più nobile di teatro, la tragedia. E quale tragedia è più nobile di quella di William Shakespeare?
“La lettura – lo dice lo stesso Mazzotta – non può che essere in chiave comico-parodistica ed introduce lo spettatore ai temi della tragedia shakespeariana sfruttando le corde del grottesco e del riso liberatorio; meccanismo reso ancora più efficace dalla caratterizzazione dei personaggi per mezzo dei diversi dialetti, che annullano la distanza fra pubblico e palcoscenico, rendendo gli eventi che accadono sulla scena riconoscibili e godibili anche ai giovanissimi. Anche l’elaborazione del testo, infatti,trasposto linguisticamente e geograficamente in una Calabria immaginaria ma non troppo, offre occasioni di gioco e sperimentazione che possono risultare sorprendenti”.
Lo spettacolo, nella stessa giornata del 6 febbraio si propone anche in un matinée, alle ore 11, per le scuole.
Il cast: Francesca Gariano, Graziella Spadafora, Merusca Staropoli, Francesco Aiello, Paolo Mauro. Le scene sono di Gianluca Salamone.
Prevendita al botteghino del Rendano. Posto unico (intero € 8 e ridotto € 5).