testamento_biologico - liberi di scegliereCaro Tito, in queste ultime settimane si è fatto un gran parlare (a torto o a ragione, specialmente nei multimedia) della ferma e forte volontà di eutanasia del Dj Fabo (Fabiano Antoniani, nato a Milano il 09 febbraio 1977), poi morto in una clinica svizzera (nel cosiddetto “suicidio assistito”) alle ore 11,40 di lunedì 27 febbraio 2017. Altri episodi assai mediatici, riguardo i temi del “fine vita” (in particolare dell’accanimento terapeutico e dell’eutanasia), sono stati quelli di Piergiorgio Welby (Roma 26 dicembre 1945 – 20 dicembre 2006) e di Eluana Englaro (Lecco 25 novembre 1970 – Udine 09 febbraio 2009).

Eluana Englaro 1970-2009Vorrei rendere onore e solidarietà al tema dell’eutanasia ed eventi correlati, nonché a tutti coloro che (come Welby e Dj Fabo) hanno lottato con tutte le loro forze e convinzioni per farci superare proprio il tabù dell’accanimento terapeutico e dell’eutanasia. E lo vorrei fare parlando delle mie personali convinzioni a riguardo. Già nella “Lettera a Tito n. 62 – Necessità di fare testamento” del 15 novembre 2013 avevo evidenziato l’opportunità di fare anche il “testamento biologico” per dare disposizioni sul proprio “fine vita” nel caso non possiamo intervenire direttamente a causa di una invalidità che ci impedisca di esprimere la nostra volontà finale.

così ci rubate pure la morte - striscione manifestazioneSono sempre stato sensibile alle problematiche del “fine vita” e alla “cultura della morte” così come alla “cultura ed escatologia della vita”. Nel 1967 scrivevo con la “W” la parola vita nello slogan “W la Wita” adottato poi dal mio gruppo musicale “Euro Universal” di Badolato Marina. Nel 1980, all’età di 30 anni ho scritto il mio primo testamento. Poi, nell’aprile 1987, con lo slogan “Studiare la morte per amare di più la vita” sono stato promotore dell’Istituto di Tanatologia” (associazione culturale fondata assieme al prof. Vincenzo Squillacioti, al dr. Gianni Pitingolo e allo scultore Gianni Verdiglione). Come Istituto di Tanatologia ho tenuto, per alcuni mesi qui in Agnone del Molise, un corso di preparazione alla morte (che ha avuto un clamore anche internazionale).

amministratore di sostegnoRiguardo il mio “fine vita” ho lasciato detto e scritto a mia moglie (ad altri familiari ed anche agli amici) che, in caso sia possibile, vorrei donare organi e tessuti (essendo iscritto all’AIDO dal 1977), che non voglio funerali né pubblici né privati e che il mio corpo sia cremato e le ceneri disperse in mare. A proposito della cremazione ho segnalato questa mia volontà pure al Comune di Agnone del Molise, secondo le vigenti leggi, ed ho tentato pure di concretizzare un’associazione tra persone che vogliono essere cremate, vincendo le contrarietà e le resistenze del clero locale pure facendo chiarezza religiosa e legale con il vescovo diocesano Antonio Santucci già nel 1990. A scanso di equivoci ho messo nero su bianco con una lettera aperta pubblicata da un quotidiano molisano di grande diffusione, descrivendo una per una tutte le volontà sul mio “fine vita” redigendo pure un adeguato “testamento biologico” e nominando “esecutore testamentario” e “amministratore di sostegno” un giovane avvocato di fiducia. Inoltre, ho confermato tutto ciò in alcune mie pubblicazioni a stampa, come “Prima del Silenzio” (1995), “Villacanale il paese delle regine” (1996) e “Libro-Monumento per i miei Genitori” (2007) nel volume 4 – pagina 389 – capitolo “A chi resta”. Addirittura, l’Università di Padova, Facoltà di Medicina, sta esaminando la possibilità che il mio corpo possa essere impiegato per esperimenti utili al progresso scientifico.

Logo associazione LUCA COSCIONI

In pratica, non voglio alcun accanimento terapeutico e ho chiesto a “chi resterà” (moglie o altri aventi diritto) di praticarmi l’eutanasia, a costo di portarmi in Olanda o in Svizzera o altrove (se nel frattempo non sarà legalmente possibile ottenerla in Italia).

Nella bara (adatta alla cremazione) voglio essere deposto nudo ed avvolto da un lenzuolo bianco di lino tessuto al telaio dalla mia nonna materna Vittoria Carnuccio nel 1940.

Non ho chiesto io di nascere e vorrei poter avere almeno il “sacro” diritto di decidere il mio “fine vita”. Ecco, la vita è tanto sacra almeno quanto la mia onesta volontà di decidere come e quando concluderla con dignità e senza inutili sofferenze per me e per altri. Tra l’altro, non ho alcun diritto di imporre ad altri (per poco o molto tempo) la fatica di assistere un malato senza speranza. Meglio dare vita agli anni piuttosto che anni alla vita (recita un antico adagio). Dovremmo riflettere meglio e di più sul senso del “sacro” (che non è soltanto un patrimonio religioso!).

Non capisco, infatti, la contrarietà politico-religiosa di coloro i quali non soltanto non condividono l’eutanasia o un libero “fine vita” ma addirittura si scagliano contro chi la pensa diversamente da loro, così come è successo con il divorzio. La vera civiltà è di lasciare liberi proprio coloro che la pensano diversamente ma seguono le leggi e non vogliono fare male ad altri scegliendo come e quando concludere dignitosamente la propria esistenza. Noi che siamo favorevoli all’eutanasia e ad altri diritti umani sacrosanti non facciamo affatto ostruzionismo verso coloro che la pensano diversamente da noi, non li biasimiamo e non impediamo in alcun modo il loro credo. Persino Dio ci ha lasciati liberi tutti di decidere per noi stessi il miglior bene. Chi può impedirci di farlo in nome Suo?… Chi ha paura della mia libera morte, nel caso dovessi vegetare su un giaciglio doloroso?…

Dj Fabo - Fabiano Antoniani  sano e malato 2017Caro Tito, in queste ultime settimane ho seguito con attenzione parecchi multimedia (giornali cartacei e web, radio e tv) su ciò che stava succedendo e su ciò che poi è accaduto al Dj Fabo riguardo il suo desiderio di morire pure per porre fine alla sua ormai dolorosissima esistenza. Assai utile ho trovato le considerazioni di Alex Corlazzoli (maestro elementare e giornalista) che ho inserito alla fine di questa mia lettera o che puoi leggere direttamente nel breve articolo pubblicato da “Il fatto quotidiano” (ieri, martedì 28 febbraio 2017) digitando il seguente link http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/28/dj-fabo-scuola-rompiamo-il-tabu-parlando-ai-bambini-di-morte-e-malattia/3420798/#.

Piergiorgio Welby malatoSono perfettamente d’accordo con il maestro Corlazzoli e a tal punto che già nel 1995 ho cercato di evidenziare la necessità di superare gli attuali tabù su “sesso e morte” (Eros e Thanatos) in mirate conferenze sull’Armonia nelle scuole di ogni ordine e grado (nell’àmbito dei programma di “educazione alla salute” per conto della mia ASL) ma anche nei coevi appuntamenti televisivi settimanali della bravissima Doretta Coloccia su Teleregionemolise di Campobasso.

SULLA MIA VITA SCELGO IOE, a proposito di scuole e di altre situazioni socio-pedagogiche, in una prossima lettera ti descriverò dettagliatamente un progetto che contempla pure l’educazione alla sofferenza più varia, alle molteplici e probabili difficoltà della vita … una specie di educazione alla realtà … poiché, se dobbiamo preparare dei bravi naviganti nel difficilissimo oceano esistenziale, la scuola non basta, non bastano nemmeno la famiglia o la religione o i multimedia. E’ necessario effettuare un’educazione mirata alla sopravvivenza. Con il concorso di tutte le stazioni socio-pedagogiche e istituzionali.

mani giovani che sostegnono mani anzianeVito Maida, insegnante elementare e cantautore di Soverato di Calabria, ha scritto i seguenti tre profondissimi versi, sotto il titolo “Nelle scuole”: Essere abbandonati e non perdersi, / questo dovevano insegnarci nelle scuole, / non le antiche, illusorie geografie (in “Versi orfani” pagina 325 del 5° volume del mio “Libro-Monumento per i miei Genitori”.

manifesto sul testamento biologico - UdineProssimamente ti scriverò pure sul recente libro di Oliviero Beha “Mio nipote nella giungla” (Edito da Chiare Lettere, novembre 2016) che ha molta attinenza a questa nuova tendenza pedagogica di educazione alla realtà nuda e cruda del nostro concreto e contraddittorio mondo-società quotidiana (“giungla” come dice Beha, “oceano” procelloso come lo immagino alla “Odissea maniera”).

Spero tanto che prima possibile il Parlamento italiano voti Leggi adatte a riconoscere i diritti innati della vita e della morte, libere e dignitose e che in Italia ci siano veramente e molto diffusi i servizi sociali ed istituzionali alla persona pure in tale contesto del “fine vita”.

Marco Cappato - Eutanasia legale

Intanto, ringrazio ed ammiro quanti (come Marco Cappàto dell’Associazione Luca Coscioni di Milano, come Mina la moglie di Piergiorgio Welby, come Peppino Englaro padre di Eluana e tanti altri) lottano più apertamente, con lungo e tenace impegno, perché tali diritti innati vengano attuati non soltanto in Italia. Nel segno dell’Amore e della Civiltà!

Cordialità a tutti, Domenico Lanciano

Mare del Vasto, mercoledì 01 marzo 2017 ore 18,54

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Dj Fabo, a scuola rompiamo il tabù parlando ai bambini di morte e malattia

Oggi in classe, aprendo il quotidiano come ogni giorno, con i miei ragazzi di quinta non avrò alcun timore di parlare della scelta di Dj Fabo. Lo so, non sarà facile. Qualcuno dopo aver orecchiato o ascoltato qualche tg o sentito le discussioni a tavola di mamma e papà, si schiererà contro o a favore della scelta di Fabiano Antoniani. Qualcun altro vorrà capire qualcosa in più, porrà domande alle quali non sarà semplice dare una risposta.

Ma io avrò l’occasione di parlare di un tema di cui nelle scuole italiane non si parla mai: la morte. Il sesso e la morte restano un tabù nelle nostre aule. Il risultato, sotto gli occhi di tutti in queste ore, è che manca una cultura della morte. Già di per sé quell’ultimo atto della nostra vita ci rende tutti analfabeti, incapaci di esprimere una parola, privi di un dizionario per comprendere ciò che in realtà conosciamo da sempre. Eppure la retorica della professoressa dalla penna rossa preferisce nascondersi dietro un “meglio non mostrare a dei bambini questo volto, questo lato della medaglia”. E quando ti capita un alunno di quarta “elementare” che vede la mamma malata di tumore morire dopo otto anni di calvario che fai? Ti nascondi? Non ne parli? Passi a matematica?

La più bella lezione che ho svolto l’ho fatta andando con una mia quinta al funerale di un giovane africano del paese morto in un incidente d’auto. Quel giorno in classe arrivarono tutti con l’aria triste. Qualcuno provava a celare le lacrime. A quel punto proposi con libertà ai miei ragazzi di esserci anche noi a dare l’addio a quell’amico più grande che se n’era andato. Uno dei bambini scelse di non venire e apprezzai la sua decisione. Con gli altri andammo alla cerimonia funebre perché la scuola è comunità e perché con la morte dobbiamo fare i i conti, dobbiamo imparare a convivere. Non possiamo trovarci impreparati.

Quest’estate due miei ex alunni, oggi alle medie e alle superiori, hanno dovuto avere a che fare con la tragica morte del padre sul luogo di lavoro.

Sono lutti, perdite che possono capitare a qualsiasi bambino che un giorno potrebbe ritrovarsi proprio davanti a una mamma, a un papà, a un fratello o sorella o a una fidanzata/o che diventa tetraplegico/a come Fabo.

Il maestro ha il dovere di iniziare ad alfabetizzare l’essere umano sui temi del dolore, della sofferenza, della perdita. La morte e il lutto non sono questione di esperti, specialisti o dei politici ma sono semplicemente questioni umane. Ad aiutarci a fare da “mediatori” con i bambini, sono i libri. In Svezia e in altri paesi del Nord Europa non manca una cultura bibliografica che racconta ai bambini ciò che è difficile dire con le nostre parole. Ma anche in Italia negli ultimi anni esiste una letteratura che dobbiamo avere ben presente nei nostri scaffali: penso all’Isola del nonno di Benji Davies (edizioni “Giralangolo”) che con una delicatezza e immaginazione inusuale affronta il tema della morte del nonno attraverso il viaggio su una gigantesca nave. Oppure La nonna addormentata di Roberto Parmeggiani e Joao Vaz De Carvalho (edizioni “Kalandraka”) o Beniamino di Elfi Nijssen e Eline van Lindenhuizen che affronta il tema della malattia e della morte di un fratellino. O ancora basterebbe riprendere in mano il mitico Cipì di Mario Lodi per entrare nelle emozioni o Mi nascondete qualcosa di Mélanie Florian. I libri che ci possono aiutare sono davvero tanti.

Alex Corlazzoli – Il fatto quotidiano – martedì 28 febbraio 2017

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