Ponte sullo Stretto, replica al Prof. Mario Tozzi da parte dell’On. Domenico Furgiuele, già relatore alla Camera del progetto Ponte.

Apprendo, a dire il vero  senza sorpresa e con amara ilarità, che il geologo Mario Tozzi ribadisca la sua  qualifica di sciagura con riferimento al  ponte sullo Stretto.
Lo fa, anzi  lo rifà,  con un tempismo politico assai sospetto, ma non è questo che adesso rileva.
Avendo avuto l’onore di essere relatore alla Camera del provvedimento legislativo che, nei fatti, ha messo in moto la grande macchina che porterà già nella prima metà del prossimo anno all’inizio dei lavori per  realizzazione di un’opera imponente e rivoluzionaria, non ripeterò in questa sede  tutti gli obiettivi vantaggi derivanti da un collegamento stabile tra le rive calabrese e siciliana, che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ed europei in genere vuole.
Sia chiaro, non mi metto a competere con il Prof. Tozzi sulla conoscenza delle cognizioni scientifiche riguardanti gli aspetti che l’opera in questione investe, figuriamoci.
Tuttavia qualcosa va detta a questo pur rispettabile  scienziato che ormai calza le vesti del predicatore televisivo incontinente.
Egli dice che Il Ponte sullo Stretto «non ha alcuna utilità da un punto di vista pratico. Si fa molto prima ad attraversarlo adesso, con l’aliscafo e senza prendere la macchina». Attraversare il ponte in auto, spiega l’esperto «implicherebbe metterci più tempo e oltretutto inquinando di più, ai pendolari comporterebbe un uso dell’autovettura che non avrebbero avuto. (….) Per quello che mi riguarda, chi viene da Berlino e volesse andare a Palermo in macchina, va ricoverato».
Intanto  l’ opera di collegamento stabile fra la Sicilia e la Calabria rappresenta un’opera prioritaria e di preminente interesse nazionale, in quanto finalizzata al completamento del corridoio Scandinavo-Mediterraneo delle reti transeuropee di trasporto (TEN-T) che Tozzi a quanto pare non conosce.
Il completamento delle reti TEN-T costituisce un’azione chiave del Green Deal europeo e della strategia per una mobilità multimodale, sostenibile e intelligente. In tale contesto, il ponte sullo Stretto di Messina è stato riconosciuto come collegamento fisso mancante nella rete centrale e lungo il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo. L’opera non è quindi solo il collegamento tra due nodi nazionali, Messina e Reggio Calabria, ma, in una visione europea più ampia e strategica, tra il mare del Nord e il Mediterraneo. Il progetto avrà, pertanto, un impatto significativo sul processo di integrazione europeo, contribuendo a garantire nell’ambito del mercato unico la libera circolazione di merci e persone, la crescita economica, l’occupazione e la competitività.
Il Ponte sullo Stretto segna quindi un momento storico per il futuro economico e sociale dell’Italia intera nel panorama europeo, ma per Tozzi forse anche le istituzioni europee “andrebbero ricoverate”.
Andiamo avanti.
Il Ponte «paesaggisticamente è uno sfregio», diversi i rischi dal punto di vista ambientale.
E’ davvero paradossale che chi agita quotidianamente la bandiera dell’ambientalismo non sappia che il ponte e in particolare il progetto a campata unica comporterà innanzitutto un limitato impatto su fondali, flora e fauna marine per la mancanza di interazioni con il traffico marittimo. L’assenza di pile in mare consentirà, infatti, di preservare l’ambiente marino e la biodiversità dello Stretto e di ridurre il pericolo di collisioni con navi e disastri ambientali. il collegamento stabile contribuirà, inoltre, al raggiungimento degli obiettivi di lotta al cambiamento climatico e di mobilità sostenibile fissati dal Green Deal europeo. In particolare, sostituendo il traffico marittimo mediante traghetti, molto inquinante come ammesso pure dallo stesso Tozzi, con il transito di treni ad alta velocità, pienamente rientrante nel progetto (ma forse questo lui non lo sa), e il gommato, le emissioni di anidride carbonica diminuirebbero in media del 94% (il risparmio annuale atteso è di oltre 140 mila tonnellate annue di emissioni di anidride carbonica), quelle di monossido di carbonio del 72%, quelle degli ossidi di azoto del 96%, quelle del materiale particolato dell’83%, quelle degli ossidi di zolfo del 99,9%, quelle degli idrocarburi totali dell’80%.
Poi c’è l’altra qualifica che il geologo appioppa con sconcertante facilità al Ponte, ossia quella di ‘opera ideologica’ mi fa letteralmente sobbalzare dalla sedia.
Questo perché  se c’è un concetto che il Ponte va a scardinare è proprio quello dell’ideologia preconcetta e fine a se stessa, come quella che caratterizza l’ormai risicato partito del ‘no’ che pare aver  trovato in Tozzi il nuovo segretario.
Neanche i vecchi leader del fronte contrario al Ponte credono più infatti a certe ideologie menagrame.
Così come nessuno crede che le grandi imprese siano senza rischi.
Ma questo non è un buon motivo per non farle, specie quando si ha il conforto della scienza.
O forse il prof. Tozzi crede che tanti sforzi politici, legislativi ed economici si basino sul nulla?
Il ponte non è, e non sarà figlio di un capriccio o di una sorta di istinto politico come qualcuno cerca di dipingerlo, bensì una realizzazione i cui primi fondamentali piloni hanno le rispettive basi sulla scienza, sulle analisi piu’ accorte.
O Tozzi forse crede di essere l’unico scienziato sulla faccia della terra?