Federazione nuova destraDi seguito la nota diffusa a firma dell’Avv. Fernando Rizzo – Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno e del Dott. Franco Tiano – Federazione Nuova Destra: <<Come giudichereste un imprenditore che compra una impresa in predissesto impegnando 100 milioni, consapevole che non potrà intervenire in nessun modo per invertire il fallimento?

Tra qualche mese constateremo che la visione dell’Area Integrata dello Stretto è una allucinazione senza continuità ferroviaria e stradale, precondizione dello sviluppo dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto.

Non si governa con i paroloni ma con i numeri: solo chi sconosce il “Piano strategico della portualità e della logistica” stilato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ignora i dati forniti annualmente da “Assoporti”, può giudicare positiva la nuova governance che si trasformerà in un disastro per l’economia della Città Metropolitana di Messina, fagocitata dagli interessi privati del terminalista di MSC.

Solo gli investimenti su ferrovie e ponte ferroviario e stradale, avrebbero consentito di unire la Sicilia ai mercati europei con i treni a lunga percorrenza in tre minuti invece che in due ore senza rottura del carico, con un abbattimento di almeno il 30% dei costi di trasporto e del 98% dei tempi di percorrenza, divenendo un moltiplicatore di risorse per l’Area dello Stretto e la Sicilia intera grazie agli imponenti flussi commerciali in entrata da Suez.

In quest’ottica avrebbe avuto un senso la nuova Autorità.

La matematica non mente: l’A.P. di Messina ricava oltre 8 milioni di euro all’anno dalle tasse portuali e dalle concessioni quasi tutti da Milazzo, per lo sdoganamento dei prodotti petroliferi e solo 200.000 euro da Messina.

Il ricavato IVA dell’A.P. di Messina è pari a 958 milioni annui, al 6° posto dei porti italiani, preceduta da Genova (3 miliardi), da Augusta (quasi 2), Livorno (€1,133) e di poco da Venezia e Savona.

Il porto di Messina e il 1° porto per passeggeri in Italia con più di 8 milioni di movimenti e altri 500.000 croceristi.

Sino ad oggi all’Autorità Portuale di Messina è stato impedito l’approvazione del nuovo PRGP e di impegnare sul territorio la liquidità a causa dei contenziosi promossi da Ente Porto e Comune, oltre che per i ritardi amministrativi di Stato, Regione e Comune, malgrado abbia un attivo di cassa di 100 milioni, capaci di generarne almeno il triplo in investimenti.

Al contrario il porto di Gioia Tauro, pur essendo il primo porto in Italia per movimentazioni di merci con circa 3 milioni di teus movimentati nel 2014, non è un porto di sdoganamento come lo è Genova o nel Nord Europa Rotterdam ma è solo un porto di trasbordo cioè un porto in cui le merci vengono scaricate e ricaricate su altre navi e spedite in altri porti di destinazione europei.

Senza il ponte sullo Stretto che collega 5 milioni di siciliani e i porti siciliani, lo Stato italiano non investirà mai in Calabria per l’allargamento delle gallerie ed il passaggio dei nuovi contenitori da 40 piedi.

Gioia Tauro è un porto fallito (nelle mani del terminalista MSC, che non fornisce i dati interni del porto con l’intento di capitalizzare i guadagni e socializzare le perdite. Insomma l’accorpamento di Gioia Tauro con Messina conviene al terminalista, allo Stato italiano (INPS) ed alla Regione Calabria.

Al porto di Gioia Tauro lavorano 1.400 dipendenti ma mediamente sono in cassa integrazione a rotazione tra i 300 e i 500. La cassa integrazione è pagata dallo Stato attraverso l’Inps.

Essendo un porto in crisi a causa della concorrenza non sostenibile di altri porti di transhipment come quelli di Malta, del Pireo, di Tangeri o di Suez, l’A.P. di Gioia Tauro, è stata costretta all’azzeramento delle tasse di ancoraggio per € 8.200.000, guarda caso l’ammontare dei ricavi del solo porto di Milazzo. Tali somme in atto vengono versate 4 milioni dalla stessa Autorità Portuale attraverso sovvenzioni statali, e altri € 4.200.000 a carico del bilancio della Regione Calabria.

La marginalità del porto di Gioia Tauro si ricava anche dalla misura dell’Iva incassata, che in mancanza di sdoganamento è pari a poco meno di 26 milioni di euro, ponendosi al 18º posto tra tutti i porti italiani per ricavato di Iva e costituendo appena lo 0,32% dell’incasso di tutti i porti italiani.

Il suggello dell’assenza di prospettive del porto di Gioia Tauro e il fardello che ricadrà sui porti messinesi, è costituito dalla relazione contenuta nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica pubblicato nell’agosto del 2015 che definisce, il porto trashipment di Gioia Tauro privo di prospettive.

Messina aveva tutti i mezzi per poter rimanere autorità portuale autonoma, insieme al porto di Milazzo o al limite con l’accorpamento strategico con i porti di Reggio Calabria e Villa San Giovanni. L’accorpamento invece con il porto di Gioia Tauro rappresenta un mero suicidio che sarà chiaro in un paio di mesi dato che il 50% delle somme prodotte dai ricavi dei 4 porti di Messina e di Milazzo saranno redistribuite. L’unica prospettiva è quella di far diventare Gioia Tauro porto gateway ma occorrono anni, volontà politica e investimenti infrastrutturali a cominciare dal ponte e dalla rete ferroviaria.

Il concreto sospetto è che questa riforma sia solo uno spot elettorale per i porti del Sud Italia e gli effettivi beneficiari di questa operazione siano come al solito alcune classi politiche ben determinate che puntavano a quest’accorpamento solo per una spartizione di poltrone e di potere.

Non parteciperemo al gioco al massacro e considereremo responsabili di quanto nei mesi prossimi accadrà, l’intera classe politica ed i mezzi di informazione che hanno favorito questo ennesimo scempio ai danni della asfittica economia del nostro territorio.>>

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