polferSempre più impegnati sul fronte della sicurezza dei trasporti, gli uomini e le donne della Sezione di Polizia Ferroviaria Catania, nel corso dei continui controlli delle aree interne ed esterne della Stazione ferroviaria, si trovano molto spesso ad affrontare delicate situazioni che riguardano da vicino tanto alcuni effetti della migrazione di massa proveniente dai paesi dell’area afro-asiatica, quanto il fenomeno dell’allontanamento dei minori.

Sembra strano al giorno d’oggi, ma sono ancora tanti i giovani che abbandonano la famiglia per raggiungere “gli amici” o l’amato bene: oltre una decina in pochi mesi. In questo caso è stata fondamentale la collaborazione delle famiglie che, in primis devono sporgere la denuncia dell’avvenuto allontanamento presso le Forze di polizia, fornendo

– ove possibile – una foto recente del ragazzo o della ragazza, allertando direttamente, qualora si sospetti una fuga in treno, la Polizia Ferroviaria.

Spesso, gli agenti si trovano ad aiutare anche adulti con problemi psichiatrici o diminuita capacità d’intendere: il viaggio in treno è un’incredibile calamita che, forse, incarna l’immaginario di chi vuole fuggire, prima di tutto, dalla realtà. In questi casi, per i poliziotti, si aprono delle delicate e difficili trattative che mirano – e riescono – a evitare il ricorso a presidî sanitari, identificando le famiglie di provenienza per un sicuro riaffidamento.

Per quanto riguarda i giovani immigrati, sono molto frequenti gli incontri di ragazzi – per lo più minorenni – i quali, abbandonati gli istituti presso i quali erano stati accolti, si avventurano in difficili viaggi, utilizzando ogni mezzo possibile, principalmente il treno. Si tratta di un vero e proprio esodo nell’esodo: le pattuglie che presidiano i marciapiedi tra i binari li cercano tra la folla dei viaggiatori e così, in pochi mesi, sono stati oltre trenta i minori rintracciati.

Per lo più provengono dal Niger, dalla Somalia, dall’Etiopia o dall’Egitto; posseggono una ricchezza fatta di pochi spiccioli e, a volte, di un cellulare; affidano la loro mèta a mappe sommarie con percorsi scritti a penna che, molte volte, finiscono in grandi città come Milano, oppure Roma.

Sono ragazzi e ragazze come le due sedicenni B.Y. e A.F. che sono scappate dalla comunità che le ospitava ad Augusta, la piccola città in provincia di Siracusa sulle cui coste erano sbarcate lo scorso 8 ottobre: salite sul treno diretto a Milano, poco hanno potuto fare per nascondere la loro giovane età; a tradirle anche il fatto che viaggiavano per un luogo così lontano, senza avere neanche un piccolo bagaglio.

Inesorabile, il controllo dei poliziotti in servizio sul treno le ha costrette a terra e mentre s’inventavano fantasiosi nomi e millantavano la maggiore età, certamente non si rendevano conto d’essere state salvate da ben altri marciapiedi di quello che costeggia il Binario 1 della Stazione Ferroviaria di Catania, lungo il quale i poliziotti le hanno accompagnate fino all’Ufficio di Polizia, sorridendo di quelle inverosimili bugie.

È un lavoro, quello degli agenti, che non si esaurisce con la semplice individuazione dei minori: una volta “bloccati”, infatti, scatta immediata la comunicazione al Tribunale dei Minorenni, col cui assenso vengono effettuati i riscontri presso l’Afis, la banca dati delle impronte digitali, che permettono di arrivare alla loro certa identità.

Giunge, poi, il momento di riaccompagnare i ragazzi presso le strutture da cui si erano allontanati: cosa non facile, visto che molto spesso i continui sbarchi fanno si che i posti disponibili si esauriscano molto in fretta. Entra, così, in gioco l’Ufficio servizi Sociali del Comune di Catania, grazie al quale si riesce a trovare un’adeguata collocazione ai giovani migranti.

Per le due sedicenni eritree, gli agenti si sono assicurati che facessero rientro presso il Centro presso il quale erano state ospitate, augurandosi che abbiano compreso appieno il rischio corso.

 

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