ristorazione-collettiva-1Il Direttore generale dell’Asp di Catanzaro, dott. Giuseppe Perri e il Direttore dell’unità operativa Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, Dr. Francesco Faragò, hanno partecipato al convegno sul tema “La Calabria a mensa. Sostenibilità ambientale nei consumi della Pubblica Amministrazione”, organizzato dall’Associazione Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, nell’ambito della tradizionale Fiera agro-alimentare che ogni anno si tiene a Lamezia Terme – Sambiase.

Dagli interventi dei relatori è emerso che la Pubblica Amministrazione eroga una quantità di pasti enorme attraverso la ristorazione collettiva e che, se in Calabria nelle procedure di gara si cominciasse  ad operare  nello stesso modo di come  già si opera in altre realtà italiane, i prodotti Calabresi potrebbero trarne dei  grandi benefici in termini di  opportunità di vendita.

Il  Dr. Faragò, nel suo intervento, ha ribadito che  i prodotti calabresi, sebbene non abbiano niente da invidiare ai prodotti provenienti da altre regioni italiane, sia in termini di sicurezza alimentare che di qualità, continuano ad accusare difficoltà non giustificabili a livello di commercializzazione. Ciò verosimilmente è dovuto a una non adeguata capacità del sistema Calabria di entrare nei mercati commerciali. Ma non vi è solo questo svantaggio, faceva notare il Dr. Faragò.  Nel mondo della ristorazione collettiva è possibile dare priorità ai prodotti regionali e, tuttavia, alle Amministrazioni sfugge questa opportunità e a soffrirne, ovviamente è tutta l’economia regionale.  Ci sono strumenti legislativi che consentono di attribuire punteggi maggiori, nell’ambito dei capitolati di gara, ai prodotti a chilometro zero, quali “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione  scolastica”, approvate in Conferenza Stato-Regioni e pubblicate in G.U. n. 134 dell’11 giugno 2010, un documento che, laddove tratta dei criteri e indicazioni per la definizione del  capitolato,  stabilisce tra le altre cose che esso deve riportare criteri ispirati alla promozione della salute e ad esigenze sociali che contribuiscano alla tutela della salute dell’utente ed alla salvaguardia dell’ambiente e requisiti oggettivi e misurabili nell’ambito di principi definiti di qualità, economicità, efficacia, trasparenza e correttezza.

“A parità di requisiti di qualità e di coerenza con modelli di promozione della salute, bisogna porre attenzione ad una sostenibile valorizzazione di prodotti rispettosi dell’ambiente e di altri valori di sistema, quali: agricoltura sostenibile, sicurezza del lavoratore, benessere animale, tradizioni locali e tipicità, coesione sociale e commercio equo-solidale”.

“La valutazione della qualità dell’offerta può concernere elementi caratterizzanti le priorità che si intendono perseguire; tra questi si suggeriscono: a) gli alimenti a filiera corta, cioè l’impiego di prodotti che abbiano viaggiato poco e abbiano subito pochi passaggi commerciali prima di arrivare alla cucina o alla tavola. Per favorire l’utilizzo di tali alimenti possono essere attribuiti punteggi diversi per le diverse provenienze premiando i prodotti locali, inoltre, l’impiego dei prodotti ortofrutticoli freschi secondo stagionalità deve essere in stretta relazione con la stesura di menù secondo criteri di coerenza; b) alimenti dop, igp, stg (specialità tradizionali garantite) a altre connotazioni locali; c) utilizzo di prodotti alimentari a ridotto impatto ambientale (alimenti provenienti da produzione biologica e da produzione integrata); d) prodotti del mercato equo e solidale per alimenti non reperibili nel mercato locale; e) utilizzo di prodotti non alimentari a ridotto impatto ambientale (stoviglie, piatti, tovaglioli…) privilegiando materiali riutilizzabili e utilizzo di detersivi ad alta  biodegradabilità.”

“Ciò premesso – ha fatto notare il Dr. Francesco Faragò – la legislazione comunitaria non permette di  premiare negli  appalti pubblici un prodotto perché locale. E allora – si è chiesto – come è possibile conciliare il soddisfacimento della norma Europea con quanto è previsto nelle disposizioni Nazionali?” “L’impiego dei prodotti locali – ha spiegato – può’ essere previsto nei capitolati solo se comporta dei vantaggi qualitativi o minori rischi sanitari per l’utenza; implica vantaggi in termini di minore impatto  ambientale, rispetto ai prodotti  del libero mercato; i prodotti stessi siano tutelati da  norme comunitarie (dop, igp, stg). Alcune Regioni Italiane, per rendere armoniose le due normative  hanno introdotto misure di vario tipo, favorendo di fatto nelle mense l’utilizzo di derrate provenienti da produttori locali, quali l’introduzione nel menù di prodotti dop e igp, di prodotti a “freschezza garantita” ed, ancora, l’utilizzo di prodotti stagionali (favorendo  così l’utilizzo di ortofrutta di  provenienza locale).”

A proposito dei prodotti a “freschezza garantita”, alcuni  studi scientifici hanno dimostrato che i prodotti orto-frutticoli  a maggiore freschezza (con ridotto tempo tra la raccolta ed il consumo) sono più ricchi di vitamine idrosolubili e di sostanze anti-ossidanti e, quindi, rispondono ai requisiti di   più elevata qualità.

Infine, il Dr. Faragò, ha richiamato l’attenzione a non sottovalutare il problema della gestione degli gli avanzi. In ogni singola realtà scolastica andrebbe valutata l’eventuale esistenza di eccedenze e/o avanzi di alimenti, ricercandone le cause per perseguire obiettivi di riduzione e di riutilizzo. Utilizzare le eccedenze e devolverle, in luogo del loro smaltimento come rifiuti, costituiscono rispettivamente una soluzione utile alla riduzione dei rifiuti e un gesto di solidarietà.

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