parco-biodiversita-catanzaro-dintorni-villa-habib-4A seguito delle numerose richieste di chiarimento da parte di cittadini allarmati dalla vendita all’incanto di alcuni daini ospitati presso il Parco della Biodiversità Mediterranea, ci sentiamo di intervenire per sottolineare alcuni dati scientifico-etologico-normativi che possano offrire una quanto più possibile visione obiettiva sulla quale la cittadinanza possa formarsi un’opinione supportata da dati e non da emozioni. Se gli esemplari di Dama dama (Daino) possono infatti suscitare sentimenti di tenerezza da parte dell’opinione pubblica, occorre tenere presente le varie disposizioni di legge nonché i vari studi scientifici susseguitisi negli anni a riguardo e che hanno portato a formulare numerose Convenzioni e Direttive internazionali prescriventi la necessità di controllare o sospendere l’introduzione di specie non autoctone e/o di eradicarle qualora esse procurino danni al patrimonio di biodiversità naturale. Citiamo in particolare, a scopo divulgativo/conoscitivo:

– La Convenzione di Bonn (art. 3 – 4c): “laddove ciò è possibile e appropriato, a prevenire, ridurre o a tenere sotto controllo i fattori che minacciano o che rischiano di minacciare ulteriormente detta specie, esercitando in particolare un rigido controllo sull’introduzione di specie esotiche oppure sorvegliando, limitando, o eliminando quelle che sono state già introdotte”.

– La Convenzione di Berna, la quale all’ art. 11 paragrafo 2b prevede che le parti contraenti si impegnino a controllare strettamente l’introduzione delle specie non indigene. Sempre nell’ambito della Convenzione di Berna, inoltre, in data 2 dicembre 1999 è stata adottata a Strasburgo la raccomandazione n°77 del Comitato Permanente che, riprendendo la raccomandazione n°57 del 5 dicembre 1997 dello stesso comitato, raccomanda alle parte contraenti di “valutare la possibilità di eliminare le popolazioni di Vertebrati terrestri non indigeni che rappresentano una minaccia per la diversità biologica” e di “procedere effettivamente all’eliminazione delle popolazioni per le quali tale misura è giudicata realizzabile, sorvegliandone gli effetti sulla fauna e sulla flora indigene”.

Detto ciò, torniamo alla specie oggetto di “querelle”: il daino (Dama dama) è specie alloctona in Italia, sebbene sia un animale originario dell’area mediterranea e del vicino oriente. In Italia il Daino presenta problemi di gestione ma non di conservazione. E facciamo osservare che per le specie alloctone, considerate dalla comunità scientifica internazionale uno dei principali rischi per la biodiversità, è vietata la immissione in natura (Direttiva comunitaria 92/43/CEE – Habitat e REG. UE n. 1143/2014 entrato in vigore proprio l’1 Gennaio 2015), rappresentando esse una minaccia per la biodiversità e i servizi ecosistemici collegati in quanto indiscussa fonte di alterazione dell’equilibrio naturale. Nella fattispecie, a causa dell’elevato livello di socialità e della plasticità trofica, il daino mostra peraltro una limitata capacità di dispersione e può raggiungere localmente anche densità estremamente elevate con danni notevoli al soprassuolo boschivo. Si aggiunga che esso pone problemi per l’elevato livello di competizione che instaura con i Cervidi autoctoni (cervo Cervus elaphus e capriolo Capreolus capreolus) rispetto ai quali appare superiore, almeno in ambito mediterraneo, come sottolinea anche l’ISPRA nelle sue Linee Guida per la gestione degli ungulati.

Spesso questi animali – introdotti dall’uomo e successivamente naturalizzati in habitat selvatico – causano squilibri ambientali o danni all’ecosistema e sono oggetto di piani di contenimento e controllo. Nonostante la comunità scientifica sia concorde nel correlare l’introduzione di specie alloctone alla perdita di biodiversità, questa minaccia non è ancora percepita dall’opinione pubblica in maniera nitida, non rappresentando uno dei grandi temi ambientali “classici” quali la deforestazione, l’inquinamento o l’effetto serra.

Ci rendiamo conto che occorre una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica finalizzata alla comprensione di queste tematiche ambientali ed ecologiche, per collaborare in sinergia a partire dal territorio, per arginare localmente gli effetti dannosi e raggiungere una visione sempre più ampia del problema e della sua migliore gestione, fino a conquistare una coscienza ambientale collettiva che partendo dalla prevenzione a monte riduca gli effetti negativi ai quali si cerca di porre rimedio.

I danni che l’uomo riscontra, derivano infatti da azioni inopportune o superficiali (o mal regolamentate), che potevano essere evitate.

Il recinto nel quale i daini vivono attualmente, infatti, non è più adatto a custodirli, con correlate criticità nella garanzia del benessere animale, in quanto il sovrappopolamento dato dalla riproduzione degli stessi provoca non solo problemi di spazio, ma potrebbe non garantire ad essi protezione e arginamento in merito ad eventuali (per quanto remote) minacce patologiche. In merito alla detenzione di tali soggetti, inoltre è chiaro il dettame del Regolamento Regionale Regione Calabria n. 13 del 14 settembre 2010, che prescrive la detenzione o l’allevamento per fini ornamentali di non più di tre capi di daino, nonché la garanzia che nella permanenza di tale specie siano eliminate qualsiasi tipo di sofferenza o maltrattamento. A tal proposito, ci permettiamo di far osservare che suddividere lo spazio a disposizione per tenere separati maschi e femmine non avrebbe sicuramente alcun effetto positivo dal punto di vista del benessere degli animali (immaginate la tortura degli esemplari maschi, che avvertono le femmine in calore a distanze lunghissime, nel non poterle raggiungere), né sarebbe auspicabile aumentare l’area a disposizione di questi ungulati in quanto provocherebbe la desertificazione di un’area ulteriore all’interno del Parco (la specie ha infatti causato il depauperamento vegetativo dell’area di recinzione dei daini, venendosi a determinare rischi idrogeologi in quanto le radici degli arbusti eradicati dagli esemplari presenti nel parco trattengono il terreno a grandi profondità).

L’auspicio del WWF Catanzaro Onlus per il futuro è pertanto che si trovino soluzioni adeguate per evitare questo tipo di situazioni (sovrappopolamento) e che questi animali possano essere ospitati in strutture in grado di garantire il loro benessere.

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