gesu-bambino-in-legno-barocco-con-cullaCaro Tito, recentemente, parlandomi al telefono, Vincenzo Serrao fu Elia (mio amico fin dalla prima adolescenza e chitarrista della nostra band “The Euro Universal”) mi ha fatto ricordare due episodi che, sinceramente, avevo archiviato fin troppo bene nella mia mente. Il primo risale al 2-3 gennaio 1968 e il secondo riguarda una proposta fattaci dal ferroviere Antonio De Septis di Soverato  che aveva portato con un pulmino il nostro gruppo musicale ad Assisi e Roma per eseguire la “Messa beat” il 4 e 6 ottobre 1968. Vado con ordine.

RAPIRE LA STATUA DEL BAMBINELLO – 1968

Nelle precedenti Lettere su Badolato n. 27 e 28 ti ho raccontato le risorse e le precarietà avute da questo mio paese nel dopoguerra, principalmente fino al 1975 (con un occhio ai giorni nostri). Adesso, pure per completare, con una breve trilogia,  il lento ma inesorabile declino della mia ex-comunità di nascita ed appartenenza, dedico questa “Lettera n. 29” alle disfunzioni delle forniture pubbliche (trasporti, acqua, luce elettrica, gas, telefoni, scuola, ecc.). Realtà periferica anche nello stesso Sud marginalizzato, Badolato (e la sua costa jonica) hanno sempre sofferto forti disagi in ogni settore, facendoci spossare ed arrancare, mentre altri territori corrono o volano a velocità supersonica. Ma tale è la condizione di una colonia, non una colonia qualsiasi delle regioni e dei poteri forti italiani, ma una colonia persino peggio delle colonie italiane in Africa (come più volte ho sostenuto, dati alla mano). E’ bene che si sappia (senza mai dimenticare): il governo e il regno d’Italia hanno realizzato in Libia e in Africa Orientale strutture e infrastrutture che la Calabria quasi quasi se li sogna ancora!

enel_logo-attualeInoltre, non bisogna giammai dimenticare che uno serio, attendibile e voluminoso studio sul Comprensorio di Soverato (pubblicato nel 1967) affermava (senza alcun’ombra di dubbio e senza alcun possibile equivoco) che la nostra interzona jonica era …. “la più depressa del già depresso Sud”. Una sentenza. Una condanna all’ergastolo. E c’è poco da discutere. Ma senza leggere tale “report” sarebbe bastato, comunque, viaggiare un po’ per il resto d’Italia per capirlo, poiché era cosa così tanto evidente che si poteva constatare ad occhio nudo! Ma, per abbondare, ecco qualche esempio.

Come ti ho già scritto, fino al settembre 1975 le Ferrovie dello Stato ci facevano viaggiare in vecchie carrozze dell’800 con sedili di legno a scompartimenti aperti persino per lunghe tratte notturne di 12 ore per Roma (ovvero 624 km percorsi a 31 km all’ora!) … nemmeno nel Far West!

L’acqua (come già di ho riferito) fino agli anni 80  ci è stata razionata (d’estate appena un’ora al giorno)! Il gas-metano (per usi domestici e produttivi) è arrivato qualche anno fa nelle case di paesi vicini ma non ancora a Badolato e siamo ad oggi 2017 in pieno terzo millennio. Il telefono (con teleselezione) è entrato nelle nostre case nella primavera del 1967 (a due anni del primo uomo sulla luna!). La scuola media è arrivata nel 1965, fino ad allora la più vicina “statale” era a 33 km. Non parliamo di istituti superiori statali, per raggiungere i quali i più vicini erano taluni a Soverato (13 km), altri a Catanzaro (50 km) e Locri (51 km). Com’é difficile essere jonico!

Adesso mi vorrei dilungare sulla fornitura di energia elettrica, poiché l’episodio del 1968 (ricordatomi da Vincenzo Serrao) mi sembra significativo e importante pure per spiegare l’S.O.S. “Badolato paese in vendita” (tema che è il centro propulsore e identificativo di questa lunga serie di “Lettere su Badolato”).

Ordunque, caro Tito, devi sapere (ma quasi sicuramente già lo sai per esperienza diretta) che fino agli anni settanta la fornitura dell’energia elettrica non era garantita già durante le prime pioggerelline, figuriamoci durante i temporali invernali. Infatti, durante i mesi scolastici, per poter continuare a studiare anche quando “se ne andava la luce” ricorrevamo a candele, lumi a petrolio o ad acetilene (sempre tenuti pronti, data la frequenza dell’uso). Perché sì, la corrente elettrica se ne andava per ore e ore senza salutarci e senza dirci quando sarebbe tornata. Meno male che allora non c’erano i congelatori di oggi …. Altrimenti perdevamo pure tutte le derrate alimentari!

Puoi immaginare come era stressante studiare d’inverno, specialmente quando il giorno dopo avevi una importante interrogazione e dovevi prepararti bene … ma senza luce più male che bene. Tutti erano stufi di questo trattamento che ci riservavano la SME (Società Meridionale di Elettricità) e la SEC (Società Elettrica Calabrese) fino al loro assorbimento dalla nazionalizzazione del 1962-63 operata dal governo italiano a favore del neonato ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica).

treno-notteE, paradossalmente, noi che abitavamo in un centro abitato ci sentivamo, comunque, privilegiati perché almeno avevamo la luce in tempo di pace (volevo dire durante il bel tempo) … ma chi stava in campagna (anche a distanza di qualche centinaio di metri dall’ultima casa già elettrificata) doveva fare penitenza ancora per parecchi anni. Come la mia famiglia, quando era al casello di Kardara ad appena 700 metri dall’ultima casa (che, guarda caso, era la “mia” Ina-Casa). L’elettrificazione delle zone rurali (che erano poi zone da considerare “produttive” e non di villeggiatura) è avvenuta (ma con costi esosi, come so bene) gradualmente tra gli anni 70 e 80. Per gli allacciamenti telefonici rurali (sempre con costi esosi) bisognerà attendere molto di più. E le strade? Meglio tacere. Ancora oggi la statale 106 solo da noi è rimasta quella inaugurata nel 1935. Tanto che da molti anni c’è un Comitato di sindaci che si batte e protesta perché tale tracciato indegno provoca troppi incidenti con troppi morti!… Non si capisce ancora se siamo oggetto di guerra o di italianità.

Purtroppo, le linee di trasporto della “luce” erano quelle precarie ereditate e l’ENEL nel suo programma di adeguamento o potenziamento tecnologico non aveva certo dato priorità alla Calabria o alle nostre periferie calabresi. Così, per molti anni ancora, Badolato e la sua costa jonica dovevano patire le frequenti e fastidiosissime interruzioni. Non ne potevamo davvero più. Personalmente, poi, che sento pure le lamentele di altri (che però non vogliono o forse non hanno il coraggio di protestare in prima persona) ne soffrivo di più anche socialmente. Fin dall’infanzia a Kardara ho sempre e profondamente amato la mia gente!

Infatti, ho trascorso “finora” (finora significa fino al 31 ottobre 2016, il giorno prima della mia andata in pensione) tutta la mia vita (diciamo quasi 60 anni?) ad accollarmi problemi di altri, specialmente quelli di maggiore interesse collettivo (come appunto, nel 1986, la protesta in forma di S.O.S. “Badolato paese in vendita” per l’abbandono di questo splendido borgo medievale). E questo episodio riguardante l’ENEL che ti sto per raccontare ha molta attinenza, appunto, per il mio grande Amore per la mia gente e per il mio paese, soprattutto per la loro dignità umana, civile e sociale! Cercavo di utilizzare spesso la voce della stampa per segnalare ed amplificare le proteste e le necessità del mio popolo. A volte pagando di persona.

treno-carrozza-ristorante-tavola-caldaDunque, sarà stato il 2 o il 3 gennaio 1968. La statua di Gesù  Bambino (che giorni prima aveva fatto il giro delle case per benedirle ed augurare “Buon Anno Nuovo” a tutti) era ancora deposta sulla sua culla di paglia davanti all’altare in attesa di ricevere il bacio al piedino  o sulla manina nel giorno dell’Epifania.

Aveva appena piovuto abbastanza già dalla nottata, tanto che era stracolmo il canale in cemento che, raccogliendo le acque in forte discesa dal Monte Manna, difendeva da possibili allagamenti le nostre case popolari lungo la strada nazionale di Badolato Marina. La mia “Ina-Casa” distava appena 50 metri da quel canalone e da un palo di distribuzione della luce, impiantato a terra proprio al limite del muraglione che lo sosteneva. Questo palo, verso le tre del pomeriggio comincia a piegarsi (lo seguivo dalla mia cameretta). Lo trattenevano dal precipitare nel fosso i fili che portava sulla sua sommità.

Ad un certo punto oscillava troppo e sembrava già a pelo dell’acqua che riempiva il canale fino all’orlo. Cosa fare?… poteva essere molto pericoloso!… Decisi di telefonare ai carabinieri. Intervenne immediatamente Luigi Mininni, da qualche anno maresciallo comandante la locale stazione, accompagnato da un appuntato. Non c’erano telefonini, allora, così il maresciallo ordinò all’altro carabiniere di avvisare l’ENEL che mandò immediatamente una squadra per mettere in sicurezza quel palo dell’energia elettrica. Pericolo scampato!

treno-carrozza-cuccette-ostelloIl maresciallo Mininni è stato, a mio parere,  il comandante migliore che abbia conosciuto (ai miei tempi)  tra tutti quelli che si sono susseguiti a Badolato. Era preciso, elegante, signorile, sempre pacato nei modi e nella cordialità verso tutti. I badolatesi volevano molto bene a lui e alla sua davvero tanto simpatica e gentile famiglia. I figli frequentavano il mio stesso ambiente parrocchiale, per cui ho avuto modo di averli amici e di stimarli molto. Mininni si trovò così bene a Badolato Marina che comprò casa e ci è rimasto per sempre. Personalmente lo ricordo con grande affetto, poiché con noi giovani aveva un atteggiamento paterno o di un fratello maggiore. Conoscendomi bene (dati i miei studi filosofici e i comportamenti etici) e ritenendo (a ragione) che io potessi essere un “obiettore di coscienza” riguardo il servizio militare, mi chiamò in caserma per darmi la legge ed il modulo per fare domanda di essere esonerato dal fare il soldato di leva in quanto, appunto, “obiettore”.

In effetti, ero “obiettore”. Però ero nato con un gravissimo difetto di fabbrica (sicuramente congenito) che mi ha procurato, nell’intera esistenza, qualche problema: volevo capire, capire, capire fin da bambino. Capire è sempre stato il mio irrinunciabile cruccio. E poiché era importante capire dall’interno cosa significa fare il militare (anche se di leva), ringraziai il maresciallo e gli dissi che volevo fare tutti i 12 mesi per constatare il tipo di filosofia e di interessi pratici che c’erano dietro questa grande struttura, comune a tutti i paesi del mondo. E, in effetti, ho osservato attentamente e capito tante cose e, alla fine, fui soddisfatto di quell’esperienza vissuta tra il febbraio 1976 e il febbraio 1977 (nel pieno delle ricerche della mia tesi di laurea). Il militare resta (comunque la si possa pensare) una buona scuola (nel bene e nel male) poiché, anche sociologicamente, è specchio perfetto della nostra società. Certo, vorrei proprio tanto, ma proprio tanto che nel mondo non ci fosse nemmeno una piccola arma-giocattolo!

Tornando all’episodio del palo della luce che rischiava di affogare nell’acqua del canale, devo dire che durante il sopralluogo del maresciallo pioveva ancora ed egli, avanzando nel fango per avvicinarsi il più vicino possibile alla zona del palo pericolante, sporcò tutta la divisa, inzuppando i pantaloni. Pure io mi bagnai tutto e dovetti togliere dalle mie scarpe qualche chilo di fanghiglia che vi si era attaccato.

A parte questo, le troppo ripetute e lunghe interruzioni di corrente elettrica avevano davvero stancato tutti e specialmente noi studenti e chi era abituato a stare davanti alla televisione. Così (facendomi interprete e latore dei malumori generali) ritenni che era ora di protestare clamorosamente con l’ENEL che ci trascurava così tanto e così tanto indegnamente. Ma come protestare e quanto per essere efficaci ed ascoltati?… Pensai alla statua del Bambinello ancora in esposizione per il bacio solenne dell’Epifania imminente. Dissi ai miei amici più cari, tra cui c’era Vincenzo Serrao: “Adesso dobbiamo far parlare molto i giornali, la radio, la televisione e l’opinione pubblica … altrimenti non ci ascolta nessuno e le cose non cambieranno mai! … Sono sicuro che soltanto sequestrando la statua del Bambinello possiamo fare tanto clamore e convincere l’ENEL a trattarci bene rispettando la nostra dignità!”.

In un primo tempo, i miei amici si entusiasmarono. Poi, però, pensando alle conseguenze (sicuramente anche legali, pur essendo noi tutti minorenni) mi convinsero a desistere. Ma non mi andava più di fare i soliti articoli sui disservizi pubblici. Ne avevo fatti (inutilmente) così tanti, perché non funzionava quasi niente! Per essere veramente visibili ed ascoltati, considerati e utili bisognava (e ne ero sempre più convinto) fare qualcosa di originale ed eclatante, provocare scandalo e sconcerto perché (capivo già allora a 17 anni, quasi 18, giornalista tesserato da 3) la gente ti presta attenzione soltanto se la incuriosisci in un modo inconsueto o se la sbalordisci o se la inquieti. Ci vuole sempre una grande e forte novità per destare interesse!

Questa “legge” o “metodo” della comunicazione sociale l’ho poi perfezionata e l’ho usata (bene ma con un po’ di fortuna) per attivare la vicenda del “paese in vendita”. Ecco il legame tra questo episodio del 1968 e quello del 1986: il clamore, la protesta, l’appello. Perché sì, pochi lo hanno capito, però quella del “paese in vendita” non era una semplice “provocazione” (parola alla quale è stato comodo quasi per tutti aggrapparsi) ma intendeva essere una forte protesta contro l’abbandono del borgo e un appello a non farlo morire!

UN TRENO-OSTELLO-RISTORANTE – 1968

enel_logo_1963Se un’idea mi convince e mi piace, mi esalto anche se proviene da un’altra persona. E non vedo l’ora di vederla realizzata, specialmente se aumenta il “bene comune”! Emergendo sempre “l’uomo sociale” che c’è in me, ho rilanciato spesso e con molto impegno (potendo, anche a spese mie) proposte avanzate da altri. E le trattavo esattamente come se fossero mie. L’importante è che avessero valore ed utilità sociale. Così, di ritorno da Assisi e Roma, il nostro autista-accompagnatore Antonio De Septis (ferroviere capo-treno quarantenne di Soverato) parlò di un suo sogno a noi giovanissimi e minorenni “Euro Universal”.

In pratica, De Septis, da buon ferroviere, avrebbe voluto realizzare un ostello della gioventù con sala ristorante o tavola calda e bar, utilizzando un treno formato da tante carrozze letto e ristorante dismesse dalle Ferrovie dello Stato e adattate allo scopo su vere rotaie messe al centro di una piazza, in un giardino o su un binario disponibile di una stazione ferroviaria … ma “L’ideale – ci disse – sarebbe fare  uno stabilimento balneare (un lido) con scompartimenti-treno in funzione di cabine-spogliatoio, sempre con annessa carrozza bar-ristorante e carrozze multiservizi”. E c’era pure il titolo “Lido al Treno”. Già sognavamo qualcosa del genere per la nostra Badolato Marina!… Sarebbe stata splendida e attraente tale originalità!…

Infatti l’idea ci parve davvero bella e possibile (ovviamente facendoci credere qualche imprenditore), specie in una zona di mare come Badolato. In verità De Septis ne aveva già parlato con l’allora sindaco della sua città, Soverato, una delle più  attrezzate ed amene perle dello Jonio, ma senza alcun risultato.  Si meravigliava che tale sindaco non avesse capito l’originalità e  l’importanza di questa idea per il turismo giovanile proveniente pure dall’estero. E poi Soverato esisteva in gran parte proprio grazie alla ferrovia!…

Ne parlai immediatamente con il capostazione titolare di Badolato, il mio compare di cresima Antonio Loprete alla presenza dell’altro capostazione (mi sembra si chiamasse Màllamo, un giovane assai gentile e attivo, dalla mentalità assai aperta ed esuberante). Questi fu subito entusiasta e convinse il suo superiore Loprete a chiedere al Compartimento FS di Reggio Calabria quanto sarebbe costato avere della carrozze dismesse ed un pezzo di binario su cui collocarle vicino alla spiaggia.

foto-statua-bambinello-davanti-allaltare-2012Il preventivo delle Ferrovie fu esorbitante (almeno per quei tempi) e così pure il preventivo della messa in opera nell’area doverosamente da attrezzare, più i tanti permessi, compresi quelli comunali (il nostro sindaco si fece una risata e ci mancò poco che non ci prendesse per pazzi). Svanì in tal modo il sogno di De Septis … sogno che, secondo me, resta ancora valido … come dimostra una simile realizzazione effettuata recentemente (ovvero dopo 40 anni dall’idea di De Septis) in Giappone e come ho letto in un articolo web su www.traverlquotidiano.com datato 01 marzo 2017 e intitolato “Nuovi hotel  in Giappone, c’è anche l’ostello ricavato da un treno” da cui ho tratto il seguente passo cui aggiungo il link dell’intero testo:

http://www.travelquotidiano.com/alberghi/nuovi-hotel-giappone-ce-anche-lostello-ricavato-un-treno/tqid-271367

“Decisamente insolito l’ostello ricavato da un treno notturno dismesso, ovvero il Train Hostel Hokutosei, che offre a prezzi molto vantaggiosi per un’accomodation semplice e funzionale nel cuore di Tokyo (JR Bakurocho station). L’ostello disporrà di una lounge, una cucina, docce e lavanderia, e di 78 posti letto tra dormitori e camere private, il tutto arredato con pezzi recuperati e restaurati appartenuti al vecchio treno”.

train-hostel

Caro Tito, come dimostra il primo episodio, l’amore sviscerato (come il mio) per il proprio paese e per la propria gente può portarci persino a commettere un reato (tale, in effetti, la mia idea di rapire la statua del Bambinello, sebbene per una nobile causa). Bisogna stare molto attenti, poiché (stranamente e paradossalmente) persino l’Amore vero può diventare pericoloso per sé stessi e per gli altri. E, a volte, proprio per un grande Amore, si può perdere la vita o una intera esistenza.

Il secondo episodio del treno-ostello di Antonio De Septis ci dimostra come un qualsiasi calabrese, amando tanto la sua terra,  non fa altro che pensare come migliorarla. Ma c’è sempre chi frena e persino chi deride. Così, la Calabria (tra una derisione e l’altra) resta sempre (giusto per stare in tema) …. L’ultima carrozza del treno  … quella che, nonostante le sue bellezze e originalità ma più sferragliante e recalcitrante, rischia di sganciarsi da tutto e da tutti!

Così era questa parte del mondo, in Anno Domini 1968. Pace e Bene a tutti!

Domenico Lanciano

Azzurro Infinito, sabato 19 agosto 2017 ore 12,42

 

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