salvatore mongiardo foto 2015Il parlare volgare oggi imperversa dappertutto, anche in bocca ai comici pagati dalla RAI milioni di euro, la cui comicità consiste soprattutto nel dire parolacce. Ma non fu sempre così, e i veri comici come Totò non si abbassarono mai a dire volgarità.

Un tempo il parlare a Sant’Andrea, e non solo lì, era castigato al punto che per dire: Devo fare la pipì, si usava la frase: Parlando con rispetto, devo fare un po’ d’acqua. E non solo nel parlare quotidiano, ma anche per esprimere i propri sentimenti si usavano giri di parole che erano segno di rispetto e di una certa signorilità. Mia zia Mariantonia Codispoti Dollivio, la germana, mi raccontava di Vincenzo Voci, il padre di Nicola Maria e quindi il nonno di Don Tito, che si era perdutamente innamorato di una giovane, ma non osava manifestarsi perché lei era sua cugina di primo grado.

Un giorno andò in campagna e decise di risolvere il problema così. Salì su un albero di fico e si buttò giù con i gomiti puntati verso terra per non rompersi le ossa, come si raccomandava di fare in caso di caduta. Si finse morto e rimase muto e con gli occhi chiusi. Portato a casa, stette tre giorni a letto senza accettare cibo né acqua finché un suo zio, al quale non erano sfuggiti gli sguardi del nipote quando questi incontrava la cugina, andò a trovarlo e gli disse: Vincenzino, sono tre giorni che non mangi, adesso viene tua cugina e ti cucinerà qualcosa.

Banner pubbli 10Vincenzo aprì gli occhi, sorrise, si alzò dal letto guarito e finì per sposarsi. Altrettanto pudico fu il figlio di Vincenzo, Nicola Maria, che la sera del suo matrimonio, impacciato nei preliminari con la sposa Maddalena, disse la famosa frase: Non perdiamo tempo invano, diamoci un bacio cristiano! La sposa, che era di lingua più sciolta, lo incoraggiò: Sbrigati piuttosto a toglierti i pantaloni!

Dopo l’alluvione del 1951, la gente del paese per mesi andò a fare legna sulla spiaggia, dove i fiumi avevano trascinato un’infinità di alberi, rami e radici. La sorella di mio padre, la zia Nto’, andò e tornò con una sporta piena di radici di erica, i zuccarìaddhi, ottimi per fare brace di lunga durata. La sporta era molto pesante e la zia la depose dalla testa davanti a sua madre, mia nonna Marianna. Trafelata per la fatica del trasporto, la zia, disse: Adesso ce n’è abbastanza per chi vuole scaldarsi il piccione attorno al braciere!

La nonna alzò le mani scandalizzata: Pena mia, brutta parola che hai detto, ritirala! E zia Antonia: Sì, adesso la prendo per le orecchie e la riporto indietro! La parola usata dalla zia, che in se significava un piccioncino di volatile, era sconveniente se usata per indicare l’organo del sesso maschile o femminile. E rivedo mia madre, lei di trenta anni ed io di sei, che dentro casa cantava la canzone: Amato mio, stanotte ormai, mi bacerai, ti bacerò… e arrossiva.

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