politeama_catanzaroAndrà in scena domani al Politeama la prima delle due serate con il balletto di Luciano Cannito “Amarcord” che arriva a Catanzaro dopo un tour che ha ottenuto un grande successo di pubblico in tutta Italia. Nel celebre ruolo di Gradisca si cimenta, con ottimi risultati, Rossella Brescia cantante, ballerina, attrice, conduttrice televisiva e radiofonica. La coreografia, ripresa in occasione del 40° anniversario del film (1973) e del 20° anniversario della scomparsa di Federico Fellini (1993), è liberamente ispirata alla pellicola in cui il regista ricorda la sua vita di ragazzo in una Rimini della prima metà degli anni Trenta. Le musiche del balletto sono di Nino Rota e includono anche canzonette degli Anni Trenta insieme a musiche di Glenn Miller, Marco Schiavoni e Alfred Schnittke. I costumi sono di Roberta Guidi di Bagno. Le scenografie di Carlo Centolavigna. Le luci di Alessandro Caso.

Proposto per la prima volta nel 1995 al Teatro San Carlo, Amarcord è andato in scena anche al Teatro alla Scala, negli Stati Uniti (Metropolitan di New York, Orange County di Los Angeles) e al Teatro Massimo di Palermo, riscuotendo ampi successi. Questa è una versione coreografica espressamente rivisitata per la Compagnia DCE Danzitalia, che, come già detto, vede nel ruolo di Gradisca Rossella Brescia e Nicolò Noto in quello di Titta. Amarcord è un divertente e melanconico affresco dell’Italia fra le due guerre, dove il Fascismo e la Chiesa esercitavano il loro potere, influenzandone la cultura ed il costume. La storia di Titta, alter–ego del Fellini adolescente, e della sua famiglia si inserisce armoniosamente in un contesto di piccoli ritratti (Gradisca, Volpina, la tabaccaia) e di aneddoti legati ad un filo comune che li rende interdipendenti e dove affiora comunque sempre la spensieratezza e la voglia di vivere propria degli Italiani dell’epoca. L’intento del balletto è trasportare coloro che lo guardano, in un viaggio di condivisione, dove tutti si rivedano in ciò che accade in scena, sentano il profumo di ciò che negli anni Trenta si sentiva, ricordino ciò che eravamo noi, quegli Italiani la cui storia non si studierà mai in alcun libro, quella gente normale e semplice di provincia. Un po’ come rivivere cose già vissute, come rivivere uno spaccato dell’Italia a cavallo tra le due guerre, dell’Italia piccola, quella della gente comune, con i soliti problemi di tutti i giorni.

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